L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 31 dicembre 2020

La Cina ha trattato il covid-19 per quello che è un'influenza virulenta basata come tutte le influenze su un virus Rna. Ha rifiutato di prestarsi al Grande Cambiamento che necessita all'Occidente per distruggere merci, capitali, uomini e mezzi di produzione per superare la crisi strutturale dovuta alla SOVRAPPRODUZIONE valutando che la sua economia ha ancora forti margini per crescere. E' guerra illimitata, niente illusioni


30 DICEMBRE 2020

Una nuova profezia spaventa il mondo occidentale. Gli analisti del Center for Economics and Business Research (Cebr), una delle più importanti società di consulenza del Regno Unito, non hanno alcun dubbio. Nel 2028 la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la prima potenza economica mondiale, addirittura con cinque anni di anticipo rispetto a quanto previsto in un primo momento. La motivazione del sorpasso, a detta degli esperti dell’Uk, sarebbe da collegare alle diverse capacità di recupero dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19.

La spiegazione del Cebr è semplice: dal momento che la risposta cinese all’emergenza sanitaria è stata efficace fin da subito, il Dragone è riuscito a mettere una museruola al virus così da salvaguardare il reattore del proprio motore economico. I Paesi occidentali, al contrario, sono rimasti a metà del guado, cercando un complicato equilibrio tra chiusure e aperture.

Il risultato, fin qui, è che il blocco formato dall’America e dalla maggior parte dei governi europei è ancora costretto a rincorrere il virus. Certo, molte delle misure adottate dalla Cina per sconfiggere il coronavirus erano (e sono) incompatibili con la concezione occidentale della quotidianità. Tuttavia, al netto delle valutazioni soggettive, è indubbio constatare come il modello cinese abbia prodotto i risultati migliori. E questo, oggi, è certificato dalle statistiche economiche.
La ripresa e il sorpasso

Nel periodo compreso tra il 2021 e il 2025, la Cina è attesa da una crescita media del 5,7% , per poi fare i conti con un calo del 4,5% dal 2026 al 2030. L’America, considerata la più florida economia al mondo, dovrà accontentarsi di un misero + 1,9% tra il 2022 e il 2024, salvo scendere all’1,6% negli anni successivi. Interessante, per la cronaca, constatare come il Giappone sia candidato a restare la terza potenza mondiale fino al 2030, quando verrà scavalcata dall’India che, a sua volta, spingerà la Germania dal quarto al quinto posto. Per il Regno Unito post Brexit si prospetta il sesto posto.

Tornando alla Cina, Pechino si è ripreso rapidamente dagli effetti del Covid-19. È guarito prima e meglio di tutti gli altri Paesi, tanto che in questo disastrato 2020 la sua economia crescerà del 2% (si tratta della principale economia a crescere). L’economia degli Stati Uniti, al contrario, subirà una contrazione del 5%. Già questo consentirà al Dragone di ridurre il divario con il suo più grande sfidante. Nel complesso, ha precisato il Cebr, si prevede che quest’anno il prodotto interno lordo globale diminuirà del 4,4%, la maggiore contrazione annuale dalla seconda guerra mondiale.

“La grande novità in queste previsioni – ha spiegato Douglas McWilliams, vicepresidente del Cebr – è la velocità di crescita dell’economia cinese. Ci aspettiamo che diventi un’economia ad alto reddito durante l’attuale periodo del piano quinquennale (2020-25). E ci aspettiamo che sorpassi gli Stati Uniti ben cinque anni prima rispetto a un anno fa”.

Non solo Covid

La quota cinese del Pil globale è aumentata dal 3,6% nel 2000 al 17,8% nel 2019 e – gli analisti ne sono convinti – continuerà a crescere ancora. La Cina dovrebbe passare la soglia pro capite di 12.536 dollari per diventare un paese ad alto reddito entro il 2023: anche così, il tenore di vita rimarrà molto più basso che negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa occidentale. In ogni caso, non dovremmo sorprenderci più di tanto nel vedere Pechino lassù, in vetta alle principali classifiche economiche. L’eccezionalità, semmai, ha coinciso con il fatto che, dal 1839 (inizio della Guerra dell’Oppio con gli inglesi) ai primi anni Duemila (decollo in seguito alle progressive riforme economiche di apertura), la Cina fosse un Paese arretrato, se non da Terzo mondo.

Le ultime generazioni occidentali, in poche parole, sono cresciute negli anni in cui il popolo cinese stava attraversando una delle fasi più critiche della propria storia (coincidente con il cosiddetto “Secolo dell’umiliazione“, ovvero il traumatico incontro con le potenze occidentali che comportò il soggiogamento dell’Impero cinese all’Occidente). Ma la civiltà cinese, per qualche migliaio di anni e fino all’inizio del XVII, era di gran lunga la più ricca al mondo, assieme a quella indiana. Dunque, più che dire che la Cina “diventerà” la più grande economia globale, sarebbe storicamente più corretto dire il gigante asiatico “tornerà a essere” la più grande economia al mondo.

Per secoli e secoli, infatti, il centro del mondo non era situato a Wall Street ma nella Città Proibita, all’ombra di un Impero avanzato su tutti i fronti. Basti pensare che durante la dinastia Tang (618-907 d.c.) i commerci fiorivano a dismisura e la Cina deteneva, da sola, il 58% del pil mondiale. Numeri impressionanti, ma presto sepolti dalla storia. Tornando al presente, la pandemia di Covid-19 è stata decisiva ai fini del “sorpasso” cinese ma non determinante. O meglio: l’emergenza sanitaria ha semplicemente accelerato un processo in atto già da decenni. Da quando, cioè, la Cina ha saputo economicamente reinventarsi, abbandonando il maoismo e le velleità del comunismo agrario per applicare, in maniera del tutto originale, scaglie di capitalismo sopra una corazza socialista. La delocalizzazione occidentale ha fatto il resto.

3 - Ebrei sionisti e statunitensi pronti a lanciare a gennaio 2021 missili atomici umanitari all'Iran. Già è stato deciso

IRAN. GLI USA MINACCIANO AZIONI PREVENTIVE

30 Dicembre 2020


di Shorsh Surme –

Mentre l’attenzione del mondo è rivolta all’epidemia di Covid-19, la guerra fredda tra gli Usa e l’Iran degli Ayatollah continua. Il presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump ha messo in guardia l’Iran da qualsiasi attacco contro il personale militare o diplomatico degli Stati Uniti in Iraq, dopo il lancio on novembre e settimana scorsa di diversi missili sull’ambasciata Americana situata nella zona verde a Baghdad.
Ora gli Usa temano che le milizie irachene alleate con l’Iran possano compiere attacchi nel primo anniversario dell’uccisione del generale iraniano dei pasdaran Qasem Soleimani, colpito da droni nei pressi dell’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020.
In queste ore si sono incontrati alla Casa Bianca il segretario alla Difesa ad interim Chris Miller, il segretario di Stato Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien per discutere di “sviluppare la giusta serie di opzioni che potremmo presentare al presidente per assicurarci di scoraggiare gli iraniani e le milizie sciite in Iraq dal condurre attacchi contro il nostro personale”, come ha riferito alla Reuters un alto funzionario dell’amministrazione.
Quello che preoccupa tutti paesi nel Golfo è la presenza della portaerei USS Nimitz a propulsione nucleare, la quale pattuglia le acque del Golfo ormai dalla fine di novembre.
“La mia valutazione è che siamo in un’ottima posizione e saremo pronti a tutto ciò che gli iraniani o i loro alleati che vorrebbero fare”, ha detto ai giornalisti il 20 dicembre scorso il generale Kenneth McKenzie, comandante statunitense per il Medio Oriente.
Tutto questo accade nel momento in cui in Iran ci sono di nuovo le manifestazioni contro il regime teocratico degli Ayatollah, questa volta avviate nella città curda di Kermanshah: i manifestanti chiedono la libertà di espressione e provvedimenti concreti per la disastrosa situazione economica.

Certi personaggi che fanno affermazioni lunatiche possono venire solo dai ranghi della Cia


L'ipotesi ridicola e offensiva di Pompeo: inserire Cuba tra i paesi sponsor del terrorismo

Allo studio del segretario di Stato una mossa per avvelenare i pozzi e ostacolare i progetti di Biden che vorrebbe riportare le relazioni con l'isola come ai tempi di Obama per arrivare a una definitiva normalizzazione

Mike Pompeo

globalist 30 dicembre 2020

Ridicolo e offensivo: il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, sta valutando se inserire Cuba nella lista dei paesi sponsor del terrorismo.

Lo hanno riferito al New York Times due funzionari statunitensi che hanno redatto la bozza di proposta che Pompeo potrebbe firmare a tre settimane dall'insediamento del presidente eletto, Joe Biden.
Il Dipartimento di Stato americano definisce uno stato sponsor del terrorismo come un paese che ha "ripetutamente fornito sostegno per atti di terrorismo internazionale".
La decisione potrebbe essere un segno di gratitudine verso i cubani americani e altri latinoamericani che in Florida hanno supportato la vittoria di Trump.
La mossa di Pompeo complicherebbe i piani di normalizzazione delle relazioni con l'isola, iniziati sotto Obama e che Biden vorrebbe continuare. Biden potrebbe rimuovere Cuba dalla lista, qualora venisse inserita, ma il processo richiederà mesi di revisione.
A dire il vero, semmai, dovrebbe essere vero il contrario: gli Stati Uniti hanno protetto Luis Posada Carriles, ex agente della polizia segreta del regime di Batista che poi si è dato al terrorismo, organizzando una serie di attentati contro le località turistiche cubane nel corso dei quali nel 1997 restò uccido l'italiano Fabio Di Celmo, vittima innocente del terrorismo che nessuno ricorda più.

