L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 20 giugno 2020

Nel mondo multipolare c'è spazio anche per la rivalità vera tra la Cina e l'India


Posted on 20/06/2020


È impossibile, e comunque sarebbe a mio avviso sbagliato, sottovalutare quanto è avvenuto lo scorso lunedì lungo la frontiera sino-indiana segnata dalla catena himalayana. Alludo naturalmente allo scontro (in teoria senza l’uso di armi da fuoco, come prevede un accordo tra i due giganti asiatici firmato, se non sbaglio, nel 1998) tra l’esercito indiano e quello cinese che avrebbe provocato la morte di almeno venti soldati indiani – mentre Pechino omette di denunciare il numero dei suoi caduti. «Il quotidiano nazionalista cinese Global Times in un editoriale, pubblicato in cinese e inglese, ha affermato che Pechino ha rifiutato di rivelare il numero di vittime cinesi “al fine di evitare confronti e prevenire un’escalation”» (Il Sole 24 Ore). La saggezza diplomatica del Celeste imperialismo è davvero sconfinata, e d’altra parte Pechino predilige la tattica assai concreta del fatto compiuto: poche parole e molti fatti, mentre l’India con la Cina (la cui economia è quattro volte più grande di quella indiana) è costretta ad applicare la tattica opposta. Di qui, lo schiamazzo degli indiani e il profilo basso dei cinesi, venduto dai media cinesi all'opinione pubblica internazionale come prova del pacifismo con caratteristiche cinesi. Sarebbe tuttavia sbagliato sottovalutare la capacità di iniziativa messa in campo negli ultimi anni dall'India anche in chiave anti-cinese, e proprio nella zona contesa dell’Himalaya.

Comunque sia, «fonti di intelligence indiane riportate dalla stampa indiana ma non confermate da altri fonti parlano di 50 morti tra i soldati cinesi». Per uno scontro consumatosi, a quanto è dato sapere, a colpi di bastoni, di mazze ferrate e lancio di pietre, si tratta di un bilancio davvero notevole. Pare che alcuni soldati di ambo gli eserciti siano rimasti vittime di un ambiente naturale molto ostile: montagne alte cinquemila metri e temperature molto basse. Violente sono state anche le reazioni dell’opinione pubblica dei due Paesi, il cui nazionalismo negli ultimi anni è cresciuto moltissimo grazie alla massiccia propaganda nazionalista orchestrata dai rispettivi regimi. In entrambi i Paesi molta gente invoca la vendetta: «Su Instagram girano i video dei cittadini indiani che spaccano apparecchi elettronici cinesi» (Formiche.net), mentre «sui social network cinesi, alcuni utenti di Internet hanno chiesto all’esercito cinese di vendicarsi. “Se non colpiamo a morte l’India, questo tipo di provocazione non si fermerà mai”, ha scritto un utente della rete Weibo» (Il Sole 24 Ore). Diciamo pure che indiani e cinesi si disprezzano a vicenda molto intensamente, come non accadeva da tempo, e sull’orgoglio dei primi brucia ancora il ricordo delle sconfitte patite dall’esercito indiano ad opera di quello cinese nel 1962 (nel Tibet) e nel 1967 (nel protettorato del Sikkim).

In effetti, negli anni Sessanta del secolo scorso si infranse definitivamente il “sogno” di un’alleanza strategica sino-indiana, economicamente fondata sul capitalismo di Stato, in grado di emancipare i due Paesi dal giogo imperialistico delle vecchie e delle nuove potenze mondiali. Mentre allora la Cina si allontanò rapidamente dall’Unione Sovietica, rivelatasi un “Paese fratello” tutt’altro che affidabile, l’India percorse la strada opposta, e di fatto entrò stabilmente nell’orbita sovietica proprio in chiave anti-cinese.


Dopo gli scontri nella Valle di Galwan l’India ha immediatamente dichiarato il massimo stato di allerta lungo i 3500 chilometri della linea di confine (tracciata definitivamente dall’Inghilterra coloniale nel 1914) con la Cina, sebbene New Delhi si sia affrettata a rassicurare Pechino sulla sua inalterata “disponibilità al dialogo” tra le due parti al fine di abbassare la temperatura e allentare le tensioni. L’ultimo episodio conflittuale tra i due Paesi che ha provocato vittime risale al 1975, e quindi si tratta di capire se nel corso degli anni sono avvenuti significativi cambiamenti nelle loro relazioni. Inutile dire che gli indiani hanno attribuito la responsabilità del fattaccio interamente ai cinesi, che lo avrebbero preparato subdolamente, e che i cinesi hanno fatto la stessa cosa ai danni dei cugini asiatici, accusati di aver cercato cinicamente lo scontro.

La “stazza” geopolitica, militare (con un cospicuo arsenale atomico) e sociale dei due Paesi (la cui popolazione complessiva è pari al 40% di quella mondiale) è troppo imponente per consentire una rapida derubricazione dell’episodio cruento a banale scaramuccia frontaliera tra soldati innervositi e frustrati. Allo stesso tempo, non si può non sorridere dinanzi alle chiacchiere dell’analista geopolitico superficiale, di solito orientato in senso “progressista”, secondo il quale si tratterebbe di un episodio di altri tempi, di un fatto anacronistico che mal si concilia con la natura “intelligente” (vedi il concetto di soft power) del moderno conflitto tra Paesi che aspirano a recitare un ruolo da protagonista sulla scena mondiale. Niente di più sbagliato: si tratta invece di un fatto spiegabile solo a partire da quanto produce questo tempo, il tempo scandito dalla competizione sistemica mondiale tra imprese, Paesi e Continenti.

Anche se si fosse trattato di un episodio accidentale, di «una missione organizzata sul posto, un regolamento di conti tra contingenti locali, e non un’azione pensata per aprire un conflitto più allargato», come sostiene l’analista di Limes Giorgio Cuscito, occorre anche considerare il contesto generale nel quale quella «scaramuccia» si inquadra. Ebbene, i fatti del 15 giugno entrano perfettamente in sintonia con il quadro delle attuali relazioni indo-cinesi, ed è importante prenderli seriamente in considerazione non tanto perché possono far precipitare la situazione, ma in quanto sintomi di una situazione.

Nicola Missaglia, esperto di India dell’Ispi, allarga la visuale e punta i riflettori anche sulla «costruzione di una strada frontaliera da parte dell’India, una via di collegamento logistica per una base militare nell’area che non piace alla Cina». Ma c’è dell’altro, sempre secondo Missaglia: «A questo dobbiamo aggiungere che la Cina ha detestato la decisione indiana di separare il Jammu e il Kashmir perché in quella contesa indo-pakistana ci finisce in mezzo il China Economic Corridor, e Pechino è preoccupata da alcune dichiarazioni forti della componente politica del primo ministro, il nazionalista Nerendra Modi, secondo cui gli indiani dovrebbero spingersi ad approfondire il proprio controllo anche in aree del Kashmir pakistane». Il corridoio di cui parla Missaglia è strategicamente molto importante perché collega Pechino al «supporto logistico militare» realizzato dai cinesi nel 2018 nel porto di Gwadar (provincia pakistana del Balochistan), e perché attraversa la zona di collegamento tra Tibet e Xinjiang, due regioni periferiche che, com’è noto, sono molto “problematiche” per il regime cinese. Tra l’altro Washington non ha mancato di ricordare a Islamabad, già accusata da Trump di ospitare gli estremisti di Haqqqani, organizzazione affiliata al gruppo militante talebano, che il suo legame sempre più stretto con Pechino non può non avere conseguenze negative, anche sul piano finanziario, sulle relazioni Usa-Pakistan.

«Di fatto – osserva ancora Missaglia – siamo davanti a due potenze emergenti che si stanno mandando segnali. Non credo che sia nell’interesse di nessuno fare una guerra nucleare, ma è una situazione da tenere sotto controllo. Certamente ha contribuito ad arrivare a questo punto anche l’effetto della pandemia. La Cina non ha gradito la chiusura dei confini e della vendita di materiale sanitario nelle fasi più critiche dell’epidemia da parte dell’India, ma ora sta ripartendo e su questo piano è in vantaggio rispetto a New Delhi, che invece è ancora nel mezzo della crisi» (Formiche.net).

C’è anche da prendere in considerazione la sindrome dell’accerchiamento che colpisce entrambi i Paesi. «L’India si sente accerchiata dalla Cina, che sostiene il suo arcinemico (Pakistan) e prova a sottrarle influenza nell’estero vicino (Bangladesh, Myanmar, Sri Lanka, Nepal, Maldive) attraverso le nuove vie della seta» (F. Petroni, Limes); ma anche la Cina si sente accerchiata dall’India, che si avvicina sempre più agli Stati Uniti, al Giappone, all’Australia, al Vietnam, all’Indonesia e a tutti i Paesi del Pacifico Meridionale che percepiscono come una minaccia imminente il forte attivismo marittimo-militare della Cina. «Tuttavia, Delhi è storicamente refrattaria a schierarsi nettamente contro Pechino. Per esempio, non si è accodata alle invettive più veementi dell’amministrazione Trump in tema di virus. È da vent’anni almeno che è sempre più sensibile ai corteggiamenti americani, cedendo anno dopo anno a un’avance in più di Washington. Non le si concederà del tutto, ma episodi come questo la indurranno a far cadere altri tabù e altre insicurezze nell’affrontare direttamente i cinesi. D’altronde, dal punto di vista di Pechino, gli scontri in corso possono essere interpretati proprio come un modo per testare la risolutezza di Delhi. Per ammonirla che una posizione più filoamericana comporta violenza alle porte di casa. Per questo occorrerà osservare attentamente come terminerà questa disputa» (Ivi). Un editoriale comparso l’altro ieri sul Wall Street Journal suggeriva a Trump di lasciar perdere le polemiche e le beghe politico-elettorali interne per approfittare della situazione creata dagli scontri che hanno avuto per scenario le splendide cime dell’Himalaya. Non c’è dubbio, «occorrerà osservare attentamente come terminerà questa disputa».


Può essere di qualche utilità, per concludere, vedere come qualche anno fa il generale Carlo Jean tratteggiava i rapporti di forza tra India e Cina e la dimensione geopolitica del loro confronto: «Dal punto di vista militare, la Cina possiede una netta superiorità sull’India ed è in grado di accrescere ulteriormente il proprio vantaggio, in quanto possiede un’industria degli armamenti molto più efficiente di quella indiana. La competizione fra la Cina e l’India si sviluppa in Asia centrale, nel Golfo e in Africa, soprattutto con strumenti economici e diplomatici. Nell’Oceano Indiano, è rilevante anche la competizione militare, soprattutto in campo navale. In essa, la Cina è favorita dal fatto che l’India deve destinare gran parte delle sue risorse all’Esercito, data la possibilità di un nuovo conflitto con il Pakistan. La Cina, invece, può dedicarle alla Marina e alle forze di proiezione di potenza, pur dovendo mantenere un forte esercito da utilizzare contro rivolte sociali e tentativi di secessione dal Tibet e dallo Xingkiang. Inoltre, il maggior livello tecnologico dell’industria degli armamenti cinese ha ampiamente affrancato la Cina dall’importazione di armamenti dalla Russia, mentre l’industria della difesa indiana dipenderà dall’estero ancora a lungo. La geografia e la storia non favoriscono però la Cina. Il Mar Cinese Meridionale è chiuso dagli Stretti della Malacca e la Cina, a differenza dell’India, è considerata una potenziale minaccia da tutti i paesi della regione. Non appena la politica di Pechino diventerà più assertiva, tutti questi paesi ricercano la protezione militare degli Usa, ma anche rafforzano i loro legami strategici con l’India» (Geopolitica del mondo contemporaneo, Laterza, 2013).

NoTav - Non ci facciamo prendere in giro. La Torino-Lione già esiste e passa per il Frejus e le aziende non usano le rotaie preferiscono il trasporto in gomma. Non si fa un'opera di miliardi, dannosa per guadagnare solo mezz'ora

L’INFRASTRUTTURA
Tav, perché l’Europa boccia la Torino-Lione: il caos sugli studi di fattibilità e la replica Telt

di Fabio Savelli18 giugno 2020

«Costi troppi alti e benefici solo a lungo termine»

C’è un inaspettato fronte che arriva dalla Ue sulla Torino-Lione. Inaspettato perché Bruxelles ha sempre incoraggiato l’opera stimolando Italia e Francia nella realizzazione del tunnel di base per strutturare il corridoio 5 da Lisbona a Mosca. La direttrice su cui poggia l’infrastruttura di cui sono appena partiti i bandi sul lato francese con estremo ritardo viste anche le resistenze italiane, soprattutto dei Cinque Stelle. Ora la Corte dei Conti stila una relazione sui progetti speciali dedicati al trasporto ed è un colpo ai fautori dell’infrastruttura proprio all’avvio del Green Deal europeo che convoglia straordinarie risorse comunitarie per incoraggiare il trasporto merci su rotaia. Scrive la massima magistratura contabile europea come i costi siano quasi raddoppiati rispetto al progetto iniziale. Denuncia il ritardo nell’esecuzione dei lavori – almeno 15 anni – nettamente superiore alla media Ue per progetti simili. Sostiene che persino la sostenibilità economica a lungo termine sia a rischio. I benefici ambientali si farebbero sentire soltanto tra 25-50 anni dopo la conclusione dei lavori. Lavori che la Corte dei Conti ritiene che “verosimilmente” non termineranno entro il 2030.

Gli ebrei sionisti feccia dell'umanità - Segno "divino" sopprimere un popolo e rubargli le terre

Cohn-Bendit: "L'annessione è la morte della pace e Israele come Stato democratico"

Quello che Globalist pubblica è la lettera aperta che oggi è pubblicata da Le Monde.

