L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 16 maggio 2020

16 maggio 2020 - NEWS DELLA SETTIMANA (9-15 maggio 2020)

C’è stata un’azione violenta da parte dell’informazione, con martellanti pubblicità televisive, per determinare quali notizie seguire. Strategia della Paura e del Caos perpetuata attraverso una narrazione basata su fake news

Dottor Speciani: «Devono mantenere il panico fino all’arrivo del vaccino»

Denise Baldi 15 Maggio 2020


Il dottor Luca Speciani è il presidente di Ampas, un’associazione di oltre 800 medici che in questo periodo di lockdown si è più volte fatta sentire. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente.

Alcuni dicono che il coronavirus sia in Italia da ottobre, altri da gennaio. Il periodo di incubazione dura al massimo 14 giorni e in media una settimana. Quindi il virus avrebbe avuto mesi per girare indisturbato e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Poi il 10 marzo chiudono 60milioni di italiani dentro casa e il 21 marzo abbiamo il picco dei positivi. È un andamento coerente con le informazioni che abbiamo?

Io non sono un virologo ma una considerazione posso farla. Troppe cose sono state date per vere e non lo erano, come troppe cose sono state spacciate per fake e sono risultate vere. C’è stata un’azione violenta da parte dell’informazione, con martellanti pubblicità televisive, per determinare quali notizie seguire. In democrazia non dovrebbe esistere. 

Per quanto riguarda i decessi abbiamo un dato nazionale del tutto paragonabile a quello degli anni passati, salvo in alcune province della Lombardia. In totale 30.000 morti di cui 14.000 in Lombardia e di questi 7.000 deceduti in RSA. Il caso della Lombardia è il riflesso di una serie di errori drammatici, forse fatti in buona fede per le poche informazioni sul virus. Le persone uscivano dalla terapia intensiva e venivano mandate in RSA a fare la convalescenza, ancora infette. Questa situazione ha generato una strage. In tutte le altre regioni d’Italia abbiamo invece dati del tutto equiparabili a quelli degli anni passati.

Dice Lustig: “Il virus non distingue chi infetta ma distingue benissimo chi uccide”. I decessi riguardano infatti per lo più anziani con età media di 78 anni, 3,3 patologie concomitanti, 75% maschi e 75% obesi. Una categoria molto specifica a cui la Covid-19 dà una risposta violenta generando una coagulazione intravascolare disseminata che porta alla morte. Nelle RSA c’erano proprio questo tipo di persone.

Morti “per” o “con” Codiv-19

Ancora oggi, sul sito della Protezione Civile, sotto al numero dei decessi (arrivato quasi a 30.000) è scritto: «In attesa di conferma ISS». Quando arriverà questa conferma? E come, dato che hanno cremato i cadaveri e quindi non possono effettuare autopsie? È normale che, a distanza di due mesi e mezzo, ancora non si riesca a scorporare il numero dei deceduti in attesa di conferma dal numero di deceduti confermati o non confermati?

Leggono la cartella clinica, quindi basta che il medico abbia scritto Covid-19. Mi pare strano che l’ISS possa non convalidare la scheda.

Ma uno è morto “per Covid-19” o “con Covid-19”? È un’altra valutazione da fare. Un esempio: un signore ha avuto un infarto qualche anno fa, prende farmaci ed è obeso, quindi è molto sensibile al Sars-Cov-2, prende il virus e muore. Magari sarebbe morto ugualmente tra sei mesi o un anno ma io questa morte la considero per Covid-19. Anche se è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso questo signore avrebbe potuto vivere sei mesi o un anno in più. Quando invece arriva una persona in ospedale, muore di infarto e poi risulta il tampone positivo e assegnano la morte alla Covid-19 ritengo che non sia corretto.

So che sono girate disposizioni ministeriali che indicano di riportare come morte per Covid-19 tutti quei decessi associati a sintomi riconducibili al coronavirus. Vogliamo farci del male da soli e mantenere un clima di terrore, una dittatura sanitaria

Quest’anno infatti sono improvvisamente scomparse dal computo dei morti le polmoniti e sono sparite completamente le mortalità da influenza e altre patologie virali. Tutti Covid-19.

Dottor Speciani su contagiati, asintomatici e guariti

Hanno falsificato tutto il falsificabile. E i giornalisti hanno mantenuto alto il tiro per aumentare il panico. Il numero di morti dovrebbe essere un dato più preciso ma in realtà non sappiamo quanti sono.

Anche i numeri di contagiati sono opinabili perché non si può considerare contagiata una persona che ha il tampone positivo ma è asintomatica. Questa è una “persona che ha incontrato il virus”, definizione che fa molto meno paura. Inoltre hanno fatto pochissimi tamponi, rispetto alla popolazione totale, quindi quanti sono davvero i contagiati? Su quel numero reale (che comprende tamponati e non tamponati) andrebbe calcolata la letalità. In Italia si arriva al 16% di decessi ma i contagiati sono molti di più di quelli dichiarati. Se questo virus è davvero un po’ più infettivo rispetto a una normale influenza vuol dire che a oggi ci saranno almeno 6-7 milioni di contagiati e che la letalità è bassissima.

Chi è al potere dovrebbe far fare il test sierologico che ha un costo irrisorio e permette di avere un numero davvero preciso, vista anche la poca affidabilità dei tamponi.

Il valore reale di letalità è quindi irrisorio e colpisce una categoria di persone a rischio perfettamente identificabile. Sarebbe inoltre corretto, durante gli annunci della Protezione Civile, oltre a indicare i decessi giornalieri, comunicare anche il numero di coloro che sono guariti senza nemmeno aver bisogno di terapie mirate, che è un dato importante e molto rassicurante.

Correlazione coi vaccini e la novità del plasma iperimmune

Il virologo Giulio Tarro e il medico Mariano Amici hanno parlato di una possibile associazione tra le vaccinazioni antinfluenzali e l’aumento del rischio di contrarre il coronavirus e di avere complicanze. Secondo lei andrebbe indagata questa possibile associazione? Le risulta che qualcuno lo stia facendo?

Ippocrate ha insegnato: “prima di tutto non nuocere”. Il principio di precauzione andrebbe usato sempre nel dubbio. Ma sappiamo, anche grazie a uno studio dell’esercito americano sulle vaccinazioni e il coronavirus, che esiste un fenomeno chiamato interferenza virale.

Nel bergamasco e nel bresciano c’è stata una campagna vaccinale importante, a causa dei focolai di meningite, che potrebbe aver influito. Questa è un’ipotesi plausibile anche se non ancora verificata.

Dottor Speciani, ci può dire cosa pensa, da un punto di vista scientifico, economico e politico, di tutta la questione plasma iperimmune?

È assolutamente un rimedio da utilizzare per chi è in terapia intensiva o sta soffrendo in modo grave. Nell’Ospedale Carlo Poma di Mantova, dove lavora il dottor De Donno, da un mese non c’è più un decesso.

Le nostre autorità sanitarie stanno sbagliando criticando De Donno. Il primario ha preso un po’ di visibilità per far conoscere anche agli altri il metodo, per utilizzarlo. Negli Stati Uniti hanno infatti chiesto in 4000 cliniche di conoscere il sistema del plasma iperimmune e cosa succede? Mandano i NAS all’Ospedale di Mantova. Anche nella sua intervista in Rai, De Donno è stato praticamente zittito. Poi ha chiuso i suoi due profili Facebook. 

Perché questa cosa fa paura? Fa paura perché se trattiamo la categoria a rischio (anziani, con più patologie, obesi e di sesso maschile) col plasma, il numero di decessi può tranquillamente scendere verso lo zero.

Dottor Speciani: «Si è seguito la via del terrore»

Sembrerebbe che in altri Paesi del mondo le restrizioni siano state più leggere rispetto all’Italia. Non solo: in Italia hanno chiuso prima e stanno riaprendo dopo (qui, qui e qui un po’ di testimonianze). Eppure, negli altri Paesi, il numero di positivi e di morti non è inferiore ai numeri che avevamo a inizio marzo in Italia, quando è iniziato il lockdown totale di due mesi. La domanda è: perché negli altri Paesi non si sta avendo quell’aumento impressionante di casi e di decessi che in Italia sarebbe stato scongiurato dal lockdown? Cosa c’è di diverso in Italia rispetto all’estero?

C’è di diverso che, invece del buon senso, si è seguito la via del panico e del terrore. In Svezia sono stati più ragionevoli. È chiaro a tutti che la diffusione del virus ha avuto il picco in un momento in cui non avevamo molte informazioni. Poteva quindi essere condivisibile dire di stare a casa. Dopo però bisogna ricominciare a riaprire tutto.

Negli altri paesi hanno chiuso cinema, teatri e altri luoghi dove si riunivano molte persone ma hanno lasciato la possibilità di andare al mare, stare al sole e all’aria aperta. Questi tipi di restrizioni minimali sono quelle che hanno avuto più successo.

Il lockdown dovrebbe deciderlo il presidente del Consiglio e discuterlo in parlamento, invece tutto questo viene bypassato. Decide la task force, che chiede l’immunità, e questa è un’assurdità. Loro dovrebbero studiare il problema e portare le relazioni al politico che poi prenderà le sue decisioni.

