L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 6 luglio 2019

Gaza è Auschwitz - come sempre nella Marcia del Ritorno i cecchini ebrei hanno insanguinato la giornata

5 LUGLIO 201922:59
Gaza, almeno 40 feriti in scontri con esercito di Israele


Almeno 40 manifestanti palestinesi sono stati feriti durante gli scontri con l'esercito israeliano lungo la barriera difensiva tra Gaza e lo Stato ebraico in occasione della "Marcia del Ritorno" del venerdì. Lo ha reso noto il ministero della Sanità della Striscia secondo cui 16 dei feriti "sono stati colpiti da pallottole vere".

Roma - la guerra della monnezza - il burocrate Zingaretti poteva e doveva muoversi diverse settimane fa e invece ha aspettato solo per fini politici fino ad ora, rendendosi peraltro ridicolo la pretesa di riportare alla normalità in sette legasi 7 giorni. Per non parlare che suo compito precipuo è far rispettare da tutti di accettare nei loro impianti i rifiuti per l'eccezionalità dell'evento


Emergenza rifiuti a Roma, l’ordinanza che impone la pulizia in 7 giorni

6 Luglio 2019 - 12:16 

Nel giro di una settimana Ama dovrà ripulire ogni zona dai rifiuti e restituire decoro alla Capitale


Ama ha una settimana di tempo per raccogliere tutti i rifiuti accatastati nelle strade di Roma e riportare a nuovo la Città. Entro 3 giorni dovrà dotarsi di 300 cassonetti, e nel giro di 7 giorni dovrà incrementare il suo parco macchine, così da garantire una rimozione dei rifiuti più efficace.

A stabilirlo è la Regione Lazio che ha emanato ieri un’ordinanza per contrastare l’emergenza rifiuti che, da qualche settimana, sta interessando la Capitale.
Roma sommersa dai rifiuti, arriva l’ordinanza per Ama

48 ore è quanto concesso ad Ama, società partecipata dal Comune di Roma, per raccogliere i rifiuti sparsi per la Capitale e disinfestare i siti sensibili, quali strutture sanitarie, socio assistenziali, luoghi per l’infanzia, mercati rionali ed esercizi del settore ristorazione. Nel giro di 7 giorni, Ama dovrà ripulire ogni zona e riportare la situazione alla normalità, attivando anche l’impianto mobile già autorizzato: un tritovagliatore attualmente ubicato a Ostia.

Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha spiegato che questa non vuole essere “un’ordinanza punitiva”, ma la strada per restituire decoro alla Capitale d’Italia. Per Zingaretti, che promette l’approvazione del piano rifiuti, Roma dovrebbe dotarsi anche di impianti di conferimento propri e di un’autonomia impiantistica locale, per evitare il ricorso ad altre strutture regionali.

“Zingaretti sfiora il ridicolo quando dice di ripulire la città in una settimana. La smetta di illudere i cittadini con false promesse. Sia serio”,

il commento della sindaca Virginia Raggi dal suo profilo Facebook.

Il rischio ora è che gli impianti regionali di smaltimento dei rifiuti siti a Rocca Secca, Viterbo, Frosinone, Pomezia, Colleferro, Civitavecchia restino chiusi e non permettano ad Ama di scaricare gli ingenti cumuli di immondizia.

Proprio Rida Srl, la società che gestisce numerosi impianti per il trattamento dei rifiuti nel Lazio, ha già fatto sapere alla partecipata del Comune che non potrà fornire “un ulteriore supporto ad Ama e alla città di Roma”, ma anzi - già a partire dalla prossima settimana - ridurrà la quantità di rifiuti accolta nelle sue strutture.

L’ordinanza, valida fino al 30 settembre 2019, è stata già notificata alle Aziende sanitarie locali per attivare i protocolli di verifica e monitoraggio per la tutela del diritto alla salute pubblica.

2 gennaio 2019 - Ikea piro gas: com'è fatta

20 novembre 2011 - La stufa Elsa per i Paesi in via di sviluppo (NON USARE LAMIERA ZINCATA!!)

11 marzo 2009 - NòvaVideo - Nat Mulcahy e la LuciaStove (Now with Eng...

La Politica non ha fallito nella sanità, è dalla metà degli anni '80 che decise che le cose dovevano andare in questo modo, niente assunzioni ne di medici ne degli infermieri e il resto appalti milionari all'esterno, e per mancanza di personale servizi su servizi chiusi e liste d'attesa sempre più lunghe

Come e perché la politica ha fallito nella sanità. Parola di medico



L’intervento di Stefano Biasioli

Questa torrida estate ha fatto perdere la sinderesi (capacità di connettere, di distinguere tra bene e male) a parecchie persone. È indecente vedere, per le strade cittadine, uomini e donne abbigliati come se fossero in spiaggia. Uomini con “canotta ” (o torace totalmente scoperto) e infradito. Donne con larghe parti scoperte, anche se l’età e la ciccia incombente richiederebbero una totale copertura, ottenuta con vesti leggere.

Ma è ancora più indecente che, con un siffatto abbigliamento, si entri nelle corsie di un ospedale. Abbigliamento indecente e pericoloso, per sé e per le persone ricoverate, che si vanno a visitare.

Indecenti sono coloro che vanno in ospedale e in ambulatorio senza silenziare il proprio telefonino, causando così disagio e arrabbiature ai sanitari e ai pazienti.

Indecenti sono quei parlamentari che non rispettano, con un vestiario acconcio, il loro ruolo istituzionale e la (tanta o poca?) sacralità delle aule parlamentari.

Indecenti sono coloro che ritengono che una qualunque legge varata dal parlamento possa essere violata per presunti scopi umanitari o “interpretata da magistrato di turno”.

Risultato? Sullo stesso argomento e sullo stesso testo legislativo, pareri diversi tra magistrati inquirenti e giudicanti, con risultati “discutibili”, “buffi”, “disorientanti”.

ITALIA PATRIA DEL DIRITTO?

Ai tempi dei romani, forse. Non certamente oggi.

Si pensi al disastro amministrativo-economico-procedurale della triste vicenda delle banche venete. Si pensi alla eterogeneità delle decisioni della magistratura in tema di migranti, irregolari, economici e “non politici”.

Si pensi alla presenza di “nuovi schiavi” tra i migranti irregolari, raccolti in campi profughi indecenti (chi si ricorda di Cona ?) e prede facili per i caporali di giornata o per traffici di sostanze illecite.

Si pensi a quanti immigrati abbiano residenze fasulle, per giustificare l’accesso al nostro sistema sanitario.

Si pensi alle faide “scoperte” all’interno della magistratura.

Si pensi alle migliaia di fascicoli “contro qualcuno o qualcosa”, aperti 1-3-5-10-15 anni fa e lasciati marcire, con continui rinvii, per la gioia degli avvocati e l’incazzatura dei soggetti interessati (siano esse denuncianti o denunciati).

OSPEDALI E TRIBUNALI

Da vecchio medico ospedaliero mi chiedo e vi chiedo: Perché in ospedale le cartelle dei malati vanno chiuse alla dimissione e/o dopo il completamento delle indagini e del ciclo di terapia e invece nei tribunali i fascicoli possono invecchiare, ingiustificati?

Perché, in ospedale, se un primario non “chiude” una cartella (diagnosi, lettera di dimissione, Drg) la direzione ospedaliera interviene rapidamente per “danno clinico ed economico all’Ente”?

Perché il presidente di un tribunale o chi per lui non effettua analoghi controlli operativi sui magistrati del tribunale stesso ?

Nel Servizio Sanitario Nazionale è ormai nota la produttività dei singoli sanitari e delle singole strutture. Qual’è la produttività del sistema giudiziario, in toto e per singolo tribunale?

Lo so, è un tema scottante. Ma non c’è diritto garantito, in assenza di una certezza sui tempi delle azioni legali in essere.

Problema di organico? Numero basso di magistrati e di amministrativi?

E, allora, che ne è del cronico sotto-organico dei medici e dei sanitari in Italia?

Sempre di più è evidente che, da circa 20 anni, la politica ha fallito in campo sanitario. Ha fallito perché non ha saputo programmare il numero dei professionisti della sanità.

Chi scrive ha, durante le trattative all’Aran per il Ccnl 2002-2003 dei medici ospedalieri, ripetutamente previsto la futura carenza dei medici. Inascoltato, purtroppo.

E di tutto si parla, oggi, in Italia (tra i politici e tra i cittadini) tranne della necessità di riformare il Ssn, datato 1978. E di tutto si parla, oggi, in Italia, tranne della necessità di modificare pesantemente l’assetto della giustizia italiana, per evitare che la giustizia si trasformi in ingiustizia.

L’orizzonte appare molto buio.

venerdì 5 luglio 2019

Pierluigi Fagan - la comunità è il tutto e vigono regole dove ognuno ha il suo posto, oggi c'è cacofonia

L'angelo della storia

di Pierluigi Fagan
4 luglio 2019

Ogni tanto, come saprete, torno a studiare la c.d. “nascita delle società complesse”, in particolare il caso a noi più vicino ovvero quello del Vicino Oriente mesopotamico. Sono in gioco le “origini” della gerarchia sociale, dell’ineguaglianza, del ruolo dell’economia nella strutturazione della società, l’immagine di mondo ed i suoi amministratori, la nascita dello Stato e della guerra sistematica. Insomma il “pacchetto” che contraddistingue le nostre società contemporanee.

L’indagine ha molti motivi per esser condotta, ma oggi ha anche una attualità in più. Un terremoto demografico come quello che si è prodotto tra inizi ‘900 ed oggi o anche meglio, dal 1950 ad oggi, disegna un “mondo” completamente diverso dal precedente. Poiché storicamente le “novità” si producono quasi sempre nel contesto ovvero esternamente alle società, sebbene poi noi si legga le trasformazioni come interne a queste (in realtà sono “adattamenti”), le “cause” dei cambiamenti profondi sono per lo più esterne.

Uno spazio fisico fisso (il mondo) che triplica la sua densità in settanta anni (1950-2020 da 2,5 a 7,5 miliardi di individui e da 70 a 200 Stati) 
è un terremoto di contesto che ha, e sempre più avrà, molte ripercussioni sull’organizzazione della nostra vita associata. Quindi il come si originò lo standard attuale torna d’attualità per provare a capire come potrebbe evolversi.

Vieppiù se va incontro a vari tipi di problematica ambientale. Non è detto che questo sguardo indietro serva davvero per lo sguardo in avanti (l’angelo della storia di Klee-Benjamin), ma è l’unica o comunque la prima, strada che abbiamo. Aggiornerò quindi sulle ultime evidenze macro della ricerca sull’argomento su cui ho fatto una recente, ennesima, full immersion di studio.

L’oggetto di studio è il Vicino Oriente (mezzaluna fertile) che transita dal Mesolitico al Neolitico e finisce con Uruk ovvero: 1) la prima città; 2) il primo Stato centralizzato con Uruk al centro di un sistema di villaggi tributari; 3) presenza inequivoca di stratificazione sociale e divisione del lavoro, ed anche di genere e di generazione oltreché etnica (con molta probabilità, questa fu la prima ragione di differenziazione sociale in tempi addietro alle vere e proprie “società complesse”); 4) agricoltura irrigua con logistica complessa; 5) dominio di élite bipartite tra sacerdoti e re o poi fuse in un’unica entità (il re “divino”); 6) alte e spesse mura di contenimento della città e presenza di specialisti armati; 7) leggi e tasse; 8) sistemi di notazione scritta. Il tutto a partire grossomodo dal 3300 a.C. anticipato da un periodo di progressiva formazione ed espansione che inizia forse nel 4000 a.C., tempo registrato come data del Diluvio nella mitologia sumera. Come soro arrivati a ciò e perché?