Il datore di lavoro non può obbligare un trattamento sanitario e poi c'è il principio di precauzione

CORONAVIRUS
Mercoledì, 30 dicembre 2020 - 18:22:00
Se non ti vaccini ti licenzio? Galloni: "Falso. Ichino sbaglia. Deve studiare"

Il datore di lavoro non può licenziare chi non si vaccina. ‘Ichino sbaglia. Dovrebbe tornare a scuola'. Lo spiega l’ex direttore del Ministero Lavoro Galloni

di Antonio Amorosi


"Per un dipendente che rifiuta di vaccinarsi si può arrivare al licenziamento. È la tesi del giuslavorista professor Pietro Ichino che è stato anche parlamentare del PD e di Scelta Civica. Secondo lei ha fondamento quest'impostazione giuridica?" 

Nino Galloni è un economista italiano ed è stato Direttore generale del Ministero del Lavoro (dal 1990 al 2002) ed è un esperto di diritto del lavoro

"Ho appreso a mezzo stampa le dichiarazioni di Ichino, non so se le ha dette veramente. Conoscendo la sua ideologia da una parte non mi meraviglia ma dall'altra sì. Perché non può esistere un giurista che non capisca la gerarchia delle fonti giuridiche. E' la prima cosa che si impara. Dovrebbe ritornare a scuola per imparare che prima di tutto viene la Costituzione, anzi prima della Costituzione viene il diritto naturale che trova la sua applicazione in Italia dopo il 1948 con la Costituzione, dove ci sono alcuni articoli che sono stati calpestati in questi mesi".

“Ma ormai è diventata normalità…”

"Si, il presidente della Liguria Toti, l’ho visto su Sky, ha detto ‘perché vi stracciate le vesti dicendo che adesso con la materia sanitaria vaccinale andremo contro le leggi? Sono mesi e mesi che ci siamo messi sotto i piedi la Costituzione, le libertà personali, la libertà di circolazione e adesso improvvisamente, davanti ai vaccini ci scandalizziamo?’ Ormai si dà per assodato, almeno questa classe politica lo dà, il superamento della Costituzione.”

"Quindi che cosa succede?"

“Non solo si negano i principi costituzionali in modo evidente e colpevole ma è un fatto grave che i rappresentanti delle istituzioni vadano contro la Costituzione. Si negano anche le conseguenze immediate quando un articolo della Carta costituzionale prevede che ci siano le riserve di legge o nel caso di riduzione della libertà personale anche giudiziali. Tutto ciò non è stato rispettato. Siamo stati chiusi in casa per mesi, senza una legge propria, senza un provvedimento specifico della magistratura e soprattutto in barba alla Costituzione. Un fatto gravissimo”.

“Ma il datore di lavoro potrebbe licenziare chi non si vaccina?”

“Ora è chiaro che il datore di lavoro potrebbe dire ‘sìccome tu mi contagi gli altri dipendenti e i clienti, eccetera, non godi più della mia fiducia, quindi ti licenzio’. Questa è il ragionamento di Ichino. Ma questo non sta né in cielo né in terra dal punto di vista giuridico né dal punto di vista sanitario perché dal punto di vista giuridico il vaccino dovrebbe essere visto come un diritto. I lavoratori e i sindacati potrebbero chiedere di essere vaccinati. Ma non è un obbligo, come abbiamo visto, è incostituzionale. Allora si dice che per legge si può obbligare le persone a una prestazione sanitaria. Ma fino a un certo punto”.

“Perché fino a un certo punto?”

“Perché nel secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione c'è una frase che dice che nemmeno la legge può disporre un trattamento sanitario contrario alla dignità umana e allora ci sono due aspetti che vanno considerati in questi vaccini. Prima di tutto il principio di precauzione. Per decenni ci hanno fatto una testa così, a livello ambientalistico, sul principio di precauzione, su delle cose anche dubbie, e adesso che sicuramente non è stata fatta una sperimentazione sufficiente, sul medio e lungo termine, ci dicono che il principio di precauzione non vale più?”

“Non si può licenziare anche per questo motivo, quindi?

“Noi non sappiamo le conseguenze di questi nuovi tipi di vaccini che sollecitano il nostro sistema immunitario in modo artificiale. Lo chiamiamo vaccino ma non è come quelli del passato. E’ una sperimentazione. E non è neanche escluso che il vaccinato possa essere contagioso né più né meno che il non vaccinato. La chiave di tutto sono le difese immunitarie ma il terrore instillato dai mass media, dalla classe politica, la reclusione alla quale siamo stati condannati, la perdita del lavoro, le preoccupazioni per il futuro, il confinamento, sono tutte cose che riducono le capacità delle nostre difese immunitarie. Altro che vaccino. Ho paura che l'inefficacia dei vaccini imporrà un lockdown ancora più duro"

“Ma torniamo ai lavoratori. Che devono aspettarsi?”

“Dal punto di vista dei lavoratori il vaccino deve essere impostato come un diritto. Possono scegliere se esercitarlo e fare il vaccino oppure se non vaccinarsi. Ovviamente sia che si vaccinino sia che non si vaccinino ci sono dei rischi ma non è che con i vaccini ci sono meno rischi. Non mi puoi imporre il vaccino perché è una cosa sulla quale non c’è stata sufficientemente sperimentazione. Il problema è che i media e i medici che se ne occupano non fanno il loro lavoro, ammesso che i politici siano stati infinocchiati dalle grandi case farmaceutiche. Cosa a cui posso credere. Tanto poi diranno, come al solito, ‘noi non sapevamo, prendevamo ordini, non capivamo’ perché ci saranno delle conseguenze giuridiche su queste scelte, lo sa no?...".

"E alla fine, il datore di lavoro, concretamente, può licenziare o no?"

"Il datore di lavoro non può dare degli ordini insensati. Ma se sono stupidi finiranno davanti ai tribunali a difendere il proprio operato ma hanno torto. Il datore di lavoro può esporre al personale che vanno rispettate determinate regole e se il dipendente non le rispetta chiaramente ci può essere una sanzione disciplinare. Ma quello che il datore di lavoro non può fare è di imporre al dipendente un trattamento sanitario. Non lo può fare. Prima perché è scritto nella Costituzione, secondo perché non c'è una legge specifica, terzo perché non ha nessun senso. Ichino ha torto, dice cose senza fondamento. Posso dire alla persona che lavora per me ‘stai a distanza!’, ‘rispetta il distanziamento’ ma non posso imporgli il vaccino. Posso suggerirglielo o darglielo gratis ma non glielo posso imporre. E se lo licenzio commetto un abuso. Quindi Ichino ha più che torto”.

Quella parte del Sistema massonico mafioso politico istituzionalizzato racchiuso nel Consiglio regionale calabra esulta battendo le mani ad un uomo che dovrà essere processato per concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso

Quello scandaloso applauso del Consiglio a Tallini: la casta che difende se stessa

Durissimo il segretario regionale della Cgil Angelo Sposato: «Invece di batterle quelle mani avrebbero dovuto alzarle in alto ed uscire dal Consiglio regionale. Vergogna!»

di Ric. Trip. 
31 dicembre 2020 14:26


«Invece di batterle quelle mani avrebbero dovuto alzarle in alto ed uscire dal Consiglio regionale. La Calabria non merita tutto questo. Vergogna!»

Il segretario regionale della Cgil Angelo Sposato non usa mezze misure per descrivere, tramite un post su facebook, quanto avvenuto in occasione del rientro di Domenico Tallini in Consiglio regionale.

L’ex presidente di palazzo Campanella, dopo aver vista revocata la misura cautelare degli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta “Farmabusiness” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso, ha legittimamente potuto riprendere il proprio posto tra gli scranni del Consiglio regionale.

Chiamato in Aula dal suo successore e compagno di partito Giovanni Arruzzolo è stato accolto dagli applausi dei colleghi. Un gesto eclatante di cui non si sentiva la necessità in quanto è sembrato un modo per la casta di difendere se stessa e blindarsi dentro i palazzi.

E se è vero che il processo dovrà fare il suo corso e che Tallini si dice certo di poter dimostrare la propria innocenza, è anche vero che palazzo Campanella si è dimostrato negli anni troppo permeabile rispetto agli appetiti e agli interesse della criminalità organizzata. Prima di Tallini anche un altro consigliere di centrodestra, Domenico Creazzo, era finito agli arresti. Ed ogni legislatura è stata sempre falcidiata da operazioni delle varie Procure che hanno smascherato troppe volto rapporti illegali tra la politica e i clan.

Forse affrontare un dibattito sulla questione morale sarebbe stato più opportuno, magari anche facendo valere le ragioni di una politica rispetto ad alcune dinamiche giudiziarie spesso rivelatesi troppo frettolose specie nella fase delle indagini preliminari, ma non certo quello di autoassolversi con un applauso tra sodali.

L’immagine della Calabria, già compromessa dopo gli ultimi anni di cattiva gestione della res publica, non aveva certo di un altro spot che gonfiasse ancora le vele del populismo e della demagogia restituendo ancora una volta l’istantanea di un palazzo di privilegi che pensa solo a salvare se stesso. Così come dimostra, ad esempio, anche il dibattito sulla data delle elezioni che nulla ha a che fare con i dati epidemiologici o con la sicurezza degli elettori, ma guarda solo agli interessi di partito.

2 - Ebrei sionisti e statunitensi pronti a lanciare a gennaio 2021 missili atomici umanitari all'Iran. Già è stato deciso

Così si gioca la guerra psicologica tra Usa e Iran

Di Emanuele Rossi | 31/12/2020 - 


I media dipingono la tensione in Medio Oriente. Fughe di notizie, dichiarazioni, retroscena escono come pressing psicologico sugli avversari. Ecco come le informazioni filtrate alla stampa servono per inviare messaggi

Tutti i principali media americani, dal New York Times al Washington Post, Politico o Fox News, da qualche ora hanno in home page un articolo che racconta la missione di 30 ore con cui due Fortezze Volanti B-52 hanno viaggiato per i cieli del Medio Oriente partendo dalla Minot Air Base in North Dakota. Ognuno di quegli articoli riporta almeno un virgolettato di qualche funzionario del governo americano che spiega più o meno discretamente il motivo dell’esercitazione — ossia rendere chiara all’Iran la capacità operativa con cui gli Usa riescono in poco tempo a proiettare la forza (a potenziale nucleare) ovunque, secondo quella strategia che il Pentagono chiama “dynamic force employment”. E poi tutti gli articoli sottolineano l’alta tensione che c’è in Medio Oriente, dove si teme che le fazioni più aggressive dei Pasdaran e le varie milizie collegate, in Iraq o in Libano, possano compiere attacchi contro gli americani (o, in largo, gli interessi occidentali) per vendicare il primo anniversario dell’uccisione del generale Qassem Soleimani — eroe epico dei miliziani, che aveva contribuito a formare, eliminato da un raid aereo statunitense il 3 gennaio a Baghdad.

