L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 19 ottobre 2019

Rai - una delle solite toppe del fanfulla

Arrestato Casimiro Lieto, la Lega lo voleva direttore di Rai 2

Arrestato Casimiro Lieto, un autore della Rai vicino alla Lega ed ad Elisa Isoardi

Di Andrea Palci
- 18 Ottobre 2019




È stato arrestato Casimiro Lieto, autore Rai di programmi come la “Prova del Cuoco” ed altri legati ad Elisa Isoardi, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Insieme a lui altre sei persone sono state arrestate in merito alla stessa inchiesta, portata avanti dalla Commissione Tributaria di Salerno, nella quale sono iscritti al registro degli indagati anche imprenditori e giudici tributari. Casimiro Lieto era stato proposto dalla Lega come direttore di Rai 2 ai tempi del Governo Conte 1. La proposta era arrivata dal leader della Lega, Matteo Salvini, poi non andata a buon fine.

Casimiro Lieto è accusato di essersi messo d’accordo con Antonio Mauriello, che fa parte del consiglio nazionale della giustizia tributaria, per un posto di lavoro da assegnare a Fernando Spanò, presidente della sezione della commissione tributaria regionale di Salerno. Lieto avrebbe avuto in cambio un trattamento di favore su un procedimento a suo carico pari a 230mila euro.

Le opposizioni chiedono chiarimenti alla Rai, con Michele Anzaldi, deputato del PD che chiede: “Dopo questo arresto, la Rai ci dica cosa intende fare”. La vicenda difficilmente passerà inosservata, dopo le critiche degli ultimi mesi per le nomine Rai, con la recente polemica per l’incontro tra Nicola Zingaretti ed il presidente Rai, Marcello Foa.
 

Canone Rai una tassa ingiustificabile spreco inconcepibile

RAI – LUCE SUI MEGA-STIPENDIONI
 
Maurizio Blondet 17 Ottobre 2019
 
Corte dei Conti contro la Rai. Vuole la mappa del personale. Tra assunzioni e promozioni regna il caos. Gli sprechi a Viale Mazzini non finiscono mai

13 Ottobre 2019 di Clemente Pistilli Sapere chi sa fare cosa in Rai è ancora impossibile. Il 27 marzo scorso il CdA ha approvato il piano di gestione e sviluppo delle risorse umane, finalizzato a valorizzare il merito e a stabilizzare il personale, il Movimento 5 Stelle spinge per risolvere il problema, ma di una mappatura delle professionalità in viale Mazzini ancora non c’è traccia. Con i conseguenti notevolissimi problemi che spuntano fuori per reclutare altre forze. Difficile decidere con un certo criterio chi cercare all’interno se non si riesce a capire neppure quali risorse ci sono all’interno. Una piaga evidenziata dalla Corte dei Conti, nella relazione sulla gestione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo inviata ai presidenti delle Camere, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. […]

IL NODO. Il problema principale in viale Mazzini resta però quello del personale. Nel 2017 l’azienda contava su un organico di 11.055 unità, tra cui 275 dirigenti e 1.148 funzionari o quadri. Una spa che va avanti priva di una “mappatura completa delle competenze esistenti” e dei relativi ruoli e responsabilità aziendali. Difficile in tali condizioni un “efficace reclutamento delle risorse”, sia interno per mobilità che esterno. Tanto che le procedure sono andate avanti “in assenza di specifici riferimenti a valutazioni comparative riferite a risorse iscritte in un determinato bacino professionale”. Un vuoto da colmare in fretta. Iniziando pure a utilizzare di più lo strumento del job posting, ovvero pubblicando le offerte di lavoro su specifici canali di reclutamento del personale, garantendo così maggiore trasparenza e maggiori chance a quanti aspirano a un lavoro con mamma Rai. Strategie utili tra l’altro a ridurre ulteriormente il contenzioso, considerando che per problemi legati ai rapporti di lavoro sulla spa pendono ancora 660 giudizi.


Corte dei Conti contro la Rai. Vuole la mappa del personale. Tra assunzioni e promozioni regna il caos. Gli sprechi a Viale Mazzini non finiscono mai

I francesi scappano dalla Siria non avendo più la protezione statunitense, cercano di distruggere le prove della loro maledetta presenza

SIRIA: I FRANCESI DISTRUGGONO IL “LORO” CEMENTIFICIO CHE SERVIVA I RIBELLI
 
Maurizio Blondet 17 Ottobre 2019

Prima di ritirarsi da Manbij, dove aiutavano curdi e jihadisti purché anti-Assad, i commandos della Francia hanno dato fuoco al cementificio Lafarge di Jalabiyeh (a Nord di Aleppo, presso la frontiera turca) prima che l’armata siriana ne prendesse possesso. La Lafarge-Holcim è una gigantesca multinazionale franco-americana, leader mondiale del settore.

Bisognava far sparire le tracce di una operazione segreta francese piuttosto voluminosa: l’impianto della Lafarge ha fornito 6 milioni di tonnellate di cemento ai jihadisti onde questi potessero costruire le formidabili fortificazioni sotterranee che effettivamente hanno completato, necessarie per sferrare una guerra di posizione che sarebbe durata in eterno.

L’aviazione russa ha bombardato per sei mesi questo sistema di bunker con bombe a penetrazione, riuscendo a distruggerli in gran parte e permettendo all’armata siriana di liberare il territorio senza temere colpi a sorpresa da jihadisti sorti dal sottosuolo. Erano le fortificazioni sotterranee più imponenti da quelle della seconda guerra mondiale.
 
(Ha stato Putin)

Nel 2016 un sito internet turco, Zaman Al-Wasl, aveva pubblicato le e-mail dei dirigenti della Lafarge che dimostravano che il cementificio versava denaro a Daesh, con cui appariva in ottimi rapporti. Su richiesta di alcuni dipendenti siriani, la Francia aprì un’inchiesta per depistare. Le Monde raccontò che sì, la Lafarge pagava i jihadisti, ma per farsi rifornire da loro di petrolio per far funzionare la fabbrica (che funzionava a carbone, fornito regolarmente dalla Turchia). Una scusa che in realtà confermava il fatto: a che scopo mantenere in funzione un cementificio nella zona di guerra, se non per rifornire i “ribelli”? E’ ovvio che i “ribelli” non erano in grado di scavare simili bunker: li hanno aiutati genieri della NATO: francesi e persino norvegesi.



La cosa fu rivelata nel 2017 da Thierry Meyssan, che ha raccontato come questo incarico alla Lafarge – diretta da un americano, Eric Olsen – nella riunione del Bilderberg del giugno 2008 a Chantilly (USA) in cui il patron della Lafarge, Bertrand Collomb (ormai presidente onorario), partecipò a fianco di Manuel Valls (il futuro primo ministro sotto Hollande) e Pierre Jouvet (futuro segretario dell’Eliseo).

In quella riunione, ai 120 membri del Bilderberg, si presentarono Hillary Clinton e Barak Obama i quali spiegarono come, nel quadro del mantenimento della politica estera USA, i Fratelli Musulmani potevano essere adottati per il ruolo che potevano assumere nella “democratizzazione” del mondo arabo. Primavere arabe e intervento in Siria tramite”ribelli moderati” e tagliagole ISIS furono decisi lì.

Meyssan ha anche documentato gli intimi legami della multinazionale Lafarge con Hillary: la quale difese la ditta come avvocatessa quando la Lafarge fu incriminata per inquinamento del suo cementificio in Alabama dall’Agenzia federale di Protezione Ambientale, e poi addirittura come amministratrice della multinazionale, posizione che lasciò solo quando Bill Clinton entrò alla Casa Bianca. Dove il nuovo presidente si affrettò a condonare la metà del risarcimento per danni che l’avvocatessa Hillary non era riuscita a far evitare alla Lafarge: 600 mila dollari invece di 1,8 milioni. Grata, la Lafarge è da allora la contributrice della Fondazione Clinton al ritmo di 100 mila dollari l’anno.
 
 

Meyssan ha anche mostrato i collegamenti della Lafarge con il DGSE (i servizi francesi) durante la guerra in Siria.

Questo può dare un’idea delle dimensioni titaniche delle forze militari e delle potenze politiche globali che si sono coalizzate per rovesciare Assad e creare lo pseudo-stato curdo Rojava- e che sono state sconfitte. Non si è lontani dal credere al miracolo che, secondo i prelato cristiani siriani, la Vergine avrebbe promesso ad Assad durante la sua visita al santuario mariano di Maalula, venerato anche dai musulmani.
 
 
 (Come al solito, Le Canard aveva nominato i terroristi: Sarkozy, Hollande, Valls, Macron…))

Anche il generale Delawarde, notando come la credibilità USA – ed anche della NATO – come alleato sia scossa per sempre dopo l’abbandono dei curdi, con conseguenze immaginabili nel futuro del Medio Oriente, segnala che “gli israeliani sono ferocemente pro-curdi e soprattutto ostili al ritorno della pace in Siria sotto l’egida di Bachar Assad, perché secondo loro crea un potente arco sciita Iran-Irak-Siria-Libano (Hezbollah) che lo stato ebraico ritiene una minaccia esistenziale. Questa posizione israeliana è condivisa dallo “stato profondo Usa”, neoconservatore a indefettibile sostegno allo stato ebraico, ma anche dai vari “stati profondi” europei e dei loro media mainstream, nel Regno Unito e Francia soprattutto”. Poteva aggiungere i media italiani, il generale, senza sbagliare.

https://reseauinternational.net/analyse-de-lintervention-turque-au-nord-est-de-la-syrie/

I radicali vogliono l'Immigrazione di Rimpiazzo e allora arrivano tanti soldi

George Soros, spuntano due donazioni sospette: non solo ong, ecco chi ricopre di denari
 
gianfranco.cei 17 Ottobre 2019

Da magnanimo filantropo ad avido finanziatore il passo può essere breve. George Soros, 8,3 miliardi di dollari il patrimonio stimato, è uno dei trenta uomini più ricchi al mondo. L’ imprenditore e attivista ungherese naturalizzato americano si è messo in testa di realizzare la società aperta teorizzata dal suo maestro, il filosofo Karl Popper, e da tempo ha deciso di investire parte dell’ immensa riserva di quattrini in associazioni, istituti e movimenti di mezzo mondo. Lo fa attraverso la sua Open Society Foundations, attiva anche in Italia dal 2008, quando il plurimiliardario ha cominciato a offrire supporto legale a chi osteggiava lo strapotere mediatico di Silvio Berlusconi e ad aiutare le minoranze Rom e Sinti.