1) La prima novità degli studi connessi è il doppio ampliamento dello spazio e del tempo di osservazione. Uruk era praticamente sulla costa sud dell’Iraq dove oggi c’è Bassora, alla foce del Tigri ed Eufrate, il suo tempo parte, come detto, dal 3200 a.C. Oggi questo è considerato il punto d’arrivo di una più ampia e lunga dinamica che porta non solo alla c.d. Mezzaluna fertile ma anche al sud dell’attuale Turchia che è forse l’inizio del processo ed altri spazi contigui. Altresì il tempo del processo inizia nel 12.000 a.C., novemila anni prima di Uruk.

2) Il processo ha tre linee di sviluppo generale:

a) scende da nord a sud, dall’Anatolia al Persico. I siti scavati dagli archeologi, temporalmente compaiono lunga una sequenza storica (dal 12.000 al 3000) che va dalla catena del Tauro al bassopiano che sfocia nel Persico, passando per il nord siriano ed iracheno (l’ex Stato islamico). Questo asse verticale, ha poi un incrocio orizzontale che ingloba il Levante (Israele e Giordania) tanto quanto i monti Zagros (Iran occidentale). Interazioni progressive si hanno tanto con la civiltà egiziana che con quella della Valle dell’Indo,

b) prevede un costante aumento della popolazione, qualche volta con veloci aumenti seguiti da stasi, ma nel complesso unidiretto dal meno al più;

c) il processo è oggetto di almeno due cambiamenti climatici che rendono l’approvvigionamento idrico (non solo agricolo, anche a piante ed animali oggetto di caccia e raccolta) sempre più difficile. Questi scrolloni climatici incidono ovviamente sulla sussistenza che a sua volta cambia la struttura sociale che già cambiava di suo per l’incremento demografico.

3) L’estrema sintesi di ciò che pare sia successo dovrebbe essere questa: tribù seminomadi di cacciatori raccoglitori, tendono a sedentarizzarsi nell’Anatolia meridionale probabilmente per l’aumento della consistenza demografica dovuta anche a condizioni climatiche molto favorevoli e cominciano a ricorrere sempre più, prima ad una forma di cura del selvatico ed orticultura, poi di agricoltura. Ma l’out put agricolo è solo un integratore di dieta che permane largamente di caccia e raccolta e la sua produzione è detta “secca” ovvero ricorre alle semplici precipitazioni naturali, all’umidità, forse a pozzi scavati. Siamo tra 12.000 e 9000. In seguito, tra 9000 e 6000, scendono verso il nord siriano-iracheno in cerca di spazi pedemontani più ampi per maggiori opportunità di coltivazione ed allevamento, sempre lungo i tratti iniziali dei due grandi fiumi. Qui si notano due fenomeni importanti: a) si formano “culture” ovvero reti di villaggi anche molto piccoli ma interconnessi tra loro in un più vasto areale. Questi villaggi avevano una divisione del lavoro naturale poiché alcuni agricoli, altri pastorali, altri vicino alle materie prime del Tauro (ossidiana, malachite, rame), altri produttori di bellissima ceramica, ed erano legate da scambi commerciali e culturali; b) si cominciano a trovare segni di immagini di mondo che legavano tra loro le mentalità delle genti di quell’areale; c) tra 6000 e 4000 continua lo spostamento verso sud anche in seguito ad un cambiamento climatico. Le comunità si allargano e di converso cresce il ricorso all’agricoltura, ora irrigua sebbene a logistica semplice ovvero con una sola striscia campi contigui i corsi dei fiumi. Nell’alluvio precipitano cacciatori raccoglitori dell’est e poi pescatori del sud. Verso la fine del periodo (Eridu) compaiono i primi templi ovvero luoghi fisici in cui un sacerdote o gruppi di, amministrano l’immagine di mondo, parte del raccolto è centralizzato e ridistribuito; d) Infine da 4000 al pieno Uruk, siamo ormai all’estremo sud quindi alla foce dei due fiumi di cui inizialmente si sfruttano le piene ma poi si incanalano lungo sistemi di logistica irrigua molto complessa, pianificata ed amministrata centralmente. Ai centri templari si affiancano quelli palaziali, nasce lo Stato. Prima città, poi territorio con colonie, poi impero.

Il tutto è stato accompagnato da una fase molto umida e ricca d’acqua con clima temperato continentale (12.000 – 8000), un primo scrollone di improvvisa secchezza intorno al 6400 a.C. ed un secondo ancora più deciso post-diluviano. In breve, le popolazioni aumentavano con condizioni ecologico-climatiche favorevoli ma poi dovevano fare i conti con le inversioni climatico-ecologiche. Prima è aumentata la densità abitativa in aree più ospitali, dopo la dimensione dei singoli centri che hanno fatto da centro a sistemi più ampi, poi formalizzati in Stati (regni) e poi Imperi (2200 a.C. Akkad – Sargon). L’agricoltura non fu una invenzione ma una pratica millenaria. Se ne fece sempre maggior ricorso per necessità demografico-ecologica. La guerra nasce dal confitto sulla terra e le risorse in ambienti affollati, solo alla fine del processo. Tutto ciò, qui come altrove (dalla Cina alle Americhe), è stato basato sulla relazione demografia-ecologia e il semplice aumento dei gruppi (prima del numero, poi della consistenza) ha portato all’auto-organizzazione che è stata gerarchica poiché più semplice. Il precursore dei sistemi gerarchici furono le credenze condivise amministrate da sacerdoti. Tali prime forme furono auto-organizzate e non imposte.

Nota a parte: i materialisti storici dovrebbero forse rivedere le loro convinzioni. C’è un problema di organizzazione dei grandi gruppi umani alla base delle gerarchie sociali ed il modo in cui organizzano la loro economia è solo un derivato oltretutto dipendente anche da fattori di contesto (adattamento). I rapporti struttura – sovrastruttura sono del tipo uovo-gallina, sono cioè coevolventi e reciprocamente causali. Le gerarchie sono il modo più semplice e diretto sin qui trovato dall’umanità per organizzare i grandi gruppi umani, nei piccoli il problema o non si pone o si pone molto diversamente. L’ipotesi che cambiando il sistema economico si annulli la stratificazione della società è come pensare che sia lo scodinzolio a muovere il cane, anche se certo, la può mitigare.

Niente illusioni, gli amministratori della lega sono quelli che per anni hanno governato insieme allo zombi Berlusconi e sono insieme a questo la faccia della medesima medaglia, l'altra è rappresentata dal corrotto euroimbecille Pd. Sono sei anni che il Sistema massonico mafioso politico attacca il M5S e non è un caso

Verso le elezioni?

di Leonardo Mazzei
4 luglio 2019

Ci sarà o meno l'accordo con l'Ue per fermare la "procedura d'infrazione"?

La questione è fondamentale, ma c'è un altro bivio decisivo che ci indicherà la direzione della politica italiana: si andrà oppure no alle elezioni anticipate a settembre?

Dalla risposta a questa seconda domanda dipende infatti anche il futuro del confronto-scontro con l'UE. Solo compattandosi il governo potrà andare avanti, e solo in quel caso possiamo ragionevolmente prevedere una certa capacità di resistenza all'attacco di Bruxelles e Francoforte. Se invece il governo cadrà, aprendo la strada alle elezioni anticipate, le èlite euriste avranno segnato un primo punto (quanto decisivo lo diranno solo i fatti) a loro favore.

Alle elezioni europee abbiamo motivato il nostro voto alle liste M5S solo ed esclusivamente sulla base di un ragionamento, ed un obiettivo, semplice semplice: quello di impedire che un successo troppo ampio della Lega spingesse quel partito al ritorno alle vecchie alleanze, quindi alla caduta del governo gialloverde, dunque alla fine dell'esperienza populista sostituita da una riemersione, per quanto debole e contraddittoria, del bipolarismo.

Vista da chi è ossessionato dalla modesta figura di Matteo Salvini, questa differenza tra populismo e bipolarismo può sembrare una cosa del tutto secondaria. Tanto, pensano costoro, a guidare questo od il futuro governo sarebbe sempre il fidanzato della figlia di Verdini. Dunque, perché preoccuparsene?

In realtà, come abbiamo spiegato tante volte, la dissoluzione dell'attuale maggioranza di governo è il primo decisivo obiettivo del piano di rivincita delle oligarchie sconfitte nelle urne del 4 marzo 2018.



Mettiamoci nei panni del nemico

Qual è questo piano? Proviamo a capirlo mettendoci nei panni del nemico, che è sempre un buon metodo. I dominanti — giova ricordarlo — non sono invincibili, ma sono in genere piuttosto realisti. Per loro i populisti sono comunque un problema; un veicolo, per quanto scalcinato, attraverso il quale alcune spinte popolari arrivano a superare il tradizionale sbarramento che deve separare di fatto, e senza darlo troppo a vedere, il popolo dai centri, dalle istituzioni, dai meccanismi del vero potere.

Dunque, i populisti o vengono normalizzati o debbono essere cacciati dal governo. C'è tuttavia un problema. Nella concreta situazione italiana questa cacciata non è semplice. Mentre non si vede per quale ragione Salvini e Di Maio (od almeno uno dei due) dovrebbero accettare un ritorno del "governo dei tecnici", questa soluzione è altamente sconsigliabile anche per le oligarchie, dato che esalterebbe propriola contraddizione tra popolo ed élite, che è esattamente quel problemino che lorsignori son costretti a maneggiare con cura.

Che fare allora? Ecco che entra qui in scena il realismo. Se un nuovo Monti non è proponibile, se una rivincita del Pd è di là da venire, il piano ha da essere un altro, necessariamente più complesso. Quale? L'unico realisticamente possibile nella fase attuale. Se ci mettiamo in quest'ottica non è difficile vedere un progetto diviso in tre tappe: 1) rottura dell'alleanza giallo-verde, 2) disintegrazione di M5S, 3) governo della destra con la normalizzazione di Salvini.

Il primo obiettivo è quello di spaccare definitivamente l'attuale maggioranza di governo, provocando la crisi e l'impossibilità di un ricompattamento. E' a questo che si lavora fin dalla nascita del governo Conte. Un lavoro, specie mediatico, teso ad esaltare le contraddizioni reali tra Lega ed M5S, a scavare in quelle interne ai due partiti, cercando di favorire in ognuno le posizioni e le forze tendenti alla divaricazione: il blocco nordista capeggiato da Giorgetti nella Lega, il brontolio "politicamente corretto" dei "fichiani" nei Cinque Stelle.

Caduto il governo, indette le elezioni anticipate, il secondo obiettivo sarebbe quello del totale scompaginamento di M5S. Se sbaragliare le due forze populiste in un colpo solo è impossibile, che intanto se ne faccia fuori una, cercando poi di condizionare l'altra. L'anello debole sono i Cinque Stelle, ed è lì che si andrà a colpire anche per favorire la ripresa del Pd. Del resto — lo abbiamo segnalato tante volte — è in quella direzione, più che verso il governo nel suo insieme, che si è concentrato l'attacco sistemico nell'ultimo anno.