“Un alto funzionario militare ha detto che sono stati rilevati nuovi avvertimenti, un segno che potenziali (attacchi complessi) contro gli americani si stanno preparando mentre incombe l’anniversario di un anno dall’uccisione degli Stati Uniti del più potente generale iraniano”, dice Fox News: “La portata di tale pianificazione e la complessità degli attacchi che sono previsti sono qualcosa che ha sicuramente attirato la nostra attenzione”, continua quando svela il contenuto di alcune informazioni di intelligence raccolte. In questi giorni, soprattutto sopra sull’Iraq, c’è una fitta rete di osservazione composta da aerei con o senza pilota che raccolgono indizi di ogni genere — e si presume che gli agenti a terra lavorino altrettanto alacremente.

La mente scorre indietro di un anno esatto: alla fine del 2019 ci trovavamo in condizioni simili, con gli Stati Uniti che temevano che uno dei punti in cui un “attacco complesso” sarebbe potuto arrivare era l’ambasciata Baghdad: dodici mesi dopo la preoccupazione è la stessa. “Gli analisti dell’intelligence americana negli ultimi giorni affermano di aver rilevato difese aeree iraniane, forze marittime e altre unità di sicurezza in allerta”, scrive il New York Times. “L’ufficiale statunitense (uno di quelli che hanno parlato, ndr) ha detto che l’Iran potrebbe avere gli occhi sugli obiettivi economici, notando l’attacco missilistico e con droni del settembre 2019 agli impianti di lavorazione del petrolio saudita”, aggiunge Politico, che segnala: “L’ufficiale ha citato indicazioni secondo cui di recente sono state spostate armi avanzate dall’Iran all’Iraq e che i leader delle milizie sciite in Iraq potrebbero aver incontrato ufficiali della forza iraniana Quds, precedentemente comandata da Soleimani”.

La stessa palla rotola sul campo del Washington Post, dove un “alto funzionario della difesa degli Stati Uniti dice ai giornalisti che i leader delle milizie irachene sostenute dall’Iran si sono incontrati con i leader della Forza Quds e una ‘discreta quantità di armi convenzionali avanzate’ è passata oltre il confine dall’Iran all’Iraq”. Sono tutte informazioni note e raccolta in questi giorni tesi, a cui adesso però viene data forma ufficiale, e spinte da un barrage mediatico che ha anche il sapore di una guerra psicologica per scongiurare tutti — per primi i comandanti iraniani, poi i capi miliziani — a non compiere operazioni scoordinate.

Ieri il generale che comanda l’aviazione israeliana ha detto che “il Medio Oriente è esplosivo”, accusando per questo chiaramente l’Iran. Anche Israele è della partita, esattamente come lo scorso anno. Quattro giorni fa, un giornale kuwaitiano che l’intelligence israeliana usa per far uscire informazioni — anche con l’intento di creare pressione psicologica sui rivali (come dire: sappiamo questo, vi osserviamo mentre fate quest’altro) — ha scritto di aver appreso da “fonti ben informate all’interno dell’Iran” che l’IRGC (i Pasdaran) ha trasportato missili e droni a corto raggio in Iraq. Secondo quanto riferito, è stato usato il valico di frontiera di Shalamjah, già attenzionato da Israele e Usa perché lineamento che permette i traffici con cui i Pasdaran passano armi sofisticate alle milizie sciite irachene sfruttando il contesto caotico del conflitto siriano (in questi giorni ci sono state diverse operazioni contro questi traffici).

Quando il media kuwaitiano scrive “fonti ben informate all’interno dell’Iran” fa pressing psicologico perché sembra alludere al fatto che Israele – che gli spiffera le informazioni – ha infiltrati all’interno della Repubblica islamica; cosa molto probabile, peraltro con una rete ben solida e operativa, se si considerano i sabotaggi subiti dalle infrastrutture strategiche iraniane questa estate o il recente assassinio di uno scienziato nucleare dei Pasdaran poco fuori Teheran. Il 27 dicembre il portavoce dell’esercito israeliano ha parlato su Elaph, un media saudita che ogni tanto ospita interventi dallo stato ebraico, e ha spiegato che stanno monitorando costantemente tutti i movimenti dall‘Iran e dell’Iran.

Anche questa è psicologia: un media saudita che diffonde dalla voce di un ufficiale israeliano un messaggio severo, e minaccioso, nei confronti della Repubblica islamica – che dunque si trova davanti, nero su bianco, un allineamento perfetto di nemici. Secondo l’iracheno Al Hurra, nei giorni attorno a Natale il generale iraniano Esmail Qaani (quel successore di Soleimani di cui parlano in queste ore gli americani) è stato a Baghdad dove ha incontrato i leader delle milizie Kataib Hezbollah, Kataib Imam Ali e Lega dei Giusti, ai quali avrebbe “chiesto di prepararsi” ad attaccare gli interessi americani se le cose tra Washington e Teheran dovessero precipitare. E pure questa è guerra psicologica. Il ministro degli Esteri iraniano ha scritto su Twitter che secondo le sue informazioni di intelligence gli Stati Uniti stanno cercando di “fabbricare” un falso attacco delle milizie come scusa per colpire la Repubblica islamica. Dalle operazioni psicologiche alla guerra informativa.

(Foto: U.S. Air Force photo by Senior Airman Roslyn Ward)

“istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza “

Lettera all’opposizione

Roberto Pecchioli 31 Dicembre 2020 

Siamo realisti. Esigiamo l’impossibile!

Un amico ci invita a scrivere, per fine anno, una lettera all’opposizione. Qualcosa come L’anno che verrà di Lucio Dalla: caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’, e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. No, non funziona: il finale è disperante: l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando, è questa la novità. Per di più, l’amico chiede di rivolgerci all’opposizione. Strano concetto, invero, per il quale non restano che i versi del Metastasio: che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. Nell’anno più drammatico da tre generazioni, all’alba di cambiamenti epocali riassunti dalla formula del Grande Reset, ancora nel pieno della tempesta perfetta scatenata dal Covid 19, cercare l’opposizione politica italiana, dirle qualcosa e farsi ascoltare è impresa titanica.

Il primo ostacolo è che occorre un indirizzo, un numero civico, almeno una email con tanto di chiocciola. Ci scusi l’amico, ma temiamo di non farcela: non conosciamo il nome e neppure l’indirizzo dell’opposizione. Qualcuno ci dà di gomito – cautamente, per via del distanziamento – e suggerisce che l’opposizione, in Italia, è la destra politica. Avrà ragione, c’è sempre chi ne sa più di noi, ma ci teniamo i nostri dubbi. Per far contento l’amico, mettiamo sulla busta virtuale un indirizzo altrettanto virtuale: via dei Matti, numero zero. Ricorderete la suggestiva canzone per bambini di Sergio Endrigo: era una casa molto carina, senza soffitto senza cucina. Era bella, bella davvero, in Via dei Matti numero zero. Evocava l’utopia, profumava di speranza ed era, in fondo, assai realista. Per essere realisti al tempo del virus e del Grande Reset, bisogna esigere l’impossibile, come sapeva un’icona di ieri, Che Guevara, uno che aveva orribili difetti ma combatté davvero, altro che gli odierni leoni da tastiera.

Realisti, esigiamo l’impossibile: che nasca in Italia un’opposizione. Come, osserverà il lettore, non esiste già uno schieramento – chiamato centrodestra – che rappresenta l’opposizione, ha centinaia di deputati, governa regioni e città e si prepara a sostituire il governicchio giallo fucsia? La tesi che difendiamo a spada tratta è che in Italia non esiste una vera opposizione politica. Quella che c’è è l’altra faccia della medaglia, l’opposizione di Sua Maestà, che non è il re, ma un potere più imponente e pervasivo di qualsiasi regno e impero, finanza più tecnologia, più comunicazione più, novità dell’annus horribilis 2020, dittatura sanitaria. A che cosa si oppongono, infine, il signor Salvini– reduce dalla festa della famiglia Rothschild- recentemente convertito (un altro!) alla rivoluzione liberale o la signora Meloni che ha imbarcato sul naviglio dei Fratelli d’Italia ogni sorta di sopravvissuti della politica, oves et boves et universa pecora?

Non parliamo del vecchio Silvio e della sua truppa di distinti signori e damazze borghesi dal pingue conto in banca, pilastri della società, di questa società. A sinistra, silenzio imbarazzato: nessuna opposizione sociale in nome dei poveri, il popolo, come si diceva in un tempo così lontano che sembra un’altra vita. Tranne qualche raro superstite comunista, l’universo ex rosso è pieno di conversi, fedeli adepti alla religione globalista, liberale, liberista, libertaria, progressista, multiculturale. Opposizione a che, dunque, se tutti condividono il medesimo orizzonte, se, per dirla tutta, sono sullo stesso libro paga dei padroni del mondo?

Certo, sappiamo bene che il centrodestra, sovranista la domenica, europeista gli altri giorni, atlantista h. 24, ovvero servo devoto dei padroni d’oltreoceano, anch’esso liberale e liberista, solo un briciolo meno progressista del suo deuteragonista, riuscirebbe a fare meglio degli attuali governanti in conto terzi. Misera consolazione avere un quoziente intellettivo superiore alla banda di dilettanti allo sbaraglio in carica, pericolosissimi per conclamata inettitudine. Il fatto è che le opposizioni di centrodestra – non solo in Italia- aspirano esclusivamente a sostituire un grumo di potere con un altro. La chiamano governance, amministrazione dell’esistente secondo regole date, intangibili e indiscutibili, ma la definizione migliore è di un intellettuale francese, Jean Paul Michéa, alternanza senza alternativa. Nessuno vuol cambiare il gioco.