Ognuno, naturalmente, dei propri soldi è libero di fare ciò che vuole, purché la provenienza sia lecita. Sul fatto che il riccone progressista agisca esclusivamente di buon cuore abbiamo parecchi dubbi, ma la cosa è nota. Semmai ci chiediamo come faranno ora i signori della Sinistra a continuare a negare l’ ingente quantità di denaro investita dalla Open Society nel nostro Paese, un fiume di soldi che – stando ai dati riportati con dovizia di particolari dall’ agenzia di stampa AdnKronos – sarebbe stato erogato a favore di una pletora di enti e ong che si occupano di immigrazione e Rom. Ma non solo, perché tra i beneficiari accertati vi sarebbero anche due partiti: i Radicali e pur indirettamente il Pd, come vedremo in seguito.

I VERSAMENTI
Al partito di Emma Bonino, in base alla ricostruzione dell’ Adn, nel 2017 sarebbero stati versati 298 mila 550 dollari “per promuovere un’ ampia riforma delle leggi italiane sull’ immigrazione attraverso iniziative che puntino a fornire aiuto agli immigrati e avanzare il loro benessere sociale”. Nel 2018 Soros avrebbe elargito 385 mila 715 bigliettoni all’ Asgri, l'”Associazione per gli studi giuridici sull’ immigrazione” che in passato ha pubblicato la rivista “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza” in collaborazione con Magistratura Democratica. E ancora: l’ anno scorso 230 mila 192 euro sarebbero stati destinati all’ Istituto Affari Internazionali presieduto dall’ ex commissario europeo Ferdinando Nelli Feroci. Il motivo della donazione? “Educare e favorire il dialogo con gli attori politici sui nuovi approcci all’ immigrazione e alle politiche di asilo europee, a beneficio di migranti, rifugiati e società ospiti”. Le donazioni in territorio italiano tra il 2017 e il 2018 sarebbero state 70. Non spicca per importo, ma è sicuramente curiosa, quella di 25 mila dollari all’ Università di Urbino “Carlo Bo” per un progetto riguardante la “mappatura dell’ informazione politica sui media italiani in vista delle elezioni politiche 2018”.

BENEFICIARI
Chi avrà voluto favorire con questa ricerca il plurimiliardario? Tendiamo a escludere Salvini o la Meloni, ma potremmo sbagliarci. Soros avrebbe poi dato un milione di dollari a Purpose Europe Limited. Cosa c’ entra con l’ Italia? Nulla, apparentemente. Se non fosse che l’ organizzazione a luglio dell’ anno scorso ha pubblicato il rapporto “Attitude towards National Identity, Immigration and Refugees in Italy”. Nel 2017 invece la Open Society avrebbe regalato 24.828 al dipartimento di Scienze Politiche dell’ Università di Perugia per una serie di incontri dedicati ai social media e alla comunicazione politica.

Cambiando tipo di destinatario, l’ Associazione 21 luglio avrebbe incassato 170.144 dollari per il sostegno alle comunità Rom e Sinti, una nobile causa, si capisce. Dicevamo del Partito Democratico: appare bizzarra, anche se sarà stata sicuramente del tutto lecita, la presunta elargizione nel 2018 di 83.500 bigliettoni americani per la “rivitalizzazione del parco pubblico di Ventimiglia”. Della somma, 58 mila 500 dollari sarebbero confluiti direttamente nelle casse del Comune allora guidato dal sindaco Dem Enrico Ioculano. Una coincidenza o c’ è stato dell’ altro? Noi siamo fermamente convinti della bontà e dell’ innocenza del gesto di Soros, e che quel parco fosse ridotto davvero male.

di Alessandro Gonzato
 

Anche questa volta salveranno il Progetto Criminale dell'Euro...

….IN EUROPA INVECE TUTTO BENE
 
Maurizio Blondet 16 Ottobre 2019
 
Francia: la polizia ha pestato i pompieri – nulla da vedere

https://twitter.com/LPLdirect/status/1184238835036819462?s=17
in Catalogna tutto tranquillo….

https://twitter.com/LPLdirect/status/1184225545254526976?s=17

L’alleanza franco-tedesca a gonfie vele:

Tiro di sbarramento particolarmente violento a Bruxelles contro la Francia, perché si oppone all’all’argamento della UE all’Albania e alla Macedonia del Nord.

JEan Quatremer (Libération) Un tir de barrage particulièrement violent à Bruxelles contre la France qui s’oppose à l’élargissement à l’Albanie et la Macédoine du nord. Et ce sont les mêmes qui vont ensuite larmoyer sur la paralysie de l’Union. Cette incapacité collective à apprendre de ses erreurs…

Il Deutsche Wirschaft Nachrichten la racconta così:
La Francia impedisce i colloqui di adesione con l’Albania e la Macedonia settentrionale

La Germania vuole allargare all’Albania e Macedonia senza consultarsi con gli altri membri, nemmeno la Francia. E non chiamatelo unilateralismo, sennò siete sovranisti.

Manfred Weber è il capo del gruppo PPE all’europarlamento, scelto dalla Merkel:
Manfred Weber à Emmanuel Macron: «Arrêtez de blâmer les autres!»

“Piantatela di dare la colpa agli altri!”

https://www.lefigaro.fr/international/manfred-weber-a-emmanuel-macron-arretez-de-blamer-les-autres-20191015
In Baviera avanza il progresso:

https://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/500688

“La Baviera e la Germania sarebbero più sicure se ogni uomo e donna onesti avessero il diritto di portare in tasca un coltello”: Hubert Aiwanger, vice-ministro-presidente di Baviera

« La Bavière et l’Allemagne seraient plus sûres si tous les hommes et toutes les femmes honnêtes avaient le droit d’avoir un couteau dans la poche. » Hubert Aiwanger, vice-ministre-président de Bavière et chef du parti conservateur Freie Wähler (électeurs libres), allié à la CSU. pic.twitter.com/oX7Kl5r75e

— Thomas Wieder (@ThomasWieder) October 15, 2019

Il più ottuso dei giornalisti economici tedeschi si stupisce: L’economia della Francia, nella recessione che è cominciata , scende molto meno di quella della Germania (che precipita) “perché l’export del suo settore industriale conta per una quota minore del Pil francese”

Good Morning from #France which is coping w/global downturn much better than Germany b/c export-intensive manufacturing sector accounts for much smaller share of GDP in FR. France 2019 GDP forecast cut by 0.5ppts to 1.3% within a yr while Germany's cut by whopping 1.5ppts to 0.5% pic.twitter.com/RnDWC7cTR4

— Holger Zschaepitz (@Schuldensuehner) October 16, 2019

“Nell’attuale recessione globale, #Francia sta beneficiando del fatto che è così poco competitiva rispetto alla Germania, i suoi prodotti industriali sono meno sofisticati e la sua quota di esportazione nel mondo è minore. La Francia ha registrato un deficit delle partite correnti dal secondo trimestre 2005

Adam Tooze:” Il declino dell’auto tedesca è il principale motore del calo nell’industria, ma la recessione è molto diffusa anche in altri settori”
 
Il calo della produzione industriale tedesca è notevole in tutti i settori

Profilo di produzione energia elettrica Germania. Ieri, 14.000 MWh a lignite, 8.500 a carbone e 6.500 a gas. Anche oggi, la Germania è verde domani!

I tedeschi ancora non hanno capito. Ma tranquilli, l’euro è irreversibile. La Germania è serena al comando:

https://twitter.com/i/status/1184045345405390849

E vedete com’è facile mettere insieme un notiziario con immagini. Basta raccogliere tutte le notizie che i direttori dei TG hanno “bucato”, per diffondere propaganda:
 
 
 

Johnson&Johnson nei guai

Notizie e Approfondimenti >
Johnson & Johnson nei guai: ritiro talco e perdita a Wall Street

Violetta Silvestri
18 Ottobre 2019 - 20:16

Johnson & Johnson è nei guai. L’azienda ha annunciato il ritiro di talco contaminato da amianto. Si tratta di un lotto sospetto dopo che alcuni test a campione hanno rilevato tracce di sostanze nocive. Le azioni J&J scendono a Wall Street. 



Johnson & Johnson è nei guai: l’azienda ha ordinato il ritiro di talco per bambini per la presenza di tracce di amianto. Gli accertamenti della Food and drug administration (Fda) sono stati fatali per la multinazionale USA, costretta a togliere dal mercato un lotto di talco destinato alla cura igienica dei neonati.

Non appena si è diffusa la notizia, i titoli azionari di J&J hanno registrato perdite di circa il 4% a Wall Street.

L’azienda ha reso noto che la sua collaborazione con le autorità sanitarie USA è massima, proprio perché è interesse della stessa J&J fare chiarezza e diffondere notizie veritiere sui risultati del test sul talco sequestrato. 

Johnson & Johnson: ritiro di talco a rischio. Ecco perché

Johnson & Johnson ha comunicato ufficialmente che sta avvenendo il ritiro di talco per bambini considerato a rischio. Si tratta di 33.000 flaconi di “Baby Powder” in vendita nel mercato statunitense.

Il lotto ritirato dal commercio è il #22318RB e risulta essere stato acquistato online da un rivenditore che, al momento, non ha identità certa.

I flaconi di talco esclusi dal mercato sono stati sottoposti ai controlli delle autorità sanitarie competenti della Food and drug administration. Proprio da questi test è stata riscontrata la presenza di sostanze considerate nocive per l’uomo. Nello specifico si tratta di tracce asbesto crisotile, meglio noto come amianto.

Johnson & Johnson ha dichiarato che, alla notizia della presenza della sostanza dannosa nel campione esaminato, ha immediatamente ordinato il ritiro del talco in via precauzionale.

È la stessa azienda ad aver deciso di avviare una indagine interna dettagliata su quanto risultato dall’analisi del campione.

Ritiro di talco contaminato: nuovi guai per Johnson & Johnson

La notizia del ritiro di talco è sicuramente fonte di nuovi guai per Johnson & Johnson. Da diversi anni, infatti, l’azienda si trova nel mirino dei consumatori per i presunti effetti dannosi provocati da alcuni prodotti del marchio.