Se così dovessero andare le cose — chi scrive si augura evidentemente il contrario, ma qui è l'ipotesi elettorale che stiamo considerando — dalle elezioni uscirebbe quasi certamente un governo di destra. Ma quale destra? Ecco allora il terzo obiettivo dei dominanti: quello di una destra con un Salvini normalizzato. Apparentemente, questo terzo obiettivo sembrerebbe quello più difficile da realizzarsi. Ma è davvero così? Ecco un punto che, proprio perché meno scontato, ha bisogno di un maggiore approfondimento.



Un Salvini normalizzato?

Non siamo tra quelli che la fanno facile. Quelli che "Salvini farà come Tsipras". Del resto il salvinismo è davvero un fenomeno complesso, l'incontro (non sappiamo se solo momentaneo) di spinte diverse, che se così non fosse mal si spiegherebbe l'attuale esplosione dei consensi.

Bisogna tuttavia stare ai fatti. Ed essi si condensano talvolta in qualche evento emblematico. Quale miglior simbolo di una certa tendenza, se non il signor Giancarlo Giorgetti da Cazzano Brabbia, cugino del banchiere Ponzellini e chiaro terminale romano della Lega Nordista? Ebbene, è stato proprio costui a bruciare sulla pubblica piazza la proposta dei MiniBot. Non solo, non contento del sostegno dato in questo modo ai vari Tria, Mattarella, Visco e Draghi, egli è passato a sfottere a più riprese il collega di partito Borghi Aquilini. Ora, che di "Leghe" ne esistessero almeno due, questo ci era noto da tempo. Ma il fatto è che il Giorgetti ha parlato come colui che davvero comanda.

Sapremo presto se così stanno le cose, ma diversi fatti vanno in questa direzione. In primo luogo il ricompattamento del governo, avviato dopo il 26 maggio, è di nuovo in crisi. E la ragione principale è nell'insistenza leghista sul "regionalismo differenziato". I governatori del nord vogliono incassare alla svelta, favoriti in questo dalla sostanziale acquiescenza del Pd. Ma dividere il Paese, proprio nel momento in cui si dice di voler tenere testa all'UE, mette in luce che c'è qualcosa che non va nella narrazione leghista.

Se andremo alle elezioni a settembre, questo sarà il segno della vittoria della linea di Giorgetti nella Lega. Una vittoria che farebbe piacere al Quirinale ed al Pd, per non parlare della tecnocrazia eurista. Il diavolo, tuttavia, fa le pentole ma non i coperchi. E neppure Giorgetti potrebbe spodestare Salvini, che guida tra l'altro un partito che si chiama proprio Lega - Salvini premier. Tutto questo è chiaro, ma...

Ma... C'è sempre un "ma" che conviene esaminare

Apparentemente la leadership di Salvini è fuori discussione. E siccome non pensiamo che il tipo sia "tutto fumo e niente arrosto", stanti così le cose anche lo scontro con l'UE apparentemente è inevitabile. Ci sono tuttavia tre fattori di cui dobbiamo tenere conto.

Il primo è che l'opzione elettorale determinerebbe di fatto una tregua, per quanto breve, con la Commissione europea. Il secondo è che la destra vincente avrebbe a quel punto, almeno in teoria, un'intera legislatura davanti; un quadro in cui sarebbe più facile tentare un compromesso con Bruxelles. Il terzo fattore, vero punto di forza della Lega Nordista, è che l'UE sarebbe ben felice di favorire le due misure bandiera del "regionalismo differenziato" e della flat tax, a patto — nel caso della seconda — che essa venga compensata con un mix di nuove tasse e/o nuovi tagli. A quelle condizioni l'Italia potrebbe forse avere, per un po' di tempo, un più favorevole trattamento alla "spagnola".

Tuttavia Salvini non è Rajoy, e (come avevamo previsto) il matrimonio europeo tra il PPE ed il populismo di destra, che molti ipotizzavano nei mesi scorsi, non è avvenuto. Ma l'Italia non è l'Europa, ed a Roma qualcuno dovrà pure governare. Posto che la coalizione di destra ha di gran lunga le maggiori possibilità di affermarsi, chi verrà chiamato a Palazzo Chigi?

Abbiamo già scritto diverse volte, ricordando il ruolo della magistratura nei passaggi topici della vita nazionale, che la normalizzazione di Salvini potrebbe avvenire per vie non convenzionali. Quali non ci è dato sapere, ma il leader della Lega sembra temere qualche agguato di questo tipo.Non necessariamente un attacco che lo faccia fuori del tutto, ma che ne ridimensioni quantomeno le ambizioni personali e politiche.

Fantapolitica? Chissà. Ma nel caso, come non vedere che sarebbe proprio Giorgetti l'uomo della normalizzazione, dell'accordo con l'oligarchia nazionale, del compromesso con Bruxelles? Ovvio che, ove fosse quella la linea, Giorgetti arriverebbe in carrozza a Palazzo Chigi.

Pur se questa non sarebbe certo la fine della spinta populista, questo epilogo ne segnerebbe una pesante per quanto momentanea sconfitta. Momentanea perché, ne siamo certi, quella sconfitta alla fine colpirebbe anche la Lega, destabilizzando così nuovamente un equilibrio comunque precario. Si fa presto infatti a conquistare consensi, ma di questi tempi ancor meno ci si mette a perderli.

Basterebbe forse ricordarsi di quest'ultimo dettaglio per evitare la scelta che oggi appare come la più facile ai capibastone leghisti. Chi vivrà vedrà, ma non si facciano illusioni.

E' guerra vera è guerra totale, niente illusioni - La Cina ferma gli Stati Uniti, per riprendere il dialogo togliere le proibizioni. E' nella logica delle cose

Il vantaggio della Cina nelle trattative con gli Usa? Sa quello che vuole

La Cina, che ha messo la salvaguardia Huawei come priorità, si concentra sulla crescita di lungo periodo. Gli Stati Uniti, nonostante siano i maggiori compratori di prodotti cinesi nonché fornitori esclusivi di tecnologie critiche, hanno obiettivi che sembrano meno definiti

di Greg Ip - traduzione di Giulia Donati
4 luglio 2019


Durante le negoziazioni commerciali intrattenute con la Cina, c’era da aspettarsi che gli Usa avessero il peso maggiore. D’altronde, sono i maggiori compratori di prodotti cinesi, nonché i fornitori esclusivi di tecnologie critiche, oltre che a ispirare lealtà più di qualunque altro Paese al mondo. Ma la Cina può contare su un importante vantaggio, ovvero 
la chiarezza di intenti. 
Nonostante le sue priorità siano cambiate nel corso delle trattative, il suo obiettivo pluridecennale non sembra essersi modificato: la Cina intende proseguire nella sua lenta scalata allo sviluppo senza smettere di essere una nazione a partito unico.

E i divieti nordamericani sulla fornitura a Huawei Technologies di fattori produttivi fondamentali hanno rappresentato una minaccia esistenziale al raggiungimento del prossimo stadio di questo sviluppo, che prevede la competizione a livello globale nel campo dell’alta tecnologia. Quindi, quando lo scorso fine settimana il Presidente Xi Jinping ha incontrato il Presidente Trump a margine del summit di Osaka (Giappone) del G-20, 
la sua condizione principale per il riavvio del dialogo è stata la rimozione delle proibizioni.

Da parte loro, i leader Usa sono da lungo tempo divisi sulla linea da tenere nei confronti della Cina, ovvero se trattare il Paese come un partner che può essere gestito o come un rivale da ostracizzare. La stessa amministrazione Trump fa esperienza di questa spaccatura, e la decisione del presidente di dare tregua temporanea a Huawei non ha fatto altro che rendere gli obiettivi di lungo periodo ancora meno chiari.

La Cina entrò a far parte dell’OMC nel 2001 come modo per disciplinare l’inefficienza che caratterizzava le sue imprese statali, per assicurarsi punti di accesso ai mercati stranieri e per alimentare la crescita trainata dalle esportazioni. Insieme allo svalutato yuan, l’ingresso nell’OMC attirò un fiume di capitali e know-how stranieri che servirono a trasformare la Cina nella base produttiva mondiale di adesso.

Tutto questo condusse a un ampliamento delle eccedenze commerciali cinesi, ma anche ad un approfondimento delle frizioni con il Nord America. Pechino affrontò le tensioni aumentando il valore dello yuan, che portò anche ad una migrazione degli interessi: dall’ingresso di investimenti stranieri e dalla crescita guidata dalle esportazioni, al coltivare i campioni nazionali. Così, mentre la fetta della produzione nazionale cinese costituita da surplus commerciale cominciava a ridursi, le imprese occidentali si ritrovarono ad avere sempre più difficoltà ad accedere al mercato cinese, e a subire pressioni sempre maggiori perché trasferissero tecnologia e know-how ai rivali della Repubblica Popolare.

Nonostante la Cina sia ora impegnata nella guerra sui dazi, che gli Usa le hanno dichiarato per cercare di mettere fine al trattamento discriminatorio, i suoi obiettivi nazionali si sono ancora una volta evoluti. Ora non si tratta più di proteggere i campioni domestici sul territorio nazionale, ma di coltivare quelli con natura globale e attivi nelle industrie d’avanguardia, dalle auto ad alta efficienza energetica fino all’intelligenza artificiale.

«I cinesi rimangono estremamente protettivi quando si tratta del loro mercato interno, ma hanno anche continuato a spostare la loro attenzione nel tempo; il loro mercato d’interesse sta cambiando insieme alle loro ambizioni, che ora riguardano la tecnologia», ha dichiarato Scott Kennedy, del Center for Strategic and International Studies.

Huawei non è una società qualunque; è forse il fornitore leader nel mondo delle più importanti reti informatiche e di telecomunicazione di quinta generazione, ed è una notevole fonte d’orgoglio nazionale. 
Huawei, insieme alle statali ZTE Corp. e State Grid, monopolio della corrente elettrica, sono «strumenti strategici per spingere la Cina in cima alla scala in campo tecnologico», afferma Derek Scissors dell’American Enterprise Institute. «Loro sono il fulcro dell’approccio [di Xi] per lo sviluppo della Cina».

La campagna Usa contro Huawei è iniziata come una questione di sicurezza nazionale, basata sulla possibilità che la società possa diventare un tramite del governo cinese nell’attuazione di misure spionistiche. Ora è parte di un più ampio dibattito su come trattare con la Cina. I leader americani avevano creduto che l’adesione all’OMC avrebbe rafforzato l’ordinamento giuridico in Cina, incoraggiando al contempo una liberalizzazione economica e politica del paese. Svanite le speranze con la fine dell’amministrazione Obama, l’amministrazione Trump ha fatto presto a respingerle in blocco. Ma un’alternativa va trovata, e Huawei è diventata proprio il simbolo di questo divario.

Robert Lighthizer, rappresentate per il commercio Usa, ha sempre sostenuto che la Cina sfruttasse l’OMC per gestire il surplus commerciale, rubare proprietà intellettuale, minacciare le società estere di trasferire la loro tecnologia, e creare sussidiare di aziende locali. Ritiene inoltre che si possa far in modo che la Cina trovi normative alternative, e vede Huawei come una questione indipendente dalla sicurezza nazionale.