Cohn-Bendi


Il loro è un atto d’amore per Israele. Ma per l’Israele che include e non opprime. L’Israele dei padri fondatori e non dei falchi annessionistici. Quello che Globalist pubblica è la lettera aperta che oggi è pubblicata da Le Monde.” Desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per il piano del governo israeliano di annettere parti della Cisgiordania a partire dal 1° luglio. Un tale progetto minerebbe i diritti del popolo palestinese e, allo stesso tempo, sfigurerebbe il progetto sionista per la creazione di uno Stato ebraico e democratico. L'annessione unilaterale sarebbe contraria al diritto internazionale e violerebbe tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite relative al conflitto israelo-palestinese, in particolare la risoluzione 2334 del 23 dicembre 2016. Se attuata, l'annessione unilaterale significherebbe la fine della soluzione dei due Stati e distruggerebbe ogni speranza del popolo palestinese di raggiungere l'autodeterminazione con mezzi non violenti. È inutile credere che la realtà sul terreno prevalga sempre e per sempre sul diritto internazionale. Una petizione firmata da quasi 300 ex alti ufficiali militari, del Mossad e della polizia, tutti membri della Ong "Commanders for Israel's Security", sottolinea che l'annessione scatenerà una reazione a catena su cui Israele non avrà alcun controllo, portando al collasso dell'Autorità Palestinese. Ciò richiederebbe a sua volta che Israele prendesse il pieno controllo dell'intera Cisgiordania e si assumesse la responsabilità diretta l'esistenza di 2,6 milioni di palestinesi.

Nel caso della Giordania, fortemente popolata da rifugiati palestinesi, l'annessione rischierebbe di destabilizzare il governo e di costringerlo a riconsiderare il trattato di pace con Israele. Anche il trattato di pace con l'Egitto sarebbe messo a repentaglio.

Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non intende concedere ai palestinesi residenti nei territori annessi da Israele gli stessi diritti civili e politici degli israeliani. Un tale rifiuto sarebbe in totale contraddizione con il regime democratico in vigore nello Stato di Israele. L'annessione, se dovesse avvenire, metterebbe a dura prova le relazioni di Israele con i Paesi democratici di tutto il mondo e potrebbe portare a un'ondata di delegittimazione dello Stato di Israele. Ciò creerebbe un cuneo tra Israele e la maggior parte degli ebrei della diaspora, che sono impegnati a rispettare i principi dei diritti umani e della democrazia. Nell'ambito della mobilitazione internazionale lanciata da J-Link, una rete creata da più di 50 organizzazioni ebraiche progressiste in tutto il mondo, trasmessa in Francia da La Paix Maintenant e JCall, chiediamo a tutti coloro che condividono la preoccupazione per il futuro di Israele in pace con i suoi vicini di agire il più rapidamente possibile, affinché il governo israeliano rinunci a questo progetto di annessione. È in gioco una certa idea di Israele, della democrazia e del giudaismo”.

I firmatari :
Daniel Cohn-Bendit, ex deputato al Parlamento europeo
Alain Finkielkraut, filosofo, membro dell'Accademia di Francia
Bernard Henri-Levy, filosofo, saggista
Dominique Moïsi, geopolitologo, consulente speciale dell'Ifri (Istituto francese per le relazioni internazionali)
Pierre Nora, storico, membro dell'Académie française
Diane Pinto, storica, consulente del Consiglio d'Europa
Alain Rozenkier, Presidente di Peace Now 
Anne Sinclair, giornalista, scrittrice
Parla “Dany il rosso”

“E’ una presa di posizione doverosa, in un momento cruciale nella storia d’Israele e per la pace in Medio Oriente – dice in esclusiva a Globalist Cohn-Bendit -. L’annessione è una forzatura che non trova alcuna giustificazione sul piano della sicurezza, anzi, al contrario, ne rappresenta una minaccia, perché l’annessione getterebbe i palestinesi nelle braccia di coloro che hanno sempre contrastato la soluzione a due Stati. In più, determinerebbe una frattura profonda tra Israele è la maggioranza degli ebrei della diaspora, che credono e continuano a battersi per il rispetto dei diritti umani e della democrazia”.

Senza ritorno

Dal 1967, Israele ha intrapreso molte azioni in Cisgiordania che sono considerate “annessione strisciante” o “annessione di fatto” – ad esempio l’espansione di insediamenti e avamposti e il loro collegamento con Israele mediante infrastrutture, insieme a restrizioni e demolizioni delle costruzioni palestinesi nell’area C (il 60 per cento della Cisgiordania sotto il controllo militare israeliano). La mossa in discussione fornirebbe un quadro giuridico per la realtà sul campo, rendendola “de jure”, ma la approfondirebbe anche.

Innanzitutto, sarebbe possibile sostituire l’amministrazione militare con la legge e l’amministrazione israeliane. In linea di principio, oggi l’esercito è la massima autorità legale nei territori occupati, rispondendo al ministero della Difesa. Ciò è in parte fatto attraverso le leggi che esistevano nell’area prima dell’occupazione israeliana. Tuttavia, come parte della stessa “annessione strisciante”, la legge israeliana si applica sostanzialmente già ai coloni stessi (ma non ai palestinesi che vivono nelle stesse aree). È possibile che l’annessione israeliana fornisca una base legale per la situazione esistente, in cui esistono sistemi giuridici separati per israeliani e palestinesi, ma potrebbe anche includere l’applicazione della legge israeliana in molte aree in cui vivono attualmente i palestinesi. Il loro numero dipenderà dalla mappa finale.

“Quest’ultimo scenario – annota Noa Landau, firma di punta di Haaretz – solleva alcune difficili domande sullo status di questi palestinesi. Israele concederebbe loro la cittadinanza? Potrebbero esserci conseguenze anche per i proprietari palestinesi di terre annesse, che potrebbero perdere la proprietà privata Un altro problema è la Legge sui referendum, in base alla quale la consegna di terreni soggetti alla legge israeliana richiederebbe la maggioranza della Knesset di 80 legislatori o un referendum pubblico. Fino ad ora, la Cisgiordania non era inclusa in quella legge poiché la legge israeliana non si applica ufficialmente lì. Applicare la legge israeliana a tutta o parte della Cisgiordania renderebbe molto difficile fare future concessioni come parte degli accordi di pace, se mai ce ne fossero. Per queste e altre ragioni, la sinistra sta prendendo atto che l’annessione seppellirebbe sostanzialmente la soluzione dei due Stati e porterebbe a un unico Stato che metterebbe in pericolo l’identità ebraica d’Israele o sarebbe ufficialmente un regime di apartheid, con un sistema legale discriminatorio per i palestinesi”.

In morte del sionismo?

In questo caso, dice a Globalist Zeev Sternhell, il più autorevole storico israeliano, “a morire sarebbe la democrazia e ciò che resta degli ideali originari del sionismo. Quel Piano distrugge ogni speranza di una pace giusta e duratura. È la legalizzazione di un regime di apartheid che vige nei Territori occupati palestinesi. È la legittimazione delle posizioni più oltranziste della destra israeliana. È un affronto al diritto internazionale. E potrei continuare a lungo nell’elencare le nefandezze di questa vergogna che Gantz ha ingoiato senza fare una piega”. E a chi vede proprio nel sionismo la radice ideologica e l’esperienza politica “fatta Stato” che è alla base dell’espansionismo israeliano, Sternhell ribatte: “No, non è così. Questa è una caricatura del sionismo o, comunque, ne è una traduzione politica strumentale, in alcuni casi funzionale ad ammantare di idealità positiva una pratica intollerabile. Il sionismo si fonda sui diritti naturali dei popoli all’autodeterminazione e all’autogoverno. Questi diritti naturali dei popoli valgono per tutti, inclusi i palestinesi. Come ebbi a dire in una nostra precedente conversazione, resto fermamente convinto che il sionismo ha il diritto di esistere solo se riconosce i diritti dei palestinesi. Chi vuole negare ai palestinesi l’esercizio di tali diritti non può rivendicarli per se stesso soltanto. Purtroppo, la realtà dei fatti, ultimo in ordine di tempo il moltiplicarsi dei piani di colonizzazione da parte del governo in carica, confermano quanto da me sostenuto in diversi saggi ed articoli, vale a dire che gli insediamenti realizzati dopo la guerra del ’67 oltre la Linea verde rappresentano la più grande catastrofe nella storia del sionismo, e questo perché hanno creato una situazione coloniale, proprio quello che il sionismo voleva evitare. Da questo punto di vista, per come è stata interpretata e per ciò che ha innescato, la Guerra dei Sei giorni è in rottura e non in continuazione con la Guerra del ’48. Quest’ultima fondò lo Stato d’Israele, quella del ’67 si trasformò, soprattutto per la destra ma non solo per essa, da risposta di difesa ad un segno “divino” di una missione superiore da compiere: quella di edificare la Grande Israele”.

Il dado è tratto. Scrive Gideon Levy, icona vivente del giornalismo israeliano: “Non importa quale sarà il risultato del processo al primo ministro. Comunque andrà a finire, il suo risultato è completo: il processo è entrato nel cuore del discorso pubblico, non c’è quasi nessun altro argomento, tutto il resto è stato spinto in disparte e rimosso dall’agenda. Questo non è un risultato da poco: consentirà di perpetuare per generazioni occupazione, apartheid e falsa democrazia. La destra può dormire sonni tranquilli, la strada per continuare le sue ingiustizie e crimini è stata lastricata”.

R2020 - 30 giugno 1 luglio Roma

R2020: il programma dell'evento

R2020 resistenze2020@gmail.com tramite gmail.mcsv.net 

20 giugno 2020 11:12 


R2020: FACCIAMO RETE!
ROMA, Città dell'Altra Economia, 30 giugno - 1 luglio 
2 GIORNATE per incontrarci, parlarci e (RI)conoscerci

Il 30 giugno si avvicina. Tantissime persone, associazioni, gruppi e comitati si riverseranno a Roma, alla Città dell’Altra Economia, per due giorni di incontri e confronti. L’adesione al nostro appello è stata grandissima. Grazie! Tutto questo fermento non è facile da gestire, soprattutto a causa delle norme imposte che ci hanno costretto a limitare i posti. Per questo abbiamo subito replicato la data del 30 giugno aggiungendo il 1 luglio. Per chi non è comunque riuscito a iscriversi stiamo già pensando ad altri appuntamenti, in diversi luoghi d’Italia. Con la consapevolezza che incontrarci, guardarci in faccia, parlarci e (ri)conoscerci sia l’unica soluzione. Al distanziamento rispondiamo con la vicinanza, la presenza, la relazione. 

È questa l’essenza delle due giornate di Roma.

IMPORTANTE! Se qualcuno ha intenzione di rinunciare alla sua prenotazione, mandi una mail a info@r2020.it, così da lasciare libero il posto per qualcun altro. Il 27 giugno comunicheremo il numero di posti liberi così da permettere a qualcun altro di aggiungersi.

Sarà possibile assistere all’evento anche da remoto grazie alla DIRETTA Facebook e Youtube sulla nostra pagina R2020 e sul canale di Byoblu.


R2020: FACCIAMO RETE! Il 30 giugno e il 1 luglio alla Città dell'Altra Economia.

Come arrivare?
La Città dell'Altra Economia è a Roma, nel Rione Testaccio, all'interno del Campo Boario dell'ex-Mattatoio (in Largo Dino Frisullo).
È raggiungibile in bicicletta (rastrelliere all'interno) e in macchina, ampio parcheggio, da Largo Dino Frisullo o dal Lungotevere Testaccio.
Dalla Stazione Termini:
Metro, linea B, scendere a PiramideAutobus:
linea 719, scendere alla fermata davanti Macro
linea 170, scendere a Ponte Testaccio

Come si svolgerà l’evento?
Dalle ore 10.00 apriremo l’ingresso, così da dare modo a tutti di entrare con calma. L’unico accesso sarà su Largo Dino Frisullo.

L’EVENTO INIZIERÀ ALLE ORE 11.00.

Alle ore 11.00 sul palco centrale Sara Cunial, Davide Barillari e Ivan Catalano apriranno la giornata e racconteranno l’idea di R2020.
Dalle ore 11.30 si susseguiranno vari interventi su SOVRANITÀ INDIVIDUALE, MONETARIA e ALIMENTARE.
Dalle ore 14.30, sempre sul palco centrale, proseguiranno gli interventi a “microfono aperto”. Chiunque volesse prenotarsi per un intervento di MASSIMO 3 MINUTI può farlo nel gazebo di fianco al palco. Daremo voce a tutti, nel rispetto di tutti.

Dalle ore 14.30 avranno inizio i GRUPPI DI LAVORO COMUNITARIO.
CHE FARE? Cittadini, Tecnici e Politici si uniscono per cercare prime risposte e proposte operative in difesa dello stato di diritto.
I lavori saranno coadiuvati da mediatori seguiti da Luca Marchioni, ingegnere sociale, Adele Lamonica, counselor e naturopata e Mauro Scardovelli, psicoterapeuta, giurista e trainer.

Dalle ore 14.30, nell’area “Ars medica e benessere” si potrà partecipare a workshop, cerchi, incontri con esperti e professionisti, inerenti la medicina olistica, la sovranità individuale e il ben-essere.

Dalle ore 15.00 nell’Area dedicata alla sovranità digitale, si potrà assistere a diversi interventi in tema di libertà e sicurezza digitale.
Ore 15.00 - Sessione Base: DIFENDITI!
  • Naviga sicuro
  • Proteggi la tua identità sul web Usa il software libero
  • Scopri i social indipendentiOre 16.00 - Sessione Avanzata: LIBERATI!
  • Abbandona Windows Inoltrati nel deep web
  • Cripta i tuoi dati e le tue mail Usa strumenti di edemocracyOre 17.00 - Incontro con Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice
  • Contro la censura
  • Come difendersi dalle Fake News sul web


Dalle ore 14.00 saranno aperte due sale video: 
Sala “informazione libera Giulietto Chiesa” in cui verranno proiettate video interviste e servizi giornalistici inediti o censurati.
Sala “documentari Luigi Russo” in cui verranno proiettati documentari:
ore 15.00 Vax Over di A. Amori (IN ESCLUSIVA)
ore 17.00 Legno Vivo, Xylella oltre il batterio di F. Bellantoni, E. Tioli, F. Della Giovampaola, S. Cannone
ore 19.00 Pfas quando le mamme si incazzano di A. TomasiAll’evento saranno presenti i registi dei tre documentari che introdurranno i lavori.

Durante tutta la giornata sarà disponibile un’area gioco e laboratori per bambini e adulti, un’area ristoro e riposo, ristorante e bar.

Nell’arco dei due giorni si svolgeranno diverse Performance artistiche a cura di Visionaria Art Community

una comunità di artisti internazionali nata nel 2016, riuniti al fine di promuovere le arti sperimentali e la collaborazione tra esse, nella creazione di eventi d’arte e musica, la produzione cinematografica e la realizzazione di workshop d’arte e discipline olistiche. Nonché manifestazioni per la cura e salvaguardia dell’ambiente.