Con grande senso pratico, gli scozzesi, inventori dell’economia moderna, chiamano Old Firm, la vecchia ditta, le due squadre di calcio locali rivali, Rangers e Celtic. Nemiche acerrime le tifoserie, ottime amiche, socie in affari le due società che reggono il palcoscenico sportivo scozzese. Un po’ corre il cane, un po’ il cacciatore, ma la preda, ahimè, è la stessa per entrambi: noi, l’insignificante maggioranza, i popoli. Gli uni e gli altri sono una ditta, una società per azioni in cui ciascuno interpreta una parte, che può essere scambiata tra gli attori come in una recita, ma il copione resta lo stesso. L ‘opposizione non è alternativa, ossia non ambisce a cambiare lo stato di cose esistente; è il Giano bifronte di un sistema nemico che nell’anno che muore ha gettato la maschera mentre l’ha imposta a noi, effetto placebo antivirus, simbolo potentissimo di sottomissione.

Il vecchio Carlo Marx, pessimo maestro ma cervello di prim’ordine, nell’XI tesi su Feuerbach, fu molto chiaro: si tratta di cambiare il mondo, non di interpretarlo diversamente. Che senso ha, dunque, rivolgersi all’opposizione, se Sua Maestà resta lassù, immobile sul trono, sempre più potente? Meglio tentare, con la forza della disperazione, una strada nuova. Via dei Matti, numero zero, ma sono stati i grandi sognatori a cambiare il mondo, quelli “senza tetto e senza cucina”. Realisti, poiché hanno guardato la realtà senza paraocchi, hanno sentito l’esigenza di tentare ciò che sembrava impossibile. Non sembra il ritratto dei figuranti dell’opposizione, il cui merito principale, ripetiamo, è il confronto con quegli altri.

Siamo persuasi che in segreto ringrazino il cielo di non esserci loro nella stanza dei bottoni, al tempo in cui il morbo infuria e il pan ci manca. Avrebbero preso le stesse decisioni del carro di Tespi di Conte e Zingaretti. Gli ordini dall’alto sono uguali in tutto il mondo occidentale. I padroni universali nel frattempo hanno riassunto il controllo totale della capitale dell’impero, quell’America che aveva eletto a dispetto nel 2016 uno strano presidente, meno allineato con lorsignori, poco devoto all’agenda mondialista, Trump, lo sconfitto di novembre 2020. Povero Matteo, povera Giorgia, e che guai per il Cavaliere se fosse toccato a loro ordinare l’isolamento, chiudere le città, sprangare le attività economiche, decretare il coprifuoco, schierare poliziotti e carabinieri per controllare i movimenti del popolo che la costituzione – il libro dei sogni – chiama sovrano.

Non avrebbero potuto agire attraverso atti amministrativi come i DPCM: magistrati, costituzionalisti e giuristi si sarebbero ricordati della gerarchia delle fonti giuridiche, avrebbero invocato le garanzie dello Stato di diritto. I giornalisti che tirano “quattro paghe per il lesso”, avrebbero scatenato le loro penne in difesa delle libertà violate. Di che stiamo parlando, dunque, cara opposizione che da venticinque anni non ti togli di dosso lo sgradevole abito di figlia di un Dio minore, che quando ti capita di raggiungere il governo non riesci ad andare al potere, ossia a realizzare un programma, non diciamo un progetto alternativo? Proclamiamo la triste verità: le destre nel sistema di potere nato dopo la fine del comunismo reale novecentesco servono soltanto a certificare l’esistenza di una pluralità di idee. Chiedono meno tasse, sono più prudenti sull’immigrazione, più cauti sui nuovi “diritti” (aborto, eutanasia, teoria di genere, bioetica, eutanasia, correttezza politica) ma mai frontalmente oppositori, mai portatrici di una visione alternativa.

Del resto, non possono: sono loro i più liberali e i più liberisti, quelli della privatizzazione del mondo. Se il potere vero affida la sua agenda alla cosiddetta sinistra, è perché più abile, più capace nella recita a soggetto (diritti, progresso, finto pluralismo). Ecco perché non abbiamo niente da dire all’opposizione, la lealissima opposizione di Sua Maestà, come recita la formula inglese, e ci asteniamo dallo scrivere una lettera che non verrebbe recapitata né letta. Figurarsi: non sentono il vento della storia che soffia, non fiatano neppure per l’abolizione del Natale, cemento della comunità, Dio, patria e famiglia in cui dicevano di credere. Non smascherano un potere che ha tutto da nascondere, perché uguali sono gli scheletri nell’armadio. Non gridano a gran voce che è finito un mondo, un’era, si fingono convinti, come gli altri, che basterà il vaccino per rimettere le cose la posto.

Il vaccino, come il balsamo di Fierabràs caro a Don Chisciotte, cura ogni malattia. O forse svela il trucco: potremo nuovamente morire di polmonite, cancro, infarto e influenza. Più grave ancora, morire d’inedia, di accidia, mancanza di speranza, il futuro che non c’è. Difficile far capire alla gente i pericoli mortali del Grande Reset, ma i morsi della fame, il disagio, l’insicurezza, la distruzione scientifica- dopo quella degli “ultimi” – dei penultimi, ovvero della classe media, di chi si alza la mattina per lavorare e di chi non si alza più perché sa che un lavoro non lo troverà, quella sì, è purtroppo facile da capire. Il fuoco cova sotto la cenere, il malessere è troppo grande per rassegnarsi al silenzio. La scintilla può sprizzare in ogni momento e bisogna essere lì, pronti ad attizzare il fuoco, non a spegnerlo, come è nell’istinto delle destre.

Serve un briciolo di follia, bisogna essere davvero matti per stare all’opposizione, non di un governo, ma di un mondo. Bisogna prendere atto che siamo all’ anno zero, nel pieno della tormenta, nudi e senza riparo. Inutile ribadire verità indiscutibili; siamo servi dell’Europa e camerieri delle banche; abbiamo perso un quarto della capacità produttiva e regalato all’UE 113 miliardi di euro, 130 se calcoliamo la rivalutazione ISTAT. Vano rammentare la perdita di sovranità monetaria, che si è aggiunta alla privazione di quella economica – le leggi di bilancio che i governi scrivono e i parlamenti approvano sotto dettatura e ricatto- la mancanza di una politica energetica e di piani industriali. E’ al governo chi propone senza arrossire di sostituire l’ILVA, ovvero la siderurgia di una potenza industriale- con la coltivazione di mitili nel golfo di Taranto, cozze al posto di laminati.

Tutti questi drammi – potremmo aggiungere il potere della magistratura, la precarizzazione di massa, l’indolenza favorita da clientelismi di ogni tipo e dal reddito di cittadinanza, il degrado della scuola, la diffusione delle droghe, il potere della criminalità che controlla porzioni estese del territorio. Tutto vero, ma sono, alla fine, gli effetti di una causa, la morte civile della nazione. Vorremmo dire qualcosa di sinistra, come chiedeva Nanni Moretti, ossia ridare voce al disagio sociale di milioni e milioni di connazionali. E vorremmo dire anche qualcosa di destra, meno tasse per finanziare i nostri aguzzini e mantenere legioni di parassiti, più principi morali, più senso del dovere e meno vacanza collettiva dalla storia.

Un elemento permanente della condizione umana è la necessità della speranza. La maggior parte degli uomini è infelice perché sperimenta una spaccatura tra la realtà che desidera e quella che vive. Il 2020 ci ha messo davanti alla fine di molte speranze, ma ha altresì dimostrato che non erano acquisiti per sempre i diritti che credevamo di possedere, la libertà, perfino quella minima di muoverci, toccarci, comunicare, e quella di lavorare, costruire un futuro di benessere. Quello che se ne va non rimpianto è stato l’anno in cui noi, i popoli, le persone, gli uomini e le donne libere, o semplicemente normali, siamo stati vinti. Non dal virus, ma dall’immensa operazione che attorno al contagio è stata orchestrata. Nulla sarà come prima. Non lo dicono i complottisti, lo ammettono lorsignori, gli unici veri negazionisti. Nel libro Il Grande Reset di Karl Schwab, direttore del Foro Economico Mondiale, il “partito di Davos”, si ammette tranquillamente che il Covid 19 non è così letale, però è l’occasione di introdurre cambiamenti sociali senza precedenti. Molte cose cambieranno per tutti ed emergerà un mondo nuovo. Alla domanda su quando ritorneremo alla condizione pre-Covid, rispondono senza tentennare: mai. Viviamo la realizzazione delle domande poste da George Orwell in 1984: il dominio “tecnico”, la manipolazione della natura umana e l’abolizione sistematica delle libertà.

Urge una grande battaglia, insieme di libertà e di liberazione. Siamo chiamati a organizzare una resistenza, non un’opposizione. Il diritto di resistenza è una prerogativa storica del popolo dinanzi all’ingiusto esercizio del potere. L’ingiustizia è palese: davanti a noi abbiamo la certezza dell’impoverimento, l’intrusione del biopotere nella sfera intima, la sorveglianza totale e la violazione del corpo fisico. Non ci si può limitare ad opporsi a questa o quella misura, legge o comportamento del potere, ma si deve fondare un nuovo, vigoroso, visionario, totale antagonismo. Nessuna destra, nessuna sinistra basterà: ci vorrà un fronte, una union sacrèe del popolo contro i suoi aguzzini e i loro servi.

L’alleanza non può che sorgere tra i non garantiti, quelli di oggi, ceti e categorie aggrediti dal morso del potere, dalla disoccupazione, dall’impoverimento e quelli di domani, poiché il grande reset concentrerà ulteriormente i redditi verso l’alto, schiacciando la libertà verso il basso e proibendo ogni dissenso. Ne vediamo già segni vistosi: membri della Corte Costituzionale che affermano che le libertà e i diritti si possono derogare per motivi sanitari, la repressione contro i medici non favorevoli alle vaccinazioni e non convinti della narrazione ufficiale sul virus, la stretta impressionante della mobilità, la fulminea imposizione della didattica a distanza e del telelavoro. Erano prontissimi e hanno agito senza indugio. Noi tutti ci siamo lasciati sorprendere; hanno chiuso fabbriche, uffici, negozi, scuole, vietato di vivere. Chiudono anche musei, biblioteche, cinema e teatri: hanno ragione, il vero contagio è la cultura. Hanno decretato lo stato di eccezione senza dircelo e senza utilizzare gli strumenti giuridici di garanzia di cui andavamo orgogliosi. Non fanno prigionieri, altro che opposizione, destra e sinistra, falchi e colombe.