Già se fermassero il lockdown oggi si conterebbero (hanno stimato alcuni economisti) sette milioni di persone senza lavoro per le chiusure delle rispettive aziende. Borrelli che dice che va prolungata l’emergenza sanitaria di altri sei mesi. Lui forse resta padrone della scena ma il resto d’Italia va a picco. Sarà un disastro economico.

La totale indifferenza dei mass media per AMPAS

A proposito di trasparenza e pluralità dell’informazione: AMPAS è un’associazione di oltre 800 medici. Avete pubblicato un comunicato che, se dovesse leggerlo il telespettatore medio di Fabio Fazio, resterebbe basito. In tv si vedono sempre le stesse facce che dicono le stesse cose. Qualche trasmissione televisiva vi ha mai contattato? Possibile che autori e giornalisti non si rendano conto che con voi farebbero uno scoop? Com’è possibile che un’associazione di 700 medici pubblichi certi comunicati e venga totalmente ignorata dai mass media tradizionali?

Senza un confronto le persone non possono capire l’importanza di un’opinione indipendente. Non hanno mai chiamato uno di noi a parlare nelle grandi TV mainstream perché questa storia ha una regia e devono continuare a mantenere il panico fino all’arrivo del vaccino.

Quando vedevamo il teatrino giornaliero di Borrelli, alla sua destra c’erano talvolta figure impresentabili. Alcune di queste hanno conflitti di interesse mostruosi che dovrebbero essere dichiarati a chi guarda la diretta. Le persone devono sapere perché parlano sempre i soliti personaggi e che molti di questi individui hanno ricevuto ingenti somme da case farmaceutiche. Un semplice avviso, come avviene nei congressi e nei lavori scientifici, sarebbe utile e farebbe capire a molti che non tutti (anche se lo dicono) parlano in nome della Scienza.

15 maggio 2020 - Chi controllerà il mondo?

La televisione, i giornaloni, i giornalisti ci raccontano fake news, fanno propaganda di regime e ci nascondono le notizie importanti

IL FATTO DI GIANCARLO MARCOTTI, PUBBLICATO: 15 MAGGIO 10:00

Il MES? Non lo vuole nessuno!!!

DI GIANCARLO MARCOTTI

C’è una notizia che dovrebbe essere non solo sulla prima pagina di tutti i giornali italiani, ma dovrebbe anche occupare nove colonne, una notizia che dovrebbe essere la notizia di apertura di tutti i telegiornali ed invece nessuno ne parla!!!


C’è una notizia che dovrebbe essere non solo sulla prima pagina di tutti i giornali italiani, ma dovrebbe anche occupare nove colonne, una notizia che dovrebbe essere la notizia di apertura di tutti i telegiornali ed invece nessuno ne parla!!!

Tutti i media invece aprono con il decreto rilancio, la nuova buffonata del nostro Governo che si rivelerà l’ennesimo flop, in questo modo passerà ancora del tempo prima che gli italiani si accorgano della fregatura, nel frattempo si continuerà ad affossare il nostro Paese.

Dobbiamo quindi per l’ennesima volta denunciare il comportamento scandaloso dei media nazionali che oscurano totalmente le notizie più importanti dando invece risalto ad una vergognosa propaganda di regime. 

La notizia del giorno, la notizia clamorosa che sputtana completamente i nostri governanti, e purtroppo non solo loro, è che il Mes, attenzione! Ovviamente parliamo del cosiddetto Mes light, ossia quello per le spese sanitarie legate al Covid-19, quello senza vincoli, quello convenientissimo quello che sarebbe un peccato mortale non andarlo a prendere … ebbene proprio quel Mes così conveniente … 

Non lo vuole nessuno!!!

Nemmeno la Grecia!!!

Ed invece in Italia di cosa si parlava? Ho raccolto così una sintetica rassegna stampa sul tema Mes, ma non di mesi fa, solo dell’ultima settimana, ecco alcuni titoli dei vari giornali, ripeto raccolti nell’ultima settimana.

  • Mes, la Commissione Ue non porrà condizioni a chi riceve i fondi – Il Sole 24 Ore 7 giorni fa
  • Il Mes è un’offerta che non si può e non si deve rifiutare – L’Huffington Post 6 giorni fa
  • Zingaretti: “Mes opportunità per la Sanità, Italia chieda i 37 miliardi” – La Repubblica 6 giorni fa
  • MES, Delrio: il fondo va usato M5S non si senta sconfitto – TGCOM 5 giorni fa
  • Mes, Italia Viva: Cambiamogli pure nome, ma risorse vanno prese – Adnkronos 5 giorni fa
  • Mes senza condizioni per chi lo chiede. Bruxelles spiana la strada all’Italia – La Repubblica 5 giorni fa
  • Coronavirus, Gentiloni “Con i 36 miliardi del Mes l’Italia risparmierebbe sugli interessi – Il Fatto Quotidiano 4 giorni fa
  • Ue, Zampa (sottosegretaria alla salute) “Userei i 37 miliardi del Mes per una svolta straordinaria della Sanità” – Redattore sociale – ieri
Ma purtroppo devo ricordare anche

Mes, Berlusconi esulta: “Un’ottima notizia per l’Italia” – Il Giornale 5 giorni fa

Ecco quelli che magnificavano il Mes, che dipingevano il Mes come una grande opportunità, da non lasciarsi sfuggire.

Oh, sia ben chiaro che io adesso do per scontato che non ci sia più una sola persona, un solo politico che chieda di ricorrere al MES, ritengo che l’argomento sia silenziato dai media mainstream per non sputtanare in particolare il PD, tutta la sinistra ed anche il patetico Berlusconi, ossia tutti quelli che magnificavano il Mes, ma considero anche l’argomento chiuso per sempre.

Se invece davvero ci fosse ancora qualcuno favorevole a richiedere l’utilizzo del Mes … beh riterrei che debba essere internato.

Dopo quello che hanno detto gli spagnoli, i portoghesi e persino i greci, richiedere il Mes da parte dell’Italia sarebbe da … insurrezione.

I nostri governanti ne hanno già combinate di tutti i colori, ricorderete senz’altro quel che è arrivato a dire Conte, Il nostro Premier infatti fu veramente vergognoso quando disse che lui non aveva posto il veto nei confronti del MES per, riporto fedelmente, “non fare un torto agli spagnoli”.

Avete capito no? 

Conte aveva detto di aver approvato il Mes per dar la possibilità a quei Paesi messi male economicamente di poterne usufruire, insomma aveva detto ho approvato il Mes, ma mica per noi, no figuratevi, ma per quegli sfigati degli spagnoli che sono messi male ed hanno bisogno di ricorrere al Mes.

Naturalmente un comportamento indecente che non poteva che far scatenare l’ira del Governo spagnolo. 

Le ministre dell’economia e delle finanze (in Spagna sono due Ministeri divisi ed entrambi retti da donne) avevano risposto decisamente risentite per le parole di Conte, in pratica avevano detto al nostro Premier “sfigato sarai tu”, se sei alla canna del gas e vuoi richiedere il Mes non cercare di far credere che lo fai per fare un favore agli altri, noi non ne abbiamo bisogno, la Spagna non ha problemi finanziari in questo momento, quindi parla per te e non permetterti più di dire cose del genere. 

Il MES? Non lo vuole nessuno!!!

Più o meno dello stesso tono, anche se non erano stati tirati in ballo espressamente i portoghesi:

Ricardo Mourinho Félix, viceministro e segretario di Stato alle Finanze ha dichiarato:

“Le linee precauzionali sono destinate ai Paesi che incontrano difficoltà finanziarie sui mercati e il Portogallo, a causa degli aggiustamenti fatti negli anni passati, in questo momento ce l’ha, regolare e anche abbastanza favorevole. Ora, quindi, non sembra che l’attivazione di una linea di credito del Mes abbia senso”.

Traduzione il Mes light lo devono richiedere gli sfigati, noi non siamo sfigati quindi non ci interessa.

All’Italia rimaneva così un solo Paese al quale aggrapparsi per non essere il solo a voler richiedere il MES: la Grecia. 

Eh dai, almeno la Grecia è più sfigata di noi, almeno la Grecia ricorrerà al Mes, insomma almeno quegli sfigatoni di greci, almeno loro …

No! Nemmeno loro.

Il ministro delle Finanze di Atene Christos Staikouras ha affermato che la Grecia, della nuova linea di credito pandemica, “attualmente, in base ai dati economici attuali, non ne ha bisogno”.

Ecco, ripeto, ora penso che nessuno in Italia possa nemmeno pronunciare la parola Mes, Mes light, Mes senza condizioni, Mes pandemico, Mes sanitario.

E coloro che fino a ieri sostenevano l’esigenza di ricorrere al Mes dovrebbero ora provare vergogna, e se avessero un minimo di dignità, dovrebbero chiedere scusa, ma dove volete che ce l’abbiano la dignità.

Questi sono in malafede, questi suggerivano l’utilizzo del Mes proprio perché vogliono distruggere il loro, anzi il nostro Paese, vogliono che l’Italia sia totalmente sottomessa al volere dell’Europa.

Alcuni mi dicono, anzi mi accusano di continuare a criticare, ma di non essere propositivo, insomma secondo loro non mi espongo con proposte concrete utili a migliorare il nostro Paese.

A parte che questo non è vero, ma sappiate che è semplicissimo fare proposte migliorative e non solo in campo economico, ma in tutti i campi. Come fare per migliorare l’Italia?