L'arte visionaria si propone di trascendere il mondo fisico e fornire una più ampia visione della coscienza, attraverso temi mistici o spirituali.

Durante le due giornate dell’evento, Performer, Mangiafuoco, Ritual Body Painter, Acrobati, Disegnatori, Attori, Giocolieri, Musicisti, Scultori e poi Workshop, Arti Olistiche, Digitali, Plastiche e tanti altri artisti vi accompagneranno in questo viaggio dove non sarete dei semplici passeggeri, ma cellule senzienti del sistema immunitario che collaborerà a guarire questa Terra.

E dalle 21 di martedì 30 assisterete ad una vera e propria “Danza di Luce” con una performance di Pittura Rituale del Corpo di Niko Marinelli, un’arte che fonde meditazione, danza e pittura trascendentale, che vi trasporterà al di là della linea di confine, lì dove la mente non esiste e lascia spazio allo spirito.

Inoltre mercoledì 1, sempre dalle 21, avrà inizio un workshop di Pittura Rituale del Corpo di coppia aperto a tutti e tutti i tipi di coppie. Se riuscite venite armati di tappetino e voglia di sporcarvi un poco, il resto ve lo forniremo noi.


Facciamo RETE! 

Chi volesse mettere a disposizione della Rete le proprie professionalità e competenze per supportare istanze comuni lo può fare tramite il sito www.r2020.it. Medici, avvocati, accademici, esperti… creiamo una Rete di professionisti in aiuto di chi vorrebbe portare il cambiamento nelle proprie amministrazioni locali o realtà territoriali. Presentiamo istanze, esposti, atti a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Facciamo sentire la nostra voce.

Per restare aggiornati: 

E' guerra vera è guerra totale, niente illusioni - Il Canada è uno strumento in mano agli Stati Uniti e il lamento è quanto mai inopportuno

Le vibrazioni in Canada del dossier Huawei-Trump

20 giugno 2020


C’è anche il Canada al centro della disfida tra Usa e Huawei


Se – come dimostrano le recenti aperture del Dipartimento del Commercio Usa – la guerra dell’America contro Huawei sembra essere scemata, c’è un nodo del caso in questione che è ancora rovente e coinvolge un terzo paese rimasto schiacciato dallo scontro tra le due superpotenze e su cui pende la vendetta di Pechino per essersi allineato a Washington.

Si parla del Canada, che agli occhi della Cina sconta ancora il peccato mortale di aver tratto in arresto il 1 dicembre 2018, Meng Wanzhou, la figlia del fondatore di Huawei nonché CFO del colosso di Shenzhen, per conto della giustizia Usa, che la accusa di vari reati finanziari tra cui la violazione delle sanzioni contro l’Iran.

Fu un passo drammatico, che innescò l’immediata reazione di Pechino, che meno di dieci giorni dopo fecero arrestare a loro volta con spurie accuse di spionaggio due cittadini canadesi, l’ex diplomatico passato all’International Crisis Group Micheal Kovrig e il fondatore del Paektu Cultural Exchange Michael Spavor.

Dopo 18 mesi di detenzione in condizioni spaventose ben documentate in un’intervista rilasciata qualche mese fa dall’ex ambasciatore canadese a Pechino Guy Saint-Jacques e aggravate da un accesso consolare limitato, da nessun contatto con gli avvocati e – secondo una testimonianza riferita dalla BBC – da interrogatori fiume, l’altro ieri Pechino – con dei post sui social media scritti nell’account del procuratore generale,. ha formalizzato le accuse per quelli che in Canada sono ormai considerati i due Michael.

Kovrrig in particolare è accusato di aver spiato segreti di Stato e aver condotto attività clandestina di intelligence, mentre su Spavor pende l’accusa di aver spiato per un’entità straniera e di aver rivelato illegalmente segreti di stato.

“I fatti sono chiari e le prove solide e sufficienti”, è stato il commento laconico del portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian durante il consueto briefing quotidiano, nel quale non ha fatto altro che confermare le accuse di spionaggio contro i due canadesi rifiutandosi di fornire altri dettagli.

La notizia è rimbalzata in Canada come una pietra incandescente. Il primo ministro Justin Trudeau si è detto “molto insoddisfatto” per le mosse cinesi, e ha ribadito la sua accusa alla Cina di praticare una forma particolarmente odiosa di diplomazia degli ostaggi.

“Le autorità cinesi – ha sottolineato Trudeau – hanno collegato direttamente i casi dei due Michael al procedimento giudiziario contro Meng (…). Questi cittadini canadesi sono detenuti per nessun altra ragione se non l’insoddisfazione del governo cinese per i procedimenti indipendenti della magistratura canadese”.

Ai reporter, Trudeau ha comunque aggiunto che il suo governo sta “usando un ampio spettro di pressioni pubbliche e private per assicurare che tutto vada bene e i Michael tornino a casa”.

Le parole di Trudeau svelano, com’è ovvio, la natura tutta politica di questa faccenda.

Appare tutto fuorché una coincidenza, per esempio, che le accuse contro i due canadesi vengano rese pubbliche un mese dopo l’udienza in cui la corte di Vancouyer – dove Meng è confinata agli arresti domiciliari in una delle sue residenze – ha confermato la bontà del caso giudiziario riguardante l’ex CFO di Huawei, facendo fare un passo in avanti ad un processo di estradizione che durerà comunque ancora mesi se non anni.

E poi è lo stesso governo cinese che, come fa notare la BBC, collega esplicitamente e pubblicamente i due casi, come succede ogni volta durante i briefing del ministero degli esteri, durante i quali i vari portavoce sono soliti menzionare i nomi dei due canadesi subito dopo quello di Meng.

A voler essere maliziosi, appare curiosa anche la coincidenza temporale tra le accuse appioppate ai due canadesi e la decisione presa il mese scorso da Bell Canada e Telus Corp – due tra i principali provider telefonici canadesi – di rinunciare ad Huawei per realizzare il 5G e di ricorrere invece ai servizi rispettivamente di Ericsson e di Nokia.

Tutto lascia intendere dunque che tanto il caso di Meng quanto quello dei cittadini canadesi, oltre ad essere strettamente connessi, saranno risolti in un solo modo: quando il nodo di Huawei, che risiede a Washington, sarà risolto definitivamente.

A quel punto le diplomazie di Ottawa e Pechino potranno trovare un accordo onorevole e liberare i rispettivi ostaggi. Sempre che Washington naturalmente non decida di proseguire ad oltranza la sua guerra ad Huawei.

Per Spavor e Kovrig potrebbe allora profilarsi una pena detentiva lunghissima e addirittura la pena di morte, trasformandoli nelle prime vittime non metaforiche della guerra fredda tra Usa e Cina.

Roma - La guerra della monnezza non è mai terminata, solo alti e bassi. E' lotta politica-economica-mafiosa-massonica

Roma, 29 cassonetti a fuoco in 3 giorni. Sindaco Virginia Raggi: “E’ inaccettabile”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Giugno 2020 21:13

Cassonetti bruciati a Roma, 29 in 3 giorni: dal 2020 sono già 154 (Foto archivio ANSA)

ROMA – Sono 29 i cassonetti bruciati in appena 3 giorni a Roma e per il sindaco Virginia Raggi si tratta di una situazione inaccettabile.

A denunciare la vicenda su Facebook è la Raggi, che in un post scrive: “Negli ultimi tre giorni alcuni delinquenti ne hanno dati alle fiamme 29”.

E prosegue: “Sono stati distrutti o danneggiati nel quartiere Tuscolano e sul litorale di Roma, ad Ostia. Il danno, in totale, è di 22mila euro”.

In particolare, 10 cassonetti sono stati incendiati tra via Monte del Grano, via Tuscolana, via dei Furi e via Sestio Calvino.

La Raggi aggiunge: “Gli altri incendi sono stati appiccati nelle zone del Quadraro e Don Bosco. A Ostia, invece, 2 contenitori in via Cardinal Ginnasi”.

Gli ultimi episodi raccontati dal sindaco si aggiungono ad altri roghi che dal 2018 ad oggi hanno distrutto oltre mille cassonetti.

“Tutto ciò è inaccettabile. Un vero e proprio schiaffo alla nostra comunità e a tutti noi cittadini”, tuona la Raggi.

Da inizio 2020, in totale sono stati distrutti 154 cassonetti. Nel 2019, invece, quelli bruciati sono stati 460, contro i 500 distrutti o danneggiati nel 2018.

In una nota, l’Ama parla di “atti gravi anche per l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute delle persone”.

La società municipalizzata presenterà una denuncia contro ignoti alle autorità competenti.

Inoltre, squadre specializzate interverranno per sostituire i cassonetti bruciati.

Dato che si tratta di “rifiuti combusti”, saranno necessari particolari accorgimenti per la rimozione.

Da inizio anno sono stati già rimossi oltre 40mila chilogrammi di rifiuti di questo tipo. (Fonte: AGI)

e non poteva essere altrimenti per chi si dimentica di dire al Consiglio Superiore della Magistratura di conoscere il Boschi. Battuta di arresto, per il momento, al Sistema mafioso massonico aretino-toscano

Il Tar respinge il ricorso del pm Rossi: "Legittima la non conferma a procuratore"

La sentenza depositata oggi decidendo nel merito. Determinante l'incarico al Dagl anche se si riconosce la positiva gestione della procura. Ricorso al consiglio di stato

Il pm Roberto Rossi

Arezzo, 19 giugno 2020 - "E' legittima la decisione del Csm di non confermare Roberto Rossi alla guida della procura di Arezzo". Lo ha stabilito la prima sezione del Tar del Lazio, che, con una sentenza depositata oggi, decidendo nel merito della questione, ha respinto il ricorso del magistrato che chiedeva fosse annullata la delibera con cui il plenum di Palazzo dei Marescialli, il 24 ottobre scorso, aveva detto 'no' alla sua permanenza nell'incarico direttivo.

"Oggetto della valutazione dell'organo di autogoverno - scrivono i giudici amministrativi di primo grado - non e' stata l'opportunita' delle scelte investigative svolte dal ricorrente nell'ambito dei procedimenti di indagine quanto, sulla base del dato di fatto del procedere parallelo delle indagini e dell'incarico extragiudiziario, l'inopportunita' della scelta compiuta dal ricorrente di non comunicare allo stesso Csm il mutamento del contesto nel quale
tale ultimo incarico si stava svolgendo, contravvenendo ad un obbligo di trasparenza e correttezza". 

Si legge ancora nella sentenza, depositata oggi dopo la camera di consiglio svolta 'da remoto' in videoconferenza il 10 giugno scorso, "non appare illogico e fondato su travisamento di fatti, che il Csm abbia posto come fattore 'centrale' di valutazione quello dell'indipendenza e della serenita' d'animo del magistrato, fattore che, anche nel procedimento di 'conferma', assume una connotazione primaria, se non proprio prevalente in assoluto rispetto alla pur positiva gestione dell'organizzazione giudiziaria".

In ambienti di procura si apprende della decisioine di Roberto Rossi di ricorrere al consiglio di stato contro la decisione del Tar del Lazio, al quale aveva fatto ricorso nel dicembre scorso contro la decisione del Csm, risalente a fine ottobre, di non confermarlo nell'incarico di procuratore capo ad Arezzo.


Sovrapproduzione e non se ne esce fuori

Quale futuro per l’economia del Giappone? Analisi e scenari

19 Giugno 2020 - 20:19 

Inflazione in calo in Giappone: conseguenze sullo yen e sul commercio internazionale in presenza di tensioni geopolitiche in Europa e negli Stati Uniti


L’inflazione core per il Giappone prevista relativa al mese di maggio è in calo rispetto alle aspettative degli esperti.
Questo dato arriva dopo una serie di iniezioni monetarie da parte della BoJ necessarie per supportare l’economia nipponica fortemente messa a dura prova sia dall’emergenza sanitaria provocata dal COVID-19 che dalla contrazione economica causata dal lockdown.

Quali le conseguenza sul mercato forex per lo yen e sul commercio internazionale?

Il quadro economico in Giappone

Il Giappone non è nuovo a periodi contraddistinti da bassi tassi di inflazione e bassi tassi di interesse sui titoli di Stato governativi con un valore negativo nella prima parte della curva. La crisi degli anni ’90 prima e l’Abenomics ci fanno ricordare periodi di crisi dello Stato nipponico simili al periodo attuale

Questa volta, però, la situazione è diversa. L’epicentro della crisi è la Cina e la natura delle crisi non è economica ma sanitaria.

In questo periodo di forte contrazione economica a livello globale la BoJ (Bank of Japan) ha dovuto intensificare la sua attività di supporto sia dell’economia nazionale che delle borse locali.

Il nuovo programma di acquisto di obbligazioni sia pubbliche che private implementato tra l’aprile e maggio scorsi in cui la BoJ ha deciso di acquistare quantità illimitate di bond governativi, aumentare gli acquisti di bond societari e commercial paper ed accrescere il quantitativo di prestiti all’economia (alle PMI) sino ad un valore di 110 miliardi di yen non ha avuto l’effetto atteso.

Si è abbassato il livello dei tassi di interesse a breve scadenza e si sono innalzati i tassi più a lunga scadenza. Nonostante ciò le aspettative in inflazione degli operatori dei mercati finanziari sono state al ribasso.

Curva dei rendimenti obbligazioni giapponesi 19/06/2020 vs 12/06/2020 vs 19/06/2019

Negli ultimi mesi, sia l’indice dei prezzi al consumo che l’inflazione core sono calati, nonostante i dati positivi sulla maggiore fiducia dei consumatori giapponesi relativi al mese di maggio.

Il quadro macroeconomico del paese nipponico mostra nel mese di maggio anche un calo dell’inflazione core dello 0,2%, dopo il precedente calo mostrato ad aprile.

Inflazione Giapponese core
Inflazione Giapponese senza cibo e bevande
Impatto del calo dell’inflazione e delle tensioni geopolitiche in Giappone

Il dato sull’inflazione mette ancora più in difficoltà il governo nipponico nel far uscire il Giappone dalla contrazione economica causa dal COVID-19.

La progressiva riduzione del tasso di inflazione si è infatti associata a:
un progressivo rafforzamento dello ten nei confronti delle principali valute globali quali l’euro, il dollaro e la sterlina;
un crollo dell’export delle imprese giapponesi al ritmo più veloce dalla crisi finanziaria globale del 2009, zavorrato dall’export del settore auto che ha registrato un -70% di consegne di auto verso gli Stati Uniti.