Non resta che resistere, organizzare sacche di disobbedienza civile, far sentire al potere- il nemico – il fiato sul collo. Cambierà poco se muterà governo. Il sistema si terrà comunque ben stretti gli sgherri e gli esecutori più fedeli della sua volontà. Torchierà ancora di più la gente comune – lavoratori, piccoli e medi imprenditori, professionisti, pensionati, giovani, precari – per riservare ai ceti di servizio reddito, privilegi e spezzoni di libertà. Ha bisogno, come ogni regime, di un certo consenso e lo pagherà- più di sempre- con il nostro sangue. Non è questione di governo e opposizione, destra e sinistra, ma, ormai, di noi – il popolo- contro “loro”, i signori del denaro, della tecnologia, della comunicazione manipolata.

Nel capoverso finale del nostro Elogio dell’appartenenza (Passaggio al bosco, 2020) scrivevamo che è in atto un passaggio decisivo, un tornante della storia, in cui il primo requisito per sopravvivere e resistere è essere comunità, appartenere, cioè fare parte e fare fronte. Chiudevamo citando l’esortazione di Antonio Gramsci, intellettuale comunista, ma anche nazionale e popolare: “istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza “.

Siamo sotto attacco dobbiamo saperci difendere, non regaliamo la nostra anima ai social ci profilano continuamente e istante per istante

LA RIFLESSIONE

Cyber security e consapevolezza, i nuovi scenari di rischio digitale: come riconoscerli

La cyber security non è più solo firewall e social engineering: in un mondo digitale sempre più “fluido” in cui il business model è l’analisi comportamentale degli utenti, è importante acquisire un nuovo livello di consapevolezza dei rischi che è possibile mitigare con un’attenta difesa cibernetica psicologica

11 Dic 2020
Project Manager - Digital Transformation


Tra gli addetti ai lavori è palese il fatto che la cyber security sia una pietra miliare della nostra società, tanto è vero che nei prodotti digitali di nuova generazione si parla della necessità di adottare politiche di progettazione e sviluppo basate sul principio di security by design. Ma forse la cyber security non è solo firewall e social engineering, e si sta spingendo ad un nuovo livello di consapevolezza, che riguarda tutti. Vediamo come.

Cyber security e consapevolezza: quando ancora era semplice difendersi

Nella testa di tutti la cyber security è un campo per addetti ai lavori, figure nerd che si occupano di oggetti come firewall, aggiornamenti, antivirus e via dicendo.

Questo è vero, o perlomeno lo era fino a qualche anno fa, quando cyber security era sinonimo di sicurezza perimetrale.

Negli anni fino al 2000, le reti di computer erano localizzate in luoghi fisici ben definiti, non c’erano gli smartphone e i tablet, i notebook erano poco diffusi e quindi difendere la propria azienda voleva dire difendere il perimetro della propria rete.

Qui si mettevano i firewall, strumenti adatti a bloccare gli attaccanti e il traffico in entrata alla rete. Con il tempo, i firewall sono diventati strumenti sempre più intelligenti, essendo capaci non solo di vedere il traffico, ma addirittura di capirne il contenuto a livello di applicazione e poter fermare traffico malevolo o anche solo traffico non associato al business.

Inoltre, alcuni vendor rendono disponibili funzionalità di “collettività”, ovvero i firewall sono connessi ad un unico cloud centrale e se solo uno di loro vede una tipologia di attacco, lo comunica a tutti gli altri, in modo che siano tutti pronti a difendere la rete del loro proprietario.

Sulle postazioni, la principale difesa inizialmente era l’antivirus, che era molto efficace perché i virus erano in numero contenuto, con poche varianti. Quindi, conoscendo la “firma-impronta” del file malevolo, era possibile bloccare facilmente l’attaccante.

Questo meccanismo ai giorni nostri è stato affiancato (il numero di virus creati ogni giorno si aggira sulle migliaia) dall’analisi comportamentale, ovvero ogni processo che cerca di fare alcune azioni tipicamente malevoli, viene classificato come virus. L’antivirus poi è diventato anche firewall di postazione, in modo che la singola postazione (computer desktop) sia a sua volta protetto dagli altri oggetti in rete.

Altre misure usate dai più raffinati, già attorno agli anni 2000, tenevano i sistemi aggiornati all’ultima release possibile per evitare sfruttamento di vulnerabilità e riducevano i permessi degli utenti sui personal computer Windows, in modo da evitare che un utente inconsapevolmente facesse disastri.

Prassi importante era poi quella dell’antivirus o antispam sull’e-mail (un altro punto di accesso preferito ai sistemi aziendali) onde evitare che arrivassero virus, worm, trojan o sorprese affini via e-mail.

Ovviamente stiamo semplificando molto, ma è per dare un’idea di come fosse “semplice” avere una buona difesa, prima degli anni 2000.

Cyber security e consapevolezza: la superficie di attacco diventa fluida

Dagli anni 2000 e fino al 2010 la superficie di attacco è diventata fluida e così il perimetro aziendale. Ricordiamoci che alla fine non proteggiamo mai i dispositivi, ma i dati o le credenziali di accesso ai dati.

Il fatto è che se i dati aziendali arrivano a smartphone, tablet e notebook sparsi nel mondo o computer di casa mediante servizi cloud, diventa molto più complesso proteggerli.

Consente all’invio di comunicazioni promozionali inerenti i prodotti e servizi di soggetti terzi rispetto ai Titolari con modalità di contatto automatizzate e tradizionali da parte dei terzi medesimi, a cui vengono comunicati i dati.

Da un lato perché esplode il numero di sistemi in gestione ad un solo utente, dall’altro perché ogni dispositivo ha le sue caratteristiche, e mentre i computer hanno una storia lunga di patching, altri dispositivi sono nati per fare altro (ad esempio divertimento) con poca security by design integrata.

A questo va sommato l’IoT (Internet delle cose) o l’IoE (l’internet di tutto, come dice Cisco) per cui ogni dispositivo sta diventando connesso e con accesso ai dati aziendali (smartwatch, TV smart, proiettori, per dirne alcuni, senza contare le care vecchie stampanti, uno dei vettori di attacco preferiti dagli attaccanti).

Quindi il perimetro diventa globale, il dato fluido, la superficie di attacco aumenta a dismisura e il personale di sicurezza si trova tecnologicamente ad affrontare una periferia dinamica (o che non c’è più) e deve cambiare l’approccio alla difesa.

Come se non bastasse, arriva l’onda del cloud, quindi i carichi di lavoro diventano distribuiti, un po’ in azienda e un po’ su più cloud sparsi per il mondo, e anche questi vanno difesi sia da attacchi interni che da attacchi esterni.

L’approccio zero-trust

Da qui (siamo sempre nel mondo tecnologico) nasce l’approccio zero-trust, ovvero invece di difendere una periferia dinamica, difendo il singolo carico di lavoro ovunque esso sia. Quindi con il carico di lavoro viaggiano anche le sue policy di security (e quindi vado a fare micro-segmentazione) in modo che non importa dove sia il carico, l’importante è che venga protetto secondo policy corrette.

Dallo scenario pre-2000 al post-2000 possiamo dire che la complessità tecnologica è scalata di diversi ordini di grandezza.

Come se non bastasse, gli attaccanti hanno poi capito che sebbene sia ancora proficuo tecnologicamente attaccare una vittima, lo è molto di più psicologicamente.

E così sono esplosi gli attacchi di social engineering, dove si chiama un dipendente fingendo di essere un collega per farsi dare uno username e una password, oppure si finge mediante e-mail modificate che un direttore finanziario richieda un bonifico ad un fornitore su un determinato IBAN, per poi scoprire che l’IBAN è associato ad un conto russo irrintracciabile.

Le tecniche di social engineering si basano sulla psicologia, ovvero vogliono fare hacking sul nostro senso di fiducia, rispetto, ruolo, comando, paura. Sono tecniche puntuali che sfruttano un momento di debolezza e hackerano la nostra psiche puntualmente.

Da qui, gli esperti di cyber security hanno dovuto cominciare a fare anche awareness, ovvero rendere le persone consapevoli di questi meccanismi, ovvero del rischio che una telefonata possa comportare, un’e-mail valutata come affidabile anche se non lo è, possa far perdere soldi all’azienda.

Fanno parte di questa categoria e anche di quella tecnologica, i noti ransomware, che sfruttano una tecnologica (la crittografia) per proteggere i dati degli utenti, e poi ricattarli. Il ricatto è doppio ai giorni nostri: se non mi paghi non ti ridò i dati, se non mi paghi diffondo i tuoi dati. Estorsione tecnologica con trafugazione di dati.

Pubblicità mirata e analisi comportamentale: i nuovi rischi digitali

Da qualche anno, però siamo acceduti al terzo livello di consapevolezza in ambito cyber security. Le grandi azienda americane del tech (dette GAFAM, Google Amazon Facebook Apple Microsoft) fino a metà del primo decennio degli anni 2000 vendevano un prodotto tecnologico, qualunque esso fosse.

Poi il loro business model con i social è cambiato. Hanno iniziato a vendere pubblicità veicolata sui loro prodotti (che fossero motori di ricerca o social) offerti gratuitamente (se non paghi per un servizio, il servizio sei tu).

Il sogno di ogni inserzionista è che la propria pubblicità comporti un acquisto, e per farlo si cerca di comprendere al meglio cosa vuole il cliente. Questo si faceva tanti anni fa nella bottega sotto casa sapendo che “la signora Maria compra sempre il prosciutto cotto per il figlio Luca”. Con l’avvento dei supermercati, si è evoluti nelle tessere fidelizzazione, che danno sconti in cambio di comportamenti. Il bottegaio sotto caso sapendo che la signora Maria voleva comprare il prosciutto, magari le presentava il migliore (o quello che doveva finire). Il supermercato fa offerte mirate alla persona in base al suo trend di acquisti.