Al contrario, i falchi vicino a Trump pensano che il sistema cinese sia radicalmente incompatibile con quello Usa e dei suoi alleati. A loro l’inserimento nella lista nera di Huawei può risultare più rilevante dei dazi per evitare che la Cina rimpiazzi gli Usa sia a livello economico che militare. «Questo gruppo radicale del partito comunista cinese si candida contro l’occidente da 15 o 20 anni,» ha riferito l’ex-consigliere Steve Bannon a CNBC la scorsa settimana. «Huawei è una bomba radioattiva all’interno della democrazia industriale». All’inizio di quest’anno, il segretario di stato Mike Pompeo ha accusato la Cina di voler «dividere le alleanze occidentali a colpi di bit e byte, al posto di proiettili e bombe».

Tuttavia Trump non concorda con nessuna di queste visioni del mondo. Lui valuta la Cina secondo gli stessi parametri con cui valuta tutti gli altri paesi: deficit, dollari e punti Dow Jones. Sabato, commentando la tregua con Huawei, ha spiegato: «Vendiamo a Huawei un’incredibile quantità di merce». Ha inoltre giustificato la sua decisione di un anno fa di sospendere il divieto sulle vendite a ZTE richiesta personalmente da Xi perché loro pagano agli Usa una multa da capogiro e «inoltre comprano prodotti americani. Per me è molto importante che vengano acquistati prodotti americani».
Il successo delle trattative dipende dal conoscere il proprio punto di arrivo. Pare che questo sia un aspetto su cui gli Usa stiano ancora lavorando nel cercare di scoprirli.

Questo governo aveva un mandato semplice fare gli Interessi Nazionali e non li sta facendo. Bla bla bla

04 luglio 2019
L’austerità sono loro
Avevano promesso fuoco e fiamme, hanno tagliato 7 miliardi adesso e si preparano a tagliarne 23 a ottobre. Avevano promesso di cambiare l’Europa, hanno avallato la continuità più totale. Avevano incendiato le piazze, ora fanno i pompieri dello spread. E la cosa buffa è che non se ne rendono conto

C’è un Italia che prende i voti e un’Italia che governa. Ci sono proposte e idee che trovano consenso elettorale, e politiche che vengono applicate che le disattendono in modo abbastanza clamoroso. Ci sono le dirette social di Salvini e Di Maio che annunciano la guerra all’austerità, e poi ci sono Conte e Tria che tagliano 7 miliardi e rotti in tutta tranquillità e che promettono una manovra 2020 che sterlizzerà l’aumento dell’Iva con ulteriori tagli, alla spesa e agli incentivi fiscali, per 23 miliardi. In totale, 30 miliardi in pochi mesi, esattamente quanto il Salva Italia di Mario Monti. Abbastanza per far scendere lo spread sotto quota 200.

L’austerità sono loro, insomma. Con buona pace di Di Maio che annuncia battaglie contro Von Der Leyen e Lagarde, se proveranno a non farci spendere i nostri soldi e non rimetteranno a noi i nostri debiti. Ed è curioso che lo faccia mentre il suo stesso governo fa marcia indietro sulla manovra passata e pure su quella futura, per evitare una procedura d’infrazione fino a ieri sbeffeggiata con tutti i me ne frego del repertorio dai due vicepremier, salvo poi (giustamente) farsela sotto al pensiero di 200 miliardi in meno in dieci anni, e qualche problemino in più a rifinanziare il debito sui mercati.

L’austerità sono loro, anche quando vi si oppongono. Del resto sono loro ad aver bocciato il socialista Frans Timmermans e dato il via libera a Ursula Von Der Leyen, che sarà un osso molto duro per il partito della spesa pubblica italiana

L’austerità sono loro, anche quando vi si oppongono. Del resto sono loro ad aver bocciato il socialista Frans Timmermans e dato il via libera a Ursula Von Der Leyen, che sarà un osso molto duro per il partito della spesa pubblica italiana. Loro ad aver scelto di rinsaldare l’asse franco-tedesco, tirandosi fuori da ogni trattativa. Loro ad aver bruciato il nome di Enrico Letta per il consiglio europeo perché è del Partito Democratico, per ottenere un presidente del parlamento europeo del Partito Democratico, nonostante la prima poltrona ci sarebbe stata molto più utile della seconda.

L’austerità sono loro, perché se usi la spesa per sussidi e mancette, anziché per investire, l’economia non cresce. E se l’economia non cresce sei costretto a tagliare i servizi. Perché se da domani avremo da trovare altri soldi per pagare gli interessi sul debito è colpa delle parole in libertà di Salvini e Di Maio, non degli eurocrati cattivi. Perché la matematica, alla fine, presenta sempre il suo conto. E se fai finta di ignorarla, semplicemente, ti predisponi a ricevere un conto ancora più salato.

L’austerità sono loro, ma per chi si oppone è un bel problema. Perché la propaganda che abbevera il senso comune dice altro. Dice che i nostri eroi volevano spendere a più non posso, ma l’Europa cattiva non gliel’ha permesso. Dice che al prossimo giro la battaglia dovrà essere ancora più dura. Dice che tutte le frustrazioni latenti degli italiani sono ancora lì, vellicate a dovere dagli stessi che le stanno alimentando, che non avranno mai il coraggio di dire loro la verità. Che in Italia - ci permetta Mario Seminerio di citare il motto del suo blog Phastidio - le cose devono ancora andare molto peggio, prima di andare meglio. L’austerità sono loro, perché non sanno quello che fanno.

Immigrazione di Rimpiazzo - condividiamo con Luttwak che le Ong fanno tratta di schiavi e ci sono organismi che avvallano ciò

Carola Rackete, Luttwak: “Una fuorilegge”. E attacca Papa, giudici, Lerner e Strada: “Per loro legge è facoltativa”

di Gisella Ruccia | 4 Luglio 2019

Durissimo attacco del politologo americano Edward Luttwak contro la capitana della Sea Watch, Carola Rackete, le ong, la gip di Agrigento Alessandra Vella, il giornalista Gad Lerner, il fondatore di Emergency Gino Strada. Ma più di tutti nel mirino del saggista statunitense c’è Papa Francesco, definito “un extracomunitario che considera facoltative le leggi italiane”.

Ospite de La Zanzara, su Radio24, Luttwak spara a zero contro Carola Rackete: “È una fuorilegge. Non capisco per quale ragione sia stata liberata, però mi è venuta un’idea: invece di arrivare a Fiumicino col mio passaporto, entro senza passaporto. E mi traino dietro un intero orfanotrofio di bambini. Così potrò entrare senza far vedere il passaporto. E magari qualche organizzazione non governativa mi darà pure dei soldi. Questa non è una provocazione, visto che in Italia la legge è evidentemente facoltativa. Se il ladro è simpatico, carino, un bel ragazzo, lo lasciamo andare. Se lei è una donna tedesca – continua – che decide di comandare una nave e di portare gente proprio in Italia, e non in Portogallo, Germania, Svezia o Papua New Guinea, allora va bene. Io credo che tra i seguaci di Salvini ci sono moltissimi proprietari di barche. Invece di lamentarsi e di urlare, trecento di questi fan di Salvini con le loro barche vadano al porto siriano di Latakia e si prendano gli ex dello Stato Islamico, che sono lì perché nessuno li vuole prendere. Li prendano e li portino a Monaco, a Montecarlo o in Francia, per poi dire che si tratta di profughi che hanno diritto di entrare nel porto. O la legge è legge oppure è facoltativa. In Italia è facoltativa“.

E rincara: “L’Italia è un Paese fuorilegge anche a causa dei giudici. Questa signora tedesca per sfoggio, anziché andare a lavorare onestamente, lavora per una ong, andando deliberatamente sotto le coste della Libia per prendere gente e portarla in Italia. Quella signora era lì per caso con la sua barca? O ci è andata deliberatamente per prendere i migranti in pratica alleanza coi trafficanti che li hanno messo a bordo delle barche? In tacita alleanza con i futuri sfruttatori di questi immigrati. Questa è una congiura tacita. Carola Rackete è sicuramente d’accordo coi trafficanti“.

Poi lancia accuse al gip Alessandra Vella, a Gad Lerner, alle ong e al Papa: “Le persone che lavorano per queste organizzazioni non potrebbero esistere un solo minuto se lavorassero sulla costa dell’Australia o sulla costa di qualsiasi paese che rispetta le leggi. Perché in Italia da Gad Lerner, ex simpatizzante dei terroristi palestinesi oggi umanitario, al Papa, tutti sono d’accordo. La legge è facoltativa, cioè si applica solamente se la persona è antipatica. Il gip che ha messo in libertà Carola Rackete? E’ l’ennesimo cittadino italiano, che, al pari di vari extracomunitari come il Papa, sono sicuri che la legge è facoltativa. Il papa, ad esempio, confonde il caso di una persona che sta attraversando il mare e trova una persona annegata, con una persona che deliberatamente si mette lì per facilitare il traffico delle persone”.

Luttwak include nel suo j’accuse anche Gino Strada: “Tutti sanno che questi profughi che prendono i barconi dall’Africa sono borghesi, perché i poveri non hanno i soldi per uscire dal villaggio. Questi borghesi africani comprano il passaggio e sanno che hanno la certezza che arrivi qualche tedesco o qualche giapponese o neozelandese, che li prenda e poi li faccia sbarcare in Italia con gli applausi generali. Gino Strada? Due mesi fa mi sono perso in un quartiere di Napoli. Invece di andare in Afghanistan, lui doveva andare in quel quartiere. L’ amore di Gino Strada per l’umanità è senza limiti, ma solo l’umanità che vive intorno a lui, degli altri se ne frega altamente. E’ interessato all’umanità dove ci sono le telecamere, i giornalisti, i fotografi: laddove sei il grande eroe, perché sei andato a Bongo Bongo e hai salvato qualcuno. Se invece stai a casa tua, aiuti i poveretti, la signora che non riesce a salire le scale, allora non c’è la stampa. Chi va ad aiutare solamente gli esotici stranieri, lo fa per ragioni non umanitarie”.

Luttwak nel finale attacca nuovamente il Papa e ribadisce: “Carola Rackete è una fuorilegge, una persona che congiura tacitamente coi trafficanti. In Italia una persona come il Papa può dire che lo Stato italiano non ha diritto di tutelare le sue frontiere, che il cittadino italiano deve pagare le tasse, ma che lo Stato a cui paga le tasse non ha diritto di chiudere le sue frontiere. Il Papa è un non comunitario che vive in Italia e invita i cittadini a violare la legge. Un fuorilegge pure lui? No, è una persona che legittima la violazione della legge. Lui non fa niente, solamente parla, ha una certa influenza su certe persone che credono in quest’istituzione. E nei suoi discorsi la Repubblica italiana è il contrario di tutti gli altri Stati, non ha diritto di proteggere le sue frontiere”.

Abbiamo inflazione quando esiste una massa monetaria enorme e scarsità di beni, oggi i beni sono in sovrappiù, c'è sovrapproduzione e le aziende lavorano al 65-70 % delle loro capacità, le più deboli tendono a scomparire

Le possibili conseguenze della trappola di liquidità sul Forex

5 luglio 2019

La trappola della liquidità è un noto fenomeno economico che si verifica quando i tassi d'interesse sono al livello zero (o sottozero).