Tasso di cambio euro Yen
Tasso di cambio dollaro yen storico
Tasso di cambio sterlina Yen storico

Questi dati vanno ad appesantire un quadro macroeconomico già contraddistinto da un forte calo del PIL a causa del COVID-19 a cui il governo nipponico stenta a porre rimedio.

Il posizionamento geografico del Giappone non risulta essere un punto di forza nel processo di uscita dalla situazione di contrazione economica.

I contagli di nuovo in salita nella zona di Pechino e le tensioni tra USA e Cina sullo sfondo impattano ancora in maniera negativa sul paese nipponico con particolare riferimento per il commercio internazionale con gli Stati Uniti e l’Europa.
Quali le possibili conseguenze?

In questo scenario, già ampiamente compromesso dalle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, dai conflitti interni alla zona Euro in merito al Recovery Fund e dalla incertezza sulla Brexit, un indebolimento dello yen nei confronti delle principali valute globali non contro bilanciato da un incremento della domanda esterna non è un dato positivo per il Giappone.

Non è detto che questa volta la politica monetaria della Boj riesca a far uscire il Giappone dalla contrazione economica come nel 2013.

La diversa natura sia per quanto riguarda i soggetti colpiti che, per quanto riguarda la severità nei confronti dell’economia internazionale, pongono forti incertezze sull’economia giapponese che difficilmente si potranno risolvere solamente con stimoli fiscali.

Si moltiplicano le terapie contro il covid-19 altro che vaccini

CRONACA

Coronavirus, in Australia c'è un farmaco già dal 2003

Per disegnare il medicinale, la Central Clinical School della Monash University di Melbourne ha portato avanti uno studio sfruttando i modelli creati da un supercomputer

© EPA
venerdì 19 giugno 2020 12:58

SYDNEY (Australia) - Ottime notizie dall'Australia, in attesa che arrivino nuove conferme. Un farmaco progettato sull'onda della prima epidemia di SARS nel 2003, infatti, funziona sul Sars-Cov-2, bloccando una delle proteine chiave di cui il virus necessita per replicarsi. Uno studio condotto dal Central Clinical School della Monash University di Melbourne ha 'sfruttato' i modelli creati da un supercomputer per disegnare il medicinale, raggiungendo queste conclusioni. Tom Karagiannis, responsabile della ricerca, scrive sul Computational Biology Chemistry Journal che il supercomputer ha identificato l'effetto del Alpha-Ketoamide 13b nel bloccare la replicazione del virus stesso. "Quando il virus penetra l'organismo comincia a dividersi producendo copie di sé stesso".

Australia il farmaco per il Coronavirus c'è già dal 2003

Lo studioso ha poi proseguito: "A questo fine produce tali proteine nella forma di lunghi polipeptidi. La proteina che stiamo studiando è una proteasi che taglia le lunghe proteine virali in più corte proteine funzionali, che consentono appunto al virus di replicarsi. Se potremo bloccare questa principale proteasi del virus, questo non potrà più produrre copie di se' stesso". Nell'ambito dello studio sono state prodotte estese modellazioni computazionali del farmaco antivirale al fine di dimostrare la sua capacità di bloccare il SARS-CoV-2. Adesso diventano necessarie sperimentazioni cliniche per ottenere l'approvazione al suo uso nel prevenire o trattare il Covid-19, ma si tratta comunque di un'ottima novità. L'Alpha-Ketoamide, nonostante sia stato originariamente progettato per combattere la SARS, ha dimostrato in diversi studi di essere efficace nel bloccare la replicazione di molte altri generi di virus. Il Coronavirus potrebbe essere uno di questi.

Governanti che hanno in testa la segatura picchettano definitivamente la scuola pubblica, l'università

OLTRE L’EMERGENZA PERENNE

Maurizio Blondet 19 Giugno 2020 

(Ricevo e volentieri posto:)

La scuola è senza dubbio uno dei terreni di lotta contro questa idea di emergenza perenne. In Italia è stata la prima a chiudere per il Covid-19 e non ha più “fisicamente” riaperto. I bambini, tutti i minorenni, e i loro diritti, sono stati ignorati durante tutta la fase emergenziale dalle istituzioni, e presi in considerazione solo dopo proteste e mobilitazioni. A non voler far la parte degli sciocchi pare invece piuttosto evidente che la strategia comunicativa delle istituzioni e del gruppo degli “esperti” fosse voluta e studiata, con una serie di dichiarazioni e poi successivi dietrofront in seguito alle proteste di una parte della popolazione e, nel caso specifico, degli insegnanti, genitori e associazioni. Tutto questo all’interno di un più generale modello comunicativo atto a creare confusione, incertezza e uno stato emotivo di ansia e panico, tenendo il popolo e le singole persone allo stadio di infantilismo. Una schiera di bambini impauriti che attendono regole e sicurezze dagli adulti.

Nonostante gli ammirevoli sforzi compiuti dalla grande maggioranza delle persone coinvolte – insegnanti, studenti e genitori – la didattica a distanza, a cui sono stati “sottoposti” i nostri figli, non può essere considerata altro che una soluzione di pura emergenza, che è già andata ben oltre i limiti ragionevoli.

Non può dunque essere pensata come soluzione anche per il prossimo anno e – per quanto si possano discutere sfumature e specificità – questo vale per tutti gli ordini e gradi di istruzione. Il dibattito sulle modalità di riapertura del prossimo anno scolastico vede coinvolte varie figure, dai dirigenti, agli insegnanti, ai pedagogisti, alle famiglie e associazioni. Crediamo che il fare chiarezza su una questione di tale importanza sia prioritario. Di fronte alle prospettate linee guida del Miur, è necessario avanzare un progetto concretamente alternativo che rispetti il valore dell’insegnamento, dei ragazzi, e più in generale rimetta al centro un più alto valore di umanità.

A premessa di tutto il ragionamento va evidenziato con decisione che il Governo ha fin dall’inizio delegato le scelte “politiche” ad un gruppo di esperti, i quali, non sappiamo se per mala fede, o per dichiarata ignoranza, non hanno fatto altro che proporre soluzioni sulla base di calcoli matematici che mal si compongono con la realtà. A volte, persino un po’ di buon senso, sarebbe bastato a correggerli. Le proposte per il rientro a scuola trovano il loro fondamento stabile sull’assioma dell’emergenza perenne: vedi distanziamento sociale, uso di mascherine, sterilizzazione degli ambienti scolastici, ecc. La parola d’ordine è “ritorno a scuola in sicurezza”. Appare evidente a chi non è cieco che la situazione attuale viene sfruttata per portare avanti un progetto di cambiamento della scuola che niente ha a che vedere con la pandemia; un progetto antico, ma che trovava resistenze nelle forze positive del Paese.

Tramontata l’idea di sostituire la “vecchia” scuola con la didattica a distanza per eccesso di proteste, ecco presentarsi l’idea di una “nuova” scuola, più moderna, digitale, flessibile, aperta alle realtà territoriali, nella quale la didattica a distanza, cacciata dalla porta principale, fa capolino, silenziosamente dalla finestra. L’idea ad esempio di diminuire le unità orarie a 40 minuti appare irrealistica e decisa da chi sembra non essere mai entrato in una scuola!

Se la digitalizzazione fa certamente parte ormai del percorso formativo, essa ha però un valore positivo solo come supporto all’insegnamento – che non può non essere in presenza – col suo corollario di relazione e socializzazione. Non possiamo d’altro canto tacere anche dei rischi di un’eccessiva esposizione dei ragazzi al mezzo informatico, rischi che negli ultimi anni sono stati evidenziati ripetutamente da pedagogisti e psicologi.

A questo scempio non si sottrae nemmeno l’università che sembra destinata a divenire quasi esclusivamente online. Questo da un lato può sembrare una “democratizzazione” del sapere, perché consente a studenti meno abbienti di frequentare lezioni di università fuorisede, senza gli oneri economici del vivere in un’altra città. In realtà nasconde delle insidie: un ragazzo di una piccola cittadina con università, preferirà iscriversi a quella più “prestigiosa” di una grande città come Milano o Roma ad esempio, con la conseguente perdita di pluralismo, già ora assai compromesso. Verrebbe meno anche quella naturale socialità fra studenti di diversa provenienza e cultura, che è sale imprescindibile per la formazione umana e di un robusto pensiero critico. Anche in questo caso, noi siamo certi della chiara volontà del governo di raggiungere tale obiettivo. Si tratta del progetto di formare la futura classe dirigente – che in parte è già tristemente attuale – una classe infarcita di competenze, ma con scarsissima capacità logica, riflessiva e critica, gioiosamente lanciata sul treno di tutte le ideologie progressiste e liberiste.

Nel nostro Paese si lavora alacremente da oltre tre mesi per mantenere alta la percezione di un’emergenza perenne e irreversibile che quindi è destinata a modificare radicalmente le nostre vite, il nostro modo di relazionarci, non in una direzione di maggiore consapevolezza e umanità, ma al contrario trasformando il mondo in una gigantesca sala operatoria asettica, dove l’altro è sempre un potenziale pericolo.

La verità invece è che al momento attuale l’emergenza è quasi scomparsa. I malati diminuiscono, gli ospedali si svuotano, nuove cure vengono sperimentate con grande successo; anche in caso di nuova recrudescenza in autunno – tutta da dimostrare – abbiamo tutto il tempo per fare interventi di prevenzione, strutturali e di medicina sul territorio. Di tutto questo, il governo, i loro tecnici e la maggioranza dei media ha sempre preferito non parlare.

Ci dicono che niente sarà più come prima, e in un certo senso è vero, ma non come lo intendono loro! È entrato radicalmente in crisi un modello di società, un paradigma economico, culturale e ci permettiamo di dire anche medico. Questa può essere un’occasione unica e cruciale per rifondare un intero paese, mattone dopo mattone. È fondamentale parlare di prevenzione, mettendo l’accento non sugli agenti patogeni che ci possono infettare, quanto sul sistema immunitario delle persone – il “terreno” – l’alimentazione sana ed equilibrata, lo stile di vita, l’inquinamento atmosferico ed elettromagnetico. In generale, si tratta quindi di cogliere l’occasione per portare alla luce un diverso paradigma medico. Abbiamo nel nostro Paese tanti medici che curano tenendo conto di una visione totale della persona e che hanno proposto visioni alternative al terrore sanitario di questa pandemia. Vengono spesso additati e perseguitati come “complottisti” e “non scientifici”. Sarebbe giunto il momento di sostenerli, di dar loro spazio e voce. Ma per far questo, perché essi non incorrano ulteriormente in persecuzioni, è necessario che tutte le persone che desiderano il cambiamento diano un sostegno pubblico e visibile. Dall’abbattere il “muro del terrore” passano tutte le altre battaglie. Non si può dunque attendere oltre.

La scuola è un muro portante dell’edificio da ricostruire.

Veniamo da decenni di tagli alla spesa pubblica, quindi alla sanità e alla scuola, da decenni di problemi trascinati e mai risolti. La prima inversione di marcia sarebbe proprio un tornare ad investire copiosamente in questi due settori. Urgenza che non ha niente a che vedere con l’emergenza, ma con il bene comune. Spetta a chi ha il mandato di governare il trovare le risorse. Anche il paradigma economico che ci ingabbia andrebbe subito messo in discussione.

Conversione a uso scolastico di edifici inutilizzati e di scuole precedentemente chiuse, ottimizzazione nell’uso dello spazio nelle aule in rapporto al numero di studenti, regolarizzazione dei docenti precari, assunzione di più personale, sono solo alcune delle proposte. Questioni come le classi-pollaio o il precariato di migliaia di docenti sono balzati all’onore della cronaca in quest’ultimo periodo, ma sono problemi di vecchia data ed erano un ostacolo ad una vera istruzione, già prima. Perché non cogliere l’occasione? Perché non mettere in discussione il dogma della scuola azienda, della didattica delle competenze, delle prove INVALSI e di tutta quella pseudoscienza dell’educazione che cancella l’idea olistica del bambino e del ragazzo in formazione?

Questo significa combattere un universo culturale che da decenni ha portato a riformare la scuola in senso peggiorativo, abbassando il livello di formazione dei giovani, puntando al mero inserimento nel mondo del lavoro e non allo sviluppo armonico della personalità, il solo che permette di diventare cittadini consapevoli e liberi.

Non ci può essere una scuola migliore, un migliore sistema sanitario se non all’interno di un rinnovato clima culturale.

Questo vuol essere un spunto di riflessione per approfondire meglio certi problemi che hanno bisogno di una risposta davvero urgente.

Belinda Bruni
Massimo Selis
Mario D’Andreta
Nikoleta Maslovar

Putin

18 giugno 2020 
Vladimir Putin: Le vere lezioni del 75 ° anniversario della seconda guerra mondiale

Il presidente russo offre una valutazione completa dell'eredità della seconda guerra mondiale, sostenendo che "Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Il tradimento di Monaco ha mostrato all'Unione Sovietica che l'Occidente i paesi si occuperebbero di problemi di sicurezza senza tener conto dei propri interessi ".

Sono trascorsi settantacinque anni dalla fine della Grande Guerra Patriottica . Diverse generazioni sono cresciute negli anni. La mappa politica del pianeta è cambiata. L' Unione Sovietica che rivendicò una vittoria epica e schiacciante sul nazismo e salvò il mondo intero è sparita. Inoltre, gli eventi di quella guerra sono diventati a lungo un ricordo lontano, anche per i suoi partecipanti. Allora perché la Russia celebra il nono maggio come la più grande festa? Perché la vita si ferma quasi il 22 giugno? E perché si sente un nodo alla gola?

Di solito dicono che la guerra ha lasciato una profonda impronta nella storia di ogni famiglia . Dietro queste parole, ci sono destini di milioni di persone, le loro sofferenze e il dolore della perdita. Dietro queste parole c'è anche l'orgoglio, la verità e la memoria.

Per i miei genitori, la guerra significava le terribili prove dell'assedio di Leningrado, dove morì mio fratello di due anni, Vitya. Era il posto dove mia madre riuscì miracolosamente a sopravvivere. Mio padre, nonostante fosse esente dal servizio attivo, si offrì volontario per difendere la sua città natale. Ha preso la stessa decisione di milioni di cittadini sovietici. Combatté contro la testa di ponte Nevsky Pyatachok e fu gravemente ferito. E più passano gli anni, più sento il bisogno di parlare con i miei genitori e conoscere meglio il periodo di guerra delle loro vite. Tuttavia, non ho più l'opportunità di farlo. Questo è il motivo per cui faccio tesoro nel mio cuore delle conversazioni che ho avuto con mio padre e mia madre su questo argomento, nonché della piccola emozione che hanno mostrato.