Se fossi al Governo avrei una ricetta infallibile. 

Chiederei al PD la loro ricetta … e poi fare l’esatto opposto.

Per info visita il sito: finanzainchiaro.it

La Bce deve divenire banca centrale prestatore di ultima istanza e tutte le discussioni sul Mes, sul Recovery Fund decadono. Uno dei punti cardini messi in rilievo da l'allora ministro Savona il 7 settembre del 2018 in Politeia


Anche Parigi rinuncia al Mes. Verso lo slittamento del Recovery Fund

Dopo Grecia, Spagna e Portogallo, anche la Francia dice che non attiverà il prestito. La Lega si fa tentare dal Recovery Fund, verso l'astensione sulla risoluzione di maggioranza in Europarlamento

 14/05/2020 17:39 

EPA

Nemmeno la Francia chiederà un prestito al Meccanismo europeo di stabilità (Mes): non conviene, Parigi ha rendimenti addirittura negativi sui decennali, l’Italia no. Ad ogni modo, lo ha chiarito oggi il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire in un briefing con la stampa alla vigilia della riunione dei board dei governatori dell’Eurogruppo che finalizzerà il pacchetto di 540 miliardi di aiuti europei: Mes, iniziativa della Bei e piano Sure della Commissione Ue di sostegno alla disoccupazione. Almeno in prima battuta, l’Italia potrebbe dunque ritrovarsi da sola a chiedere aiuto al Salva Stati, anche se il ricorso al Mes ancora divide la maggioranza di Governo. La Francia si aggiunge a Spagna, Grecia, Portogallo, tutti paesi in difficoltà col bilancio per la crisi da coronavirus ma per ora poco propensi a rivolgersi al Mes.

Il pacchetto che verrà definitivamente licenziato dall’Eurogruppo dovrebbe essere operativo a partire da giugno, tranne forse la parte ‘Sure’, che prevede una garanzia di 25 miliardi di euro da parte degli Stati e sulla quale devono votare i parlamenti di alcuni paesi membri. Il punto è che tarda ad arrivare la cosiddetta ‘quarta gamba’ del pacchetto concordato a fine aprile. Vale a dire il ‘recovery fund’ inserito nel bilancio pluriennale dell’Ue, finanziato con bond emessi dalla Commissione europea ed erogato agli Stati sotto forma di prestiti e sussidi a fondo perduto.

Il recovery fund è il compromesso raggiunto dopo la bocciatura degli eurobond. Ma per ora esiste solo sulla carta. Si attende ancora la proposta della squadra von der Leyen: inizialmente si prospettava una presentazione nella prima settimana di maggio, ora si parla addirittura di fine maggio. Il che rischia di ritardare l’operatività del fondo chiesto dai paesi del sud e quelli con maggiori difficoltà economiche: Italia, Francia, Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda. Ancora non sono sciolti i nodi sulla percentuale tra prestiti e sussidi e sulle dimensioni del fondo stesso. Ed è ancora tutto da sbrogliare il negoziato sul bilancio 2021-2017, sul quale i 27 leader dell’Ue non hanno trovato un’intesa a febbraio, in un vertice durato due giorni proprio mentre in Lombardia e Veneto si affacciavano i primi casi di coronavirus.

E’ allarmato il ministro francese Le Maire: “Se non c’è solidarietà nell’Ue, non c’è interesse politico a costruire l’Eurozona. E credetemi, per certi Paesi, penso in particolare all’Italia, il fatto che manchi la solidarietà rende ridicolo il progetto europeo”. E ancora: “Se c’è il fondo, c’è la solidarietà; se non c’è il fondo, non c’è solidarietà”, fondo che per Le Maire dovrà avere “come minimo” una dotazione di “mille miliardi” di euro. Per il ministro francese, che segue “con attenzione i sondaggi dell’opinione pubblica italiana”, l’Europa “deve fare di più, deve dare prova concreta della sua solidarietà” con Roma. Perché gli italiani, conclude, “hanno la sensazione di essere abbandonati dall’Ue. L’Italia è stata colpita terribilmente dalla crisi e deve essere terribilmente sostenuta”. 

Intanto sul recovery fund si muove il Parlamento europeo, con una risoluzione che chiede alla Commissione Europea di creare strumenti innovativi per raccogliere nuove risorse per un bilancio pluriennale “ambizioso”, dalle tasse sui servizi digitali a quelle sulle transazioni finanziarie. Il testo, al voto nella plenaria in corso da remoto questa settimana, chiede di avere parte in causa come Parlamento nei negoziati sul bilancio, di erogare la maggior parte delle risorse del fondo come sussidi a fondo perduto. Ieri intervenendo in aula la presidente von der Leyen ha garantito che il Parlamento verrà coinvolto nei negoziati. Ma la trattativa tra gli Stati sembra in salita.

La novità politica invece è che gli eurodeputati della Lega hanno messo in dubbio la loro iniziale contrarietà sulla risoluzione e stanno valutando come votare: possibile che si astengano, a differenza dei loro colleghi del gruppo sovranista ‘Identità e democrazia’ che voteranno no. I dubbi sono nati dal fatto che nella risoluzione ci sono elementi “apprezzabili”, dicono fonti leghiste, che riguardano la tassazione sulle multinazionali per recuperare fondi, su altre parti del testo invece restano perplessità. I dubbi sul no al recovery fund si sommano dunque ai dubbi che nella Lega stanno maturando sul no al Mes, dubbi ispirati soprattutto dai governatori del nord che privilegiano la necessità di poter disporre di fondi per le spese sanitarie.

Ad ogni modo, la risoluzione del Parlamento europeo gode del sostegno di una maggioranza ampia: oltre a Ppe, socialisti e liberali, votano a favore anche i Verdi, i 14 eletti del M5s e l’Ecr, il gruppo dei Conservatori e Riformisti di cui fanno parte anche gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, i quali però si asterranno. Forza Italia invece è a favore, con il resto della famiglia Popolare.

Mes sanità una sospensione temporanea delle condizionalità.

MES? “No grazie”: Atene, Lisbona e Madrid hanno già rifiutato

Seppur in versione "ultralight", lo strumento che, nelle intenzioni dovrebbe aiutare i Paesi più colpiti dalla pandemia, continua a non convincere mentre In Italia non si spegne la polemica

14 maggio 2020

Sembra proprio che il MES continui a non convincere. Non è bastato il “cambio d’abito”e la rivisitazione in versione ultralight per convincere sulla bontà di uno strumento che non riesce a sganciarsi di dosso la pessima nomea che l’ha accompagnato negli anni.

Negli ultimi mesi, tante le rassicurazioni sul fatto che non c’è nessuna trappola in vista eppure la diffidenza resta. Ultimo a intervenire “sponsorizzando” il Mes, è stato nelle scorse ore il Direttore Klaus Regling: “L’unica condizione legata alla linea di credito anti crisi pandemica del MES sarà che il denaro fornito sia utilizzato per spese relative al settore sanitario, ai suoi costi diretti e indiretti”, e “non ci sarà nient’altro, neanche in seguito” in termini di sorveglianza finanziaria speciale; all’Italia, se deciderà di richiederlo, il prestito con scadenza a 10 anni a tassi d’interesse prossimi allo zero permetterà di risparmiare “7 miliardi di euro”.

Al cento di un serrato braccio di ferro tra Paesi del Sud e quelli del Nord Europa, alla fine il MES l’ha spuntata in scia ad un compromesso che prevede un prestito massimo del 2% del Pil da impiegare solo per le spese sanitarie dirette o indirette per il coronavirus, ma con una sospensione temporanea – seppur non regolata giuridicamente – delle condizionalità per i Paesi che ne richiedono l’attivazione.

MES NUOVO, TIMORI VECCHI – Presentato e “impacchettato” per bene, il MES non sembra riscuotere, almeno per ora, l’atteso successo con Spagna, Portogallo e Grecia che hanno già declinato “l’invito”. Allo stato attuale, i governi del blocco meridionale Ue – di cui fa parte anche il nostro Paese – ritengono che non ci siano le condizioni per ricorrere alla nuova linea di credito messa a punto dal Fondo Salva-Stati per affrontare l’emergenza sanitaria.

IL CASO GRECIA – Impossibile, quando si parla di Mes, non tirare in ballo la Grecia che ha fatto sapere di non essere interessata. Visto il rapporto di certo non amorevole con lo strumento, come dargli torto.

Sulla linea del no, saldamente anche Madrid ha fatto sapere che al momento non farà ricorso fondo guidato dal tedesco Klaus Regling. Nelle scorse ore, anche il governo di Lisbona ha escluso la possibilità di ricorrere al Mes.

CHE FARA’ L’ITALIA? – In casa nostra prosegue il dibattito. Il Pd apre mentre il M5S è decisamente meno possibilista. Le opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia in particolare, promettono battaglia. 

OCCHIO ALLA TRAPPOLA – “Il Mes non è un regalo, sono soldi dati in prestito, da restituire a precise condizioni scelte a Bruxelles e non in Italia. La Lega, insieme a tanti economisti italiani, continua a ritenere quella del Mes una strada pericolosa e priva di certezze”, tuona il Segretario della Lega Matteo Salvini.