La trappola della liquidità è un noto fenomeno economico che si verifica quando i tassi d'interesse sono al livello zero (o sottozero) e la politica monetaria di una banca centrale perde qualsiasi efficacia nel produrre effetti benefici sull'economia reale. In altre parole, la politica monetaria non produce il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione dagli istituti finanziari al mercato. Il Giappone è l'esempio classico dove questo fenomeno si verifica ormai da diversi anni. In Giappone, la Bank of Japan ha da tempo azzerato i tassi, effettuato politiche ultraespansive di bond buying, eppure tutto ciò non è sufficiente per portare l'inflazione al livello sperato e a regolarizzare il mercato monetario.

La sindrome giapponese si sta ora rapidamente spargendo nelle principali economie occidentale. Complice la globalizzazione dei mercati, che produce l'abbassamento del costo del lavoro e del capitale, anche finanziario, le macroaree europee e nord-americane sono entrate da tempo in una situazione di "lowflation" o addirittura di deflazione cronica. I tentativi compiuti dalla Banca Centrale Europea e dalla Federal Reserve con l'azzeramento dei tassi d'interesse e i programmi di quantitative easing hanno fallito nel riportare l'inflazione al livello ottimale e la piena occupazione, soprattutto in Europa.

Siamo quindi destinati a vivere d'ora in poi in un contesto caratterizzato da tassi d'interesse pari a zero, rendimenti sovrani nulli o addirittura negativi, come stiamo osservando ormai per la maggior parte degli stati europei, e a tassi d'inflazione sistematicamente sotto la soglia sperata del 2,0%? E' una possibilità che non possiamo decisamente scartare. Se così, nel mondo si sarebbe arrivati ad una sorta di "equilibrio di Nash" delle politiche monetarie e dei tassi di interesse, pari a zero, per definizione. Una situazione di equilibrio dal quale è difficile uscire. Un risultato logico in una economia globale. O una trappola, per l'appunto. Con conseguenze evidenti anche per i mercati ForEx. Perché se le banche centrali perdono il loro potere di stimolo all'economia attraverso i tassi d'interesse, e questi non variano, è evidente che anche i rapporti di cambio principali, come l'euro-dollaro o l'euro-yen si stabilizzino. In altre parole, ci dovremmo aspettare una stabilizzazione del trend di medio e lungo periodo. Le conseguenze sull'operatività dei trader sono evidenti: questi dovranno ottimizzare le loro strategie su variazioni molto minori di quelle registrate in passato.

Guido Salerno Aletta - L'Euro è un Progetto Criminale e i mandanti sono Germania e Francia che litigano fra loro per come spartirsi il potere-poltrone

Tra cronaca e Storia: perchè scricchiola l’asse franco-tedesco

di Guido Salerno Aletta
4 luglio 2019


Distrarre “gli itagliani” dai problemi veri è facilissimo, basta scegliersi un diversivo facile facile. Farli appassionare alle vicende internazionali, invece, è difficilissimo; 
anche se sono queste, quasi sempre, le vere cause di problemi che poi ci si affanna a scaricare sui più deboli.

Il conflitto attuale nell’Unione Europea per rinnovare tutte le cariche istituzionali principali è accuratamente tenuto lontano dai riflettori. Intanto perché mostra con enorme evidenza il fatto che questo governo, a Bruxelles, conta quanto il due coppe quando regna denari. E molto perché – dal tourbillon delle cariche di rilievo – questo governo è di fatto escluso. Sarebbe difficilissimo anche per dei mentitori professionali come loro, infatti, far passare come “vittoria” la perdita di ben tre poltrone importanti (presidente del Parlamento europeo, presidente della Bce, “ministro degli esteri” europeo) senza alcuna compensazione.

Ma c’è molto di più in ballo, e determinerà il corso dei prossimi anni.

Questa analisi dell’attento Guido Salerno Aletta smonta molta retorica “europeista”, indicando interessi, esigenze, rapporti di forza che si tende invece a 
nascondere sotto la maschera dell’”Europa unita”. Cugini coltelli, nel migliore dei casi. Perché nella logica del capitale multinazionale non ci sono valori né leggi, solo occasioni di business oppure perdite.

Buona lettura [redaz.].

*****

Un passato senza futuro: era il 19 giugno 2018, appena un anno fa, quando Francia e Germania firmarono congiuntamente la Dichiarazione di Mesenberg, un testo dal titolo promettente e dai contenuti ancor più accattivanti: Rinnovare gli impegni europei di sicurezza e prosperità”. Era già un compromesso rispetto alle ambizioni francesi, ma almeno sembrava una via di uscita dalla morta gora in cui l’Unione si era trascinata per anni.

Parole incise sul marmo, un epitaffio verrebbe da dire oggi: già dalle prime parole, infatti, si capiva che il vento del neo-liberismo, quello delle riforme strutturali a tutti i costi, non era affatto calato. Enfasi assoluta:

“Francia e Germania condividono una ambizione comune per il progetto europeo: un’Europa democratica, sovrana ed unita, un’Europa competitiva, un’Europa che è una base per la prosperità e difende il suo modello economico e sociale e la diversità culturale, un’Europa che promuove una società aperta, basata sui valori condivisi di pluralismo, solidarietà e giustizia, che sostiene il ruolo della legge dovunque nell’Unione promuovendolo all’estero, un’Europa che è pronta a affermare il suo ruolo internazionale per promuovere pace, sicurezza e sviluppo sostenibile, ed essere leader nella lotta contro il cambiamento climatico, un’Europa che affronta con successo la sfida migratoria”.

Nel testo c’era un po’ di tutto, dalla politica estera alla revisione dell’ESM; perfino l’impegno a perseguire l’obiettivo di una tassazione comune europea per le imprese, intanto facendo convergere la legislazione dei due Stati. E’ tutto, ormai, solo materiale per gli Almanacchi, di quelli che rammentano quotidianamente che cosa sia successo in passato in quella stessa data, per ravvivare la memoria di un evento caduto immeritatamente nell’oblio.

Mai come in questo ultimo anno, infatti, l’asso franco-tedesco ha scricchiolato così vistosamente: di un Ministro delle Finanze europeo, tanto auspicato da Parigi quanto osteggiato da Berlino, non se ne parla più da un pezzo; parimenti, è tramontata la prospettiva di un bilancio dell’Unione con risorse proprie assai più consistenti, con funzioni di stabilizzazione oltre che di sviluppo mediante la istituzione di appositi fondi volti a sostenere le riforme strutturali; la evoluzione del Fondo Salvastati sta procedendo su linee talmente rigorose in ordine alla analisi della sostenibilità dei debiti pubblici da rendere le sue risorse praticamente inaccessibili, se non alle consuete condizioni di severa condizionalità, ad una gran parte dei Paesi europei, ivi compresa la Francia.

Anche il rinnovato Trattato dell’Eliseo che ha dato corpo alla rinnovata cooperazione franco-tedesca, è entrato in un cono d’ombra: tanto il Presidente francese Emmanuel Macron, quanto la Cancelliera tedesca Angela Merkel hanno infatti assai più complesse problematiche di consenso interno da risolvere.

Ora, tra Francia e Germania è scontro per il controllo delle istituzioni europee: Parigi cerca spazio, Berlino resiste. Il venir meno, dopo le recenti elezioni europee, della maggioranza dei seggi a favore del duopolio composto dal Partito popolare europeo (PPE) e dall’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (S&D), con l’emergere di altre formazioni, sta mettendo in discussione le convenzioni su cui si è fondato per anni il funzionamento delle istituzioni bruxellesi.
 
Dello sgretolarsi di questo blocco politico, e del conseguente indebolimento della Cancelliera Merkel che guida un governo di coalizione composto dalla Cdu-Csu e dall’Spd che si ispirano ai due citati Gruppi europei, ha approfittato immediatamente il Presidente Macron: d’un colpo, si è sbarazzato del criterio dello spitzenkandidat, cioè della prassi secondo cui il candidato alla Presidenza della Commissione europea viene espresso dal Gruppo politico più numeroso a Strasburgo.

Macron ha azzoppato così il tedesco Manfred Weber, esponente della Cdu e candidato per il PPE, fortemente sostenuto dalla Cancelliere Angela Merkel: le avrebbe garantito una continuità politica rispetto alla gestione di Jean-Claude Junker, anch’egli parte della famiglia dei Popolari.

Macron vorrebbe diventare l’ago della bilancia europea: egemonizzando, ed usando come leva, il rilevante numero di aderenti al Gruppo Renew Europe, l’ex-ALDE, di cui fanno parte coloro che sono stati eletti in Francia nella lista Renaissance, che si riconosceva nell’area politica che sostiene Macron. Questa formazione, che nelle intenzioni avrebbe dovuto raccogliere consensi ulteriori rispetto a LREM, il partito fondato dallo stesso Macron, in realtà è rimasta ancorata alla medesima percentuale di voti riportata alle elezioni politiche: non c’è stato nessuno sfondamento, dunque, a favore del Presidente francese. Anzi, seppure d’un soffio, è stato battuto dal RN di Marine Le Pen.

C’è dunque da registrare una prima, vistosa divergenza nella rappresentanza di Germania e Francia a Strasburgo: non solo c’è nessuna omogeneità politica tra gli eletti dei due Paesi, ma i risultati hanno confermato un quadro completamente divaricato.

La maggioranza che sostiene il governo francese, composta unicamente dai rappresentanti de LREM, risulta non meno eterodossa rispetto a quella tedesca di quanto non lo sia quella giallo-verde che sostiene il governo italiano.

La rappresentanza tedesca, invece, rispecchia pienamente il risultato complessivo delle prime tre componenti presenti nel nuovo Parlamento: sono stati assegnati 29 seggi al PPE, 16 seggi a S&D e ben 25 ai Verdi/ALE.

Solo 7 seggi, invece, vedono rappresentanti tedeschi aderire al Gruppo Renew Europe. Per la Francia, la pattuglia aderente a quest’ultimo Gruppo è di 21 parlamentari, uno in meno rispetto a quelli eletti dal RN di Marine Le Pen che sono iscritti ad Identity and Democracy (ID). Inoltre, gli eletti francesi per il PPE sono stati appena 8, mentre sono arrivati appena a 5 gli aderenti a S&D.

Mai le rappresentanze politiche di Francia e Germania sono state così diverse. La vera novità alle europee, anche in Francia, sono stati i Verdi, che si sono piazzati come terzo partito con 12 seggi.

Complessivamente, nella nuova composizione, a Strasburgo ci saranno 182 rappresentanti del PPE, 154 di S&D, 108 di Renew Europe e 75 dei Verdi/ALE. Considerata la non autosufficienza di una coalizione formata solo da PPE e S&D, che nel Parlamento uscente vantavano 401 seggi su 749 complessivi, mentre ora ne hanno appena 336 su 751, bisogna capire se si aprirà solo a Renew Europe, oppure anche ai Verdi/ALE: Macron punta chiaramente alla prima ipotesi, mentre Merkel potrebbe preferire la inclusione nella maggioranza di entrambi i Gruppi: in questo modo ridurrebbe la leva francese ed alleggerirebbe il fronte interno, che vede i Verdi come secondo partito e l’SPD in forte sofferenza.