Persone della mia età e credo sia importante che i nostri figli, nipoti e pronipoti comprendano il tormento e le difficoltà che i loro antenati hanno dovuto sopportare. Devono capire come i loro antenati sono riusciti a perseverare e vincere. Da dove viene la loro forza di volontà pura e incessante che ha stupito e affascinato il mondo intero? Certo, stavano difendendo la loro casa, i loro figli, i loro cari e le loro famiglie. Tuttavia, ciò che condividevano era l'amore per la loro terra natale, la loro Patria. Quella sensazione profonda e intima si riflette pienamente nell'essenza stessa della nostra nazione e divenne uno dei fattori decisivi nella sua eroica e sacrificale lotta contro i nazisti.

Mi chiedo spesso: cosa farebbe la generazione di oggi? Come agirà di fronte a una situazione di crisi? Vedo giovani dottori, infermiere, a volte neolaureati che vanno nella "zona rossa" per salvare vite umane. Vedo i nostri militari che combattono il terrorismo internazionale nel Caucaso settentrionale e hanno combattuto fino alla fine in Siria. Sono così giovani. Molti militari che facevano parte del leggendario, immortale 6 ° Paracadutisti società erano 19-20 anni. Ma tutti dimostrarono che meritavano di ereditare l'impresa dei guerrieri della nostra terra natale che la difesero durante la Grande Guerra Patriottica.

Questo è il motivo per cui sono fiducioso che una delle caratteristiche distintive dei popoli della Russia sia l'adempimento del loro dovere senza dispiacersi per se stessi quando le circostanze lo richiedono. Valori come l'altruismo, il patriottismo, l'amore per la loro casa, la loro famiglia e la Patria rimangono fino ad oggi fondamentali e integrali nella società russa. Questi valori sono, in larga misura, la spina dorsale della sovranità del nostro paese.

Oggi abbiamo nuove tradizioni create dal popolo, come il Reggimento Immortale. Questa è la marcia della memoria che simboleggia la nostra gratitudine, così come la connessione vivente e i legami di sangue tra le generazioni. Milioni di persone escono per le strade portando le fotografie dei loro parenti che hanno difeso la loro Patria e sconfitto i nazisti. Ciò significa che le loro vite, le loro prove e sacrifici, così come la Vittoria che ci hanno lasciato non saranno mai dimenticate.

Abbiamo la responsabilità del nostro passato e del nostro futuro di fare del nostro meglio per impedire che queste orribili tragedie si ripetano. Quindi, sono stato costretto a pubblicare un articolo sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Grande Guerra Patriottica. Ho discusso questa idea in diverse occasioni con leader mondiali e hanno dimostrato il loro sostegno. Al vertice dei leader della CSI tenutosi alla fine dello scorso anno, siamo tutti d'accordo su una cosa: è essenziale trasmettere alle generazioni future il ricordo del fatto che i nazisti furono sconfitti prima di tutto dal popolo sovietico e che i rappresentanti di tutte le repubbliche dell'Unione Sovietica hanno combattuto fianco a fianco in quella battaglia eroica, sia in prima linea che nella parte posteriore. Durante quel summit, ho anche parlato con le mie controparti del difficile periodo prebellico .

Quella conversazione ha suscitato scalpore in Europa e nel mondo. Significa che è davvero giunto il momento di rivisitare le lezioni del passato. Allo stesso tempo, ci furono molte esplosioni emotive, insicurezze mal mascherate e forti accuse che seguirono. Agendo per abitudine, alcuni politici si affrettarono a sostenere che la Russia stava cercando di riscrivere la storia. Tuttavia, non sono riusciti a confutare un singolo fatto o confutare un singolo argomento. È davvero difficile, se non impossibile, discutere con i documenti originali che, a proposito, possono essere trovati non solo negli archivi russi, ma anche negli archivi stranieri.

Pertanto, è necessario esaminare ulteriormente le ragioni che hanno causato la guerra mondiale e riflettere sui suoi complicati eventi, tragedie e vittorie, nonché sulle sue lezioni, sia per il nostro paese che per il mondo intero. E come ho detto, è fondamentale fare affidamento esclusivamente su documenti d'archivio e prove contemporanee evitando qualsiasi speculazione ideologica o politicizzata.

Vorrei ancora una volta ricordare il fatto ovvio. Le cause profonde della seconda guerra mondiale derivano principalmente dalle decisioni prese dopo la prima guerra mondiale . Il trattato di Versailles divenne un simbolo di grave ingiustizia per la Germania. Sostanzialmente implicava che il paese dovesse essere derubato, costretto a pagare enormi riparazioni agli alleati occidentali che hanno prosciugato la sua economia. Il maresciallo francese Ferdinand Foch che servì come comandante supremo alleato diede una descrizione profetica di quel trattato: "Questa non è pace. È un armistizio da vent'anni".

Fu l'umiliazione nazionale che divenne un terreno fertile per sentimenti radicali di vendetta in Germania . I nazisti giocarono abilmente sulle emozioni della gente e costruirono la loro propaganda promettendo di liberare la Germania dall'eredità di Versailles e riportare il paese al suo antico potere, spingendo essenzialmente il popolo tedesco in guerra. Paradossalmente, gli stati occidentali, in particolare il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno contribuito direttamente o indirettamente a questo. Le loro imprese finanziarie e industriali investirono attivamente in fabbriche e impianti tedeschi che fabbricano prodotti militari. Inoltre, molte persone nell'aristocrazia e nell'establishment politico hanno sostenuto movimenti radicali, di estrema destra e nazionalisti che erano in aumento sia in Germania che in Europa .

L '"ordine mondiale di Versailles" ha causato numerose controversie implicite e conflitti apparenti. Girarono attorno ai confini dei nuovi stati europei stabiliti casualmente dai vincitori nella prima guerra mondiale. Quella delimitazione dei confini fu quasi immediatamente seguita da dispute territoriali e rivendicazioni reciproche che si trasformarono in "bombe a tempo".

Uno dei maggiori risultati della prima guerra mondiale fu l'istituzione della Società delle Nazioni. C'erano grandi aspettative per quell'organizzazione internazionale di garantire pace duratura e sicurezza collettiva. Era un'idea progressiva che, se seguita in modo coerente, poteva effettivamente impedire che si ripetessero gli orrori di una guerra globale.

Tuttavia, la Società delle Nazioni dominata dalle potenze vittoriose di Francia e Regno Unito si dimostrò inefficace e fu appena sommersa da discussioni inutili. La Società delle Nazioni e il continente europeo in generale non hanno ascoltato le ripetute chiamate dell'Unione Sovietica a stabilire un equo sistema di sicurezza collettiva e firmare un patto dell'Europa orientale e un patto del Pacifico per prevenire l'aggressione. Queste proposte sono state ignorate.

La Società delle Nazioni non è riuscita a prevenire conflitti in varie parti del mondo, come l'attacco dell'Italia all'Etiopia, la guerra civile in Spagna , l'aggressione giapponese contro la Cina e l'Anschluss d' Austria . Inoltre, nel caso del tradimento di Monaco che, oltre a Hitler e Mussolini , coinvolse leader britannici e francesi, la Cecoslovacchia fu smantellata con la piena approvazione della Società delle Nazioni. Vorrei sottolineare a questo proposito che, a differenza di molti altri leader europei di quel tempo, Stalin non si disonora incontrandosi con Hitler che era noto tra le nazioni occidentali come un politico abbastanza rispettabile ed era un gradito ospite nelle capitali europee .

Anche la Polonia era impegnata nella spartizione della Cecoslovacchia insieme alla Germania. Decisero insieme in anticipo chi avrebbe ottenuto quali territori cecoslovacchi. Il 20 settembre 1938, l'ambasciatore polacco in Germania Józef Lipski riferì al ministro degli Esteri polacco Józef Beck sulle seguenti assicurazioni fatte da Hitler: "... in caso di conflitto tra Polonia e Cecoslovacchia sui nostri interessi a Teschen, il Reich avrebbe stare dalla Polonia ". Il leader nazista ha persino sollecitato e avvisato che la Polonia ha iniziato ad agire "solo dopo che i tedeschi occupano i Sudeti".La Polonia era consapevole che senza il supporto di Hitler, i suoi piani annessionisti erano destinati a fallire. Vorrei citare a questo proposito un resoconto della conversazione tra l'ambasciatore tedesco a Varsavia Hans-Adolf von Moltke e Józef Beck che ebbe luogo il 1 ° ottobre 1938 e si concentrò sulle relazioni polacco-ceche e sulla posizione del Soviet Unione in questa materia. Dice: "Beck ha espresso vera gratitudine per il trattamento leale accordato [agli] interessi polacchi alla conferenza di Monaco, nonché per la sincerità delle relazioni durante il conflitto ceco. L'atteggiamento di Führer e cancelliere è stato pienamente apprezzato dal governo e il pubblico [della Polonia]. "

La spartizione della Cecoslovacchia fu brutale e cinica. Monaco distrusse persino le garanzie formali e fragili rimaste sul continente. Ha dimostrato che gli accordi reciproci erano privi di valore. Fu il tradimento di Monaco a fungere da "innesco" e rese inevitabile la grande guerra in Europa.

Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Perché? Il fatto che una volta i loro paesi abbiano rotto i loro impegni e sostenuto il tradimento di Monaco, con alcuni di loro che hanno persino partecipato a dividere la presa, non è l'unica ragione. Un altro è che è in qualche modo imbarazzante ricordare che durante quei drammatici giorni del 1938, l'Unione Sovietica fu l'unica a difendere la Cecoslovacchia.

L'Unione Sovietica, conformemente ai suoi obblighi internazionali, compresi gli accordi con la Francia e la Cecoslovacchia, ha cercato di impedire che accadesse la tragedia. Nel frattempo, la Polonia, alla ricerca dei suoi interessi, stava facendo del suo meglio per ostacolare l'istituzione di un sistema di sicurezza collettiva in Europa. Il ministro degli affari esteri polacco Józef Beck ne scrisse direttamente nella sua lettera del 19 settembre 1938 al summenzionato ambasciatore Józef Lipski prima dell'incontro con Hitler: "... l'anno scorso, il governo polacco ha respinto quattro volte la proposta di aderire all'Internazionale interferire in difesa della Cecoslovacchia ".

La Gran Bretagna, così come la Francia, che all'epoca era il principale alleato di cechi e slovacchi, scelsero di ritirare le loro garanzie e abbandonare questo paese dell'Europa orientale al suo destino. In tal modo, hanno cercato di dirigere l'attenzione dei nazisti verso est in modo che la Germania e l'Unione Sovietica si scontrassero inevitabilmente e si sanguinassero a vicenda. 

Questa è l'essenza della politica occidentale di pacificazione, che è stata perseguita non solo verso il Terzo Reich, ma anche verso altri partecipanti al cosiddetto Patto anticomprano: l'Italia fascista e il Giappone militarista. In Estremo Oriente, questa politica culminò con la conclusione dell'accordo anglo-giapponese nell'estate del 1939, che diede a Tokyo una mano libera in Cina. Le principali potenze europee non erano disposte a riconoscere il pericolo mortale rappresentato dalla Germania e dai suoi alleati per il mondo intero. Speravano che sarebbero rimasti intatti dalla guerra.

Il tradimento di Monaco ha mostrato all'Unione Sovietica che i paesi occidentali avrebbero affrontato le questioni di sicurezza senza tener conto dei suoi interessi. In effetti, potrebbero persino creare un fronte antisovietico, se necessario. 

Tuttavia, l'Unione Sovietica fece del suo meglio per sfruttare ogni possibilità di creare una coalizione anti-Hitler. Nonostante - lo dirò di nuovo - il doppio scambio da parte dei paesi occidentali. Ad esempio, i servizi di intelligence riferirono alla leadership sovietica informazioni dettagliate sui contatti dietro le quinte tra Gran Bretagna e Germania nell'estate del 1939. L'importante è che quei contatti fossero abbastanza attivi e praticamente coincidessero con i negoziati tripartiti tra la Francia , La Gran Bretagna e l'URSS, che sono state invece deliberatamente protratte dai partner occidentali. A questo proposito, citerò un documento dagli archivi britannici. Contiene istruzioni per la missione militare britannica arrivata a Mosca nell'agosto del 1939. Afferma direttamente che la delegazione avrebbe dovuto proseguire i negoziati molto lentamente e che il governo del Regno Unito non era pronto ad assumere alcun obbligo esplicitato in dettaglio e limitare la sua libertà di azione in qualsiasi circostanza. Noterò anche che, a differenza delle delegazioni britannica e francese, la delegazione sovietica era guidata dai massimi comandanti dell'Armata Rossa, che aveva l'autorità necessaria per "firmare una convenzione militare sull'organizzazione della difesa militare di Inghilterra, Francia e URSS contro l'aggressione in Europa ".

La Polonia ha giocato il suo ruolo nel fallimento di quei negoziati in quanto non voleva avere alcun obbligo nei confronti della parte sovietica. Anche sotto la pressione dei loro alleati occidentali, la leadership polacca ha respinto l'idea di un'azione comune con l'Armata Rossa per combattere contro la Wehrmacht. Fu solo quando venne a sapere dell'arrivo di Ribbentrop a Mosca che J. Beck con riluttanza e non direttamente, attraverso diplomatici francesi, notificò alla parte sovietica: "... in caso di azione comune contro l'aggressione tedesca, cooperazione tra Polonia e Unione Sovietica L'Unione non è fuori discussione, in circostanze tecniche che rimangono da concordare. " Allo stesso tempo, ha spiegato ai suoi colleghi: "... Ho accettato questa formulazione solo per motivi di tattica, e la nostra posizione centrale nei confronti dell'Unione Sovietica è definitiva e rimane invariata".

In queste circostanze, l'Unione Sovietica ha firmato il patto di non aggressione con la Germania. È stato praticamente l'ultimo dei paesi europei a farlo. Inoltre, è stato fatto di fronte a una vera minaccia di guerra su due fronti: con la Germania a ovest e con il Giappone a est, dove erano già in corso intensi combattimenti sul fiume Khalkhin Gol.