Sono circa 13.000 le cause in atto contro la J&J per danni alla salute, come il cancro, causati dall’impiego quotidiano di articoli del brand da parte degli acquirenti.

Proprio per questo l’azienda è stata obbligata quest’anno a consegnare alcuni documenti relativi alla composizione e alla produzione di alcuni prodotti sospettati.

L’anno scorso, inoltre, il gruppo Johnson & Johnson ha dovuto risarcire 22 donne sborsando la cifra di 4,7 miliardi di dollari. L’accusa era rivolta ad alcuni prodotti che avrebbero causato il cancro alle ovaie alle consumatrici.

La novità di oggi ha subito avuto i suoi effetti negativi a Wall Street, dove le azioni del gruppo hanno avuto un trend al ribasso del 4,7%.

Una flessione dei titoli di Johnson & Johnson si era già verificata alcuni giorni fa, a seguito di una sentenza di condanna arrivata da una giuria di Philadelphia, che ha richiesto all’azienda di pagare una multa di 8 miliardi di dollari.

Il motivo? Mancato avvertimento dei consumatori sugli effetti del farmaco antipsicotico Risperdal sulla crescita anormale del tessuto mammario nei ragazzi.
 

affidiamoci indefessi alla borgatara di Roma e risolviamo tutti i nostri dubbi e perplessità

Il maschio è inutile


Roma, 4 ottobre 2019

Poiché, come è emerso, assai naturalmente, in una conversazione digitale col Poliscriba, non c’è nulla da fare per l’Italia, almeno divertiamoci (non so se questa era la vera intenzione riposta del mio interlocutore, ma l’ho intesa così).

Il tratto diaristico del blog è innegabile. D’altra parte cos’è un blog se non il resoconto d’uno scialo di triti fatti, per dirla col poeta? Questa forma, purtroppo, costituisce il suo punto debole. Come se un estraneo volesse sbirciare in un diario e aprisse una pagina a caso: la ricostruzione della personalità di chi lo scrisse sarebbe assai difficile basandosi su quell’unico modo dell’anima. Come nel post sulla caduta del governo che “era nei patti”: ma che ci azzecca, avrà detto qualcuno, quella coda sui Saraceni e sugli uccisori dei Saraceni? Bisognerebbe leggerli tutti, i post, soprattutto quelli iniziali, più sciatti, per comprendere qualcosa: per avere contezza della vita d’un uomo occorre ingoiare il mondo, disse, a giusto proposito, Tahar ben Jelloun.

E però divertiamoci: ci si conceda questa vacanza. Non ho più voglia di impegnarmi.

Quando, in un paese che ha collezionato individui di genio assoluto, un paese che è paradigma e matrice delle maggiori manifestazioni dell’animo umano, dalle Pandette all’ingegneria alle tempere grasse – quando si ha un passato di spaventevole ricchezza e ci si ritrova con una paccottiglia anarchica senza alto né basso, che riuscirebbe a equivocare, sprovvista com’è di mezzi logici, un fischio per un fiasco, allora non possiamo che limitarci al divertimento.

Esempio. Nel 2018 vinsero, a mani basse, due liste antieuropiste. Entrambe si accordarono per una coalizione di governo: 57%! Un 57% lanciato ad ariete contro Bruxelles e le sue riforme da Monarchia Universale! Senza contare che c’era, all’opposizione, un altro 10%-15% (Fratelli d’Italia, Forza Italia) a cui tali istanze non avrebbero dovuto risultare così estranee (nome omen, o no?). Due Italiani su tre, insomma, erano partiti - matita copiativa in resta - contro il Saracino della giostra di Bruxelles: per farlo a pezzi.

Dopo un anno (un anno!), senza passare per elezioni, ci si ritrova con la coalizione più europeista di sempre, lanciata, invece, clistere in resta, contro i propri stessi elettori.

All’opposizione un tal Salvini, più un ottuagenario ricattabile e la consueta tizia dei Fratelli dell’Italia. Quest’ultima l’ho adocchiata, recentemente, a un comizio (via televisione, beninteso); non volevo credere a ciò che guardavo, davvero. No, no, mi dicevo, Caradonna, allora, è passato invano; i fratelli Mattei, la marcia su Roma, Céline, Almirante, i fasci di ogni ordine e grado, tutto invano; no, non è possibile, no … no … possibile questo? … non voglio crederci … ma è possibile? Possibile questo? Selfies, rodomontate, sparate all’amatriciana … ma è possibile questo?

A fronte di tale disfatta (raccogliere voti a destra o presso una stazione del risentimento assai prossima all’insurrezione morale di destra per poi volgerli al contrario), il controinformatore, ovvero quella figurina flebile e impotente, che spignatta sui fornelli della rivoluzione impossibile, non fa una piega. Non si domanda: come è possibile questo? Cosa fa, il fessacchiotto? Si schiera con la presunta vittima, magari: quello da votare al prossimo giro! Il gioco delle tre carte (il truffatore, il compare, il micco) non rivela alcunché alla sua psicologia da farlocco. D’altra parte, a ragione: il gioco delle tre carte esiste da tempi immemorabili e da tempi immemorabili ci cascano tutti. I meccanismi sono implacabili e si chiudono a scatto ogni volta. Anche Garrincha, l’ala destra brasiliana, operava in tal senso: sempre la stessa finta; il marcatore ci cadeva ogni volta perché conoscenza e azione muovono su piani differenti. L’istinto domina sulla ragione; per far prevalere il cervello nella mischia occorrono anni di allenamento, ma il sudore non piace a tutti. E così Garrincha fintava verso il centro, il micco chiudeva lì, e lui, senza uno iato nel movimento naturalissimo del suo corpo, sfuggiva, invece, all’esterno: seguiva cross teso nell’area piccola: qualunque babbeo poteva toccare in rete quel pallone, la frittata difensiva era compiuta.

Comprendere, con uno sforzo cerebrale nemmeno troppo possente, che il trucco si nasconde nello strumento (la democrazia liberale, le elezioni, la democrazia moderna tout court) pare difficile per l’uomo comune. Capire che libertà può sussistere senza matita copiativa, anche. Purtroppo il Super-Ego del miccus digitalis è potente: trasgredire a tale comandamento principe (voto=democrazia=libertà) gli pare una ribellione insana, un incesto costituzionale.

Il Super-Ego, “una sorta di censore che giudica gli atti e i desideri dell’uomo” (cito da Freud), è una splendida trovata. Si ripete, ancora oggi, che il Super-Ego è costituito in seno alla famiglia e poi nella società et cetera, ma oramai son tutte balle. Il Super-Ego, da almeno mezzo secolo, lo forma il Potere attraverso la scuola, abolita la famiglia e ogni altro antico e venerabile tentativo di socializzazione (confraternite, ginecei, esercito, piazzetta, muretto, categorie di lavoro …).

Dagli anni Sessanta sono stati istituiti, con la complicità degli eletti democratici (leggi: traditori della Patria), nuovissimi Super-Ego. Il Super-Ego dell’Anti-Italianità, del Buon Negro (evoluto poi nella figura archetipa del Buon Migrante), dell’Evasore Fiscale e del Contante Sporco, della Donna da Liberare, dell’Ecologista Buono, del Maschio Eterosessual-Sopraffattore, del Maschio Omo-Sensibile, della Puttana Sfruttata di Buon Cuore, del Cristiano Ipocrita, del Nordico Evoluto (o del Latino Retrogrado) e così via.

Incredibile come tali concrezioni, del tutto estranee all’animo Italiano profondo, si siano accresciute e indurite tanto da farsi nuova psicologia di massa in brevissimo tempo. Attenzione! Lavoriamo un po’ di bisturi! Ciò non vuol dire, a esempio, che l’ecologismo sia da rigettare. Si intende, cum grano salis, che tale nuovo ecologismo non è altro che lo strumento per arrivare al dominio di circa dieci miliardi di esseri umani riuniti in una immane Monarchia Universalis. Per quanto possa sembrare incredibile, la pietà verso gli animali e la reverenza verso la natura è sempre esistita. Vegetariani e avversari dei sacrifici cruenti, come Plutarco, furono araldi di tali sensibilità eterne. Viceversa, chi reca un cane col cappotto al parco è solo una barzelletta del Potere. Goethe, a tale proposito, potrebbe dare lezioni: tesseva lodi celesti alla natura e agli animali, ma non sopportava i cani; i cani molesti; i cani utili, invece, rientravano nella sua idea di giusta gerarchia. Greta è la barzelletta dell’ecologismo, così come la Rackete della pietà verso il prossimo, la Klein della rivoluzione. Sono strumenti ridicoli (per me) eppure efficaci per addomesticare il minchione che dorme nell’omarino del futuro, privo di qualsiasi raffronto storico, poiché il minchione la storia la ignora e crede che sia nata con lui (esempio: chi difende i cani è convinto che l’amore per gli animali sia sorto attorno al 2000, cioè da quando lui si è fatto un botolo col cappottino).

Il Super-Ego Indotto, ragazzi, si basa sulla stupidità (mancanza di logica aristotelica) e sull’ignoranza (preterizione del passato). Questa Umanità Nuova ha la certezza che la Bontà sia suo esclusivo appannaggio: da un par di decenni o giù di lì: da quando gli hanno instillato questo sentimento, insomma. Prima (prima che il Potere gli facesse balenare questa rivelazione), il mondo era composto da gente brutta, sporca e cattiva. Per fortuna poi è arrivata la democrazia reale e anche l’Italia si è evoluta … in senso nordico … poiché le democrazie nordiche sono le più risalenti … addirittura in Islanda c’era la democrazia già nell’anno Mille … proprio quando Italianuzzi e Massacratori Limitrofi, sobillati dal Papa, andavano a pastellare gli Infedeli in Terrasanta … e quindi finlandesi, svedesi, danesi, norvegesi e sì, pure i crucchi, ci insegneranno a vivere … a vivere nella libertà, nel rispetto del prossimo … in totale ed ecumenica corrispondenza d’amorosi sensi col panda e il rinoceronte nero d’Africa … le vittime del mondo brutale che c’era prima: vittime il panda e il dodo e il rinoceronte nonché i gay, le donne e pure Rosa Parks, quella che non si alzava dal posto sull’autobus, una lezione talmente ben assimilata che gli africani non scollano il culo dal posto sull’autobus manco se vedono un reduce dai carnai di Verdun (dove si distinse, confessiamolo, quello zozzone di Pétain).