Per i leader di Francia e Germania, il controllo delle istituzioni europee è una sfida essenziale: 
mentre Parigi deve bilanciare sul piano politico la preponderanza economica di Berlino, quest’ultima non si può permettere che ai vertici delle istituzioni europee, a Bruxelles ed a Francoforte, si insedino persone che mettano in dubbio i dogmi su cui si fonda la forza tedesca: nessuna condivisione dei rischi, nessuna solidarietà che pesi sulle sue finanze, nessun riequilibrio all’interno dell’area.

La Francia sta provando sulla sua pelle quanto sia difficile il processo di “desocialistizzazione” economica e sociale che caratterizza la visione politica del Presidente Macron: le sue riforme procedono con esasperante lentezza. Anche il processo di risanamento delle finanze pubbliche è andato scemando dopo il suo arrivo all’Eliseo: per quest’anno, ad esempio, la tendenza alla riduzione del rapporto deficit/pil si è invertita, con la prospettiva di arrivare al 3,1% rispetto al 2,8% che era stato preventivato. Anche la capacità di aggiustamento strutturale del bilancio si è affievolita, con un miglioramento che in ciascuno degli ultimi due anni è stato di appena lo 0,1% del pil.

L’obiettivo del pareggio di bilancio è stato rinviato così al di là dell’orizzonte delle proiezioni pluriennali: è tutto molto italiano, verrebbe da dire. Comprensibile, dunque, anche il fastidio nel dover ammettere che nel 2018, nell’Unione europea, solo Cipro ha avuto un deficit peggiore del 2,5% del pil registrato dalla Francia. Perfino Spagna ed Italia hanno fatto meglio.

Dopo la durissima lezione impartita alla Grecia, a monito imperituro per i debitori incalliti, ed il waterboarding praticato senza risparmio all’Italia per togliere di mezzo un concorrente fastidioso, anche per Parigi è arrivata l’ora della resa dei conti.

Ha ben chiaro che la Germania non le farà sconti: dunque, deve conquistare Bruxelles. Un anno dopo i proclami di Mesenberg, cadono le ultime maschere.

5 luglio 2019 - GdF accusa Rackete e smentisce gip. Su Sea Watch: parlamentari tedeschi ...

5 luglio 2019 - Smettiamo di usare la parola «naufraghi». Questi sono trasbordi di passe...

Arezzo - centro destra nella bufera, corruzione. La medesima solerzia il Roberto Rossi dovrebbe usare nei confronti degli amministratori di Banca Etruria e non chiedendo di volta in volta l'archiviazione

Coingas e Comune di Arezzo colpiti dall'inchiesta sulle consulenze: peculato da 440mila euro. Gli indagati

Quattro nomi illustri sono finiti sotto indagine nell'operazione portata avanti dalla Procura di Arezzo insieme alla Digos. Oltre a Staderini, Scortecci e Merelli (nella foto di copertina) c'è anche il commercialista Cocci

Enrica Cherici 04 luglio 2019 07:00 

Scortecci, Staderini e Merelli

Mesi di lavoro, fianco a fianco, tra Digos e Procura di Arezzo. Controlli sull'utilizzo delle risorse pubbliche messe a bilancio da Coingas e su come sono state spese. Due le consulenze date all'esterno dall'amministratore unico di turno, che sono finite nel mirino degli inquirenti, perché ritenute non necessarie.
Negli ultimi tre mesi l'indagine, coordinata dal pm Claudiani e seguita passo passo dal procuratore capo Roberto Rossi, ha subito un'accelerazione e quattro nomi illustri sono finiti sotto indagine: gli ultimi uomini di punta di Coingas e l'assessore che segue le partecipate nel Comune di Arezzo. Il fascicolo è stato aperto per peculato, abuso d'ufficio e favoreggiamento personale. Coinvolta anche una funzionaria della partecipata.
Da una segnalazione alla Digos sono partite le indagini, portate avanti anche con le intercettazioni telefoniche che poi hanno scaturito il decreto di perquisizione per i primi cinque indagati.

Gli indagati

Si tratta di Sergio Staderini, ex presidente di Ora Ghinelli, che è stato a capo di Coingas prima come presidente del Cda dall'agosto 2016 al 15 settembre 2017, ruolo poi trasformato (e ricoperto sempre da Staderini) in amministratore unico fino al 31 gennaio 2019, quando annunciò immediate dimissioni con la motivazione di problemi di lavoro. Per lui l'accusa ipotizza il reato di peculato, perché al suo mandato sarebbero imputabili le consulenze.
Altro indagato è Franco Scortecci subentrato a Staderini proprio il 31 gennaio, dopo l'addio alla presidenza dell'Istituzione Giostra, tuttora in carica. Le perquisizioni della Digos sono state fatte nei giorni scorsi negli uffici di Coingas che si trovano ad Arezzo in via Igino Cocchi, nella zona industriale di Pratacci. La procura gli contesta il reato di favoreggiamento.
Poi si sono spostate in Comune, ed in particolare presso l'assessorato al bilancio e partecipate. L'amministrazione del capoluogo è infatti il socio di maggioranza di Coingas con il 45,27% delle quote. Così, sotto indagine, è finito anche l’assessore Alberto Merelli, noto commercialista aretino, in giunta come uomo di fiducia del sindaco. A lui sarebbe contestato ill reato di peculato, ma anche quello di abuso d'ufficio.
marco-cocciLa quarta persona coinvolta è un altro commercialista, Marco Cocci (nella foto a destra) che ha ricoperto, anche nel 2018, il ruolo di consulente finanziario di Coingas, partecipando per conto di essa anche a conferenze stampa. Peculato è l'accusa nei suoi confronti per aver ricevuto la consulenza ben pagata da parte di Coingas.

Le consulenze nel mirino

L'accusa contesta consulenze costose e non necessarie, a professionisti esterni, per 440mila euro. In particolare sono stati acquisiti documenti e informazioni su un primo incarico ad un commercialista di Arezzo per 140mila euro e su un secondo invece ad uno studio legale di Firenze per 300mila euro. Attività che sono state svolte a cavallo tra il 2018 e il 2019. Secondo l'accusa dietro a queste costose consulenze si nasconderebbe il pretesto per elargire soldi pubblici a coloro che avrebbero avuto un legame personale con l'amministratore di Coingas. Per questo, numerosi documenti sono stati sequestrati e potrebbero essere utili anche nel prosieguo delle indagini che sono tutt'altro che chiuse.

I reati contestati

L'accusa procede per peculato, abuso d'ufficio e favoreggiamento personale, ma quest'ultimo reato è in parte ancora da approfondire. L'inchiesta punta a dimostrare che risorse pubbliche siano state utilizzate per interessi privati (peculato) da parte dell'amministratore, nello svolgimento delle sue funzioni, provocando un ingiusto vantaggio per altri o per se stesso (abuso d'ufficio). La procura ha infatti messo gli occhi sulle consulenze poste a bilancio.

L'approvazione del bilancio

Il bilancio, l'atto più importante per l'azienda pubblica, non è stato ancora approvato dall'assemblea dei soci, e i sindaci che lo dovrebbero votare non l'hanno ancora ricevuto. Un'assemblea è convocata per questa mattina, proprio con l'intento di approvare il bilancio 2018, ma alla luce dell'inchiesta sarà un nulla di fatto.

Bocche cucite

Per il momento ci sono bocche cucite da parte dei diretti interessati e della stessa amministrazione comunale. Nessuna dichiarazione è stata rilasciata nelle prime ore perché sia gli amministratori, come il sindaco stesso, che la parte politica, attendono di capire con maggiore precisione i contenuti delle carte che sono sul tavolo della Procura. Ieri sera si è tenuta una riunione di giunta straordinaria a Palazzo Cavallo alla presenza di tutti.

https://www.arezzonotizie.it/cronaca/coingas-inchiesta-consulenze-staderini-scortecci-cocci-merelli-indagati-procura.html

Siria e Iran non possono commerciare tra loro gli è impedito dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna

Gibilterra. La Marina inglese, su ordine USA, blocca petroliera diretta in Siria. Madrid valuta la violazione della sua sovranità 



Il blocco di una petroliera a Gibilterra, diretta in Siria, da parte della marina inglese, si sta rivelando come un vero e proprio intrigo diplomatico. Per il capo della diplomazia spagnola Borrell, la nave è stata bloccata dalla Gran Bretagna su richiesta degli USA, però Madrid valuta se c'è stata una violazione delle sue acque territoriali dal momento che la Spagna non riconosce la sovranità del Regno Unito su quelle di Gibilterra.

Una petroliera è stata bloccata, oggi, nelle acque di Gibilterra sospettata di trasportare petrolio diretto in Siria in violazione delle inique e criminali sanzioni dell'Unione europea nei confronti di Damasco.

"Abbiamo ragione di credere che la [nave] Grace 1 stesse trasportando il suo carico di greggio verso la raffineria di Baniyas in Siria", si legge in una dichiarazione del primo ministro di Gibilterra, Fabian Picardo.

Picardo ha specificato che la raffineria è di proprietà di un'entità soggetta a restrizioni legali, quindi ha incaricato le autorità portuali di imbarcarsi sulla nave in coordinamento con il British Royal Marine Corps.

La massima autorità del territorio britannico ha aggiunto che i dettagli riguardanti il blocco della superpetroliera della bandiera panamense e le sanzioni contro la Siria che sarebbero state violate sono state notificate sia alla Commissione che al Consiglio europeo.

La BBC ha confermato che una squadra di circa 20 marines è volata dal Regno Unito a Gibilterra per bloccare la petroliera.

Successivamente, il Ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell ha dichiarato che il blocco della nave è stata una richiesta degli Stati Uniti al Regno Unito.

"È una richiesta che gli Stati Uniti hanno inviato nel Regno Unito, stiamo vedendo se è stata violata la nostra sovranità", ha detto il ministro spagnolo.

Borrell ha spiegato che la Spagna era "a conoscenza dell'operazione" e che le motovedette della Guardia Civil spagnola stavano "proteggendo l'area".

Per Borrell l'operazione è avvenuta nelle acque spagnole, dato che la Spagna riconosce le acque di Gibilterra dal porto, mentre il Regno Unito comprende che il mare che circonda la Roccia sono "acque territoriali britanniche di Gibilterra".

Il ministro degli esteri ha confermato ai media che la Spagna sta studiando "le circostanze in cui si è verificato" e analizzando "in che modo ha colpito la sovranità spagnola".