Stalin e il suo entourage, infatti, meritano molte legittime accuse. Ricordiamo i crimini commessi dal regime contro il suo stesso popolo e l'orrore delle repressioni di massa. In altre parole, ci sono molte cose per cui i leader sovietici possono essere rimproverati, ma la scarsa comprensione della natura delle minacce esterne non è una di queste. Hanno visto come sono stati fatti i tentativi di lasciare sola l'Unione Sovietica per trattare con la Germania e i suoi alleati. Tenendo presente questa vera minaccia, hanno cercato di guadagnare tempo prezioso necessario per rafforzare le difese del Paese.

Oggi sentiamo molte speculazioni e accuse contro la Russia moderna in relazione al Patto di non aggressione firmato allora. Sì, la Russia è lo stato successore legale dell'URSS e il periodo sovietico - con tutti i suoi trionfi e tragedie - è una parte inalienabile della nostra storia millenaria. Tuttavia, ricordiamo che l'Unione Sovietica ha dato una valutazione giuridica e morale del cosiddetto patto Molotov-Ribbentrop. Il Soviet Supremo nella sua risoluzione del 24 dicembre 1989 denunciò ufficialmente i protocolli segreti come "un atto di potere personale" che non rifletteva in alcun modo "la volontà del popolo sovietico che non ha alcuna responsabilità per questa collusione".

Eppure altri stati hanno preferito dimenticare gli accordi che portano le firme dei nazisti e dei politici occidentali, per non parlare di dare valutazioni legali o politiche di tale cooperazione, inclusa la silenziosa acquiescenza - o persino il diretto abbattimento - di alcuni politici europei nei barbari piani del nazisti. Basterà ricordare la frase cinica pronunciata dall'ambasciatore polacco in Germania J. Lipski durante la sua conversazione con Hitler del 20 settembre 1938: "... per risolvere il problema ebraico, noi [i polacchi] costruiremo in suo onore ... uno splendido monumento in Varsavia."

Inoltre, non sappiamo se esistessero "protocolli" segreti o allegati agli accordi di un certo numero di paesi con i nazisti. L'unica cosa che resta da fare è prendere la parola per questo. In particolare, i materiali relativi ai colloqui anglo-tedeschi segreti non sono ancora stati declassificati. Pertanto, esortiamo tutti gli Stati a intensificare il processo di rendere pubblici i loro archivi e pubblicare documenti precedentemente sconosciuti della guerra e dei periodi prebellici, come ha fatto la Russia negli ultimi anni. In questo contesto, siamo pronti per un'ampia cooperazione e progetti di ricerca congiunti che coinvolgono gli storici.

Ma torniamo agli eventi immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale. Era ingenuo credere che Hitler, una volta fatto con la Cecoslovacchia , non avrebbe fatto nuove rivendicazioni territoriali. Questa volta le affermazioni riguardavano il suo recente complice nella spartizione della Cecoslovacchia - Polonia. Qui, l'eredità di Versailles, in particolare il destino del cosiddetto corridoio di Danzica, è stata ancora una volta utilizzata come pretesto. La colpa della tragedia che la Polonia ha poi subito ricade interamente sulla leadership polacca, che ha impedito la formazione di un'alleanza militare tra Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica e si è basata sull'aiuto dei suoi partner occidentali, gettando la propria gente sotto il rullo compressore della macchina di distruzione di Hitler.

L'offensiva tedesca è stata montata in pieno accordo con la dottrina della guerra lampo. Nonostante la feroce, eroica resistenza dell'esercito polacco, l'8 settembre 1939 - solo una settimana dopo lo scoppio della guerra - le truppe tedesche si stavano avvicinando a Varsavia. Il 17 settembre, i leader militari e politici della Polonia erano fuggiti in Romania, abbandonando il suo popolo, che ha continuato a combattere contro gli invasori.

La speranza della Polonia per l'aiuto dei suoi alleati occidentali era vana. Dopo che fu dichiarata la guerra contro la Germania, le truppe francesi avanzarono solo poche decine di chilometri nel territorio tedesco. Tutto sembrava una semplice dimostrazione di azione vigorosa. Inoltre, il Consiglio di guerra supremo anglo-francese, che tenne il suo primo incontro il 12 settembre 1939 nella città francese di Abbeville, decise di annullare del tutto l'offensiva in vista dei rapidi sviluppi in Polonia. Fu allora che iniziò la famigerata guerra fasulla. Ciò che Gran Bretagna e Francia fecero fu un palese tradimento dei loro obblighi nei confronti della Polonia.Più tardi, durante le prove di Norimberga, i generali tedeschi spiegarono il loro rapido successo in Oriente. L'ex capo dello staff operativo dell'alto comando delle forze armate tedesche, il generale Alfred Jodl ha ammesso: "... non abbiamo subito la sconfitta già nel 1939 solo perché circa 110 divisioni francesi e britanniche di stanza in Occidente contro 23 divisioni tedesche durante la nostra guerra con la Polonia è rimasto assolutamente inattivo ".

Ho chiesto il recupero dagli archivi dell'intero corpus di materiali relativi ai contatti tra l'Unione Sovietica e la Germania nei drammatici giorni di agosto e settembre 1939. Secondo i documenti, il paragrafo 2 del Protocollo segreto al non-tedesco-sovietico Il patto di aggressione del 23 agosto 1939 affermava che, in caso di riorganizzazione territoriale-politica dei distretti che costituivano lo stato polacco, il confine delle sfere di interesse dei due paesi avrebbe "attraversato i fiumi Narew, Vistola e San" . In altre parole, la sfera di influenza sovietica includeva non solo i territori che ospitavano principalmente la popolazione ucraina e bielorussa, ma anche le terre storicamente polacche nell'interfaccia di Vistola e Bug. Questo fatto è noto a pochi in questi giorni.

Allo stesso modo, pochi sanno che, subito dopo l'attacco alla Polonia, nei primi giorni di settembre 1939 Berlino ha fortemente e ripetutamente invitato Mosca a unirsi all'azione militare. Tuttavia, la leadership sovietica ignorò quelle chiamate e progettò di evitare di impegnarsi negli sviluppi drammatici il più a lungo possibile.

Fu solo quando divenne assolutamente chiaro che la Gran Bretagna e la Francia non avrebbero aiutato il loro alleato e la Wehrmacht poteva occupare rapidamente l'intera Polonia e quindi apparire sugli approcci a Minsk che l'Unione Sovietica decise di inviare, la mattina del 17 Settembre, le unità dell'Armata Rossa entrano nei cosiddetti confini orientali, che oggi fanno parte dei territori di Bielorussia, Ucraina e Lituania.

Ovviamente, non c'erano alternative. Altrimenti, l'URSS avrebbe dovuto affrontare seri rischi perché - lo dirò di nuovo - il vecchio confine sovietico-polacco passava solo a poche decine di chilometri da Minsk. Il paese dovrebbe entrare nell'inevitabile guerra con i nazisti da posizioni strategiche molto svantaggiose, mentre milioni di persone di diverse nazionalità, tra cui gli ebrei che vivono vicino a Brest e Grodno, Przemyśl, Lvov e Wilno, sarebbero lasciati morire per mano di i nazisti e i loro complici locali - antisemiti e nazionalisti radicali.

Il fatto che l'Unione Sovietica abbia cercato di evitare di affrontare il conflitto crescente il più a lungo possibile e non fosse disposta a combattere fianco a fianco con la Germania era il motivo per cui il vero contatto tra le truppe sovietiche e tedesche avveniva molto più a est dei confini concordato nel protocollo segreto. Non si trovava sul fiume Vistola ma più vicino alla cosiddetta Curzon Line, che nel 1919 fu raccomandata dalla Triple Intente come confine orientale della Polonia.

Come è noto, non ha senso usare l'umore congiuntivo quando parliamo degli eventi passati. Dirò solo che, nel settembre del 1939, la leadership sovietica ebbe l'opportunità di spostare i confini occidentali dell'URSS ancora più a ovest, fino a Varsavia, ma decise di non farlo.

I tedeschi hanno suggerito di formalizzare il nuovo status quo. Il 28 settembre 1939 Joachim von Ribbentrop e V. Molotov firmarono a Mosca il Trattato di confine e di amicizia tra la Germania e l'Unione Sovietica , nonché il protocollo segreto sulla modifica del confine di stato, secondo il quale il confine era riconosciuto al limite delimitato dove i due eserciti si trovavano di fatto.

Nell'autunno del 1939, l'Unione Sovietica, perseguendo i suoi obiettivi strategici militari e difensivi, iniziò il processo di incorporazione di Lettonia, Lituania ed Estonia. La loro adesione all'URSS è stata attuata su base contrattuale, con il consenso delle autorità elette. Ciò era in linea con il diritto internazionale e statale di quel tempo. Inoltre, nell'ottobre 1939, la città di Vilna e l'area circostante, che in precedenza aveva fatto parte della Polonia, furono restituite in Lituania. Le repubbliche baltiche all'interno dell'URSS conservarono i loro corpi di governo, la loro lingua e rappresentarono le strutture statali superiori dell'Unione Sovietica.

Durante tutti questi mesi ci fu una lotta diplomatica e politico-militare invisibile in corso e un lavoro di intelligence. Mosca capì che stava affrontando un nemico feroce e crudele e che una guerra segreta contro il nazismo stava già accadendo. E non c'è motivo di prendere dichiarazioni ufficiali e note formali sul protocollo di quel tempo come prova di "amicizia" tra URSS e Germania. L'Unione Sovietica aveva contatti commerciali e tecnici attivi non solo con la Germania, ma anche con altri paesi. Considerando che Hitler tentò ancora e ancora di attirare l'Unione Sovietica nello scontro della Germania con il Regno Unito. Ma il governo sovietico rimase fermo.

L'ultimo tentativo di persuadere l'URSS ad agire insieme fu fatto da Hitler durante la visita di Molotov a Berlino nel novembre 1940. Ma Molotov seguì accuratamente le istruzioni di Stalin e si limitò a una discussione generale sull'idea tedesca dell'Unione Sovietica che si univa al Patto tripartito firmato da Germania, Italia e Giapponenel settembre 1940 e diretto contro il Regno Unito e gli Stati Uniti. Non c'è da stupirsi che già il 17 novembre Molotov abbia dato le seguenti istruzioni al rappresentante plenipotenziario sovietico a Londra Ivan Maisky: "Per vostra informazione ... Nessun accordo è stato firmato o era destinato a essere firmato a Berlino. Abbiamo appena scambiato le nostre opinioni a Berlino ... e questo è stato tutti ... Apparentemente, i tedeschi e i giapponesi sembrano ansiosi di spingerci verso il Golfo e l'India. Abbiamo rifiutato la discussione su questo argomento poiché riteniamo inappropriati tali consigli da parte della Germania ". E il 25 novembre la leadership sovietica lo ha definito del tutto un giorno presentando ufficialmente a Berlino le condizioni inaccettabili per i nazisti, tra cui il ritiro delle truppe tedesche dalla Finlandia, il trattato di mutua assistenza tra Bulgaria e URSS e un certo numero di altre . Pertanto ha deliberatamente escluso qualsiasi possibilità di aderire al Patto. Tale posizione ha sicuramente plasmato l'intenzione del Fuehrer di scatenare una guerra contro l'URSS. E già a dicembre, mettendo da parte gli avvertimenti dei suoi strateghi sul disastroso pericolo di una guerra a due fronti, Hitler approvò il Piano Barbarossa. Lo fece con la consapevolezza che l'Unione Sovietica era la forza maggiore che gli si opponeva in Europa e che l'imminente battaglia in Oriente avrebbe deciso l'esito della guerra mondiale. E non aveva dubbi sulla rapidità e il successo della campagna di Mosca. mettendo da parte gli avvertimenti dei suoi strateghi sul disastroso pericolo di una guerra a due fronti, Hitler approvò il Piano Barbarossa. Lo fece con la consapevolezza che l'Unione Sovietica era la forza maggiore che gli si opponeva in Europa e che l'imminente battaglia in Oriente avrebbe deciso l'esito della guerra mondiale. E non aveva dubbi sulla rapidità e il successo della campagna di Mosca. mettendo da parte gli avvertimenti dei suoi strateghi sul disastroso pericolo di una guerra a due fronti, Hitler approvò il Piano Barbarossa. Lo fece con la consapevolezza che l'Unione Sovietica era la forza maggiore che gli si opponeva in Europa e che l'imminente battaglia in Oriente avrebbe deciso l'esito della guerra mondiale. E non aveva dubbi sulla rapidità e il successo della campagna di Mosca.

E qui vorrei evidenziare quanto segue: i paesi occidentali, infatti, concordarono in quel momento con le azioni sovietiche e riconobbero l'intenzione dell'Unione Sovietica di garantire la sua sicurezza nazionale. In effetti, il 1 ° ottobre 1939 Winston Churchill, il Primo Lord dell'Ammiragliato allora, nel suo discorso alla radio disse: "La Russia ha perseguito una fredda politica di interesse personale ... Ma che gli eserciti russi dovrebbero stare su questa linea [si intende il nuovo confine occidentale] era chiaramente necessario per la sicurezza della Russia contro la minaccia nazista ". Il 4 ottobre 1939, parlando alla House of Lords, il segretario agli Esteri britannico Halifax disse: "... va ricordato che le azioni del governo sovietico furono di spostare il confine essenzialmente sulla linea raccomandata alla Conferenza di Versailles da Lord Curzon ...

Nelle comunicazioni informali con il rappresentante plenipotenziario sovietico Maisky, diplomatici britannici e politici di alto livello hanno parlato in modo ancora più aperto. Il 17 ottobre 1939 il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri RA Butler gli confidò che i circoli del governo britannico credevano che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di riportare l'Ucraina occidentale e la Bielorussia in Polonia. Secondo lui, se fosse stato possibile creare una Polonia etnografica di dimensioni modeste con una garanzia non solo dell'URSS e della Germania, ma anche della Gran Bretagna e della Francia, il governo britannico si sarebbe ritenuto abbastanza soddisfatto. Il 27 ottobre 1939, il consigliere senior di Chamberlain H.Wilson disse che la Polonia doveva essere ripristinata come stato indipendente sulla base etnografica, ma senza Ucraina occidentale e Bielorussia.