Ma il Super-Ego che mi fa più sghignazzare è quello di Kunta Kinte. Sì, piccini miei, Kunta Kinte. Perché il Potere la sa lunga, più lunga di voi tutti messi assieme. Con me non attacca perché non vivo in questo secolo, ma con la maggior parte di voi … instillano il Super-Ego a tradimento, con un clistere mediatico, tanto da ritrovarvi gli intestini rigonfi di bontà … e allora ne avrete da scorreggiare … da scorreggiare a comando le più truci esaltazioni di amore universale …

Avete visto la pubblicità della Coca Cola? Avete ben compreso cosa afferma? Per il 99% del miccume quello è un messaggio volto a far acquistare una bevanda! Roba da chiodi! E la pubblicità Sprite l’avete vista? Ragazzi, queste sono cose importanti! Salvini e Di Maio son semplici coglioni da joystick! Ma il testo, le immagini subliminali di quelle due bevande da carie galoppante … quello è il futuro che si acconcia per voi! Si annida nello stomaco, nel retto, nell’esofago … in maniera così maliziosa che dovrete inevitabilmente cacare e vomitare quelle scempiaggini innaturali! Volenti o nolenti! Vi verranno alle labbra (o all’ano) con una docilità e una spontaneità incredibili! Hai voglia, poi, a fare il fascista … potrete pure farlo il fascista, ma vi sentirete in colpa perché il Giudice Morale delle Vostre Vite è lì, in corpo … in corpore vili, verrebbe da dire … su corpi da esperimento … cavie … topolini da allevamento.

Stanley Kubrick la sapeva lunga … l’Alex di Arancia meccanica vomita dopo aver tentato un atto di violenza … gli tocca fare il barboncino e leccare la suola dell’allevatore di turno.

Il Super-Ego di Kunta Kinte è uno spasso. Si crede, da parte di alcune ex femmine, che il bianco italico sia una sorta di pitecantropo stile Lando Buzzanca (basti vedere un filmino: L’uccello migratore) e lo straniero (uno qualsiasi) il ricetto delle virtù maritali. E così abbiamo sempre più coppie disparate, da delirio. L’accoppiata femminista-di-mezza-età con africano-ancor-vigoroso è da teatrino della commedia dell’arte postmoderna: corna, neghittosità, insolvenze, fuitine, rappresaglie, avidità da membro membruto … tutto si miscela per il divertimento di chi sa … le coppie col nordafricano-islamico che si comporta come Ferry Boat ne I soliti ignoti … fonte di altrettante risate … ma qui la farsa dilaga … ci si impone ogni violenza a sé stessi nel nome del Potere che prevarica grazie ai Super-Ego confezionati nei gabinetti di chimica dell’istupidimento di massa … voglio, forse, come donna, un riposante cinquantenne italiano con la canottiera? Ma no, io anelo l’innocenza di Kunta Kinte … ed eccole servite, allora … ma c’è di più: la giovinetta che crede di aver sposato l’uomo copertina di Men’s Health e si ritrova un allocco già stanco di sesso a trent’anni … o, viceversa, chi crede di aver accalappiato una sex-machine e la guarda, la sera, in ciabatte al chiar di luna televisivo, davanti a Insinna …

Non vogliate credere ch’io sia antifemminista, antiecologista, anti-anti-razzista … devo ripetermi … no, signori, io mi ergo contro le parodie del femminismo, dell’ecologismo, dell’antirazzismo e del climaterio ...

Ma già intravedo, nel futuricchio che aspetta insonne, lungo la linea dell’orizzonte degli eventi, a cosa prelude tutto questo. Alla scomparsa del maschio. Qui si vuole arrivare , al crollo del cromosoma Y ... d’altra parte già vi è una teoria in proposito … nel Neolitico i maschi si dimezzarono … anzi, di più … quasi si estinsero, tanto che il rapporto maschio-femmina scivolò a 1/17 … state a sentire perché cosmica … e ciò, il disastro maschile, accadde perché i Nostri, rincoglioniti dal patriarcato aggressivo, si scannavano fra loro rubandosi le femmine gli uni con gli altri … si ordivano, perciò, massacri di maschi … e stupri terribili … di massa … finché … finché, forse, per reazione, non si stabilì una sorta di età dell’oro, di pacifico matriarcato (quello studiato da Bachofen?) che rimise le cose a posto. Rinfoderata la spada della protervia nella vagina della quiescenza, l’umanità scivolò in un soporoso pacifismo da Mulino Bianco …

Autori della ricerca sono tre mammalucchi della Stanford University: Tian Chen Zeng, Alan J. Aw, Marcus W. Feldman. Che siano mammalucchi o, assai più probabile, che ci prendano per mammalucchi lo desumo dai conti della serva: se la popolazione maschile si è dimezzata (da 20 a 10 milioni) tanto da originare il rapporto 1/17 con la popolazione femminile, a quanto ammontava quest’ultima? A 170 milioni?

La cosa più probabile è che tale studio non esista. Se esiste non è che il tassello di un nuovo Super-Ego Indotto: il Maschio Inutile.

Il candidato indichi, a naso, colui che, fra i tre energumeni, dirige le danze concettuali:

- Tian Chen Zeng
- Alan J. Aw
- Marcus W. Feldman

In effetti, a ben considerare, i maschi sono ormai di troppo. Parliamoci chiaro: l’unico loro valore risiede nello sperma, ovvero nelle potenzialità della riproduzione. In questi tempi mirabili, tuttavia, non c’è molta voglia né di riproduzione né di sperma: lo schizzetto, poi, ammesso che serva, potrà essere sintetizzato in tutta comodità e recato a domicilio, liofilizzato, magari nelle cialde pubblicizzate da Clooney.

Telmo Pievani, uno dei pasdaran della Tecnica Postcapitalista (leggi: ex Scienza) c’ha pure scritto un libercolo sul maschio inutile titolato, con sprezzo dell’originalità, Il maschio è inutile. Ecco il sunto tratto da Amazon:
“Non è più tempo di certezze. Nel Pleistocene i maschi facevano i maschi e le femmine facevano le femmine, o almeno così ci hanno raccontato. Adesso è tutto più complicato e si affaccia il sospetto che, in natura, il sesso debole sia quello maschile. In alcuni pesci, i maschi sono diventati "nani parassiti": la loro funzione è solo quella di contribuire alla fecondazione in cambio di cibo. In altri, il maschio si è trasformato in un'appendice penzolante dal corpaccione della femmina: un mero serbatoio di spermatozoi. Neanche in un fanta-horror femminista si sarebbero spinti a tanto. In altri casi ancora, le femmine fanno tutto da sole o cambiano sesso all'occorrenza. I maschi, dal canto loro, si ammazzano di fatica per farsi scegliere dalle femmine. Non va tanto bene nemmeno per noi mammiferi: il sesso è costoso, anche se ci regala piacere e sempre nuova diversità. Pare addirittura che i cromosomi maschili siano più instabili, in decadimento. Il maschio si sta estinguendo e fra non molto persino le femmine di primati troveranno soluzioni alternative per far proseguire comunque l'evoluzione. Forse anche per questo il maschio è sempre più nervoso: sente che gli manca il terreno sotto i piedi. La natura ci sta dicendo qualcosa che riguarda anche noi, e poco male: il mondo trabocca di inutilità e gli uomini rientreranno a buon titolo nella categoria del superfluo. A meno che non smettano di fare i maschi da cartolina, come gli uomini teneri e sorprendenti raccontati qui ...”.

Compiti a casa: il candidato ricerchi, nelle pubblicazioni degli ultimi dieci anni, un saggio sulla comparsa nefasta del buco dell’ozono.

Tutta una barzelletta, dai. Svaghiamoci, chiudiamo le risse ... andiamocene in vacanza. Io parto stasera ... non ho nemmeno riletto ...

PS. Per il coglione che scrive commenti da coglione (li cancello ogni volta): basta cinque contro uno, almeno per questo fine settimana, dai ...

Il fanfulla non si smentisce e mette sullo stesso piano la Russia e gli ebrei palestinesi

Salvini: follia Turchia in Ue, meglio Russia e Israele


Askanews19 ottobre 2019



Roma, 19 ott. (askanews) - "E' una follia pensare che la Turchia possa entrare in Europa, preferisco ragionare con Russia e Israele mai col regime islamico". Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini a piazza San Giovanni.
 

I guappo di cartone scendono in piazza vogliono le poltrone

Siamo stati un po’ tutti Bruce Lee ... e Charles Bronson [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

"I più facoltosi si avvalsero di mezzi corazzati e cingolati con attendenti al pezzo. Un megalomane noleggiò un aereo da bombardamento! ... I meno abbienti contrapposero le non meno efficaci astuzie della guerriglia! ... Le ostilità cessarono al tramonto. Tutti tornarono a casa con le loro prede e i loro trofei, giusto in tempo per vedere la Domenica Sportiva".

Da Il secondo tragico Fantozzi

L’indignazione protratta troppo a lungo alla fine annoia, nausea come tutto ciò di cui si abusa e, a seconda del temperamento d’ognuno, dal bradipo alla scimmia furiosa, se non trova il giusto sfogo rischia di presentarsi sull’epidermide sotto forma di psoriasi o di una volgare dermatite atopica il cui solo rimedio è ben descritto nell’introduzione al Moby Dick di Melville:

“Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell'anima ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l'ipocondrio riesce a dominarmi tanto che solo un robusto principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un gran gesto filosofico Catone si butta sulla spada: io zitto zitto m'imbarco”.

La frustrazione del prudor di mani diviene una dipendenza come altre da presentare a una seduta autoterapeutica di anonimi arrabbiati, di machi che trasudano una virilità già infettata dalla spossattezza presenile, oggetto di un diario di Cheever: “Salve a tutti! Mi chiamo Il Poliscriba e sono incazzato nero, perché mi hanno impedito di andare al voto dopo la fine del governo giallo-verde. Sono un frustrato da tastiera, non mi sento come tutti Muhammad Alì e sono 6 giorni che non rompo a calci un pc”… applausi, solidarietà, un pizzico d’invidia mal celata e pacche sulle spalle.
I consigli si sprecano.
Tenere a bada l’ira in un mondo pacificato, convincersi che la castrazione del maschio sia buona e giusta, per una striminzata sacca di resistenza maschile è cosa assai difficile, ma alla lunga, sopportabile con qualche accorgimento. 