Roma - bilancio del M5S un falso ideologico

Roma, Lozzi: «Potrei candidarmi a sindaco per il M5S, ma prima le idee»

ROMA > NEWSVenerdì 15 Maggio 2020


Prove tecniche di campagna elettorale. Con tanto di corsa interna al M5S. Monica Lozzi, presidente del VII Municipio, un'enorme fetta di Roma che si estende da San Giovanni a Cinecittà, è da mesi una voce indipendente e autorevole all'interno del M5S, spesso in divergenza con la sindaca e collega di partito Virginia Raggi.


L'agenzia Dire l'ha intervistata a due giorni dal crollo del IV Municipio, dove la maggioranza pentastellata ha sfiduciato la propria minisindaca Roberta Della Casa, e Lozzi non ha nascosto di guardare al Colle capitolino. Chiedendo però progetti precisi per arrivarci: «Prima di parlare di candidati è necessario parlare delle idee e di come vogliamo la città nel prossimo quinquennio. Dopo sarà il momento di scegliere il nome del candidato sindaco. Potrà essere Raggi, potrei essere io o magari una terza via. Ma l'importante è avere chiara una nostra idea di citta' che ad oggi sembra un po' mancare».

«Proprio perchè facciamo parte del M5s- aggiunge Lozzi- che prevede decisioni collegiali, dovremmo metterci seduti con tutti i protagonisti del movimento romano, a partire dagli attivisti, dai consiglieri municipali e comunali, e dai presidenti di Municpio e la sindaca, per fare un'analisi di come sono andate le cose, di cosa si poteva fare meglio, di cosa e' andato bene e della nostra idea di città».

San Luca è il fortino della ‘ndrangheta

'Lascio il mio posto ad un grande uomo': Carlo Tansi rassegna le dimissioni da consigliere

"Per motivi di salute oggi ho rassegnato le mie dimissioni da consigliere comunale di San Luca"

13 Maggio 2020 10:14 Redazione


"Per motivi di salute oggi ho rassegnato le mie dimissioni da consigliere comunale di San Luca.

Ringrazio il sindaco Bruno Bartolo per avermi dato l'opportunità di realizzare due importanti obiettivi per il comune: l'istituzione della Protezione Civile comunale e la definizione e caratterizzazione delle aree di rischio idrogeologico dell'intero territorio comunale, compresa la strada di collegamento di San Luca con il santuario di Madonna di Polsi che sarà realizzata grazie anche al mio modesto contributo volontario.

Ringrazio anche Klaus Davi che ha fortemente voluto la mia candidatura al suo fianco.

Il rammarico delle mie dimissioni è alleviato dal fatto subentrerà al mio posto un grande uomo e un grande professionista, Benedetto Zoccola, testimone di giustizia che ha sfidato le cosche di camorra della Terra dei Fuochi in Campania, subendo due gravi attentati. Le sue denunce hanno portato all'arresto di decine di boss camorristi.

Rimarrò a disposizione del sindaco, senza alcun onere per il comune, mettendo a disposizione le mie competenze di geologo ricercatore CNR maturate in 30 anni di attività scientifica, e rappresenteró un supporto costante per l'amministrazione comunale riguardo a tutti i problemi di Protezione Civile connessi con i rischi naturali.

Nel candidarmi a San Luca ho voluto aggredire un mito negativo che è diventato l’emblema del pregiudizio anti-calabrese, perché sono convinto che se sarà possibile cambiare San Luca, potrà cambiare l'intera Calabria. Se sarà possibile espugnare, con la democrazia, il fortino della ‘ndrangheta, allora sarà possibile distruggere l’immagine negativa che la Calabria da di sé all’opinione pubblica nazionale e internazionale di una terra condannata al sottosviluppo e alla criminalità mafiosa.

E se questo pregiudizio sparisce, anche i Calabresi possono ritrovare fiducia in se stessi.

Voglio chiudere con un caloroso abbraccio ideale a tutti gli abitanti di San Luca, convinto che insieme distruggeremo i pregiudizi che opprimono il loro bellissimo paese.

Forza San Luca".

Un governo teso solo in difesa di se stesso lascia ampi spazi alle manovre del Sistema mafioso massonico politico istituzionalizzato

GRATTERI E IL CARDINALE SEPE. UN UNICO GRIDO: NON FATE ARRIVARE PRIMA LE MAFIE

Pubblicato 15/05/2020
DI MARINA NERI

“La ‘ndrangheta è già arrivata prima dello Stato, nel mirino c’è il brand Italia” Con questa frase rilasciata durante un’ intervista Nicola Gratteri, procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, reitera il suo grido incessante.

Ormai l’ allarme che lui lancia è quotidiano perché conosce benissimo la capacità che ha la potente organizzazione criminale di permeare ogni aspetto del vivere civile, in primis quello economico.

Pecunia non olet è il mantra di ogni consorteria calabrese capace di riciclare il denaro guadagnato con il narcotraffico e gli affari illeciti ,reimmettendolo in circolazione su circuiti legali per mezzo di prestanome con fedina penale illibata.

Gratteri in questi giorni di crisi dovuti alla pandemia ha più volte allertato affinché il fiume di denaro che lo Stato sta mettendo a disposizione dei cittadini, soprattutto quello a vantaggio delle imprese , abbia seri controlli sui richiedenti e sulla destinazione vincolata.

Gratteri teme che la ‘ndrangheta arrivi prima dello Stato negli aiuti alle imprese e anche ai singoli. Non soffre di problemi di solvibilità ed è pronta in qualsiasi momento ad erogare denaro come aprendo un semplice rubinetto laddove lo Stato dimostra di essere sempre più vittima di ritardi dovuti a pastoie burocratiche e a una elefantiaca macchina amministrativa.

Lo ripete da tempo il magistrato impegnato in prima linea nella lotta alle mafie: occorre snellire e svecchiare ogni procedura.

La paura di Gratteri è che la ‘ ndrangheta fagociti quel che resta del tessuto sano della società perché la gente prostrata e frustrata dalla crisi economica, trovando la strada sbarrata da austerity e da indicibili ritardi nell’ erogazioni degli aiuti, sarà tentata di rivolgersi a una piovra che stritola e infetta tutto ciò che tocca.

È lo stesso grido lanciato qualche giorno fa dall’ arcivescovo di Napoli , cardinale Sepe: “Penso ai quartieri più a rischio della nostra città, là dove il bisogno può creare occasioni per la camorra di inserirsi e di esercitare il suo nefasto potere. C’è chi è bravo a far fortuna in tempi di epidemia…”
Il porporato ha chiesto la protezione di San Gennaro sulla città e ha esortato i politici a non sottovalutare il grido del popolo indigente: “Muoviamoci! Intervenite subito, perché la malavita è più rapida della nostra burocrazia! La camorra non aspetta! Bisogna fare più in fretta di loro”

Due uomini. A difendere altri uomini, i deboli e gli afflitti. Un unico grido. Un’ unica esortazione.

venerdì 15 maggio 2020

Tre mesi di tempo per Euroimbecilandia pronta ad esplodere o continuare a vivacchiare mentre i tedeschi continuano a succhiare linfa agli altri paesi

La bomba è l’Italia. La crisi dell’UE è imminente

di Wolfgang Streeck*
11 maggio 2020


“Noi vorremmo sapere… per andare dove dobbiamo andare… per dove dobbiamo andare?”

La battuta di Totò resta inarrivabile come sintesi del dibattito politico nella “sinistra” italiana, soprattutto quando si tratta di affrontare le coordinate fondamentali della realtà in cui ci troviamo a vivere. Ossia su struttura e gerarchia dei poteri (economici, politici, militari), stato della crisi capitalistica, ruolo dello Stato e quel “piccolo vincolo esterno” rappresentato dalla stratificazione di Trattati e istituzioni che costituiscono l’Unione Europea.

Senza un briciolo di chiarezza su questo mondo – certamente complesso – si è condannati a brancolare nel buio della regione. Tra patetici tentativi di usare le antiche categorie per nuovi fenomeni, o all'opposto di buttare a mare un patrimonio di idee e chiavi di lettura che non si riesce ad utilizzare.

Di base, quel che manca è lo studio della realtà empirica. Che è complicata, praticamente inaffrontabile con le risorse solo individuali e anche di piccoli gruppi. Ma camminare su un terreno sconosciuto espone ogni momento a rischi enormi, e a figuracce frequenti.

La scorsa settimana, solo per quanto riguarda l’ultimo (e persino il meno potente) dei “poteri forti” prima nominati, l’Unione Europea, si sono registrati due momenti importanti. Il primo è stata la sentenza della Corte Suprema tedesca, che ha dato tre mesi di tempo alla Bce per “giustificarsi” sulle politiche monetarie troppo “lassiste” degli ultimi anni.

Il secondo è stato l’”accordo” raggiunto nell’Eurogruppo per imporre il Mes (Meccanismo Europeo di Statbilità) come unico – al momento – strumento finanziario a disposizione dei governi per far fronte ai costi e ai danni della pandemia. Abbiamo smontato più volte la menzogna spudorata sull’”assenza di condizionalità”, e quei contributi rimandiamo senza tornarci.

Due eventi che vanno in direzione divergente, perché la sentenza di Karlsruhe evoca una pretessa di “diritto superiore tedesco” sulla struttura comunitaria sovranazionale (che ha prodotto ovviamente perplessità e irritazione a Bruxelles), mentre la trappola del Mes è in continuità diretta con la vecchia struttura “comunitaria”, così ossessionata da regole fuori tempo da non riuscire a modificarle neanche di fronte alla più immensa crisi che abbia colpito il modo di produzione capitalistico.