Vale la pena notare che nel corso di queste conversazioni sono state anche esplorate le possibilità di migliorare le relazioni britannico-sovietiche. Questi contatti hanno ampiamente gettato le basi per la futura alleanza e la coalizione anti-Hitler. Churchill si distinse tra altri politici responsabili e lungimiranti e, nonostante la sua famigerata antipatia per l'URSS, era stato a favore della cooperazione con i sovietici anche prima. Nel maggio del 1939, disse alla Camera dei Comuni, "Saremo in pericolo mortale se non riuscissimo a creare una grande alleanza contro l'aggressione. La peggiore follia sarebbe quella di scacciare qualsiasi cooperazione naturale con la Russia sovietica". E dopo l'inizio delle ostilità in Europa, al suo incontro con Maisky il 6 ottobre 1939, confidò che non c'erano contraddizioni serie tra Regno Unito e URSS e, quindi, non c'era motivo di relazioni tese o insoddisfacenti. Ha anche detto che il governo britannico era ansioso di sviluppare relazioni commerciali e disposto a discutere qualsiasi altra misura che potesse migliorare le relazioni.La seconda guerra mondiale non è avvenuta dall'oggi al domani, né è iniziata inaspettatamente o all'improvviso. E l'aggressione tedesca contro la Polonia non era dal nulla. Fu il risultato di una serie di tendenze e fattori della politica mondiale di quel tempo. Tutti gli eventi prebellici andarono a posto per formare una catena fatale. Ma, senza dubbio, i principali fattori che hanno predeterminato la più grande tragedia nella storia dell'umanità sono stati l'egoismo di stato, la codardia, la pacificazione dell'aggressore che stava guadagnando forza e la riluttanza delle élite politiche a cercare un compromesso.

Pertanto, è ingiusto affermare che la visita di due giorni a Mosca del ministro degli Esteri nazista Ribbentrop sia stata la ragione principale dell'inizio della seconda guerra mondiale. Tutti i paesi leader sono in una certa misura responsabili del suo scoppio. Ognuno di loro ha commesso errori fatali, credendo con arroganza di poter superare in astuzia gli altri, assicurarsi vantaggi unilaterali per se stesso o stare lontano dall'imminente catastrofe mondiale. E questa miopia, il rifiuto di creare un sistema di sicurezza collettiva è costato milioni di vite e perdite tremende.

Detto questo, non intendo assolutamente assumere il ruolo di giudice, accusare o assolvere chiunque, per non parlare dell'avvio di un nuovo ciclo di confronto internazionale di informazioni nel campo storico che potrebbe mettere i paesi e le persone ai margini. Credo che siano gli accademici con un'ampia rappresentanza di scienziati rispettati provenienti da diversi paesi del mondo a cercare una valutazione equilibrata di ciò che è accaduto. Tutti abbiamo bisogno della verità e dell'obiettività. Da parte mia, ho sempre incoraggiato i miei colleghi a costruire un dialogo calmo, aperto e basato sulla fiducia, per guardare al passato comune in modo autocritico e imparziale. Tale approccio consentirà di non ripetere gli errori commessi allora e di garantire uno sviluppo pacifico e di successo per gli anni a venire.

Tuttavia, molti dei nostri partner non sono ancora pronti per il lavoro congiunto. Al contrario, perseguendo i loro obiettivi, aumentano il numero e la portata degli attacchi informativi contro il nostro paese, cercando di farci fornire scuse e sentirci in colpa, e adottare dichiarazioni completamente ipocrite e motivate politicamente. Pertanto, ad esempio, la risoluzione sull'importanza del ricordo europeo per il futuro dell'Europa, approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, ha accusato direttamente l'URSS insieme alla Germania nazista di scatenare la seconda guerra mondiale. Inutile dire che non si fa menzione di Monaco.

Credo che tali "scartoffie" - poiché non posso chiamare questa risoluzione un documento - che è chiaramente inteso a provocare uno scandalo, sono piene di minacce reali e pericolose. In effetti, è stato adottato da un'istituzione di tutto rispetto. E cosa mostra questo? Purtroppo, ciò rivela una politica deliberata volta a distruggere l'ordine mondiale del dopoguerra, la cui creazione è stata una questione di onore e responsabilità per gli Stati, un certo numero di rappresentanti dei quali hanno votato oggi a favore di questa ingannevole risoluzione. Pertanto, hanno contestato le conclusioni del Tribunale di Norimberga e gli sforzi della comunità internazionale per creare dopo le vittoriose istituzioni internazionali universali del 1945. Consentitemi di ricordare al riguardo che il processo stesso di integrazione europea che porta alla creazione di strutture pertinenti, incluso il Parlamento europeo, è diventato possibile solo grazie agli insegnamenti tratti dal passato e alla sua accurata valutazione giuridica e politica. E coloro che mettono deliberatamente in discussione questo consenso minano le basi dell'intera Europa postbellica.

Oltre a rappresentare una minaccia per i principi fondamentali dell'ordine mondiale, ciò solleva anche alcune questioni morali ed etiche. Dissacrare e insultare la memoria è meschino. La meschinità può essere deliberata, ipocrita e piuttosto intenzionale come nella situazione delle dichiarazioni commemorative del 75 °anniversario della fine della seconda guerra mondiale menzionare tutti i partecipanti alla coalizione anti-Hitler ad eccezione dell'Unione Sovietica. La meschinità può essere codarda come nella situazione in cui i monumenti eretti in onore di coloro che hanno combattuto contro il nazismo vengono demoliti e questi atti vergognosi sono giustificati dai falsi slogan della lotta contro un'ideologia sgradita e una presunta occupazione. La cattiveria può anche essere sanguinosa come nella situazione in cui coloro che escono contro i neonazisti e i successori di Bandera vengono uccisi e bruciati. Ancora una volta, la cattiveria può avere manifestazioni diverse, ma ciò non lo rende meno disgustoso.

Trascurare le lezioni della storia porta inevitabilmente a un duro rimborso. Sosterremo fermamente la verità sulla base di fatti storici documentati. Continueremo ad essere onesti e imparziali sugli eventi della seconda guerra mondiale. Ciò include un progetto su larga scala per istituire la più grande collezione russa di documenti d'archivio, materiale cinematografico e fotografico sulla storia della seconda guerra mondiale e sul periodo prebellico.

Tale lavoro è già in corso. Molti nuovi materiali, recentemente scoperti o declassificati sono stati usati anche nella preparazione di questo articolo. A questo proposito, posso affermare con tutta la responsabilità che non esistono documenti d'archivio che confermerebbero l'ipotesi che l'URSS intendesse iniziare una guerra preventiva contro la Germania. La leadership militare sovietica seguì effettivamente una dottrina secondo la quale, in caso di aggressione, l'Armata Rossa avrebbe prontamente affrontato il nemico, avrebbe iniziato l'offensiva e avrebbe fatto la guerra sul territorio nemico. Tuttavia, tali piani strategici non implicavano alcuna intenzione di attaccare prima la Germania.

Naturalmente, gli storici hanno a disposizione documenti di pianificazione militare, lettere di istruzione del quartier generale sovietico e tedesco. Infine, conosciamo il vero corso degli eventi. Dal punto di vista di questa conoscenza, molti discutono delle azioni, degli errori e dei giudizi errati della leadership militare e politica del Paese. A questo proposito, dirò una cosa: insieme a un enorme flusso di disinformazione di vario genere, i leader sovietici hanno anche ricevuto informazioni vere sull'imminente aggressione nazista. E nei mesi prebellici, hanno preso provvedimenti per migliorare la prontezza al combattimento del paese, incluso il reclutamento segreto di una parte dei responsabili del servizio militare per l'addestramento militare e la ridistribuzione di unità e riserve dai distretti militari interni ai confini occidentali .

La guerra non è stata una sorpresa, la gente se l'aspettava, preparandosi. Ma l'attacco nazista era davvero senza precedenti in termini di potere distruttivo. Il 22 giugno 1941, l'Unione Sovietica affrontò l'esercito più forte, più mobilitato e competente del mondo con il potenziale industriale, economico e militare di quasi tutta l'Europa che lavorava per esso. Non solo la Wehrmacht, ma anche i satelliti tedeschi, contingenti militari di molti altri stati del continente europeo, hanno preso parte a questa invasione mortale.

Le più gravi sconfitte militari nel 1941 portarono il paese sull'orlo della catastrofe. Il potere di combattimento e il controllo dovevano essere ripristinati con mezzi estremi, mobilitazione a livello nazionale e intensificazione di tutti gli sforzi dello stato e del popolo. Nell'estate del 1941, milioni di cittadini, centinaia di fabbriche e industrie iniziarono ad essere evacuate sotto il fuoco nemico ad est del paese. La produzione di armi e munizioni, che aveva iniziato ad essere fornita al fronte già nel primo inverno militare, fu lanciata nel più breve tempo possibile e, nel 1943, i tassi di produzione militare della Germania e dei suoi alleati furono superati. Entro sei mesi, il popolo sovietico fece qualcosa che sembrava impossibile. Sia in prima linea che in casa. È ancora difficile capire, capire e immaginare quali incredibili sforzi, coraggio,

L'enorme potere della società sovietica, unito dal desiderio di proteggere la loro terra natale, si ribellò contro la potente macchina d'invasione nazista a sangue freddo, armata fino ai denti. Si alzò per vendicarsi del nemico, che aveva spezzato, calpestato la vita pacifica, i piani e le speranze della gente.

Certo, paura, confusione e disperazione stavano prendendo il sopravvento su alcune persone durante questa terribile e sanguinosa guerra. Ci furono tradimento e diserzione. La dura scissione causata dalla rivoluzione e dalla guerra civile, dal nichilismo, dalla beffa della storia nazionale, dalle tradizioni e dalla fede che i bolscevichi tentarono di imporre, specialmente nei primi anni dopo l'ascesa al potere - tutto ciò ebbe il suo impatto. Ma l'atteggiamento generale della maggioranza assoluta dei cittadini sovietici e dei nostri compatrioti che si sono trovati all'estero era diverso: salvare e proteggere la Patria. Fu un impulso reale e irrefrenabile. Le persone cercavano supporto nei veri valori patriottici.

Gli "strateghi" nazisti erano convinti che un enorme stato multinazionale potesse essere facilmente portato al tallone. Pensavano che l'improvviso scoppio della guerra, la sua spietatezza e le insopportabili difficoltà avrebbero inevitabilmente aggravato le relazioni interetniche. E che il paese potrebbe essere diviso in pezzi. Hitler dichiarò chiaramente: "La nostra politica nei confronti dei popoli che vivono nella vastità della Russia dovrebbe essere quella di promuovere qualsiasi forma di disaccordo e divisione".

Ma fin dai primi giorni, era chiaro che il piano nazista aveva fallito. La fortezza di Brest è stata protetta fino all'ultima goccia di sangue dai suoi difensori di oltre 30 etnie. Durante la guerra, l'impresa del popolo sovietico non conobbe confini nazionali, sia nelle battaglie decisive su larga scala che nella protezione di ogni punto d'appoggio, ogni metro di terra natia. La regione del Volga e gli Urali, la Siberia e l'Estremo Oriente, le repubbliche dell'Asia centrale e della Transcaucasia divennero la dimora di milioni di sfollati. I loro residenti condividevano tutto ciò che avevano e fornivano tutto il supporto che potevano. L'amicizia dei popoli e l'aiuto reciproco sono diventati una vera fortezza indistruttibile per il nemico.

L'Unione Sovietica e l'Armata Rossa, indipendentemente da ciò che qualcuno sta cercando di dimostrare oggi, hanno dato il contributo principale e cruciale alla sconfitta del nazismo. Questi erano eroi che combatterono fino alla fine circondati dal nemico a Bialystok e Mogilev, Uman e Kiev, Vyazma e Kharkov. Hanno lanciato attacchi vicino a Mosca e Stalingrado, Sebastopoli e Odessa, Kursk e Smolensk. Liberarono Varsavia, Belgrado, Vienna e Praga. Hanno preso d'assalto Koenigsberg e Berlino.

Contendiamo verità autentiche, non verniciate o imbiancate sulla guerra. Questa verità umana, nazionale, dura, amara e spietata, ci è stata tramandata da scrittori e poeti che hanno attraversato il fuoco e l'inferno delle prove sul fronte. Per la mia generazione, così come per gli altri, le loro storie oneste e profonde, i romanzi, la penetrante prosa di trincea e le poesie hanno lasciato il segno nella mia anima per sempre. Onorare i veterani che hanno fatto tutto il possibile per la Vittoria e ricordare coloro che sono morti sul campo di battaglia è diventato il nostro dovere morale.

E oggi, il semplice e grande nelle sue linee essenziali del poema di Alexander Tvardovsky "Sono stato ucciso vicino a Rzhev ..." dedicato ai partecipanti alla sanguinosa e brutale battaglia della Grande Guerra Patriottica al centro della prima linea sovietico-tedesca sono sorprendenti. Solo nelle battaglie per Rzhev e Rzhevsky Salient dall'ottobre 1941 al marzo 1943, l'Armata Rossa perse 1.154, 698 persone, tra cui feriti e dispersi. Per la prima volta, chiamo queste figure terribili, tragiche e tutt'altro che complete raccolte da fonti d'archivio. Lo faccio per onorare il ricordo dell'impresa di eroi noti e senza nome, che per varie ragioni erano immeritatamente e ingiustamente poco discussi o non menzionati affatto negli anni del dopoguerra.

Lascia che ti citi un altro documento. Questo è un rapporto del febbraio 1954 sulla riparazione dalla Germania della Commissione Alleata per le riparazioni guidata da Ivan Maisky. Il compito della Commissione era di definire una formula in base alla quale la Germania sconfitta avrebbe dovuto pagare per i danni subiti dai poteri vincitori. La Commissione ha concluso che "il numero di giorni di soldato trascorsi dalla Germania sul fronte sovietico è almeno 10 volte superiore a quello di tutti gli altri fronti alleati. Il fronte sovietico doveva anche gestire i quattro quinti dei carri armati tedeschi e circa i due terzi di Aereo tedesco ". Nel complesso, l'URSS rappresentava circa il 75% di tutti gli sforzi militari intrapresi dalla coalizione anti-Hitler. Durante il periodo di guerra, l'Armata Rossa "raddrizzò" 626 divisioni degli Stati dell'Asse, di cui 508 tedeschi.