Salvini ai micchi digitali: “Scenderemo nelle piazze per fare sentire la nostra voce, e diremo NO! a questo governo delle poltrone, NO! al governicchio dell’inciucio, NO! a chi si è alleato al partito di Bibbiano … ma con serenità, col sorriso sulle labbra, pacificamente … democraticamente (sic!)”


Invece delle tempeste d’acciaio, che uniche ci trascinerebbero fuori da questo letamaio, l’opposizione defenestrata o autoesclusasi dal Parlamento, fate voi, ci propone un refolo d’indignazione, un’eterna campagna elettorale, selfies con Branca Leone e Giorgia I regina delle pasionarie, sorella di ogni fratello d’Italia.
I rimedi alle tempeste anzidette, che scremerebbero i blateroni, i guappi di cartone dai veri uomini, sanno di ring improvvisati, tra corde e tatami, sala pesi, estenuanti sedute di thaiboxe, a rimirar chiappe femminee in delirio da spinning furibondo dall’altra parte di un vetro ... potenziali ganci per scopate rapide e trasgressive? Meglio di quelli al mento dal partner sparring, da consumarsi preferibilmente nelle pause pranzo presso hotels fuorimano.
L’italianuzzo è, oltre a spararla più grossa, a misurar chi piscia più lontano e a chi ce l’ha più lungo, da sempre marziale e un po’ forcaiolo, col boccone pieno di pistole che a fatica trattiene dietro ai denti.
È un’ ibridazione parolaia tra un picchiatore e un cecchino, convinto che, al momento giusto, egli saprà emulare in maniera ineccepibile le prodezze del jet kune doo e del Krav Maga, sarà invincibile nell’uso scaltro di una pila di monete da 2 euro soffocate in un vecchio collant trovato nel cassetto della nonna o della madre di Norman Bates.

Ne ho incontrate a iosa di queste provette cinture nere, di questi terzi o quarti dan dal Sensei facile che ti propinano insegnamenti a bordo tappeto, o appoggiati al bancone del bar sotto casa; narcisi coll’ideogramma tatuato dietro il collo, e il gladio romano stampato sul bicipite, ti offrono gratuite lectio militari su come picchiare questo o quell’altro in caso di legittimissima difesa.
Il più simpatico, un fornaro di Montalcino che, assediato dai kebab infestatori d’agnello al cumino, ultimo custode della sua focaccia e del suo profumo, mi disse con vivace e inimitabile aspirazione toscana: “Noi si va ancora a caccia in Toscana, almeno 50.000 ‘arabine, e questi negri, noi li si ‘ava”.
Dicevo, che questi Charles Bronson dal grilletto facile, si assiepano nelle armerie con le colt più in bocca che nelle mani, parlando di bersagli centrati da 100 metri, paintball (innocuo gioco alla guerra con colpi alla vernice fluorescente), sopravvivenza estrema praticata nei desolanti boschetti invasi da immondizia a 50km da casa, poligoni di tiro, terrorismo, Specnaz, Navy Seal, Shayetet 13 … sbruffonerie assortite, sputacchiate sui cataloghi Beretta, a ridosso delle vetrine dove fanno mostra di sé pezzi di artiglieria da acquistare, denunciare e tenere rigorosamente nascosti (tranne ai cognati) dentro qualche teca o nel fondo di un cassetto lontano dalla portata dei pargoli, perché mogliettine non permettono. E poi playstation … tanta playstation.
Le scacciacani, non me ne vogliano gli animalisti, sono le più vendute, quelle con il tappino rosso che qualcuno dipinge di nero, insieme alle cariche a salve, le uniche che le madri ansiose permettono di tenere, accanto alla finta calibro 9, nello stesso sicuro nascondiglio.
I padri difensori della famiglia, saranno così rapidi nel riunire proiettili e pistola, caricare, levare la sicura, puntare e far fuoco, ferire e non uccidere, per non finire sotto le grinfie di un PM coccolamigranti, in caso di irruzione notturna nella villa di Brembate di tre glaciali georgiani che si muovono rapidi e furtivi come ninja favoriti dall’oscurità?
Un conto è lo sport, un altro ... la malavita organizzata.

Ma esiste altresì un florido commercio di scambi d’armi, che reca profitto al mercante che si attiene alle stesse regole di un banco dei pegni, in genere un ex di qualche security per ipermarket, addestrato nell’arte di far sentire i clienti sempre un pelino novellini in fatto di modelli, caricatori e sicure … amiconi inclusi.
L’italianuzzo, si sa, ama sempre ricordare, vantandosi con qualcuno, che lui c’ha un amico che c’ha l’armeria.
Ad ogni modo, le palestre di arti marziali e questi magazzini dello sparo fai da te, negli ultimi tempi hanno conosciuto un incremento di fatturato robusto, settori che, in verità, non hanno mai subito crisi fin dagli anni ‘70, nel bel mezzo degli Anni di piombo.
Così come lo Stato ci ha marciato sui bolli da appiccicare sul porto d’armi, concesso a cani e porci, anche a squilibrati mentali da TSO.
Cambiano le mode, è vero: la boxe ebbe la meglio fino alla fine programmata di Tyson e dopo il declino di Rocky Balboa; poi l’esotismo si issò sulle corde, e l’invasione da oriente fu tale da inondare il mercato per soddisfare un fabbisogno sempre crescente di pratica della violenza controllata, inutile quando si deve affrontare quella pericolosa, dolorosa, senza regole, ingabbiata tra l’asfalto e i freddi e cadenti muri dei peggiori quartieri urbani.
Chi non ha visto L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente?
Il peggiore dei film del lottatore cino-americano, regista e sceneggiatore, che si lascia sfuggire quella battutaccia incresciosa sulle fontane romane: “Quanto spreco d’acqua: in Cina si potrebbero irrigare 200 ettari di risaie” … eccolo lì, il piccolo maoista, ingrato a Hollywood e schifato dalla nostra cultura nonché, come si evince da alcune scenette di cattivo gusto, dal nostro cibo, non all’altezza di quello cantonese.
A causa di quell’edificante quadretto in celluloide, che magnificava i cinesi immigrati ... poverini ... impossibilitati a esercitare liberamente la culinaria del bambù al vapole con gambeli, nella Città Eterna, perché vessati dalla mafia nostrana, (il contrario di quanto invece facevano i cinesi e ancora fanno da secoli, per entrare nei gangli delle città del mondo intero, impuniti per i loro loschi traffici umani e non, appoggiati dalle mandarine mafie, ben più vecchie delle nostre), gli italianuzzi furono contagiati dalla febbre del kung-fu, che non entrò mai a far parte delle discipline olimpiche per motivi che solo ai comitati sportivi è dato sapere.
I negozi per attrezzature sportive si procurarono tosto migliaia di esemplari di nunchaku (il battiriso di bucolica memoria mandarina) e senza la minima comprensione della storia cinese, il medio italico seguitò a credere, per qualche decennio, che si potevano fermare le pallottole con le mani - dimenticandosi dell’ingloriosa, tragica fine toccata ai Boxer cinesi (che non pochi pensarono si trattasse di una cattiva speculazione finanziaria sull’import delle mutande made in China) - e che l’eroe del filmetto non fosse morto per emorragia cerebrale presso l’appartamento dell’amante, ma ucciso in segreto combattimento dai colpi micidiali e irripetibili, infertigli dal vero depositario dello stile originale del Wing Chun; colpi che non subito lo freddarono, ma nei mesi a venire … come insegnano i sacri testi dei Monaci Shaolin sui punti di pressione collocati sui meridiani studiati dalla millenaria agopuntura cinese.

Ma i gialli l’hanno sempre saputa lunga, conoscono l’arte della prestidigitazione, i misteri delle ombre e della lanterna magica, usati per confondere e sparire al momento opportuno.
Costruiscono il nido laddove sanno che l’aquila giungerà a covare e con l’oppio trasfuso per oltre due secoli nei polmoni e nelle vene d’Europa e degli USA, hanno reso possibile la loro avanzata silenziosa, la soddisfazione del vizio nobile e borghese, la cura delle ferite dell’anima, delle algie corporali e della guerra.
Adesso devo proprio andare, non sia mai che arrivi in ritardo al Dojo, e devo ancora ripiegare perfettamente il mio hakama …
Sensei dice: "Arigatoo gozaimashita", gli aikidoka replicano: "Domo arigatoo gozaimashita".


venerdì 18 ottobre 2019

E' un obiettivo di sempre del corrotto euroimbecille Pd a cui si acooda il falso ideologico del M5S. Distruggere la sanità pubblica per favorire quella privata. Solo i ricchi devono curarsi

Sanità, la privatizzazione strisciante
 
di Carmine Tomeo
15 ottobre 2019

Far decadere le strutture pubbliche è un modo per lasciare alle spietate logiche del mercato il diritto alla salute. E non è detto che la riforma del ticket proposta dal governo rappresenti un'inversione di tendenza

 
 
L’uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos, ha deciso di tagliare l’assicurazione sanitaria a 1900 dipendenti di una controllata da Amazon, la Whole Foods. Quei lavoratori dovranno rinunciare alle cure in caso di necessità in un paese, come gli Stati uniti, dove anche una semplice visita medica può costare diverse centinaia di dollari. Pensate un po’ lo stato d’animo di quelle persone, alle quali viene imposta una pesantissima limitazione al diritto alla salute da parte di una società che fa capo ad un uomo che in un’ora (in un’ora!) guadagna grosso modo l’equivalente di due mesi di salario di tutti quei dipendenti messi insieme. Farebbe rabbia già questo dato da solo.

Intanto, già da quasi un anno Amazon, insieme a Berkshire Hathaway di Warren Buffet e alla banca d’affari JP Morgan, è protagonista di un’operazione per entrare nel business delle coperture sanitarie e proporsi come concorrente nel mercato della salute Usa. Considerate che da soli i tre colossi del business contano più di un milione di dipendenti. Una platea già enorme a cui proporre prestazioni e servizi sanitari. Un’operazione che nasce – dicono – dall’apprensione per i costi della sanità statunitense.

