Cina, Iran, Israele, Nord Stream 2: l’America è davvero contro tutti
Carta di Laura Canali.
28/05/202
La rassegna geopolitica del 28 maggio.
QUATTRO MOSSE CONTRO LA CINA
Nel giro di poche ore, gli Stati Uniti hanno sparato quattro cartucce contro la Cina. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha sospeso la certificazione dell’
autonomia di Hong Kong in conseguenza dell’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale che rafforza il controllo di Pechino sulla regione speciale. Il presidente Donald Trump si è offerto per mediare la
disputa di confine Cina-India. La Camera dei rappresentanti ha approvato un
disegno di legge per sanzionare i funzionari cinesi responsabili dei campi di detenzione del Xinjiang. Infine, una corte canadese ha riconosciuto la possibilità di
estradare negli Usa una delle leader di Huawei detenuta dal 2018.
Perché conta: Nessuna di queste notizie è una novità. Ma
la raffica dà la dimensione di quanto estesa e profonda sia l’offensiva degli Stati Uniti contro la Cina. Al punto di abbandonare la certificazione sull’autonomia di Hong Kong, strumento mantenuto in piedi finora per garantire un trattamento economico e finanziario separato alla regione speciale allo scopo strategico di preservarne la differenza da Pechino. Ora che quell’autonomia semplicemente non c’è più – la legge cinese autorizza per esempio a
stanziare servizi d’intelligence – Washington passa all’attacco. Opporsi alla Cina a Hong Kong serve a non creare un precedente per Taiwan, che difatti reagisce alla vicenda considerando manovre
speculari a quelle americane e invitando i cittadini del Porto Profumato a
emigrare. Le preoccupazioni di Taipei sono a livelli altissimi: la stampa
denuncia l’invio di ben due portaerei cinesi nello Stretto nelle imminenti esercitazioni che si pensa simuleranno l’invasione dell’isola. L’opzione non è in agenda. Ma
il surriscaldarsi della tensione Usa-Cina si scaricherà direttamente su Formosa.
CINA-RUSSIA
Ad aprile, nelle
importazioni petrolifere della Cina la Russia ha superato l’Arabia Saudita, con quest’ultima scivolata addirittura in terza posizione dietro l’Iraq. I cinesi hanno incrementato del 18% l’acquisto di oro nero russo.
Perché conta: Questa notizia è direttamente collegata alle precedenti. L’aumento della pressione degli Usa spinge la Repubblica Popolare a curare attentamente le poche alleanze di cui dispone. A cominciare da quella strategicamente più importante, nonché fondamentale: quella con la Russia. Pechino ha perfettamente colto che Washington sta sfruttando l’epidemia per mandare segnali a Mosca. A dire il vero a farlo sono i politici alla Casa Bianca, non le burocrazie federali, per nulla disposte a mollare di un millimetro la pressione antirussa. Ma la Repubblica Popolare si cautela comunque. Anzi, in assenza di una convinta apertura da parte degli Stati Uniti alla Russia, quest’ultima sarà costretta a gravitare sempre più verso la Cina in conseguenza del coronavirus, che in patria sta colpendo durissimo e mettendo a seria prova la tenuta dell’economia. Se l’ostilità americana continuerà imperterrita, i russi approfondiranno la dipendenza materiale dalla Repubblica Popolare. Potrebbero essere costretti a svendere ambiti pezzi dell’industria bellica, ad accettare condizioni sgradite in investimenti infrastrutturali, a indirizzare l’innovazione tecnologia esclusivamente verso oriente.
NORD STREAM 2
Perché conta: Dimostra platealmente la viscerale opposizione alla Russia di cui sopra. Washington intende impedire a tutti i costi l’inaugurazione di un’infrastruttura nella quale riconosce la tendenza di Berlino a intendersi con Mosca. Grazie al lobbying polacco-ucraino, gli Usa hanno imposto al consorzio di adeguarsi alla normativa antimonopolistica dell’Ue e a dicembre hanno varato sanzioni che hanno dal giorno alla notte bloccato i cantieri. I russi hanno risposto schierando una loro nave posatubi che ha recentemente rimesso in moto i lavori, ormai intorno al 95%. Dunque il Congresso inizia ad attrezzarsi. Segno che non sono solo gli apparati federali a stelle e strisce a non voler concedere nulla al Cremlino, ma pure l’istituzione che controlla le spese centrali. Peraltro l’iniziativa è bipartisan, essendo promossa da un senatore repubblicano e da una senatrice democratica. E possiede anche una dimensione antitedesca, non esplicita ma volta a impedire alla Germania di acquisire maggiore centralità in Europa.
USA-IRAN
L’amministrazione Trump ha
sospeso le esenzioni dal regime sanzionatorio che permettevano ad aziende europee, russe e cinesi di lavorare negli impianti nucleari dell’Iran.
Perché conta: Le esenzioni erano ritenute utili anche dalle figure sospettose delle attività atomiche iraniane, al fine appunto di tenere un occhio puntato su di esse. La decisione della Casa Bianca è stata criticata sostenendo che ora Teheran sarà ulteriormente incentivata a produrre materiale fissile in proprio. Ma i sostenitori di questa misura ritengono che la Repubblica Islamica sia talmente con le spalle al muro dal punto di vista economico da non potersi permettere di compensare tale perdita. È dunque un ulteriore segno della determinazione americana di condurre gli iraniani sull’orlo del collasso, nella convinzione di poterli spingere al tavolo dei negoziati in una posizione disperata. Comunicando peraltro ad alleati e avversari di non tollerare alcuna interferenza nel dossier persiano.
USA-ISRAELE
Secondo la stampa israeliana, il governo di Gerusalemme si è
infuriato alla richiesta di Washington di costituire una squadra congiunta per mappare i confini orientali dello Stato ebraico una volta che questo avrà annesso parte dei Territori occupati.
Perché conta: Gli Stati Uniti si mettono contro pure un alleato, anche uno strettissimo come Israele. Non desiderano dare carta bianca a Gerusalemme e ai suoi piani più sfrenati. Sfrenati nel senso letterale del termine: gli americani vorrebbero mettere un limite all’espansionismo dello Stato ebraico, nel timore di assistere a una recrudescenza delle tensioni regionali, non tanto da parte degli Stati arabi – piuttosto
condiscendenti verso l’espansionismo ai danni dei “fratelli” palestinesi – quanto da parte dell’Iran e potenzialmente della Turchia. Persino un piano simpatetico come quello dell’amministrazione Trump non coincide specularmente con gli interessi geopolitici della fazione guidata da Netanyahu. A dimostrazione di ciò, gli americani chiedono con insistenza che Israele riduca i legami, in particolare tecnologici, con la Cina. Qualche
segno c’è stato, ma finora non nella misura desiderata da Washington.
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