Non solo a noi sembra chiaro che una struttura di governance incerta sulla direzione da prendere (prevalere del nazionalismo tedesco, che aprirebbe la strada o a un dominio di stampo neocoloniale o, più probabilmente, a una reazione generale di stampo nazionalistico) si trova esposta a un serio rischio di implosione.

La questione non è però una curiosità intellettuale per patiti di geopolitica, peraltro troppo deboli per pesare nelle equazioni che descrivono i rapporti di forza.

Che l’UE ci sia o no, con quali politiche e quali effetti pratici, è questione che riguarda direttamente la vita di tutti noi, anche in questo Paese e nel più piccolo e sperduto paese del nostro territorio. Soprattutto, riguarda direttamente i nostri settori sociali di riferimento.

Se non altro perché quell’impianto sovranazionale (mal)diretto da Bruxelles decide se avremo o no possibilità di finanziare l’immensa quantità di sussidi a fondo perduto che sono pretesi da Confindustria, Confcommercio, lavoratori in cassa integrazione, precari e partite Iva, piccole imprese di tutti i tipi, ecc. Fino ad arrivare alla continuità di erogazione delle pensioni, la struttura sanitaria nazionale, l’struzione, ecc.

Ricordiamo sempre che i Paesi della Ue hanno perso la possibilità di monetizzare il debito attraverso le emissioni della Banca centrale nazionale, e che dunque possono soltanto ricorrere ai prestiti (ossia nuovo debito) delle istituzioni internazionali (Ue, Fmi, ecc) oppure dei “mercati finanziari”.

Incaprettati e con le mani legate dietro la schiena, sembra difficile non vedere che bisogna guardare a quel che avviene sul piano europeo per poter capire, con qualche anticipo, quel che accadrà a breve dalle nostre parti. Insomma, per poter approntare qualche reazione difensiva, un conflitto sociale razionale e intelligente, un briciolo di rappresentanza politica di interessi sociali sulla via dell’annientamento.

La lunga, ma necessaria premessa, serviva a introdurre questa importante intervista a Wolfgang Streeck, direttore emerito del Max Planck Institute, apparsa sulla Frankfurter Algemeine Zeitung.

Il parere di un illustre studioso tedesco, insomma, certamente affezionato al suo Paese ed anche alla UE, destinata al pubblico di uno dei più importanti quotidiani di Germania.

La descrizione di ciò che è la Ue, delle diseguaglianze costitutive dei trattati e della loro continua implementazione, nonché delle politiche di austerità, ecc, sembra scritta da feroci “anti-europeisti”. E invece è una pacata fotografia concettuale di un mostro che divora tutto ciò che incontra per garantire a un manipolo di capitali di crescere a dismisura. Anche nelle attuali condizioni.

Forse sarebbe il caso di aprire gli occhi e guardare in faccia la Gorgona. C’è la possibilità che, all’opposto del racconto mitologico, si possa uscire dalla pietrificazione del pensiero che si pensa “di sinistra” [Dante Barontini].

*****

Le crisi degli ultimi anni sono state un fenomeno globale in rapida espansione. Gli stati sono stati in grado di risolvere le crisi?

Gli Stati sono allo scoperto. Non hanno alcun mezzo per affrontare efficacemente il rapido processo di globalizzazione. La globalizzazione può aver portato benefici, ma ha anche comportato costi troppo elevati.

Almeno per affrontare la globalizzazione, i paesi avrebbero dovuto rafforzare i loro sistemi sanitari, previdenziali ed educativi. Ma la maggior parte dei governi ha ridotto questi servizi pubblici o semplicemente li ha rimandati.

In Europa, negli ultimi trent’anni, il costo della globalizzazione è stato finanziato con più debito, anziché più tasse. Si sono accumulate enormi montagne di debito e il debito cresce da una crisi all’altra.

La cosiddetta “governance globale” mirava a rinunciare ai parlamenti nazionali; il termine tecnico è “diplomazia multilivello in un ordine multilaterale“.

Dagli anni ’90, i processi di liberalizzazione economica nell’Unione europea sono stati tali che un governo nazionale, con un sistema politico democratico, non sarebbe mai stato in grado di eseguire.

Si può dire che l’Unione europea ha fatto pressioni, ad esempio, per tagliare i sistemi sanitari?

Sì e no. La zona euro ha spinto su politiche di risanamento di bilancio, chiamate anche di “austerità”. In effetti, ha creato strumenti di monitoraggio specifici per controllare i budget.

L’economista irlandese Emma Clancy ha segnalato 63 casi in cui l’Unione Europea ha chiesto ufficialmente agli Stati membri di tagliare la spesa sanitaria pubblica.

L’UE ha inoltre presentato appelli permanenti per la privatizzazione delle prestazioni sociali e dei diritti dei lavoratori.

In Italia e Spagna, il sistema sanitario pubblico equivale al 6,5 percento del prodotto sociale, in Germania è superiore di tre punti percentuali, raggiungendo quasi il 10 percento.

Pensi che questa tendenza continuerà?

Ora si dice che dopo la pandemia nulla sarà più come prima. Comunque tendo a vedere una continuità. Non ho osservato alcun cambiamento nelle politiche di indebitamento, continua la crescita dell’offerta di moneta e purtroppo continua anche l’aumento della disuguaglianza sociale. A ciò si aggiunge il calo della spesa pubblica, che è ancora finanziata dalle tasse.

La Germania è stata a lungo una grande eccezione, beneficiando dell’asimmetria strutturale dell’unione monetaria. Questa politica, rappresentata dall’euro, ha favorito l’economia tedesca, che per la crescita è solidamente basata sulle esportazioni.

Nell’attuale crisi, lo stato nazionale ha dimostrato di essere un fattore stabilizzante. Significherà un cambiamento o saranno solo misure di emergenza?

Quando le cose si fanno serie, lo Stato nazionale è l’unico “che gioca per la città“, dicono gli americani… La retorica del ridimensionamento dello Stato-nazione è sempre stata una tecnica legittimante che i governi usano per giustificare il “libero commercio“. E poi, per coprire la loro impotenza con le crisi che hanno causato quelle politiche.

È possibile che l’unione monetaria rafforzi l’indipendenza degli Stati nazionali contro il potere dei mercati finanziari?

Al contrario. Francia e Italia hanno deciso di aderire all’unione monetaria perché i loro governi credevano che i loro paesi necessitassero di una “modernizzazione strutturale” nelle aree economiche e sociali. Questa “modernizzazione” non avrebbe potuto essere realizzata all’interno dei quadri democratici dello stato nazionale.

Per questo motivo, le élite politiche hanno accettato l’euro come vincolo esterno. Questa è in realtà una moneta “tedesca” dura. Il piano B ha cercato di ammorbidire questo duro euro. Si trattava di salvare l’unione monetaria mediante riforme strutturali “interne” in sostituzione di una svalutazione “esterna” dell’euro. Queste riforme falliranno, soprattutto in Francia, a causa della forte resistenza popolare.

Nell’attuale crisi, la Banca centrale europea fornirà 750 miliardi di euro e oltre duemila miliardi di euro acquistando obbligazioni emesse da governi nazionali. Che cosa significano queste misure?

Tutte le azioni importanti della BCE hanno conseguenze distributive asimmetriche tra i paesi che partecipano all’unione monetaria e sono anche piuttosto opache e oscure. Non esiste un Parlamento davanti al quale la Banca centrale europea deve rendere conto delle sue azioni. Gli Stati nazionali non possono mitigare la crisi creando il proprio denaro e devono raccogliere fondi sui mercati finanziari privati.

I finanziamenti del governo – anche attraverso la BCE – sono esclusi dal trattato di Maastricht. Tuttavia, la BCE acquista obbligazioni da istituti di credito privati. Questi istituti di credito sono banche private che creano liberamente euro ottenendo un premio per quella funzione. Fondamentalmente la Banca centrale europea non fa nulla per sostituire questo denaro creato da banche private.

Ciò significa che la BCE assumerebbe compiti politici senza controllo democratico e in contrasto con la legge della stessa UE. Perché i governi accettano questa politica monetaria?

Esistono molti strumenti oscuri per mantenere viva l’unione monetaria. Il governo tedesco li accetta perché il valore reale dell’euro viene svalutato a causa dell’adesione ai paesi più deboli. Questo in pratica favorisce l’esportazione di prodotti tedeschi.

Questa politica monetaria impedisce ai paesi dell’Europa meridionale di superare le crisi. Finché la classe politica rimarrà “pro-europea”, il costo di queste crisi continuerà a essere pagato dai settori popolari.

Quello che fa la BCE è il ruolo di una farmacia di emergenza che fornisce solo antidolorifici.

Cosa succederà se l’UE proseguirà con queste politiche?

La bomba a orologeria è il declino dell’Italia, che sarà probabilmente seguita da una caduta della Francia. Qualunque cosa faccia l’UE – in base al progetto di Maastricht – nulla sarà sufficiente per recuperare l’economia italiana.

Pertanto, esiste una reale possibilità che la classe politica filo-UE venga spazzata via alle prossime elezioni. Questo stava per accadere anche prima della crisi del coronavirus.

La stabilizzazione potrebbe essere solo il risultato di una ristrutturazione dell’Unione monetaria. C’è un modello per questo?