Considerazione che suona immediatamente ipocrita, anche se ammantata di una veste di utilità sociale, come se i colossi americani, con una mano sul cuore (sic!), avessero deciso di dare il loro contributo al benessere dei cittadini, dando vita a una società indipendente che avrà la missione dichiarata di ridurre gli oneri assistenziali a carico dei dipendenti e migliorare i servizi. Ovviamente, anche per dare una veste umanitaria all’operazione, la società che i colossi Usa stanno creando sarà una no-profit. Ma è proprio il sistema privatistico statunitense a produrre contemporaneamente una spesa sanitaria statale tra le più alte al mondo e un’aspettativa di vita così bassa da piazzare il modello sanitario statunitense tra quelli peggiori al mondo.

L’irruzione dei privati

In Italia, lo stato sociale si muove sui binari della privatizzazione ormai da decenni, ma ora l’ingresso del privato nella sanità irrompe in un settore dove gli interessi particolari si scontrano inevitabilmente con il diritto universale alla salute. È interessante leggere, su questo tema, quanto sostenuto nel Rapporto sullo stato sociale 2019, welfare pubblico e welfare occupazionale, che fa notare come il welfare contrattualizzato accentua le disparità di accesso alle prestazioni sociali. E non finisce qui, perché a rimetterci non è solo l’equità già compromessa, ma anche l’efficienza delle prestazioni, sull’esaltazione della quale si regge invece la narrazione neoliberista che decanta le virtù del privato e l’inefficienza congenita del pubblico. È scritto a chiare lettere nel Rapporto appena citato: «I costi di gestione delle assicurazioni sanitarie e dei fondi pensionistici finanziati a capitalizzazione presenti nel mercato sono strutturalmente superiori a quelli delle corrispondenti prestazioni offerte dal welfare state».

Se gli Stati uniti sono un caso emblematico di welfare privatizzato (con la spesa su Pil pari al 6,7%) e l’Italia è avviata su quella strada ma con il welfare occupazionale a impegnare, per il momento, una spesa in rapporto al Pil pari allo 0,9%, negli altri paesi Ocse si registrano dati significativi: l’Olanda spende il 7% del Pil, il regno Unito il 5,3%, la Svezia il 3,2%. Ma più di tutti, la lettura combinata di un paio di dati danno l’idea dell’andamento della spesa sanitaria italiana, che drena denaro dal pubblico verso il privato.

In Italia la spesa sanitaria si aggira complessivamente, tra pubblico e privato, sul 9% del Pil, con una variazione negativa tra il 2009 e il 2013 (-0,9%) e lievemente positiva nei quattro anni successivi. Un andamento che riflette lo scarso impegno di spesa del nostro paese nel servizio sanitario, dal momento che, negli stessi periodi, i paesi dell’Ue-28 registravano variazioni positive, rispettivamente dello 0,6% e dell’1,9%. Questo dato va precisato meglio, per individuare dove c’è stata la riduzione della spesa sanitaria. Ancora il Rapporto sullo stato sociale mostra, dati alla mano, quel che spesso si materializza nella vita reale della stragrande maggioranza delle persone comuni come difficoltà a far valere il diritto alla salute. La stretta della spesa sanitaria, in Italia, è legata in particolar modo alla riduzione della componente pubblica, scesa, in soli sette anni dal 2010, del 4,4% per attestarsi al 74%, ben al di sotto di quella di Francia, Germania e paesi scandinavi dove la quota varia tra l’83 e l’85 per cento. Intanto, già dal 1990 in Italia la spesa riconducibile agli schemi del welfare occupazionale continuava ad aumentare, crescendo dell’85% fino 2015.

Questi ultimi dati sono un indicatore dell’indirizzo che la politica italiana ha adottato riguardo la sanità, e cioè una lenta sostituzione della sanità pubblica con quella privata. Da un punto di vista degli interessi e delle istanze sociali in gioco, significa far avanzare l’idea che la salute sia sempre meno un diritto e sempre più un bene da acquistare sul mercato, mentre dalle parti alte della scala sociale si assiste a un drenaggio di ricchezza pubblica verso le casse dei privati. I dati riferiti al 2017 indicano in 5,7 miliardi di euro l’onere a carico del bilancio pubblico per sostenere la spesa sanitaria privata, nella quale operano giganti del settore sanitario che fatturano, ognuno, decine di milioni di euro l’anno e distribuiscono ricchi dividendi agli azionisti. Così, mentre per pochi la sanità rappresenta un grande business, il sistema sanitario nazionale viene progressivamente svuotato della garanzia dei diritti universali, che statisticamente si traduce in oltre 10 milioni di persone che si trovano a dover rinunciare alle cure, mentre nella vita reale si materializza nella sofferenza per malattia, nella difficoltà ad assistere un familiare disabile, nella morte precoce, nell’assenza di prevenzione o nell’impoverimento.

Gli Stati uniti chiamano

Attraverso lo svuotamento del servizio sanitario pubblico, passa più facilmente l’idea che lo stato non possa garantire efficacia delle cure ed efficienze, che per fornire assistenza sia necessario tutelare il bilancio dell’azienda sanitaria che perciò prevale sul diritto alla salute, che quindi siano giustificati i sistematici tagli di spesa (la chiamano razionalizzazione, spending review) alla sanità pubblica, che non serva o non si possa sbloccare il turn over per sopperire alla strutturale e cronica insufficienza di personale. Uno svuotamento scientifico della sanità pubblica per giustificare l’ingresso dei privati. Niente di nuovo, neppure da un punto di vista ideologico: Milton Friedman, guru del neoliberismo, è stato uno dei più convinti teorizzatori di questa subdola riforma in senso privatistico dei servizi pubblici, dell’espropriazione dei diritti per farne profitto.

Non c’è bisogno di una riforma che americanizzi d’un colpo la sanità per fare in modo che questa diventi un business per privati. Basta fare in modo che gli ospedali decadano, chiudano, che non abbiano fondi sufficienti, che i tempi di attesa per una prestazione siano inconciliabili con i bisogni di tutela della salute e di cura. Apparirà, poi, giustificato drenare soldi pubblici ai privati, lasciare che questi allarghino i loro tentacoli su ogni tipo di prestazione, non ritenere necessario verificarne l’attività perché – si lascia intendere – come può l’inefficiente stato controllare un più capace, produttivo, dinamico privato?

Sempre più persone saranno, a quel punto, costrette a rivolgersi frequentemente ai privati. Nessun problema per chi potrà permetterselo. Ma chi non vive di profitti, chi è costretto a campare di salario o sussidi o carità, vedrà, e già vede, il diritto alla salute compromesso, se non del tutto cancellato. Chi ci rimette? Come al solito, le categorie di persone più vulnerabili: chi vive al Sud, troppo spesso costretto a viaggi della salute; chi campa di bassi salari o è sostenuto da redditi bassi che avrà maggiori difficoltà economiche a fare una visita specialistica; le donne che ancora si dedicano più degli uomini al lavoro di cura e sperimentano sulla propria pelle il medioevo in troppi consultori e reparti di ginecologia pieni di obiettori di coscienza; chi è costretto ai margini della società. Tutti avvolti in una spirale di riduzione della capacità di rispondere ai bisogni sanitari e una spinta verso il basso della qualità delle prestazioni. Le disuguaglianze sociali, in questo modo, non possono che crescere ulteriormente. A tutto questo contribuisce il welfare aziendale anche nelle forme in voga in Italia.

Il ruolo del welfare aziendale

Eppure c’è stato chi l’aveva raccontata diversamente la questione del welfare aziendale, così strettamente legato a un più generale diritto alla salute. Si diceva che non avrebbe rappresentato una minaccia al welfare pubblico, che avrebbe favorito il benessere dei lavoratori; che sarebbe stato una risposta concreta ai bisogni delle persone capace di abbassare la soglia di accesso ai servizi. Insomma, sembrava, secondo questa lettura, una risposta strategica alla strutturale debolezza dei lavoratori in questa fase storica di neoliberismo galoppante. Invece, se la foglia di fico la si sposta appena un po’, si mostra apertamente che quel che è avvenuto è l’esatto contrario di ciò che è stato detto per giustificare l’introduzione del welfare aziendale: ha aperto i rubinetti pubblici nelle casse dei privati.

Appare fin troppo ovvio che proprio la debolezza dei lavoratori di fronte ai datori di lavoro, agendo su due fronti, ha facilitato l’accettazione che il diritto alla salute possa essere affidato alle regole di mercato: da un lato le pressioni di gruppi di potere economici e finanziari hanno spinto una politica quasi del tutto assorbita (seppure con gradi e sfumature diversi) dall’idea neoliberista, a soluzioni di mercato e neocorporative; dall’altro, la riorganizzazione dei processi produttivi che ha frammentato la classe lavoratrice ha favorito il processo di parcellizzazione del lavoro, il contenimento del costo del lavoro, l’erosione di quote di salario di cui il welfare aziendale è strumento per la sua attuazione.

Così, il welfare aziendale si risolve in erosione di salario per i lavoratori e sgravi fiscali per i datori di lavoro, riduzione del salario indiretto e differito per i lavoratori e contenimento del costo del lavoro per le imprese. Perché è evidente che la quota di salario sostituita dal welfare aziendale non è nelle piene disponibilità dei lavoratori e che per quella stessa quota di salario andranno persi contributi sociali e Tfr. In più, la beffa è dovuta al fatto che questo meccanismo non è senza costi per le finanze pubbliche, dal momento che – calcolano gli estensori dello studio richiamato sopra – «in campo sanitario, in aggiunta alle prestazioni del Ssn, lo stato riconosce sgravi fiscali per l’acquisto sul mercato di beni e servizi sanitari tra cui quelli mediante l’iscrizione a fondi sanitari i quali assorbono risorse stimate tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro». Soldi, cioè, che escono dalle tasche dei lavoratori per finire nel business della salute, sottratti al welfare pubblico al quale sono imposti sistematici tagli delle risorse in nome del libero mercato e dei vincoli di bilancio.

Soluzioni o specchietti per le allodole?

In questo contesto arriva la proposta del ministro della salute, Roberto Speranza, di far pagare il ticket sanitario in base al reddito. Che vuol dire chiudere gli occhi di fronte alla sfascio che da qualche decennio di produce nella sanità pubblica. Anzi, significa tenerli bene aperti sugli interessi dei privati. Perché risulta fin troppo ovvio che proprio coloro che si troverebbero a pagare ticket più elevati, cioè chi gode di redditi alti, 
continueranno a scegliere strutture private lasciando, così, ai meno abbienti un servizio sanitario sempre più svuotato; 
mentre nemmeno uno dei problemi strutturali viene neanche menzionato.