Notizia del: 04/07/2019
 

giovedì 4 luglio 2019

Roma - guerra della monnezza - e ci volevano i cassonetti strapiani per far muovere il burocrate Zingaretti, la regione Lazio ha responsabilità gravissime ed indiscutibili, l'ordinanza poteva farla 20 giorni fa oltre al Piano rifiuti mai fatto

Rifiuti Roma, ecco l’ordinanza: impianti del Lazio tutti disponibili. Costa e Zingaretti: “Ora Ama faccia la raccolta”

 

Accolto l'appello di Virginia Raggi. Nel provvedimento della Regione Lazio l'obbligo per i privati ad accettare la spazzatura romana e prescrizioni sulla raccolta di Ama Spa

di Vincenzo Bisbiglia | 3 Luglio 2019

Tutti gli impianti di trattamento rifiuti del Lazio dovranno, nel giro di poche ore, mettersi a disposizione della città di Roma per accogliere la spazzatura in eccesso. Nel corso della giornata, la Regione Lazio emanerà un’ordinanza – basata sull’articolo 191 del decreto legislativo 152 del 2006 – che garantirà la massima operatività di discariche, tmb, inceneritori e tritovagliatori presenti sul territorio regionale. Il provvedimento è stato condiviso fra l’assessore laziale con delega ai rifiuti, Massimiliano Valeriani, e il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Accolta, dunque, l’appello della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che aveva chiesto pubblicamente al Governo nazionale di prendere in considerazione la lettera inviata ai ministeri competenti dal capo del Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, Laura D’Aprile. Una missiva, anticipata da IlFattoQuotidiano.it dove si parlava di un deficit fra rifiuti prodotti e smaltiti pari a circa 650 tonnellate al giorno. “Ora tutti saranno obbligato a fare la loro parte, istituzioni pubbliche e imprese private”, fanno sapere fonti regionali.

“Al tempo stesso – spiega la Regione Lazio – questa ordinanza indicherà un preciso cronoprogramma di azioni da realizzare da parte della società Ama (la municipalizzata capitolina dei rifiuti, ndr) con l’obiettivo di raccogliere in breve tempo tutti i rifiuti attualmente giacenti sulle strade della Capitale, ripulendo e ripristinando le condizioni di igiene e di decoro urbano”. La Regione Lazio, infatti, sostiene che il problema principale di Roma sia la raccolta, non la disponibilità impiantistica. “L’azienda municipalizzata dovrà anche assicurare la funzionalità di idonee infrastrutture logistiche, come stazioni di trasferenza e aree di trasbordo”, la “disponibilità di ulteriori impianti di trattamento mobili” e “ristabilire il regolare e tempestivo pagamento dei fornitori aziendali”.

In sostanza, l’ordinanza regionale consentirà ad Ama Spa di uscire dalle singole trattative con gli impianti privati e trasferire l’immondizia raccolta presso le varie strutture. Una misura indispensabile, vista l’imminente conclusione del contratto con la Deco Spa in Abruzzo e il rifiuto dell’Emilia Romagna di accogliere ulteriori tonnellate romane. Dall’altra parte, il Campidoglio sarà obbligato a ordinare la riaccensione del tritovagliatore mobile di Ostia – ed eventualmente noleggiarne un altro sul mercato – fermo per la volontà politica degli esponenti del M5S del litorale, e procedere ad attivare le stazioni di trasferenza a Ponte Malnome (in via di chiusura) e, soprattutto, a Saxa Rubra, dove i dipendenti Rai e alcuni residenti nei giorni scorsi avevano protestato in maniera veemente.

Nel corso del pomeriggio, il ministro Sergio Costa, è intervenuto per smentire “qualsiasi ipotesi di commissariamento“. “Sarebbe un fallimento della norma ordinaria dello Stato – ha detto, intervistato da Radio Radio – Penso che una cabina di regia sia la soluzione che faccia parlare le istituzioni tra di loro. I cittadini devono credere in quello che fai, perché sono loro la tua prima sentinella. Dobbiamo evitare di assecondare le emergenze e bloccarle“. Secondo il ministro, “i romani sono cittadini di qualità – ha aggiunto – se ci mettono un pizzico in più di attenzione, penso alla differenziata per consentire un recupero facile e diminuire i giorni di permanenza dei sacchetti sul ciglio della strada. Penso questo possano farlo, guardando con ottimismo al fatto che le istituzioni si sono sedute attorno ad un tavolo e stanno organizzando qualcosa di concreto“. 
 

Alceste il poeta - Chi è sano, oggi, luglio 2019, deve vergognarsi

Una puttana si aggira per l’Europa …


Silva Candida, 1 luglio 2019

La puttana della Bontà.
Tutte le forze della vecchia Europa si sono unite per compiacere la Nuova Prostituta, la Donna Scarlatta: papi e governanti democratici, eretici, laici e radicali atei, preti e suore, ebrei e musulmani, malvagi e altruisti, banchieri e pauperisti, Bono Vox e Lady Gaga. Da ciò scaturiscono due indubbie conclusioni:

1. la Bontà Universale è il legante del Nuovo Mondo
2. è tempo per gli avversari, i mostri, di rinunziare definitivamente e lasciar correre il nuovo anelito epocale

Occorre preterire i raptus interpretativi, la cronaca minuta, i cambi di campo, le vociferazioni, la geopolitica.
Al lavoro è la Grande Opera.
Non esiste il prima o il dopo, il reazionario o il rivoluzionario, la destra o la sinistra o qualsiasi decrepita concrezione; del pari, non esistono i corpi dei messicani o degli africani annegati; né chi si compiace di quelle morti; nemmeno chi le rivendica con il volto rigato dal rimmel da agape del terzo millennio.
La Grande Opera, solo quella esiste.
I tormenti, gli scontri, le truculenze, le comparsate televisive a nulla valgono; sono teatro, sciocchezzuole: al dunque, ovvero al Dunque, son tutti d’accordo.

Una nave appesantita da qualche culturista sfonda barriere e divieti; vengono organizzate collette e maledizioni; le giugulari si gonfiano catodicamente: eppure la nave va. Inarrestabile. Le flotte europee e italiane non posseggono uno straccio di unità e qualche marinaio in grado di arrestare una barchetta di cartone comandata da una ragazzina. È tutta una buffonata, un teatrino da Gianicolo. Affondiamola! No, spingiamola col vento della solidarietà! Una sfida alla sovranità nazionale! No, una sfida agli egoismi dell’opulenta Europa! Un’invasione! Macché, la giusta nemesi per un continente che ha massacrato i deboli! Intanto, mentre tutti sono occupati a considerare i randelli di gommapiuma, la Sea Watch continua indisturbata come in una versione parodica de Il campo dei santi. Il programma, la Grande Opera, va avanti.
Se voglio inverare la Bontà mi serve, al comando, un uomo che sappia interpretare la malvagità con buona approssimazione. In tal modo i buoni rimarranno sempre eccitati e in guardia mentre i malvagi deporranno le armi, sicuri che il malvagio al comando faccia i loro interessi. E la nave va.

Non uno spettro, ma una prostituta, bruttata con i colori arcobaleno, tiepida e sorridente. Come resistere?
Chiediamoci cosa avesse in testa Marx con quel suo “spettro”, a metà dell’Ottocento. Il romanzo gotico, sicuramente, gli spifferi freddi, i cigolii, i verminosi doppi fondi del castello Europa. Insinuare il revenant, il diverso, il sovrannaturale come minaccia per la “vecchia Europa”. Decrepita, oramai, e pronta alla scossa d’una conflagrazione mondiale. L’Europa, questo grumo di senso, il più duro, inossidabile, doveva essere frantumato e reso inservibile. Papi e re sciolti nell’acido. Con le budella dell’ultimo prete impiccheremo l’ultimo re, si cicalava. 

Il romanzo gotico presagisce il Manifesto del Partito Comunista. Nell’Ottocento, però, i nuovi mostri, gli spettri, vengono non solo per distruggere l’ordine borghese, ma l’ordine tout court, da Frankenstein a Dracula. Come si può resistere al fascino di Dracula? Bisognerebbe dire “no”: non è facile, tuttavia. 

I primi paesi ad elaborare il romanzo gotico, l’Inghilterra, e la Germania. Anglicani, luterani, già lanciati al galoppo verso il futuro. Il futuro colava negli interstizi esistenziali di sassoni e teutoni e prendeva forme mostruose, aliene; il perturbante nasce qui. Cosa si doveva perturbare se non l’ordine millenario? 
Streghe, spettri, folletti del Piccolo Popolo, maledizioni, Doppelganger, saltimbanchi, dottori pazzi, elaborazioni ignobili dell’Eterno Femminino vengono continuamente evocati fra le pagine della letteratura minore, quella più adatta a cogliere gli umori immediati del cambiamento.
L’Antico Ordine doveva essere annientato assieme alla Cristianità, ai monoteismi, alla morale, alla tradizione, alla Classicità. E al socialismo, ovviamente.

L’uomo non crede più al passato, non crede nemmeno a sé stesso. Hyde si aggira, come uno spettro, fra le vie nebbiose di Londra; si diletta nel male, frequenta puttane, attacca i deboli (una bambina, un vecchio), si compiace d'una elettrica e capricciosa puerilità. Il suo volto non ha segni particolari eppure riesce odioso. Nessuno sa spiegarsi questo istinto di avversione nei confronti di Hyde, eppure è così. Utterson, amico di Jekyll e nemico di classe di Karl Marx, combatte contro Hyde, il nuovo che avanza: e perde. Il Nuovo Ordine non reca insidie solo dall’esterno, ma anche dall’interiorità più sacra: dallo stesso cuore umano.

Freud si compiacerà di tali mostri. Rielaborerà tale dicotomia arricchendola di effetti speciali e personaggi fantasmatici.
Gli spettri ci accerchiano. Ci guardano dal bosco e dal buio, pronti ad attaccarci. Essi ne hanno potere; il nostro stesso Io, infatti, è scosso dal dubbio e dal male.

Marx se ne va in Inghilterra a studiare il capitalismo. Elabora una teoria alternativa, eppure profondamente consona, quale ideologia, al capitalismo. L’uomo è ciò che mangia, una merda insomma, non possiede anima e ciò che deve fare per essere felice è consegnarsi alle progressive sorti del Nuovo Ordine. La lotta di classe o la repressione di classe sono variazioni, pur opposte, sull’identico tema. La mano che muove il telaio socialista non è dissimile dalla mano dell’operaio fordista; le loro case, peraltro, si assomigliano; i loro figli anche, così come gli appetiti e le speranze.

Se Karl Marx fosse vivo scriverebbe su questo blog; assieme a Louis-Ferdinand Céline.

Gli Europei dovettero sobbollire in tale sbobba nichilista almeno un secolo prima di essere completamente marinati e pronti alla Monarchia Universale. 
Poi la svolta. Cade il Comunismo, quindi, inevitabile, il Capitalismo. 
Al netto abbiamo il cubicolo, la schiavitù dolce, la Bontà che istupidisce, l’ignoranza che frena il riscatto, la regressione dell’intelligenza, la devoluzione culturale, la poltrona.