Il problema con l’euro è che non consente agli Stati membri di effettuare svalutazioni. Un’alternativa sarebbe che ogni paese abbia una valuta nazionale che viene aggiornata o deprezzata rispetto all’euro, a determinate condizioni concordate in anticipo.

Un’altra opzione sarebbe una certa gamma di fluttuazione automatica tra l’euro e le valute nazionali. Per inciso, ciò esiste tra l’area dell’euro e la Danimarca.

Per gli europei del sud, questo potrebbe almeno offrire loro l’opportunità di prendere una pausa. Consentirebbe inoltre loro di rimanere integrati nel sistema preservando la sovranità nazionale e la pace politica interna.

Le istituzioni politiche all’interno dell’UE non dovrebbero essere rafforzate per correggere il suo deficit democratico?

Nessuno vuole davvero un’unione politica. Quando si tratta di questa spinosa questione, la sovranità politica viene sempre per prima. Come abbiamo visto, lo stesso non accade con la sovranità economica.

Anche Emmanuel Macron la pensa così?

Soprattutto difende la sovranità politica. Nessun presidente francese vorrà rinunciare alla sovranità della Francia. Politicamente sarebbe morto.

La formula di Macron è: “Una Francia sovrana in un’Europa sovrana”. Questa non è esattamente un’unione politica.

La proposta tedesca di condividere il seggio francese nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata respinta da una Francia inorridita. I francesi non saranno mai disposti a mettere la Germania sotto l’ombrello atomico francese.

In queste condizioni, quali sono le prospettive future per l’Unione europea?

Trovo interessante la proposta di un’Unione europea limitata. È un’Unione europea organizzata in base a settori di attività selezionate congiuntamente. Un’Europa che sarebbe una piattaforma per la cooperazione orizzontale volontaria, senza una direttiva gerarchica.

Il modello attuale, che è in declino da molto tempo, è un progetto tecnocratico di globalizzazione e centralizzazione tipico degli anni ‘90. Ora ha fatto il suo tempo. Oggi viviamo in un altro mondo.

Ma il mondo ha bisogno di un’Europa politicamente forte: l’UE che descrivi avrebbe un fascino politico e un peso internazionale?

Non è serio o realistico credere che possiamo competere militarmente con gli Stati Uniti o con la Cina. Non potremmo nemmeno competere in termini militari con la Gran Bretagna. L’Europa potrebbe sfruttare con successo la dualità emergente nella politica internazionale. In questo modo potremmo costruire una nicchia, in modo che la civiltà europea preservi la sua diversità e viva pacificamente senza ambizioni imperiali (interne o esterne). A questo punto, vorrei regalarmi il lusso di sognare, per una volta.

* La ricerca di Streeck si concentra sull’analisi dell’economia politica del capitalismo, in cui propone di assumere un approccio dialettico all’analisi istituzionale in contrasto con le varietà più rigide del capitalismo. Ha scritto molto sull’economia politica della Germania e più recentemente si è occupato di dibattiti sulla politica dell’austerità, l’ascesa di ciò che definisce lo stato del debito come conseguenza della rivoluzione neoliberale degli anni ’80 e del futuro dell’Unione europea.
Nel 2014 Streeck ha scritto un articolo per la New Left Review in cui postula come il capitalismo potrebbe giungere al termine, discutendo di diversi fattori che rendono questo probabile.
Streeck afferma che poiché il capitalismo contemporaneo è afflitto da cinque disordini – crescita in declino, oligarchia, fame della sfera pubblica, corruzione e anarchia internazionale – per i quali al momento non esiste alcuna agenda politica adeguata ad affrontarli, continuerà a regredire e atrofizzarsi fin quando potrebbe finire.
Ha approfondito questo tema in un libro del 2016, How Will Capitalism End?

Qualsiasi tipo di Mes, anche quello sanitario, è sotto "rigorose condizioni" chi dice il contrario spaccia fake news. Dal governo alle televisioni, dai giornalisti ai giornaloni. Complottista sono coloro che nascondo la verità

Perché la martoriata Spagna dirà no al Mes sanitario e l’Italia sì?

15 maggio 2020


Spagna, Portogallo e Grecia dicono “no grazie”: non abbiamo bisogno del Mes sanitario. Ecco tutti i dettagli

Come mai l’Italia con il governo giallo-rosso guidato da Giuseppe Conte è pronto – salvo superare qualche turbamento di una parte dei pentastellati – a ricorrere al Mes sanitario mentre la Spagna – martoriata come l’Italia dalla pandemia Covid-19 – è tutt’altro che intenzionata a invocare le risorse messe a disposizione del Fondo Salva-Stati?

E’ quello che si inizia a bisbigliare nella maggioranza di governo dopo le ultime notizie che stanno arrivando non solo da Madrid ma anche da Lisbona e da Atene.

Infatti Spagna, Portogallo e Grecia dicono “no grazie”: non abbiamo bisogno del Mes. Almeno per ora, i tre governi sono dell’idea che non è per loro necessario ricorrere alla linea di credito architettata dall’Eurogruppo con il Fondo Salva-Stati per avere risorse necessarie alla sanità anti Covid-19.

Si parla del prestito massimo del 2% del Pil da impiegare solo per le spese sanitarie dirette o indirette per il coronavirus, ma con una sospensione temporanea delle condizionalità per i Paesi che ne richiedono l’attivazione. Eppure anche la Spagna dice nada.

La ministra dell’Economia Nadia Santamaria: “Noi abbiamo buone condizioni di mercato e finora non abbiamo nessun problema di accesso ai mercati finanziari”, ha detto a Bloomberg Tv. Eppure, secondo i calcoli di Klaus Regling, direttore generale dell’Esm, le casse spagnole potrebbero risparmiare due miliardi in dieci anni.

Per la ministra delle Finanze spagnolo María Jesús Montero è “positivo che esista il Mes, ma in questo momento il Governo trova una buona accoglienza sul mercato del debito”.

Anche la Grecia dice no. Nonostante Atene sarà il Paese che subirà il contraccolpo economico più forte per il Covid, con un crollo del Pil del 9,7% nel 2020, l’esecutivo ellenico ha spiegato di non essere interessato al Mes, con il quale ha già in corso un rapporto destinato a durare fino al 2070, riferisce Huffington Post Italia.

Infine il Portogallo. Venerdì scorso il governo lusitano ha escluso la possibilità di ricorrere al Mes: “Le linee precauzionali sono destinate ai Paesi che incontrano difficoltà finanziarie sui mercati e il Portogallo, a causa degli aggiustamenti fatti negli anni passati, in questo momento ce l’ha, regolare e anche abbastanza favorevole. Ora, quindi, non sembra che l’attivazione di una linea di credito del Mes abbia senso”, ha affermato Ricardo Mourinho Félix, viceministro e segretario di Stato alle Finanze: insomma, “può essere utilizzato in situazione di necessità, ma non è questo il caso”.

Ha commentato su Italia Oggi Tino Oldani: “Piaccia o meno, il secco no a Regling di Spagna, Portogallo e Grecia costituisce una cartina di tornasole sulla vera natura del Mes. In base al trattato Ue che l’ha istituito, questo fondo può concedere prestiti soltanto con «rigorose condizionalità». E perché questa condizionalità non abbiano luogo, come ItaliaOggi ha spiegato nei giorni scorsi, non bastano le dichiarazioni politiche dell’Eurogruppo, o quelle dei commissari Ue, ma è necessario modificare il trattato. Il che richiederebbe l’unanimità dei paesi Ue, cosa oggi impossibile per l’ostilità di Germania e Olanda, paesi leader dell’austerità Ue, perciò fautori di un Mes gestito con severità, specie nei confronti dei paesi indebitati del Sud Europa”.


E' guerra vera è guerra totale, niente illusioni - Australia, Canada, Nuova Zelanda, Gran Bretagna , Stati Uniti e Germania stano facendo le prove e intanto danno zampate alla Cina che ribatte colpo su colpo e rilancia. Riduzione di carne bovina dall'Australia

Guerra commerciale, la situazione peggiora: il conflitto potrebbe estendersi

15 Maggio 2020 - 07:31 

La guerra commerciale torna a spaventare. Cosa sta succedendo e perché le cose potrebbero peggiorare globalmente?


La guerra commerciale è tornata a spaventare.

Il conflitto (mai del tutto sopito) fra gli Stati Uniti e la Cina era stato messo da parte con l’esplosione del coronavirus, ma proprio le accuse sull’origine della pandemia e sulla malagestione dell’emergenza hanno riportato la questione al centro del dibattito globale.

L’escalation della tensione è stata tangibile e molti hanno teorizzato l’imminente scoppio di una guerra commerciale ancor più imponente rispetto a quella messa in pausa con l’arrivo del nuovo anno.

Guerra commerciale: cosa sta succedendo?

Sin da subito, nel momento in cui il coronavirus è arrivato a lambire i confini statunitensi, il presidente Trump ha puntato il dito contro la Cina accusandola di aver causato erroneamente la diffusione della pandemia globale.

A poco o nulla sono serviti i passi in avanti di qualche giorno fa, quando i negoziatori di entrambe le parti hanno confermato il loro impegno all’esecuzione dell’accordo sulla Fase 1 trovato all’inizio dell’anno per porre fine alla guerra commerciale.