Big data, pubblicità e analisi comportamentale

Altro tipo di pubblicità è quello della TV, che è pubblicità sì, ma generalista, ovvero tutti vediamo la stessa. Vengono usate tecniche di psicologia e di comunicazione, ma la tv non sa se io oggi sono felice o triste, se sto bene o male e via dicendo, quindi è una pubblicità con un tasso di successo dovuto alla grande diffusione, ma con rating ridotto.

Il gruppo GAFAM ha portato la pubblicità al livello successivo: ovvero ha creato prodotti digitali attraverso i quali può raccogliere i comportamenti delle persone da quando si alzano (accendono lo smartphone) a quando vanno a dormire (se spengono lo smartphone). Volendo anche la notte (con gli smartwatch, le luci intelligenti, gli assistenti vocali).

Il loro scopo è raccogliere quantità enormi di dati (big data), che sono (e questo è importantissimo) sempre freschi di giornata in modo da profilare ognuno di noi come utilizzatore e capire quando è il momento e il prodotto migliore da propinarci.

Solitamente la gente pensa che il problema principale delle major del tech sia che ci prendono i dati (vero), che fanno polarizzazione (verissimo, ovvero quando cerco su un motore di ricerca vedo risultati associati alla mia zona e alle mie ricerche precedenti, ovvero solitamente trovo risultati che confermano la mia idea, portandomi a diventare polarizzato-estremista), che ci prendono troppo tempo (li usiamo troppo), che ormai sono in grado di falsare elezioni (grazie alle fake news).

Pochi pensano che il loro business model però non è questo, ma come dice un famoso hacker, J. Lanier, il loro vero business model è modelizzarci e quindi cogliere i nostri impercettibili cambiamenti di comportamento, per vendere queste variazioni agli inserzionisti in modo da rendere efficace le loro pubblicità.

Peggio ancora, queste variazioni di comportamento le possono guidare loro. Usando tecniche come i “like”, la gamification, l’inclusione sociale, piacere/dolore (tanti like, pochi like), la curiosità (lascio una notizia visibile metà in basso sullo schermo dello smartphone così una persona scorre per vedere cosa c’è scritto), possono spingerci a sostare ore nei loro prodotti digitali, e più ci stiamo, più pubblicità possiamo vedere e più le pubblicità sono accurate perché più informazioni loro hanno su di noi, e più ci possono guidare nei comportamenti.

Il rischio di una pubblicità mirata

Il tutto viene attuato tecnologicamente da ingegneri che usano metodologie tipiche della psicologia che quindi mirano ad alzare la nostra dopamina (e guidare l’inconscio) e fare in modo che lo smartphone diventi la lampada di Aladino che ogni minuto può darci informazioni interessanti, la soddisfazione di qualche like, il piacere di un video divertente. Una sorta di dipendenza (da cui deriva ad esempio la FOMO, fear of missing out. Ognuno di noi, pensandoci, troverà un social/strumento dei GAFAM da cui un po’ dipende, no?).

La cosa interessante è che a differenza della TV generalista, che non è mirata alla persona ma alla “cultura simile”, la pubblicità del gruppo GAFAM è mirata esattamente alla persona, precisa e condizionante.

Questo perché gli scopi del modello di business sono: engagement (ti coinvolgo), growth (aumento il tempo che stai con me) ed entertainment (ti faccio divertire). In tale modo ti “rapisco” con il mio strumento digitale, e più ti rapisco più ti profilo, ti coinvolgo, ti ipnotizzo e più pubblicità riesco a mandarti mirate.

Quindi gli esperti di cyber security (ma anche i genitori e gli insegnanti) dovranno nel tempo affrontare questo nuovo tema di difesa cibernetica psicologica, che rischia di minare le generazioni future.

La giunta regionale calabra espressione del Sistema massonico mafioso politico istituzionalizzato respinge la rosa dei nomi proposta da Longo


Sanità, ecco l'elenco dei nuovi commissari indicati da Longo e trasmesso a Spirlì: i nomi

La giunta non sembra però essere intenzionata a farsi coinvolgere in alcuna interlocuzione, pronti a respingere la proposta del commissario ad acta a causa del mancato coinvolgimento sulla scelta dei profili (ASCOLTA L'AUDIO)

di Luana Costa 
30 dicembre 2020 21:30


La nota contenente i sette nomi degli aspiranti commissari straordinari da insediare alla guida delle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi è stata inoltrata nella giornata odierna al decimo piano della Cittadella. Il commissario ad acta, Guido Longo, è infatti riuscito a chiudere il cerchio dopo giorni trascorsi a cercare di individuare professionisti per sostituire gli attuali assetti aziendali. 
I commissari indicati

La quadra è stata trovata solo in giornata con la stesura di una rosa di nomi che è stata inviata al presidente ff della Regione Calabria, Nino Spirlì, per ottenere la condivisione sui nomi, così come previsto dal decreto Calabria. La comunicazione contempla sette manager per altrettante aziende; in particolare, in qualità di commissario straordinario dell'azienda universitaria Mater Domini di Catanzaro è stato individuato Giuseppe Giuliano, alla guida dell'azienda ospedaliera di Catanzaro Pugliese Ciaccio Francesco Procopio, alla guida dell'azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia Maria Bernardi, per l'azienda sanitaria provinciale di Crotone è stato individuato Domenico Sperlì, per l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza Vincenzo La Regina, per l'azienda ospedaliera di Cosenza Isabella Mastrobuono mentre ai vertici dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria resta confermata Jole Fantozzi. Restano escluse l'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e l'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro sciolte per infiltrazioni mafiose e attualmente rette da commissioni prefettizie.

Questa la rosa di nomi trasmessa in giornata al presidente ff della Regione Calabria, Nino Spirlì, il quale sembra però essere orientato a rifiutare ogni interlocuzione. La giunta nel pomeriggio ha infatti avuto un incontro apposito per decidere la posizione da assumere che si è conclusa però con la scelta di respingere la proposta del commissario ad acta, Guido Longo. La decisione sarebbe motivata dal dissenso rispetto al mancato coinvolgimento dei componenti della giunta nella scelta dei commissari straordinari limitata alla sola trasmissione della rosa dei nomi. Inoltre, altre obiezioni sarebbero state mosse sui curricula dei professionisti scelti, ritenuti in alcuni casi di basso profilo e non inseriti in alcun albo; neppure, infine, pescati tra i manager che avevano partecipato alla manifestazione d’interesse bandita dalla Regione Calabria per individuare i direttori generali. In tal caso la nomina dei commissari diverrà materia governativa e sarà il Consiglio dei Ministri a dover vagliare e, infine, bollinare la nomina dei nuovi commissari straordinari.

Gli attacchi e la confusione che si vuole creare intorno a Tansi dimostra la paura del Sistema massonico mafioso politico istituzionalizzato della massa di voti che andranno alla sua proposta politica



Elezioni: Tansi accoglie la candidatura di De Magistris a governatore, anzi no, o forse se…

Pubblicato il 29 Dicembre 2020 | da Redazione

Appena si è sparsa la voce della proposta avanzata dal coordinatore regionale del Partito Democratico in Calabria, on. Stefano Graziano, all’attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris, come candidtao unitario della sinistra alle prossime elezioni regionali, numerose sono state le reazioni. La principale quella dell’ex capo della Protezione civile in Calabria, Carlo Tansi, già candidato presidente alle passate elezioni, e di fatto candidato presidente con tre liste (pronte) che fanno riferimento al suo movimento Tesoro di Calabria. Prima Tansi ha mostrato disponibilità, fatta salva la riserva sulla disponibilità di De Magistris di non ricandidare consiglieri uscenti. Poi – a seguito di una lettera (apocrifa?) di critiche da parte di De Magistris, Tansi ha corretto il tiro, sparigliando ancora una volta il confuso mondo della sinistra calabrese.

«Ho appreso dagli organi di stampa – aveva scritto in una nota Carlo Tansi – che per la costruenda coalizione di centrosinistra PD-Movimento 5 Stelle si potrebbe proporre candidato alla presidenza della Regione Calabria Luigi De Magistris, attuale Sindaco di Napoli in scadenza del mandato decennale. In verità l’interessato non ha confermato ma non ha nemmeno smentito. La notizia non mi coglie né indifferente né impreparato, anzi, se l’attuale sindaco di Napoli volesse offrire – da una diversa prospettiva rispetto a più di dieci anni orsono quando rivestiva il ruolo di magistrato – il suo diretto contributo per favorire il riscatto sociale, civile e democratico della nostra regione, sarebbe già un primo passo verso la possibilità di un radicale cambiamento della gestione politica e burocratica che il Movimento Civico Tesoro Calabria auspica da tempo. Ma il problema principale resta il vero ed integrale ricambio della rappresentanza politica che andrà a governare la Calabria dai seggi del Consiglio Regionale, che è il motivo per cui sono stato costretto ad abbandonare il “tavolo di confronto” organizzato dal PD.
Vorrei chiedere a De Magistris se accetterebbe di guidare una coalizione avendo nelle liste ex Consiglieri Regionali, ex Assessori e uomini politici che ricoprendo incarichi di governo o sottogoverno, hanno contribuito alle attuali condizioni di sfacelo in cui è stata ridotta la Regione più bella ma anche più povera d’Italia. Mi riferisco esplicitamente ai consiglieri Guccione (che siede sugli scranni del consiglio regionale da ben oltre 20 anni!), Bevacqua, Irto, Aieta e affini, e a soggetti riferibili, a vario titolo a Incarnato, Adamo-Bruno Bossio, Sebi Romeo e affini…. e ad altri soggetti similari che in questo momento possono sfuggirmi.
Io mi sono rifiutato di accettare le candidature di tali soggetti e, dal primo incontro, ho precisato – ai rappresentanti del PD e agli altri esponenti convocati al “tavolo” – questa mia richiesta che, insieme alla scelta in tempi brevi di un candidato alla presidenza, ha rappresentato il motivo del mio definitivo abbandono del tavolo stesso, in quanto nodo principale mai sciolto all’interno di una coalizione regionale che aspirava a essere – ahimè solo a parole – erede naturale della migliore tradizione riformista.
Luigi De Magistris, qualora volesse candidarsi, dovrebbe chiarire il suo pensiero sull’attuale classe politica. Se anche egli dichiara, come ho fatto io, indispensabile l’esclusione dalle candidature degli attuali proprietari di scranni regionali che ho citato sopra, allora le possibilità di offrire un’alternativa seria e concreta di rinnovamento morale ed etica della classe politica calabrese, diventa più che concreta».

