L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 20 giugno 2020

e non poteva essere altrimenti per chi si dimentica di dire al Consiglio Superiore della Magistratura di conoscere il Boschi. Battuta di arresto, per il momento, al Sistema mafioso massonico aretino-toscano

Il Tar respinge il ricorso del pm Rossi: "Legittima la non conferma a procuratore"

La sentenza depositata oggi decidendo nel merito. Determinante l'incarico al Dagl anche se si riconosce la positiva gestione della procura. Ricorso al consiglio di stato

Il pm Roberto Rossi

Arezzo, 19 giugno 2020 - "E' legittima la decisione del Csm di non confermare Roberto Rossi alla guida della procura di Arezzo". Lo ha stabilito la prima sezione del Tar del Lazio, che, con una sentenza depositata oggi, decidendo nel merito della questione, ha respinto il ricorso del magistrato che chiedeva fosse annullata la delibera con cui il plenum di Palazzo dei Marescialli, il 24 ottobre scorso, aveva detto 'no' alla sua permanenza nell'incarico direttivo.

"Oggetto della valutazione dell'organo di autogoverno - scrivono i giudici amministrativi di primo grado - non e' stata l'opportunita' delle scelte investigative svolte dal ricorrente nell'ambito dei procedimenti di indagine quanto, sulla base del dato di fatto del procedere parallelo delle indagini e dell'incarico extragiudiziario, l'inopportunita' della scelta compiuta dal ricorrente di non comunicare allo stesso Csm il mutamento del contesto nel quale
tale ultimo incarico si stava svolgendo, contravvenendo ad un obbligo di trasparenza e correttezza". 

Si legge ancora nella sentenza, depositata oggi dopo la camera di consiglio svolta 'da remoto' in videoconferenza il 10 giugno scorso, "non appare illogico e fondato su travisamento di fatti, che il Csm abbia posto come fattore 'centrale' di valutazione quello dell'indipendenza e della serenita' d'animo del magistrato, fattore che, anche nel procedimento di 'conferma', assume una connotazione primaria, se non proprio prevalente in assoluto rispetto alla pur positiva gestione dell'organizzazione giudiziaria".

In ambienti di procura si apprende della decisioine di Roberto Rossi di ricorrere al consiglio di stato contro la decisione del Tar del Lazio, al quale aveva fatto ricorso nel dicembre scorso contro la decisione del Csm, risalente a fine ottobre, di non confermarlo nell'incarico di procuratore capo ad Arezzo.


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