Le tensioni sono continuate con l’arrivo della nuova settimana. Trump ha confermato la sua intenzione di non voler più parlare con Xi Jinping e ha minacciato di rompere con la Cina a causa del “peggior attacco che l’America abbia mai subito”.

“Che cosa succederebbe se interrompessimo completamente le relazioni? Risparmieremmo 500 miliardi,”

ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca durante un’intervista a FoxNews.

Le parole di Trump hanno inevitabilmente riportato la guerra commerciale USA-Cina al centro del dibattito.

Le cose peggioreranno?

Secondo David Sokulsky, CEO e chief investment officer di Concentrated Leaders Fund, l’allentamento dei lockdown e i tentativi di recupero delle economie mondiali potrebbero essere messi con le spalle al muro da una nuova ondata di tensioni politiche. Queste ultime, dal canto loro, potrebbero aprire le porte a una guerra commerciale molto più profonda di quella sperimentata fino alla fine del 2019.

“È un rischio imponente che non è stato ancora prezzato al momento. Una volta passato il picco delle infezioni, i politici vorranno iniziare a incolpare qualcuno e l’obiettivo più ovvio è la Cina”.

Secondo le previsioni dell’esperto, dunque, non saranno soltanto gli Stati Uniti a scagliarsi contro Pechino.

D’altronde, diversi Paesi hanno già mosso i primi passi in questa direzione. La Germania ha chiesto maggiore chiarezza, mentre l’Australia ha domandato l’avvio di un’indagine internazionale per scovare la vera origine del virus.

E proprio l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, il Regno Unito e gli USA, appartenenti all’alleanza di intelligence Five Eyes, hanno accusato la Cina di aver mentito sulla trasmissione umana del COVID-19 e di non aver fornito adeguate informazioni in merito.

A salire sono state soprattutto le tensioni fra Canberra e Pechino. L’ambasciata cinese ha parlato di calunnie maligne e falsi accusatori politici, mentre dalla capitale sono già stati minacciati dazi dell’80% sull’orzo australiano e sono state sospese alcune importazioni di carne bovina.

Per il citato Sokulsky la situazione potrebbe peggiorare tanto da coinvolgere molti più Paesi.

“Potremmo osservare di nuovo la guerra commerciale che abbiamo già avuto, ma potenzialmente su una scala decisamente peggiore rispetto a quella dello scorso anno.”

E' guerra vera è guerra totale, niente illusioni - guerra sotterranea, felpata, tre mesi e ne vedremo i risvolti

“La Corte costituzionale tedesca rappresenta un ostacolo per la flessibilità”

Fabrizio Arnhold
Financialounge.com14 maggio 2020

“La Corte costituzionale tedesca rappresenta un ostacolo per la flessibilità”

Per Pictet AM, la sentenza dei giudici tedeschi sulla Bce getta un’ombra sulle prospettive future per le istituzioni comunitarie, in un momento in cui serve maggiore coesione e solidarietà. Nell’azionario i settori colpiti dalla crisi pesano di più di quelli rafforzati, in termini di utili

La recente pronuncia della Corte costituzionale tedesca getta più di un’ombra sull’integrazione tra singoli Paesi dell’Eurozona. “La sentenza, che ha del sorprendente, ha sollevato il dubbio che la Bce potesse non aver rispettato il principio di proporzionalità nel perseguire gli obiettivi di politica monetaria”, commentano Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management, “e ha quindi chiesto all’istituto centrale di dimostrare in maniera inequivocabile, entro 3 mesi, che gli effetti economici e fiscali delle sue politiche siano proporzionati a quelli monetari”. L’oggetto della disputa è il programma di acquisto di titoli di Stato (Pspp) che la Bce ha iniziato nel 2019, resta escluso il recente Qe pandemico (Pepp), attivato per contrastare gli effetti del coronavirus.

PREOCCUPA IL CONFLITTO ISTITUZIONALE

La decisione dei giudici tedeschi rischia di produrre effetti strutturali di lungo periodo sull’assetto politico comunitario. Si crea, inoltre, un pericoloso precedente che “pone l’operato della Bce sotto il controllo e la valutazione delle giurisdizioni nazionali”, continuano gli analisti di Pictet AM. In buona sostanza, si mina l’indipendenza dell’istituto di Francoforte e questo, in tempi di crisi, potrebbe creare più un problema all’Eurozona. Per Pictet AM, si tratta di “un quantomeno inopportuno ostacolo lungo il percorso di maggiore flessibilità intrapreso tempestivamente dalla Bce per fronteggiare la situazione di estrema emergenza in cui versa l’economia dell’area”.

L’INTERVENTO DELLA BCE È FONDAMENTALE

Il massiccio programma di acquisto di titoli Stato italiani da parte della Bce, è fondamentale per rendere sostenibile il debito del nostro Paese. “Prendendo ad esempio il caso dell’Italia, nel Def di aprile è stato ipotizzato un deficit fiscale del -10% circa per il 2020, equivalente a un ricorso al debito per un importo di circa 160 miliardi di euro, senza considerare la quota aggiuntiva di deficit derivante dall’eventuale default degli emittenti garantiti dallo Stato”, spiegano gli esperti di Pictet AM. Le manovre comunitarie di supporto (Mes, Bei e Sure) hanno un impatto di circa 85 miliardi di euro, quindi non sufficienti a coprire l’emissione del nuovo debito italiano. Per questo è di basilare importanza il ricorso al Recovery Fund, ancora però tutto da definire.

COSA SUCCEDE SUI MERCATI AZIONARI

I mercati finanziari, dopo i minimi toccati a marzo, sono risaliti nel mese di aprile. Nonostante le Borse globali registrino performance negative da inizio anno, le valutazioni azionarie (rapporti P/E) non sono affatto economiche. Per Pictet AM, la crisi provocata dal coronavirus rappresenta una minaccia concreta e rilevante per la crescita economica e per gli utili aziendali. “Per questo motivo, il denominatore del rapporto P/E, gli utili, ha subito delle decise revisioni al ribasso, in grado di compensare abbondantemente il calo dei prezzi osservato e, di fatto, far risalire nel breve termine le valutazioni”, si continua nell’analisi di Pictet AM.

Perché per l’Europa la “fase 2” è un percorso a ostacoli

IL VALORE DEI DIVIDENDI FUTURI

Le misure monetarie e fiscali messe in campo dalle autorità producono, per gli esperti di Pictet AM, un duplice effetto: “In primis, la loro combinazione rinvigorisce le aspettative dei dividendi futuri e, in secondo luogo, le politiche monetarie espansive mantengono i tassi reali in territorio negativo, facendo crescere il valore attuale di tali dividendi futuri, ossia portando in alto i prezzi a parità di dividendi futuri”.

I SETTORI PIÙ COLPITI

Nel medio periodo, è indubbio che la pandemia in atto stia producendo degli impatti strutturali in alcuni settori, sia in positivo (IT, farmaceutici e comunicazioni digitali) che in negativo (trasporti, turismo, tempo libero, commercio e finanziari). “La brutta notizia è che i settori che stanno sperimentando un’accelerazione nell’attuale contesto pesano meno, in termini di utili, rispetto a quelli più colpiti”, prosegue l’analisi di Pictet AM. Da tenere sotto osservazione le performance dell’azionario in Cina, che essendo uscita prima dell’emergenza, ha subito un impatto minore sugli utili. Per altri approfondimenti su investimenti e strategie a cura di Pictet Asset Management è possibile visitare il sito corporate e il blog di cultura finanziaria Pictet per Te.

Nell'attuazione del Grande Sion il popolo palestinese è solo un inciampo e il suo genocidio fisico, culturale, identitario è solo un effetto collaterale

Intervista a Bassam Saleh, esponente palestinese, circa la minaccia di annessione

14.05.2020 - Patrizia Cecconi

(Foto di Ebrahim Bozom)

In concomitanza con l’arrivo della triste ricorrenza della Nakba, la catastrofe palestinese, coincidente con i festeggiamenti israeliani per la nascita dello Stato sorto su diverse centinaia di villaggi e città distrutti o occupati e con la cacciata di circa 750.000 palestinesi e l’uccisione di alcune migliaia di essi, il giornalista ebreo israeliano Gideon Levy, storico amico del popolo palestinese e ostinato censore delle politiche illegali, violente e sanguinarie del governo Netanyahu, senza abbandonare la sua critica, né la sua comprensione verso i palestinesi, ha pubblicato un articolo che ha provocato stupore e profondo sconcerto nei palestinesi abituati a considerarlo sostenitore dei loro diritti costantemente violati.

Inoltre, l’arrivo in Israele del Segretario di Stato USA Mike Pompeo per sostenere l’illegale progetto di annessione israeliana di Territori Palestinesi illegalmente occupati, ha portato all’immediata reazione delle varie realtà palestinesi, con lettere aperte, appelli e denunce contro il progetto Trump-Netanyahu.

Su questo, ma in particolare sul significato e le previste conseguenze dell’articolo di Gideon Levy abbiamo chiesto un parere a Bassam Saleh, attivista palestinese che vive in Italia da molti anni e coordinatore di organizzazioni palestinesi e italiane impegnate per il raggiungimento di una pace giusta in M.O.

Siamo arrivati a un bivio caro Bassam e proprio in prossimità della ricorrenza della Nakba Gideon Levy pubblica un articolo sconcertante, invitando i palestinesi ad accettare l’annessione israeliana delle loro terre come male minore. Vuoi dirci il tuo pensiero in proposito?