Poi, a seguito di una nota critica nei suoi confornti, Tansi ha replicato subito. «Voglio manifestare un atroce dubbio: siamo sicuri che la nota nei miei confronti l’abbia scritta De Magistris? Oppure è opera di qualche politicaccio regionale che ancora vuole restare imbullonato alla sua poltrona per altri cinque anni?». Manifestando la sua «stima incondizionata nei confronti di Luigi De Magistris che in passato ha mostrato da PM in Calabria tanto coraggio e determinazione con le sue acute indagini giudiziarie contro la casta calabra, prima che fosse ingiustamente allontanato dal potente sistema ndranghetistico dei colletti bianchi che hanno impedito il decollo della Calabria», Tansi ha sottolineato la correttezza del suo operato durante l’incarico presso la Protezione Civile. «Sento spesso dire – ha dichiarato –, quando si parla di me, che in passato sarei stato un beneficiato della politica per l’incarico di dg della Protezione Civile calabrese. Una critica strumentale, e quel che più conta falsa, considerato come il ruolo di dirigente della Prociv regionale io lo abbia ottenuto a seguito della partecipazione a una selezione pubblica nazionale per titoli, cioè a cui si partecipava in base al curriculum. E invito a prendere visione del mio curriculum tecnico-scientifico frutto di un’attività di ricerca applicata tecnico-scientifica maturata in campo internazionale in trent’anni di servizio presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche del quale mi onoro di essere ricercatore. A ciò si aggiungono 13 anni di docenza universitaria presso l’Unical». (rp)

I politici, le televisioni, i giornalisti di professione di Euroimbecilandia tutta dopo avere eseguito l'ordine datogli dal loro padrone di osannare il burattino Guaidò visto l'impossibilità di sostenerlo di fronte agli accadimenti succedutesi in Venezuela, nonostante che lo avessero imbottito di dollari, l'hanno lasciato a se stesso abbandonandolo nel dimenticatoio purificatore

Guaidò ha ricevuto più di 841 milioni di dollari nel 2020 per minare la pace in Venezuela

29.12.2020 - Lorenzo Poli


In questo anno 2020, Juan Guaidó ha ricevuto più di 841 milioni di dollari dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dai paesi alleati all’imperialismo nordamericano, con il fine di minare la stabilità politica, sociale ed economica del popolo venezuelano. Gran parte di questo denaro proveniva dalla società Citgo1, che dopo essere stata arbitrariamente rubata da Guaidó in complicità con il governo degli Stati Uniti, è stata ferocemente saccheggiata da una piccola leadership che appartiene al governo di Guaidó in Venezuela.

Il discorso sulla crisi economica in Venezuela, promosso dall’Assemblea Nazionale con una maggioranza di opposizione e ancorato alla richiesta di sanzioni contro il popolo venezuelano, si è rivelato un affare benefico per Guaidó e gli autoproclamati leader del G-4, che ha accumulato ingenti somme di denaro in cambio di morti venezuelani, che non hanno potuto ricevere cure mediche a causa del blocco che persiste nel Paese. In questo senso, i media e la ricerca venezuelani hanno alzato la voce e lamentato, attraverso piattaforme digitali, tutti i milioni di dollari che sono stati sottratti al popolo venezuelano, nel corso di quest’anno.

“Ricordiamo i numeri dei contributi internazionali a Guaidó nel 2020: 841 milioni 645 mila dollari. Ovvero, più di 70 milioni di dollari al mese. Più di 2,3 milioni di dollari al giorno! Più di 1.600 dollari al minuto!” – ha scritto il sito web La Tabla, che è un punto di riferimento per il giornalismo investigativo e analitico nel paese2.

Uno spettacolo molto ben organizzato per depredare il popolo venezuelano. All’estrema destra sono stati consegnati assegni per somme di denaro esorbitanti, un’azione che ha due aspetti: vantarsi della presunta “crisi umanitaria” davanti ai media imperialisti, e “la verità per la nostra nazione”. In questo modo, quelle ingenti somme di denaro hanno finanziato ciascuna delle aggressioni che sono state perpetrate contro il Venezuela.

La Tabla ha affermato che il 17 novembre la Spagna ha assegnato $ 20 milioni 500 mila, attraverso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l’UNHCR, per la “crisi umanitaria” in Venezuela. La presunta “crisi umanitaria” si è rivelata l’attività dell’anno, non solo per i paesi vicini al Venezuela, che hanno aderito anche al copione dell’agenda golpista degli Stati Uniti, ma per lo stesso Juan Guaidó e i suoi alleati, che ancora rimangono latitanti per la giustizia venezuelana. Il 20 settembre il Segretario di Stato Mike Pompeo ha annunciato un premio di 348 milioni di dollari che includono, secondo Latablablog, “143 milioni di dollari dall’Ufficio per la popolazione, i rifugiati e la migrazione del Dipartimento di Stato e più di 205 milioni di dollari dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale”.

Nonostante la mancata accettazione del popolo venezuelano, una piccola dirigenza della destra venezuelana continua a scommettere sulla violenza, sul furto dei beni venezuelani e sul saccheggio delle ricchezze che appartengono ai venezuelani, per cercare di destabilizzare il governo Maduro. La Tabla riporta inoltre che l’8 settembre l’Unione Europea (UE) ha approvato l’importo di 14 milioni 500 mila dollari per “sostenere la risposta regionale” ai “milioni di rifugiati e migranti venezuelani” in Colombia, Ecuador e Perù. Soldi che, verosimilmente sono finiti nelle tasche di Guaidò e del suo governo fantoccio.

Non dimentichiamoci inoltre che ammontano a più di 400 milioni di dollari le perdite3 nette accumulate dalla società Citgo, controllata illegalmente da Guaidó, durante i primi tre trimestri del 2020. Nel primo trimestre (GEN-MAR) del 2020 le perdite sono state di 159 milioni di dollari e nel secondo (APR-GIU) di 5 milioni. Pertanto, il cumulato da gennaio a settembre 2020 ammonta a 412 milioni. Secondo l’ultimo rapporto, pubblicato venerdì 13 novembre sul sito web dell’azienda, le perdite tra luglio e settembre ammontano a 248 milioni di dollari.

Da segnalare che le operazioni di raffinazione, con Guaidó, sono scese a 544mila barili/giorno dagli 825mila barili registrati nello stesso periodo dello scorso anno, ovvero il 35% in meno. La situazione è talmente grave che il consiglio di amministrazione ha deciso di decretare una riduzione del 10% dello stipendio e di smettere di versare i contributi al fondo pensione dei 3.300 lavoratori della società di raffinazione.

1# Azienda pubblica venezuelana di proprietà di PDVSA

L'uomo senza anima è un guscio vuoto che cammina

Lassù qualcuno ci ama – Danilo Quinto

Maurizio Blondet 30 Dicembre 2020 

Quando il mio amico Franco – che è stato per decenni medico di Pronto Soccorso e seguiva telefonicamente il mio stato di salute – resosi conto della situazione, si è messo in macchina da Trento, mi ha visitato e ha deciso di portarmi in ospedale, non pensavo di dover affrontare un’operazione. I dolori nel quadrante destro dell’addome erano lancinanti da 48 ore e gli esami del sangue e l’ecografia che avevo fatto la mattina erano preoccupanti, ma nonostante questo non pensavo di stare per morire. Invece è stato così. Stavo per morire. Ancora una volta, Dio “mi ha preso per i capelli” – come mi disse il caro Don Antonio dopo la mia conversione – e mi ha salvato attraverso la professionalità di un grande medico, il prof. Alberto Brolese, primario di Chirurgia Generale 2 dell’Ospedale Santa Chiara a Trento, che 5 anni fa già aveva salvato la vita a mia moglie Lydia, con un intervento molto complicato. Il mio è stato un intervento meno invasivo, effettuato d’urgenza con tecnica laparoscopica, dovuto a “colecisti acuta impietosa con notevole rialzo degli indici di flogosi associati a febbre e peritonismo sottocostale destro”. Voglio ringraziare pubblicamente il prof. Brolese e l’intera sua equipe medica, insieme all’intera squadra infermieristica di questa eccellenza medica italiana.

La settimana trascorsa in ospedale non è stata facile. Per di più, durante il Santo Natale. Ho affrontato il dolore post-operatorio, che è durato giorni, tentando – con i miei limiti – di offrirlo. Ho pensato e ripensato alla mia vita ed in particolare agli ultimi vent’anni, nel corso dei quali Dio, mettendomi continuamente alla prova, ha inteso donarmi la possibilità di comprendere quanto la conversione al Bene richieda sacrificio, sofferenza, purificazione.

Sant’Agostino spiega meglio di chiunque altro quello che preghiamo nel Padre Nostro con il “Non c’indurre in tentazione, ma liberaci dal male”. Scrivo “preghiamo” perchè chi scrive non si adeguerà mai alla blasfemia introdotta con il Nuovo Messale dall’uomo vestito di bianco, che mentre chiede di ubbidire alle leggi e alle norme ingiuste del potere civile e si fa promotore di un vaccino prodotto da cellule di feti abortiti e che in una sua versione, quella che utilizza il RNA, manipola il genoma umano, si iscrive al Nuovo Ordine Mondiale, facendo patti con le famiglie Rotschild e Rockfeller, che dominano da oltre un secolo il pianeta e ne determinano l’evoluzione contro Dio, modifica le parole dell’unica preghiera insegnata da Gesù. Ebbene, Sant’Agostino spiega che accanto alla “tentazione cattiva”, “dalla quale uno è preso in trappola e diventa schiavo del diavolo”, c’è un’altra tentazione, che si chiama “prova”.