Una maniera per finanziare la sanità pubblica avendo attenzione al reddito ci sarebbe, a partire dall’abolizione della regionalizzazione del Ssn: finanziare il fabbisogno sanitario attingendo da una fiscalità generale fortemente progressiva. Sarebbe, questo, un meccanismo redistributivo, che garantendo il diritto universale alla salute contribuirebbe a ridurre le disuguaglianze che un sistema di welfare privato fa, invece, aumentare.

Ma chiaramente, per fare questo, bisognerebbe abbattere il totem dei vincoli di bilancio imposti dall’Ue e in generale abbandonare l’idea che il mercato sia regolatore di ogni cosa, anche dei diritti universali. Difficile credere che Speranza, con tutto il governo di cui è parte, lo farà. D’altronde, un segnale arriva dalla manovra economica che, a parte un aleatorio recupero dall’evasione fiscale, si regge sulla flessibilità che dovrebbe essere concessa dall’Ue e sul risparmio delle spese per interessi dovuto al calo dello spread. In parole povere si regge sul beneplacito delle élite economiche e finanziarie internazionali, cioè proprio di coloro che spingono perché i diritti siano mercificati e diventino fonte di profitto. Non c’è neanche bisogno di ricordare che tra quelle élite troviamo i colossi del business da cui siamo partiti. E per ricordare la loro poca propensione (generosissimo eufemismo) alla tutela dei diritti dei lavoratori, e delle persone in genere, specie quelle più vulnerabili, basti l’esempio delle ampiamente documentate critiche alle condizioni di lavoro nei magazzini Amazon o la pressione di JP Morgan sui governi europei per cambiare le Costituzioni antifasciste, colpevoli di garantire ancora i diritti sociali.

Da parte nostra, piuttosto che sperare in improbabili e improvvisi ravvedimenti e pentimenti di chi finora ha sostenuto le magnifiche sorti e progressive del libero mercato, faremo bene a stare vigili per reagire allo smantellamento ulteriore dello stato sociale, per non ritrovarci, prima o poi, dei Jeff Bezos, dei Warren Buffet, dei Jamie Dimon a venderci, tra una spedizione veloce, un contratto assicurativo e una proposta di investimento, anche il diritto alla salute. Che non è affatto detto che potremmo permetterci.
*Carmine Tomeo si occupa di sicurezza sul lavoro. Si interessa e ha scritto di lotte per il lavoro, precarietà, sfruttamento.
 


Il caos in Siria è stato scatenato dagli Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Turchia, ebrei di Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi, sono anni che viene detto

Pino Arlacchi - L'Albero turco che oscura la Foresta del conflitto siriano
 
 
di Pino Arlacchi - in esclusiva per l'AntiDiplomatico
16 ottobre 2019

La narrativa corrente in Europa sull’attacco turco ai curdi siriani è quella di un semi-dittatore, Erdogan, che coglie il momento opportuno per regolare i conti con le milizie curde non più protette dopo il ritiro americano dal fronte anti ISIS.

L’invettiva antiturca è perciò dominante. Ed e’ anche interamente giustificata. Ma essa non deve oscurare il quadro d’insieme. Anzi, dovrebbe far riflettere.

In scena non può esserci un singolo albero in mezzo ad una specie di deserto.Il conflitto siriano,la crisi dell’Irak, le drastiche svolte avvenute di recente nell’intero Medioriente non devono scomparire dai commenti e dalle prese di posizione dei governi europei. Non si può ridurre tutto a quanto è cattivo Erdogan, quanto sono buoni i curdi ed inaffidabile Trump.

L’invasione turca del Nordest siriano e l’aggressione ai curdi sono di sicuro immorali e illegali. Ma non sono un perverso capriccio tirannico. Sono l’inevitabile conclusione di un processo iniziato da Obama nel 2010 con la decisione di armare qualunque gruppo insurrezionale - terroristi della peggiore risma inclusi - disposto a combattere contro il regime di Assad in una prima fase, e disposto a combattere contro l ‘ISIS in una seconda. Il Pentagono sostiene che l’uso delle formazioni curde contro l’ISIS era obbligatorio perchè le milizie siriane di ascendenza turca e l’esercito di10mila semi-mercenari messo in piedi dalla CIA contro Assad non erano sufficienti a sostenere lo scontro contro un’entitá molto forte militarmente,dato che l’ISIS é composta non solo da estremisti islamici ma anche da ex-soldati e ufficiali del disciolto esercito iracheno.

L’alternativa,divenuta ormai impraticabile,era quella di mettere in campo contro l’ISIS un contingente addizionale di varie decine di migliaia di soldati americani.

È finita che i curdi si sono prestati al gioco facendosi affittare da Washington, e che i turchi abbiano abbozzato,sperando che gli americani facessero,nel dopo ISIS,quello che hanno fatto: ritirare le proprie truppe e consentire a Erdogan un nuovo massacro di curdi. Massacro subito contrastato dalla Russia,che ha dichiarato di porsi come forza di interposizione tra parti contrapposte,e ridotto di dimensione dal rapido accordo stipulato tra curdi e Assad sulla base di intese segrete preesistenti.

Non é giusto perciò inveire oggi contro l’invasione della Turchia senza inveire anche contro le due invasioni che l’hanno preceduta:quella dell’Irak nel 2003 che ha creato l’ISIS, e quella della Siria nel 2011 che ha scatenato una guerra civile da mezzo milione di morti.

La differenza é che l’incursione turca contro i curdi è un episodio di una storia circoscritta, che si trascina dalla fine della prima guerra mondiale e che non si concluderà mai se non con la rinuncia al terrorismo e alla lotta armata da una parte e una forte politica di pace dall’altra.Mentre la catastrofe siriana è il prodotto della recente aggressione europea ed americana a regimi mediorientali non graditi con la scusa della promozione della democrazia e dei diritti umani.
E ci vuole perciò una bella faccia tosta per accusare la Turchia di aver commesso lo stesso crimine di cui ci si è appena macchiati.

Il fiasco delle molteplici invasioni della Siria è sotto gli occhi di tutti,e si estenderá anche alla crudele vendetta ottomana contro i curdi.Ma a quanto pare è solo un Presidente USA mezzo squilibrato che sembra essersi accorto del fallimento dell’ intervento militare come soluzione delle crisi mediorientali.

Il suo sfogo sul fatto che gli Stati Uniti non sarebbero mai dovuti intervenire in Medioriente non pare,tralaltro,avere intaccato il duro imprinting colonialista sempre presente nelle posizioni europee su quella regione.Imprinting che non si traduce,per fortuna,in alcuna azione coerente.Governi e media del continente sbraitano di tanto in tanto,ma poi si accodano agli americani.E non rinunciano agli affari leciti, grigi e illeciti con la Turchia. Quanto volete che duri la minaccia di non vendere più armi a un paese cui non bisognava venderle già da prima?

L’Europa non ha contato nulla nel processo che ha portato alla fine della guerra civile in Siria. E’ stato Trump che -lasciando fare alla Russia,all’Iran e alla Turchia,cioè alle maggiori potenze regionali che hanno dato vita all’intesa di Astana- ha operato la scelta cruciale.

La vera resa dei conti con il Medioriente, tuttavia, non sta avvenendo sul campo ma a Washington. L’establishment plutocratico-militare è in allarme: non può tollerare un Presidente isolazionista,che si limita a minacciare guerre che non intende fare, e rovesciamenti di regimi che non è più in grado di conseguire. Non è difficile, quindi, immaginare come andrà a finire.
 

Vox Italia - continua la sua fase organizzativa - valori della destra come il sentimento nazionale, l’identità di popoli, il sovranismo monetario, politico ed economico assieme a quelli che si rifanno alla sinistra per ciò che riguarda i temi della giustizia sociale, i diritti e la lotta per le classi subalterne

Politica
Vox Italia sbarca a Bolzano: sabato 19 la presentazione ufficiale

Pubblicato 1 giorno fa

- 17 ottobre 2019
By Redazione



Vox Italia approda a Bolzano.

Il neocostituito partito, nato da un’iniziativa del filosofo Diego Fusaro e guidato da Francesco Toscano, punta in alto e si vuole affermare come “il primo partito Ideologico dell’era post ideologica“. Al contempo, con molto lavoro e umiltà – affermano i suoi rappresentanti – si vuole lavorare per il bene dei cittadini e con la volontà, forte, di tornare a dare voce al popolo.

Nessuna fazione politica ma valori che si richiamano i valori della destra come il sentimento nazionale, l’identità di popoli, il sovranismo monetario, politico ed economico assieme a quelli che si rifanno alla sinistra per ciò che riguarda i temi della giustizia sociale, i diritti e la lotta per le classi subalterne.

A livello locale, coordinatrice regionale e presidente del circolo di Bolzano sarà Cristina Barchetti, che ha recentemente preso la decisione di lasciare Fratelli d’Italia “per iniziare un nuovo progetto politico controcorrente rispetto al pensiero unico del politicamente corretto ma eticamente corrotto”.

La verità va spiegata: questo pare essere il motto della nuova compagine che anche nel capoluogo è pronta a mettersi al servizio della cittadinanza per una politica innovativa e di “rottura”.

L’appuntamento è per sabato 19 ottobre alle 10.30 presso la sala Fronza in via Dalmazia 30/B a Bolzano con la conferenza di presentazione ufficiale.

Sarà presente, oltre alla coordinatrice Barchetti, con Eriprando Della Torre e Daniele Tommasi del direttivo del nuovo partito, anche la sua guida nazionale, l’avvocato e scrittore Francesco Toscano.


Sotto, la coordinatrice regionale di Vox Italia Cristina Barchetti
 
 

La 'ndrangheta è l'organizzazione criminale più potente al mondo

L'ALLARME

'Ndrangheta, la Criminalpol: "E' l'organizzazione più potente al mondo"
 
16 Ottobre 2019

Vittorio Rizzi


La 'ndrangheta è una "minaccia mondiale", l'organizzazione criminale "più estesa, ramificata e potente al mondo, presente in 30 paesi e principale broker del mercato mondiale" della droga. E' l'allarme che arriva dal vice capo della Polizia e direttore dalla Criminalpol Vittorio Rizzi che guida la delegazione italiana in Cile per l'88/esima assemblea generale dell'Interpol.