Noi non temiamo l’annessione e la respingiamo. Questa la mia immediata risposta a Gideon Levy, il giornalista israeliano che seguo e che riconosco essere uno dei pochi sostenitori dei diritti dei palestinesi. Ma nell’ultimo articolo pubblicato di quattro giorni fa intitolato “LASCIATE CHE ISRAELE ANNETTA LA WEST BANK. È IL MALE MINORE PER I PALESTINESI “, lo confesso, Levy non mi è piaciuto, anzi già il titolo mi ha fatto bollire il sangue. Vedi? Levy scrive: “Perché l’Unione europea e altri paesi tremano così tanto da questo evento in avvicinamento? La questione dell’annessione sembra essere una grande catastrofe, ma non dovremmo averne paura e dovremmo accoglierla. “Poi aggiunge che “L’annessione sembra essere l’unica via d’uscita dall’impasse, l’unico tremore che potrebbe porre fine al miserabile status quo che ci sta di fronte e non può condurci in un posto migliore” e arriva a dire che dovremmo considerare l’annessione un dono, perché rivelerà in modo chiaro le violazioni del colonialismo israeliano.

Sì, ho letto anch’io l’articolo di Levy che qualcuno dei suoi estimatori ha considerato una provocazione. Tu pensi possa essere solo una provocazione?

Veramente no, anche se aggiunge qualcosa di contraddittorio, ecco qui le sue parole: “L’annessione è un dono insopportabile per l’occupante da un lato, e una punizione umiliante per coloro che sono sotto occupazione dall’altro, consente i crimini più terribili e vanifica i sogni più onesti. Ma la soluzione alternativa è molto peggio, perché perpetuerà una realtà corrotta che è già stata perpetuata e stabilirà la realtà dell’apartheid – che esiste per rimanere “ perché ormai si è creata “una realtà irreversibile per 700.000 coloni, compresa Gerusalemme Est, che nessuna forza può sfrattare, e senza questa evacuazione, i palestinesi vivranno in Bantustan, non uno stato, nemmeno i resti di uno Stato“.

Quindi Levy prende un dato di fatto e, per quanto illegale, lo considera irreversibile?

Esatto, e per questo vuole convincerci del suo punto di vista, cioè che l’annessione è il minor male, ma ignora, o dimentica, che la questione per i palestinesi non è quale sia la cosa peggiore tra l’annessione e l’apartheid, come se poi le due non andassero di pari passo! ma la dimensione dei crimini di guerra e contro l’umanità che lo Stato coloniale israeliano e i coloni fuorilegge su territori palestinesi, sostenuti dai loro alleati americani, commettono contro il mio popolo, perché la questione per noi sta nel rifiuto del colonialismo e della sua esistenza sulla nostra terra. Di conseguenza, l’annessione è respinta e non sarà accettata da nessun palestinese, né da qualsiasi persona che crede nell’opzione di pace non disgiunta dalla giustizia.

Però Levy, sempre prendendo un dato di fatto, scrive che i 700.000 coloni sionisti sulla vostra terra non possono essere evacuati.

E su quale base ha assunto questa posizione? Vorrei ricordargli la storia molto recente, poiché il governo Begin e il governo Sharon, quando hanno voluto, hanno smantellato gli insediamenti di Yamit e Gush Katif e i 18 insediamenti di Gaza o le colonie del Sinai egiziano. Questo non lo ricorda Levy e non lo ricorda nessuno di coloro che danno per irreversibile l’abuso delle colonie! Quindi voglio ricordare che gli insediamenti esistenti nella Valle del Giordano, a Gerusalemme e in Cisgiordania possono essere e saranno smantellati e non ci sarà un colono in terra palestinese. Coloro che ignorano la situazione nazionale palestinese e che non sono consapevoli delle sue trasformazioni, non sanno quali esplosioni si potrebbero avere nel serbatoio di malcontento e rabbia popolare per quello che Israele ci fa continuamente. Non sanno e sbagliano perché vedono la realtà prevalente che deriva dal desiderio palestinese, durato troppo tempo, di dare l’ennesima opportunità all’azione internazionale e alle forze che sostengono l’opzione di una giusta pace e la soluzione a due stati nei confini del 4 giugno 1967.

Quindi tu dici che vedere la situazione palestinese debole fa pensare di poter ottenere tutto?

Sì, Levy vede solo la debolezza, e forse anche il governo estremista israeliano e le mandrie di coloni vedono solo la nostra debolezza. Ma non è così, non è debolezza ma piuttosto è saggezza, i palestinesi mordono il freno fino al momento in cui arriva l’ora X: in caso di ulteriore fallimento dell’Unione Europea, della Federazione Russa, della Cina, del Giappone, dell’India, delle Nazioni Unite e dei fratelli arabi nel bloccare il progetto coloniale americano sionista, la posizione palestinese avrà di fronte un’altra opzione, perché allora nessuno potrà fermare il diluvio e ci saranno cambiamenti nei meccanismi e nei metodi di lotta e nell’intero discorso politico.

E rispetto a quanto dice Levy circa l’apartheid che vi aspetterebbe se non accettaste l’annessione cosa pensi?

Sono stato colpito da ciò che Levy ha indicato sull’imposizione dell’apartheid al popolo palestinese. Come se l’apartheid sionista non esistesse già! Il signor Levy è un intellettuale onesto e sa meglio di qualunque altro, che l’apartheid esiste fin dalla nascita dell’idea del progetto coloniale sionista in Palestina, e il suo primo slogan “Una terra senza popolo per un popolo senza terra” che negava addirittura l’esistenza del nostro popolo, e la conseguente pulizia etnica contro i nativi palestinesi ne è una prova. Che è successo al signor Levy? Come mai ha dimenticato tutto questo? Eppure lui lo sa bene che facendo affidamento sulla promozione del progetto capitalista occidentale, utilizzando strumentalmente miti e mitologia religiosa e non, il presidente Donald Trump sta commercializzando in questi giorni spingendo i popoli della regione e del mondo nell’inferno delle guerre. Questo non può ignorarlo il signor Levy.

Gideon Levy è sicuramente un amico dei palestinesi, ma si riconosce nello Stato di Israele e vorrebbe che questo fosse laico e democratico, forse immagina che in quel caso l’annessione sarebbe un male minore e comunque mi sembra che ormai da molto tempo, lui, come altri israeliani amici dei palestinesi, neghi decisamente la vostra richiesta di avere uno Stato indipendente e sovrano. Perché secondo te?

Come Gideon Levy ben sa, lo stato coloniale di Israele è da tempo entrato nella fase fascista, tanto che gente come Bennett e Netanyahu ricordano, senza vergogna, gli assassini nazisti tedeschi giustificandoli, così pure i fascisti italiani e altri assassini e criminali moderni. Ricorderai che Netanyahu scrisse che Hitler amava gli ebrei e fu solo mal consigliato dal Gran Muftì e per questo decise di sopprimerli! E’ scivolato nel ridicolo oltre che nell’oltraggio verso le vittime della Shoah. Ma i nostri media lo hanno dimenticato in fretta. Ma il suo destino non sarà diverso da quelli che l’hanno preceduto scegliendo il percorso del fascismo e del terrorismo di Stato. Non ha futuro. Questo vorrei dire a Levy e vorrei rassicurarlo che non temiamo il colonialismo sionista israeliano, né le sue procedure, le sue decisioni e le sue leggi, né temiamo l’annessione, MA LA RESPINGIAMO NELLA FORMA E NEL CONTENUTO. L’annessione non è una passeggiata senza ostacoli e non passerà, e uno Stato che vuole annettersi territori altrui non è né può diventare uno Stato democratico.

Ma fino ad oggi nessuno ha mai fermato Israele e questo Levy lo dice con desolazione. Mi pare scriva che l’UE manderà giù anche questo in silenzio dopo aver detto che non l’accetta ma senza fare altro.

Ma certo, i governanti di Israele, e lui lo sa benissimo, potranno seguitare a commettere crimini, massacri e genocidi, e l’UE e l’ONU a chiudere gli occhi, ma non ci sarà pace né sicurezza per Israele finché non l’avranno i palestinesi. Ci privano dei nostri diritti, perché loro hanno la forza, ma non potranno toglierci il sogno di vivere liberi e il diritto lottare per poter realizzare il nostro sogno, sulla nostra terra.
Non importa quanto tempo ci vorrà, e ciò che Levy vede oggi come nostra debolezza, consigliandoci paternalisticamente di accogliere l’illegittimo e illegale progetto di annessione, lo vedrà trasformarsi in potenza di lotta e di resistenza, contro il colonialismo sionista israeliano che lui, pur dichiarandosi amico del nostro popolo sta sostenendo. Noi vogliamo avere il nostro Stato indipendente e sovrano e vogliamo che sia finalmente attuata la direttiva ONU sul diritto al ritorno che giace inattuata da 71 anni e mezzo.

Quindi, se dovessi dare una risposta a Levy e a chi legge sia te che lui, cosa diresti?

Direi, gentile signor Levy, lei vedrà che se ci togliete ogni possibilità di ottenere i nostri diritti, quella che ora vedete come la nostra debolezza saprà trasformarsi in altro, fino al raggiungimento della vittoria.