Solo Dio sa quali altre prove porterà il futuro. Di sicuro ce ne saranno altre. Le affronterò con il più grande dono che Dio mi ha concesso: la libertà. La grande libertà di avere fiducia in Lui, nella Sua Onnipotenza, nella Sua Onniscenza, nella Sua infinità bontà. Anche l’ultimo dei peccatori come io sono, se è con Dio, è maggioranza. Non ci sono solitudine, isolamento, piccole invidie e, a volte, disprezzo degli uomini, che tengano. Se ci sono persecuzioni, processi senza motivo a cui si viene sottoposti per lunghi anni, assalti ripetuti dell’angelo decaduto che abita il “piano di sotto”, geloso di chi sta dalla parte di Dio, si deve rispondere con la pazienza cristiana. Come ha risposto Cristo ai Suoi carnefici. Imitare la Sua perfezione.

Il Cristianesimo non è un “gioco per bambini”. Richiede forza, coraggio, perseveranza. La vita si dipana come un soffio in un disegno pre-ordinato, che ci deve preparare alla morte. Quanto sconta questo nostro mondo l’illusione di non considerare la morte l’epilogo della nostra vita, nel tentativo di esorcizzarla, di renderla “innocua”, di far finta che non esista. La vita è solo questo: una buona preparazione alla morte, all’incontro con Dio e alla vita vera, quella eterna, quella che trascorreremo per sempre accanto a Dio.

Che cosa sarà questa vita? Sappiamo solo quello che non sarà. Non conosceremo più le “sensazioni umane”, ma quelle che appartenevano all’uomo non marchiato dal peccato originale. Il nostro sguardo non si rivolgerà più indietro e non sarà più ottenebrato dalle angosce di questa nostra vita. Vivremo “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Vivremo la Bellezza. Vivremo la Gloria che è nei Cieli, di cui siamo partecipi fin dal nostro concepimento, in quanto esseri divini, creati a immagine e somiglianza di Dio. Pensiamo a questo quando su questa terra ci saranno sottratti definitivamente – accadrà presto, perchè si avvicina a grandi passi il Resto dell’Anticristo, come sostiene il grande vescovo mons. Carlo Maria Viganò – Sante Messe e Sacramenti, come sarà sottratta la libertà a chi sarà dissenziente, con i campi di isolamento (i lockdown, che continueranno ancora per mesi e mesi, sono solo la “prova generale”), i TSO, eventualmente il carcere e le privazioni di diritti costituzionali nel campo civile (parlano già di di perdita del lavoro, di impossibilità di viaggiare, di esclusione dal percorso scolastico per chi non vorrà sottoporsi al vaccino). Confidiamo sempre nella protezione del Signore, che non ci abbandonerà mai.
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L'influenza è il covid-19 ma al Grande Cambiamento Occidentale serve la paura per implementare la sua Strategia di distruzione di capitali, merci, uomini e mezzi di produzione per superare la crisi di SOVRAPPRODUZIONE

E’ scomparsa l’influenza? Occorre un audit sui numeri del Covid.

Maurizio Blondet 30 Dicembre 2020 

“Audit” è il termine tecnico che si traduce “revisione dei conti”: ed è un concetto contabile. Ci sono revisori dei conti indipendenti (più o meno) a cui le imprese quotate si rivolgono per farseli controllare, onde assicurare gli investitori che non stanno facendo trucchi sporchi.

Ora, in California, il notiziario della California meridionale KUSI ha lanciato l’allarme ed ha richiesto un audit delle statistiche COVID nella loro regione …

“I casi di COVID-19 continuano ad aumentare in tutta la California e qui nella contea di San Diego, ma i casi di influenza rimangono estremamente bassi rispetto agli anni precedenti.

Siamo in piena stagione influenzale, ma i dati della contea di San Diego per le infezioni influenzali mostrano solo 36 casi segnalati finora quest’anno. do: “In un anno tipico ne registriamo in media oltre 17.073!”.

 
California Sud, Influenza stagionale; nel 2020 e negli anni precedenti. Completamente scomparsi i picchi.

Il movente della richiesta è questo:

“Quando si usano una serie di numeri come quelli comunicati su COVID come motivo per chiudere ogni attività economica e privare de i mezzi di sussistenza le persone, allora dobbiamo davvero guardare da vicino cosa significano veramente quei numeri e se quei numeri ci stanno dando l’immagine giusta. “

I casi di influenza stagionale registrati sono letteralmente precipitati del 98% in tutto il mondo. A dirlo non è un sito complottista ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La portavoce dell’OMS, la dott.ssa Sylvie Briand , ha affermato durante un briefing con la stampa che “letteralmente non c’era quasi nessuna influenza nell’emisfero meridionale” del pianeta Terra nel 2020, senza dare ulteriori spiegazioni.

“L’atto di scomparsa è iniziato quando il Covid-19 è arrivato verso la fine della nostra stagione influenzale a marzo. E la rapidità con cui i tassi sono precipitati può essere osservata nei dati di “sorveglianza” raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) “, ha riferito il Daily Mail del Regno Unito.

Vediamo come finirà la richiesta.


In Europa occorrerebbe un audit in senso strettamente contabile: quanto ha speso la UE per i vaccini? E perché tutta la faccenda è per nulla trasparente? Perché il prezzo di una singola dose è mantenuto segreto e sottratto all’opinione pubblica? E perché le Case farma non dicono come ottengono il vaccino a RNA ricombinante?

“Il segreto industriale ha la sua legittimità in tempi normali”, ha dichiarato Bernard Bégaud, docente di Farmacologia all’Università di Bordeaux. “Ma quando si tratta di salute pubblica, e per di più una crisi sanitaria di questa portata, la trasparenza deve essere essenziale nell’interesse stesso del successo della campagna di vaccinazione . La mancanza di trasparenza aumenta le resistenze a farsi vaccinare dei dubbiosi”.

Si noti come l’emergenza viene citata come motivo per togliere le libertà costituzionali alle persone comuni, dalla libertà di circolazione al diritto di scelta sanitaria, censurare le informazioni, privare i medici “negazionisti” del lavoro e dello stipendio – mentre resiste un solo diritto: il segreto industriale per le multinazionali del farmaco.

(E’ già obbligatoria)

L ‘”ossessione di questi industriali” per la segretezza nella negoziazione di accordi raggiunti con la Commissione, finisce per “creare la voce di appropriazione indebita occulta”. In definitiva, questo “danneggia il numero di vaccinati” aggiunge il professore, che ha presieduto quattordici anni la Commissione francese + sulle sperimentazioni cliniche dell’Agenzia nazionale per la sicurezza dei medicinali (ANSM) “.

Dubbi alimentati da vari casi clamorosi, e taciati dai media. Come il farmaco contro l’epatite C, sofosbuvir di Gilead.: il costo di produzione di questo farmaco contro l’epatite C è stato stimato in circa $ 100 e venduto per oltre $ 42.000 in Francia.

In realtà, il 17 dicembre, la Segretaria di Stato belga per il bilancio, Eva De Bleeker, ha rivelato senza autorizzazione e inavvertitamente Twitter i prezzi di ciascun vaccino prodotto dai principali laboratori AstraZeneca, Johnson & Johnson, Sanofi-GSK, CureVac, Pfizer-BioNTech e Moderna.

Il punto è che il ministro ha cancellato precipitosamente il tweet, e peggio, la Commissione Europea, negoziatrice dei prezzi con le Case, ha dichiarato di “non confermare i prezzi”, e invece ha ricordato l’esistenza di “clausole di riservatezza” che l’istituzione europea “rispetta rigorosamente “.

Insomma pienamente complice della mancata trasparenza, l’euro-oligarchia ha speso – regalato alle Case – in via preliminare 1,2 miliardi (e la spesa finale quando saremo vaccinati tutti noi 450 milioni di europei è valutata sui 20 miliardi) per una sostanza non solo mai provata, ma che non si sa come viene fabbricata, “cosa c’è dentro”, e quanto costa realmente. Un audit, un audit!

Perché non è solo questione dei mega-profitti di Big Farma. E da discutere questo “ abituare le persone a obbedire ad ordini arbitrari non basati su leggi vigenti”, dice Craig Roberts: “ Quello che stiamo vivendo non è forse un sequestre delle nostre vite da parte dell’ esecutivo del governo?” (tecnicamente si chiama Dispotismo)

Le grandi case non fanno ricerca: comprano quelle di Stato

Una rivelazione ulteriore viene da Sputnik News: “gli Stati si trovano ora nella paradossale stretta di spendere miliardi per l’acquisto di vaccini, la cui creazione deriva, in gran parte, dai loro investimenti pubblici nella ricerca. Laboratori universitari o grandi enti di ricerca, finanziati dalle autorità pubbliche e quindi dai fondi dei contribuenti, vedono le loro scoperte acquistate, dopo aver ottenuto il brevetto, dalle grandi aziende del settore farmaceutico. Il professor Bernard Bégaud a porta appunto l’ esempio del medicinale anti-Epatite C venduto a 42 mila dollari da Gilead. La Casa “non ha condotto alcuna ricerca“, ha semplicemente “acquistato la start up Pharma 7, azienda californiana” che a sua volta “aveva acquisito il know-how di due laboratori universitari”.

Idem per farmaco più costoso del mondo, Zolgensma: scoperto in Francia grazie ai fondi raccolti con Telethon, il suo brevetto è stato acquistato da una ignota start-up AveXis, a sua volta immediatamente inghiottita dalla Casa Novartis”.

E’ lo Stato che fa le ricerche, per essere sfruttato dal capitalismo terminale fino al dissanguamento, mentre il capitalismo privato non produce scienza né invenzioni, anzi rallenta il progresso.

Se ci pensate, ogni Stato si trova oggi nella posizione che Marx attribuiva al Proletariato. Quindi ad essi si attaglia l’esortazione celebre: “Non avete nulla da perdere all’infuori delle vostre catene; avete un mondo da guadagnare”