Il mostro gotico, lo spettro, Hyde o il vampiro, freddo simbolo dell’attacco alla borghesia si è, oggi, trasformato. Osserviamo da vicino la figura di Dracula. Egli promana da un ambiente tradizionale, esotico, dominato dal sovrannaturale; comanda topi, nebbie; può trasformarsi in animali; soggioga malati di mente o outsider. Il suo regno è infero, magico, ancestrale, rurale, notturno; per questo minaccia la città, unreal city, simbolo del progresso e della luce del progresso. Oggi, liquidata la borghesia, e, con essa, il proletariato, Dracula assolve a ben altri compiti. Lo vediamo proliferare nei telefilm americani, regredito a bamboccio, o a scherzo: non spaventa più nessuno poiché il suo compito ideologico è terminato. Egli assolve altra funzione: quello di diverso assurto a giusto: poiché i diversi, oggi, luglio 2019, hanno il solo compito di dissolvere i sani. Chi è sano, oggi, luglio 2019, deve vergognarsi. Il nulla di troppo, la pudicizia, la ritrosia, la modestia, la difesa d’una famiglia, della Patria, d’un passato, di un dio qualunque che rechi senso ai ruderi sempre più dispersi di quel passato - tutto questo connota individui che il Potere aborre poiché sani; sani ovvero indisponibili, per loro stessa costituzione psicologica, al servaggio. Il vampiro deve affascinare come freak e provocatore casual; e combattere noi, gli Ultimi, divenuti i veri mostri. Siamo noi, oggi, luglio 2019, i vampiri, quasi leggende. Nei romanzi, nei film, nella propaganda siamo noi, i sani, individui dell’Antico Ordine, la minaccia fredda, brutale, tradizionale, magica, notturna. Basta porre attenzione. 
Esaminare con raziocinio la portata semantica delle accuse: oscurantista, retrogrado, negatore della logica e della scienza; un grumo di odio, uno psicopatico dal cuore congelato nell’odio; nazionalista, antieuropeo, anticosmopolita; guerrafondaio.
Viceversa, i buoni sono caldi, amorevoli, aperti, pacifisti, solari, antitradizionali, ecumenici.
Dracula aveva orrore della Croce poiché vi credeva. Oggi il vampiro televisivo ha orrore della Croce poiché simbolo di coloro che resistono. Parlo di Croce, ma potrei parlare di Mezzaluna, Stella di Davide, Marco Aurelio, Aristotele, Guido Cavalcanti o Piero della Francesca. Il Potere ha orrore di tutto ciò che dona senso ad ampie porzioni di umanità; teme Ciò che Sta; il Vampiro o il Diavolo, oggi, luglio 2019, non sono Nemici del Bene o dell’umanità, bensì puri dissolutori.

Il diavolo tenta gli uomini su permesso della divinità. Il diavolo e la divinità condividevano le medesime coordinate cartesiane sulla scacchiera: su lati opposti si affrontavano il bianco e il nero. Oggi non esistono mosse o scacchiere, non esistono più coordinate o studio dei pezzi; il nemico, l’Arcinemico, è pura dissoluzione. Il male non fronteggia il bene o viceversa; il male è assenza di scontro e limite.
Nessun sentiero, indicazione. Le sessantaquatro caselle, pedoni, cavalli o re, sono stati cancellati. Si procede alla ventura, nel deserto. Il Sommo Caos, il Nulla, è fra noi. 

Donald Trump incontra Kim Jong-un. Sino a pochi mesi addietro c’era chi parlava di guerra nucleare. Il che dimostra, ancora una volta, la scarsa comprensione del futuro prossimo. La Corea del Nord, insulsa economicamente, ma importantissima per il Potere: cooptarla nella Monarchia Universale è il fine. 
L'ennesima trincea espugnata verrà festeggiata dall’apertura di un McDonald's.

Nessun paese con un McDonald's ha mai attaccato un paese che ne ospita un altro. Non so se questa è alta geopolitica: rileva, però, quale evidenza inconfutabile. Tehran non ha un McDonald's: qui potrebbe, quindi, accadere qualcosa. Forse. A volte mi sorprendo a pensare che la catena McDonald's non sia una serie di unticci fast food disseminati per il pianeta, ma una teoria innumerevole di ambasciate spirituali del Nuovo Ordine. Chiese, vescovati, cattedrali. Marchi della Bestia.

Addentare un hamburger al McDonald's, bere Coca Cola equivale a ingurgitare il corpo e il sangue del Nuovo Ordine. La transustanziazione dei valori di Carola Rackete in un Big Mac, nelle patatine o nella bibita a zero zuccheri o zero calorie (un vero miracolo) per la messa giornaliera dei miliardi, officiata da poveri che non si sentono tali, pur a ottocento al mese. Chicago come Assisi. Ogni giorno si rinnovella il patto: la multinazionale si è immolata per noi, per salvarci da un mondo bestiale, fascista, freddo, tradizionale; il panino quale patto per un nuovo Eden senza passato o senso, moderatamente ridanciano, abulico, vacuo, tatuato, nonché ravvivato da altre feste religiose a latere, lo sport domenicale, la pornografia e la vacanza, tutte coi loro sponsor: merendine, panini, bibite. 

Gli Europei reagirono dapprima con orrore ai nuovi mostri, poi si abituarono lentamente a perdere ogni identità. Alcuni scannatoi, debitamente approntati, inghiottirono i migliori fra loro. 

Gli Americani, invece, questi Europei alieni e devitalizzati, erano già in combutta coi mostri: lontani dalle fonti della complessità, essi accettarono il Nuovo Ordine di buon grado. Oscar Wilde intuì questo ne Il fantasma di Canterville dove lo yankee, al sentire il cigolio di catene dello spettro, si limita a consigliare un ottimo lubrificante.

L’Americano, pasciuto e indifferente prima di tutti, satollo del nuovo corso, foss’egli un self made man o un pezzente, non riconosce il mostro, mostro egli stesso. Dopo qualche secolo pochi di noi vantano lo sguardo che distingue. Et pour cause. In un mondo al contrario il mostro ormai è amico, è allo specchio ogni mattina, al fast food, al cinema, sui visori. Deformità, pazzia e stravaganza farmacologica o alcolica sono la normalità da accettare, con qualche invidia: vorremmo tutti essere un po’ più mostri anche noi; li invidiamo i pazzi, i deformi, i freak; aneliamo il capriccio, il transeunte, la provocazione; esaltiamo non la forza o la bellezza, bensì l’esatto contrario: il dissennato è al centro del mondo, è il nuovo Apollo, così come il drogato o lo sbronzo o il malfatto; per tacere di assassini e criminali.
Lo spettro gelido che si aggirava per l’Europa ha torto il senso sino a trasformarsi in una calda baldracca. Ruotare il senso a 180 gradi ha reso mostri i normali: non so quanto resisterà il concetto di “diligenza del buon padre di famiglia”, oggi il “mostro dei mostri”, sorta di Grendel che ancora si annida nei codici di derivazione classica. Per poco, suppongo.

Io stesso sto assurgendo a leggenda. Ciò che aspettava nel buio è divenuto buono; il sottoscritto, invece, è scaduto a stregone da bruciare sul primo rogo della prima Salem disponibile.

Il monoteismo a venire: l’Indifferenza.

Perché l’uomo postmoderno ha tanto paura della morte?
Si dice: perché non crede più a Dio. 
Osserviamo la plebaglia che affolla le strade del ventunesimo secolo: quale rapporto intrattiene con la morte?
Li atterrisce, in realtà, la rinunzia all’andirivieni vacuo che compone le loro vite e che oblitera, una volta per tutte, i versanti problematici dell’esistenza. Ogni passione spenta; l’orizzonte corrusco comune ai padri dei padri non fa più per loro. Una minuscola contrarietà li getta nella disperazione. Essi anelano la totale spensieratezza, cioè il non pensare più a niente. Gli si addicono eventi incorporei, facili, irresponsabili, digitali; un figlio li annienta: con le sue pappette, i pannolini smerdati, la scuola, le frignate, le sbucciature. Un tamogotchi ci vuole: da nutrire a ore alterne; se crepa, se ne produce un altro. Nessun assistente sociale, nessuna maestra, nessuno psicologo o giudice recherà disturbo.

Seccatura delle seccature: un tamagotchi abbandonato nell'auto a 50 Celsius.

Per timore della morte si rinuncia alla vita che si nutre di limiti, di soluzioni lente ai problemi, di avversioni, affetti crepuscolari, amore e odio: sentimenti che definiscono il mondo e affinano sé stessi. Le passioni, le passioni. 
I più onesti, in tale brodo tiepido, scelgono, con stretta consequenzialità, pur inconscia, la via del suicidio.
Edonismo da spritz e suicidio saranno i fratelli del futuro. La vacanza e l’autoeliminazione, l’escapismo assordante o il lasciarsi andare, lo sciogliersi, abbandonando i vincoli terreni che prima definivano l’essere umano e, oggi, costituiscono solo un fardello insostenibile.
Ci sono vari modi di rimanere in vita o di suicidarsi.
Vivere come un morto in vita. Vivere senza vivere.
E suicidarsi, con una certa scelta. Vi sono i suicidi effettivi, lucidi e banali. Gettarsi nel vuoto, tagliarsi le vene, farsi saltare le cervella, impiccarsi. E poi i più spettacolari, quelli per cui il suicida ancora si aggira fra di noi, disperato o accecato dall’abisso: droga, alcool, autoannientamento morale, compiacimento nell’ignoranza, poltrona.

Mentre i micchi si affannano sui minibot, l’Europa, in tutta tranquillità, vara bandi, think tank e capifila ideologici sull’accoglienza amorale e amorevole di stupratori e pedofili.
Avete l’impressione di uno scherzo?
La diversità è la normalità e viceversa. Tale concettino non entra nella zucca dei più, ma i tanto dileggiati juncker di brussels hanno le idee chiare e non deflettono d’un millimetro. Mezzo milione, un milione, due milioni; tangenti e percentuali (del tutto lecite!) lucrate su incontri, scambi di idee fra associazioni, onlus e fondazioni: un vorticare di soldi pubblici che ha per fine l’unico Fine: la bontà. La baldracca ora reclama anche i pedofili e gli stupratori: non se la passano bene in galera, alcuni vengono brutalizzati, cicala una delle Carole del Nuovo Ordine, occorre un iter riabilitativo (intransigente, si badi!) per i più deboli o, almeno, per i renitenti alle dande dell'educazione, un regime carcerario più umano; in attesa di una legalizzazione della pedofilia, beninteso, e dello stupro, magari da regolarizzare con contratti fra le parti o con l’inaugurazione di sfogatoi monarchici.

Lo stupratore e, soprattutto, il pedofilo non hanno da restare indietro nella considerazione della Monarchia Universale. A ben vedere (e a Brussels vantano occhiali di prim’ordine) stupro e pedofilia sono nuances comportamentali; come le personalità borderline; anzi, i più intelligenti sono individui borderline se non i pazzi assoluti. Non vedete voi i telefilm anglouniversalamericani? I più intelligenti non sono, forse, degli sciroccati, affetti da sindromi di Asperger o autistici o rain men di varia natura, tatuati, coi capelli in aria, grassocci, pittati, gobbi, nerd? Sono i normali a essere noiosi, pedissequi, privi di fascino. Stupidi.

Reazione del micco? Non è possibile! Gli stupratori! I pedofili! Addirittura!
Ma quante cose impossibili appena ieri sono, oggi, merce comune?

Il solo dubbio che mi resta riguardo al Suicidio più Spettacolare, quello dell’Umanità, riguarda l’intenzionalità. L’umanità si sta infilando in questo vicolo cieco per colpa di una Élite pifferaia che la dirige oppure anche l’Élite soggiace a tale moto di autodistruzione?
C’è differenza tra un drogato all’ultimo stadio e Jeff Bezos?
Cosa vuole Jeff Bezos? Essere ricco, dominare, uccidere, strangolare, vendere paccottiglia? Ne siamo sicuri?
Il genere umano è programmato per l’estinzione?
È divenuto troppo complesso? O incapace di formare stati di bassa entropia cui appigliarsi prima di scivolare verso il Nulla?
Questo l’unico busillis.