La 'ndrangheta, dice Rizzi, "penetra ed inquina il tessuto imprenditoriale e sociale delle realtà, che aggredisce grazie all'investimento di flussi enormi di denaro provenienti dalle attività criminali, ed è in grado di condizionare l'attività economica ed istituzionale dei territori in cui decide di insediarsi". Serve dunque un "approccio globale" per contrastarla e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, su questo fronte, vuole essere "capofila, finanziando un progetto mirato con Interpol".

All'assemblea dei rappresentanti di 194 polizie, il delegato italiano Nicola Favella - che ha espresso il sostegno alla
candidatura e all'azione del segretario generale Stock - ha illustrato il progetto che, basandosi sul patrimonio informativo di banche dati interconnesse e interoperabili, punta ad adottare sistemi di business intelligence per affiancare all'analisi criminale tradizionale quella predittiva, in grado di anticipare i rischi legati alla minaccia.
 

Il virus del Papeete si è propagandato fino a Washington

ESTERI
TRUMP A MATTARELLA:NOI CON LE DIATRIBE TRA TURCHI E CURDI NON C’ENTRIAMO NIENTE

Pubblicato 17/10/2019

DI ALBERTO NEGRI


Incontrando la stampa insieme a Mattarella, Trump ha ribadito che gli Usa non hanno niente a che fare con lo scontro tra turchi e curdi, per questo si sono ritirati. Ma certo poverino: che ne sa lui? Dovrebbe dirlo anche alle famiglie degli 11mila combattenti curdi uccisi mentre facevano la fanteria degli Usa contro l’Isis. Mattarella, reduce dall’estate del Papeete dove abbondano i lettini, come tutti i grandi luminari della psicanalisi era seduto vicino a Trump senza fare una piega: ne ha visti di matti.
 

Gli euroimbecilli del Corriere della Sera fanno coppia con Letta o sono ignoranti o sono falsi e bugiardi

Fake news Corriere della Sera: il Made in Italy è controllato dall'estero non in Italia 



Fake news: il Made in Italy è controllato dall’estero non in Italia

Il Corsera compiaciuto segnala che nella classifica tra i brand globali a maggiore valore economico ci sono gli “italiani” Gucci e Ferrari.

Gucci è controllato dal gruppo francese Kering di Pinault, Ferrari da Ferrari NV, società di diritto olandese. Sveglia.

Alberto Negri

Notizia del: 17/10/2019
 

Gli ebrei di Palestina, quel cancro da estirpare, hanno fallito tutti i piani per spargere sangue iraniano

ISRAELE E’ SCONTENTO. QUALE FALSE FLAG PREPARA?
 
Maurizio Blondet 16 Ottobre 2019

“Israele è triste di perdere una testa di ponte nel Nord-est della Siria con il suo sostegno alla “Rojava” curda”: Elija Magnier in un puntuto twitter.

#Israel is sad for losing a foothold in north-east #Syria, supporting Syrian #Kurds "Rojava" via @Zendettehttps://t.co/1iob9y95ci
— Elijah J. Magnier (@ejmalrai) October 15, 2019


Già: insieme ai curdi di cui avevano fatto i loro clienti, gli sconfitti dalla nuova situazione in Siria sono gli israeliani. Hannno armato e istruito coi loro consiglieri i curdi; nel Kurdistan irakeno il Mossad ha gli uffici aperti; hanno creato il mito del Rojava con le sue guerrigliere: musulmane sì, ma dai capelli freschi di sciampo, quindi “liberate”, narrativa seduttrice per tutte le sinistre occidentali (che come al solito credono alla loro propria propaganda). Israele ha dato il massimo contenuto al sogno curdo di avere uno stato, ritagliato fra Siria,Turchia, Irak e soprattutto Iran – ingiunzione anti-iraniana. “La creazione di un Kurdistab sotto protettorato israelo-americano”, dice Israel Shamir, accettando che “un tal progetto suppone la pulizia etnica e milioni di rifugiati. A differenza di altre forze, Israele si accontenta di partecipare alla devastazione della regione”:

Ora, apparentemente, Netanyahu e i suoi militari e le sue spie sono stati presi di sorpresa – anche loro – dalla decisione di Trump. “Israele ha la sensazione di essere stato fregato dal ‘grande alleato’”, scrive l’analista militare Ben Caspit su Al Monitor. “Un responsabile israeliano ha recentemente dichiarato ad Al Monitor che ‘dopo esserci creduti per tre anni vincitori delle grandi guerre in Medio Oriente, Israele comincia a capire che invece è il perdente, o almeno che è stato abbandonato durante la corsa”
“Fregati dal grande alleato”

Si pensi che solo pochi giorni la petroliera iraniana che portava il petrolio alla Siria era stata incendiata – secondo tutte le fonti, da missili lanciati dai sottomarini israeliani che stazionano nel Golfo Persico : la “corsa” verso la guerra all’Iran , l’ossessione sionista, era cominciata.
 
 
 
https://parstoday.com/fr/news/iran-i82313-mer_rouge_1er_face_%C3%A0_face_isra%C3%ABl_iran

Ed ecco, dice Ben Caspit, “l’annuncio improvviso di Trump di un ritiro rapido dal Nord della Siria ha inflitto un colpo mortale alle speranze e alle attese di Israele”.

“Il rapporto di forze, così strategico alla sopravvivenza di Israele, è sul punto di cambiare sotto i nostri occhi […] Ora Israele è praticamente solo davanti al potente asse turco-russo-iraniano”. Sic. Anche se un tale “asse” è immaginario, frutto delle fantasie del popolo che soffre di stress PRE-traumatico, certo è che Sion sa bene che Erdogan non è suo amico, anzi.

Caspit accusa Netanyahu, con un commento rivelatore: “Chi ha permesso a Netanyahu di rompere con il principio in vigore fin dall’era di Sharon, secondo il quale Israele doveva far di tutto per evitare conflitti militari diretti? Ariel Sharon aveva avvertito ripetutamente che Israele non doveva apparire in prima linea nella guerra contro l’Iran [ma lasciarla fare agli americani]. Netanyahu ha infranto questa regola fondamentale e, ossessionato dall’Iran, lo ha designato come “minaccia terminale” per Israele. Oltretutto, usando la “minaccia iraniana” come leva elettorale. Da dieci anni da quando ha il potere, Netanyahu non ha cessato di tuonare che metterà fine al programma nucleare iraniano. Ne è stato capace?”

“E’ vero – ragiona l’analista – che Israele è il regime più protetto del mondo, ma il problema è che allo stato attuale nessun sistema è in grado di identificare e neutralizzare i missili da crociera iraniani. Il caso dello spettacolare attacco alle installazioni Aramco in Arabia Saudita lo ha provato. Le industrie militari israeliane girano a pieno regime per trovare una soluzione ai missili iraniani, ma questo prenderà tempo…

Israele in stress pre-traumatico paventa di dover condurre da sé una guerra su più fronti. “Israele è convinto che se ci sarà un attacco iraniano contro Israele, non proverrà dal territorio iraniano. I generali di Tsahal insistono sul fatto che se quell’attacco si concretizza, Israele non deve permettere agli alleati regionali dell’Iran di fare ciò che l’Iran desidera, ossia aggredire Israele senza esserne additato come responsabile. Questo è l’obiettivo israeliano. Ne saremo capaci?”.

Par di sentire il ronzio infiammato delle elucubrazioni ebraiche: come riprendere il sopravvento?

“Il cambiamento nella regione obbliga Israele a modificare i suoi piani, a ripensare le sue idee e a prepararsi a scenari messi da parte da molto tempo”.

Cosa c’è in questi scenari, possiamo solo temerlo. Israele maestra di false flag, è quella che nel settembre 2018 ha fatto abbattere l’aereo-spia Ilyushin Il-20M dalla contraerea siriana, che in quei minuti si stava difendendo nei cieli siriani un attacco aereo condotto da F-16 di Israele. Una azione di cui i russi hanno accusato apertamente Sion. Un trucco di questo stampo che metta in conflitto l’aviazione russa con quella di Erdogan, è certo fra gli scenari a cui si pensa.

Macron si preoccupa di salvare i “suoi” jihadisti


Tra i perdenti creati dal voltafaccia di Trump ci sono anche i francesi. Per creare il futuro Rojava avevano piazzato a fianco dei curdi 300 elementi dei corpi speciali che “facevano formazione e guidavano gli attacchi aerei verso Daesh (inesistente), in realtà per il vecchio progetto di far cadere Assad. Il tutto però sotto la protezione degli F-16 americani. Partiti loro, “non c’è più missione chiara per le forze speciali”, e la situazione è “diventata insostenibile” .

Il Figaro scrive: “Confidenza di un diplomatico a Bagdad: un emissario di Emmanuel Macron è apparso il fine settimana in Irak per il trasferimento dei jihadisti francesi detenuti dai curdi siriani e delle forze speciali nel nord-est siriano”. Tutte quelle migliaia di jihadisti con passaporto francese, giovanotti delle banlieues “radicalizzati”, stipendiati, armati e mandati a sostenere il grande progetto dei tagliagole International perché Assad Must go, adesso vengono spostati in Irak?

E perché tanta fretta? “Parigi teme che i curdi siano costretti a cedere questi cittadini francesi al governo siriano nel quadro del ravvicinamento tra il Rojava e Damasco”.

https://www.lefigaro.fr/international/djihadistes-paris-face-a-l-urgence-en-syrie-20191015

La Siria di Assad non è fra i vittoriosi. Vale la pena di leggere Israel Shamir: “Se Assad mettesse le mani sulla zona petroliera a est dell’Eufrate, sarebbe in grado di ricostruire la Siria con i soldi suoi, senza bisogno dell’assistenza occidentale. E’ per questo che le truppe americane, da quella zona petrolifera ed agricola, non se ne sono andate. I siriani hanno fatto un tentativo quando gli americani hanno fatto i bagagli, ma sono stati avvertiti che sarebbero stati bombardati senza pietà al minimo gesto. L’Occidente vuole il governo siriano debole e spezzato, mancante di liquidità, costretto a prendere a prestito ad interesse ed a mendicare gli aiuti”.