Il 28 aprile 1942, Franklin D. Roosevelt disse nel suo discorso alla nazione americana: "Queste forze russe hanno distrutto e stanno distruggendo più potenza armata dei nostri nemici - truppe, aerei, carri armati e pistole - di tutte le altre Nazioni Unite mettere insieme". Winston Churchill nel suo messaggio a Joseph Stalin del 27 settembre 1944, scrisse "è l'esercito russo che ha strappato le viscere alla macchina militare tedesca ...".

Tale valutazione ha risuonato in tutto il mondo. Perché queste parole sono la grande verità, di cui nessuno dubitava allora. Quasi 27 milioni di cittadini sovietici persero la vita sui fronti, nelle carceri tedesche, morirono di fame e furono bombardati, morirono nei ghetti e nelle fornaci dei campi di sterminio nazisti. L'URSS perse uno su sette dei suoi cittadini, il Regno Unito ne perse uno su 127 e gli Stati Uniti ne persero uno su 320. Sfortunatamente, questa cifra delle perdite più gravi e gravi dell'Unione Sovietica non è esaustiva. Il lavoro scrupoloso dovrebbe essere continuato per ripristinare i nomi e le sorti di tutti coloro che sono morti: soldati dell'Armata Rossa, partigiani, combattenti sotterranei, prigionieri di guerra e campi di concentramento e civili uccisi dagli squadroni della morte. È nostro dovere E qui, membri del movimento di ricerca, associazioni militari-patriottiche e di volontariato, progetti come il database elettronico "Pamyat Naroda", che contiene documenti d'archivio, svolgono un ruolo speciale. E, sicuramente, è necessaria una stretta cooperazione internazionale in un compito umanitario così comune.

Gli sforzi di tutti i paesi e tutti i popoli che hanno combattuto contro un nemico comune hanno portato alla vittoria. L'esercito britannico ha protetto la sua patria dall'invasione, ha combattuto i nazisti e i loro satelliti nel Mediterraneo e nel Nord Africa. Le truppe americane e britanniche liberarono l'Italia e aprirono il Secondo Fronte. Gli Stati Uniti hanno commesso potenti e devastanti attacchi contro l'aggressore nell'Oceano Pacifico. Ricordiamo gli enormi sacrifici fatti dal popolo cinese e il loro grande ruolo nella sconfitta dei militaristi giapponesi. Non dimentichiamo i combattenti di Fighting France, che non si innamorarono della vergognosa capitolazione e continuarono a combattere contro i nazisti.

Inoltre saremo sempre grati per l'assistenza fornita dagli Alleati nel fornire all'Armata Rossa munizioni, materie prime, cibo e attrezzature. E quell'aiuto fu significativo - circa il 7 percento della produzione militare totale dell'Unione Sovietica.

Il nucleo della coalizione anti-Hitler iniziò a prendere forma immediatamente dopo l'attacco all'Unione Sovietica, dove gli Stati Uniti e la Gran Bretagna lo sostenevano incondizionatamente nella lotta contro la Germania di Hitler. Alla conferenza di Teheran del 1943, Stalin, Roosevelt e Churchill formarono un'alleanza di grandi potenze, accettarono di elaborare la diplomazia della coalizione e una strategia comune nella lotta contro una comune minaccia mortale. I leader dei Big Three avevano una chiara comprensione del fatto che l'unificazione delle capacità industriali, di risorse e militari dell'URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito darà una supremazia incontrastata al nemico.

L'Unione Sovietica ha adempiuto pienamente ai suoi obblighi verso i suoi alleati e ha sempre offerto una mano. Pertanto, l'Armata Rossa ha sostenuto lo sbarco delle truppe anglo-americane in Normandia effettuando un'operazione Bagration su larga scala in Bielorussia. Nel gennaio del 1945, avendo sfondato il fiume Oder, pose fine all'ultima potente offensiva della Wehrmacht sul fronte occidentale delle Ardenne. Tre mesi dopo la vittoria sulla Germania, l'URSS, in pieno accordo con gli accordi di Yalta, dichiarò guerra al Giappone e sconfisse l'esercito di Kwantung, che aveva un milione di abitanti.

Nel luglio del 1941, la leadership sovietica dichiarò che lo scopo della guerra contro gli oppressori fascisti non era solo l'eliminazione della minaccia che incombeva sul nostro paese, ma aiutava anche tutti i popoli d'Europa che soffrivano sotto il giogo del fascismo tedesco. Entro la metà del 1944, il nemico fu espulso praticamente da tutto il territorio sovietico. Tuttavia, il nemico doveva essere finito nella sua tana. E così l'Armata Rossa iniziò la sua missione di liberazione in Europa. Ha salvato intere nazioni dalla distruzione e dalla schiavitù e dall'orrore dell'Olocausto. Furono salvati al costo di centinaia di migliaia di vite di soldati sovietici.

È anche importante non dimenticare l'enorme assistenza materiale fornita dall'URSS ai paesi liberati per eliminare la minaccia della fame e ricostruire le loro economie e infrastrutture. Ciò avveniva quando le ceneri si estendevano per migliaia di miglia da Brest a Mosca e al Volga. Ad esempio, nel maggio del 1945, il governo austriaco chiese all'URSS di fornire assistenza alimentare, poiché "non aveva idea di come nutrire la sua popolazione nelle prossime sette settimane prima del nuovo raccolto". Il cancelliere di stato del governo provvisorio della Repubblica austriaca Karl Renner descrisse il consenso della leadership sovietica a inviare cibo come un atto salvifico che gli austriaci non avrebbero mai dimenticato.

Gli Alleati istituirono congiuntamente il Tribunale militare internazionale per punire i criminali nazisti politici e di guerra. Le sue decisioni contenevano una chiara qualificazione giuridica dei crimini contro l'umanità, come il genocidio, la pulizia etnica e religiosa, l'antisemitismo e la xenofobia. Direttamente e senza ambiguità, il Tribunale di Norimberga ha anche condannato i complici dei nazisti, collaboratori di vario genere.

Questo vergognoso fenomeno si è manifestato in tutti i paesi europei. Figure come Pétain, Quisling, Vlasov, Bandera, i loro scagnozzi e seguaci - sebbene fossero travestiti da combattenti per l'indipendenza nazionale o la libertà dal comunismo - sono traditori e macellatori. Nella disumanità, hanno spesso superato i loro padroni. Nel loro desiderio di servire, come parte di speciali gruppi punitivi, eseguirono volentieri gli ordini più disumani. Erano responsabili di eventi sanguinosi come le sparatorie di Babi Yar, il massacro di Volhynia, l'incendio di Khatyn, gli atti di distruzione di ebrei in Lituania e Lettonia. 

Anche oggi la nostra posizione rimane invariata: non ci possono essere scuse per gli atti criminali dei collaboratori nazisti, per loro non esiste uno statuto di limitazioni. È quindi sorprendente che in alcuni paesi coloro che sono sorrisi dalla cooperazione con i nazisti siano improvvisamente equiparati ai veterani della Seconda Guerra Mondiale. Credo che sia inaccettabile equiparare i liberatori con gli occupanti. E posso solo considerare la glorificazione dei collaboratori nazisti come un tradimento della memoria dei nostri padri e nonni. Un tradimento degli ideali che univano i popoli nella lotta contro il nazismo. A quel tempo, i leader dell'URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito affrontarono, senza esagerare, un compito storico. Stalin , Roosevelt e Churchill rappresentavano i paesi con diverse ideologie, aspirazioni statali, interessi, culture, ma dimostravano una grande volontà politica, si alzavano al di sopra delle contraddizioni e delle preferenze e mettevano in primo piano i veri interessi della pace. Di conseguenza, sono stati in grado di raggiungere un accordo e raggiungere una soluzione di cui tutta l'umanità ha beneficiato.

I poteri vittoriosi ci hanno lasciato un sistema che è diventato la quintessenza della ricerca intellettuale e politica di diversi secoli. Una serie di conferenze - Teheran, Yalta, San Francisco e Potsdam - hanno gettato le basi di un mondo che per 75 anni non ha avuto una guerra globale, nonostante le contraddizioni più acute.

Il revisionismo storico, le cui manifestazioni osserviamo ora in Occidente, e principalmente riguardo al tema della Seconda Guerra Mondiale e al suo esito, è pericoloso perché distorce grossolanamente e cinicamente la comprensione dei principi di sviluppo pacifico, stabiliti a le conferenze di Yalta e San Francisco nel 1945. Il principale risultato storico di Yalta e di altre decisioni dell'epoca è l'accordo per creare un meccanismo che consenta alle potenze leader di rimanere nel quadro della diplomazia nel risolvere le loro differenze.

Il ventesimo secolo ha portato conflitti globali su larga scala e completi, e nel 1945 sono entrate in scena anche le armi nucleari in grado di distruggere fisicamente la Terra. In altre parole, la risoluzione delle controversie con la forza è diventata pericolosamente pericolosa. E i vincitori della seconda guerra mondiale lo capirono. Hanno capito ed erano consapevoli della propria responsabilità nei confronti dell'umanità.

Il racconto cautelativo della Società delle Nazioni è stato preso in considerazione nel 1945. La struttura del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata sviluppata in modo da rendere le garanzie di pace il più concrete ed efficaci possibile. È così che sono nati l'istituzione dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza e il diritto di veto come privilegio e responsabilità.

Qual è il potere di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ? Per dirla senza mezzi termini, è l'unica alternativa ragionevole a uno scontro diretto tra i principali paesi. È una dichiarazione di uno dei cinque poteri secondo cui una decisione è inaccettabile e contraria ai suoi interessi e alle sue idee sul giusto approccio. E altri paesi, anche se non sono d'accordo, danno questa posizione per scontata, abbandonando ogni tentativo di realizzare i loro sforzi unilaterali. Quindi, in un modo o nell'altro, è necessario cercare compromessi.

Un nuovo confronto globale è iniziato quasi immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale ed è stato a volte molto feroce. E il fatto che la guerra fredda non sia cresciuta fino alla terza guerra mondiale è diventata una chiara testimonianza dell'efficacia degli accordi conclusi dai Grandi Tre. Le regole di condotta concordate durante la creazione delle Nazioni Unite hanno permesso di minimizzare ulteriormente i rischi e di tenere sotto controllo lo scontro.

Naturalmente, possiamo vedere che il sistema delle Nazioni Unite attualmente sta vivendo una certa tensione nel suo lavoro e non è così efficace come potrebbe essere. Ma l'ONU svolge ancora la sua funzione principale. I principi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono un meccanismo unico per prevenire una grande guerra o un conflitto globale.

Le richieste che sono state fatte abbastanza spesso negli ultimi anni per abolire il potere di veto, per negare opportunità speciali ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono in realtà irresponsabili. Dopotutto, se ciò dovesse accadere, le Nazioni Unite diventerebbero in sostanza la Società delle Nazioni - un incontro per discorsi vuoti senza alcun effetto sui processi mondiali. Come è noto è noto. Ecco perché le potenze vittoriose si avvicinarono alla formazione del nuovo sistema dell'ordine mondiale con la massima serietà cercando di evitare la ripetizione degli errori dei loro predecessori.

La creazione del moderno sistema di relazioni internazionali è uno dei maggiori risultati della seconda guerra mondiale. Anche le contraddizioni più insormontabili - geopolitiche, ideologiche, economiche - non ci impediscono di trovare forme di convivenza pacifica e interazione, se c'è il desiderio e la volontà di farlo. Oggi il mondo sta attraversando un periodo piuttosto turbolento. Tutto sta cambiando, dall'equilibrio globale di potere e influenza ai fondamenti sociali, economici e tecnologici di società, nazioni e persino continenti. In epoche passate, cambiamenti di tale portata non sono quasi mai avvenuti senza importanti conflitti militari. Senza una lotta di potere per costruire una nuova gerarchia globale. Grazie alla saggezza e alla lungimiranza delle figure politiche delle Potenze Alleate, è stato possibile creare un sistema che si è frenato da manifestazioni estreme di tale competizione oggettiva, storicamente inerente allo sviluppo del mondo.

È nostro dovere - tutti coloro che si assumono la responsabilità politica e soprattutto i rappresentanti delle potenze vittoriose nella seconda guerra mondiale - garantire che questo sistema sia mantenuto e migliorato. Oggi, come nel 1945, è importante dimostrare volontà politica e discutere insieme del futuro. I nostri colleghi - Xi Jinping, Macron, Trump e Johnson - hanno appoggiato l'iniziativa russa di tenere una riunione dei leader dei cinque Stati con armi nucleari, membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Li ringraziamo per questo e speriamo che un incontro faccia a faccia possa aver luogo il prima possibile. 

Qual è la nostra visione dell'agenda per il prossimo vertice? Innanzitutto, a nostro avviso, sarebbe utile discutere i passi per sviluppare principi collettivi negli affari mondiali. Parlare francamente delle questioni relative al mantenimento della pace, al rafforzamento della sicurezza globale e regionale, al controllo strategico degli armamenti, nonché agli sforzi congiunti per contrastare il terrorismo, l'estremismo e altre importanti sfide e minacce.

Un punto speciale all'ordine del giorno della riunione è la situazione dell'economia globale. E soprattutto, superare la crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus. I nostri paesi stanno adottando misure senza precedenti per proteggere la salute e la vita delle persone e per sostenere i cittadini che si sono trovati in situazioni di vita difficili. La nostra capacità di lavorare insieme e in concerto, come veri partner, mostrerà quanto sarà grave l'impatto della pandemia e quanto velocemente l'economia globale emergerà dalla recessione. Inoltre, è inaccettabile trasformare l'economia in uno strumento di pressione e confronto. Le questioni più comuni includono la protezione dell'ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, oltre a garantire la sicurezza dello spazio informativo globale.

L'agenda proposta dalla Russia per il prossimo vertice dei Cinque è estremamente importante e rilevante sia per i nostri paesi che per il mondo intero. E abbiamo idee e iniziative specifiche su tutti gli articoli.

Non vi è dubbio che il vertice di Russia, Cina , Francia , Stati Uniti e Regno Unito possa svolgere un ruolo importante nel trovare risposte comuni a sfide e minacce moderne e dimostrerà un impegno comune per lo spirito di alleanza, per quegli alti ideali e valori umanistici per i quali i nostri padri e nonni stavano combattendo spalla a spalla.

Attingendo a una memoria storica condivisa, possiamo fidarci l'uno dell'altro e dobbiamo farlo. Ciò servirà come solida base per negoziati di successo e azioni concertate per migliorare la stabilità e la sicurezza del pianeta e per il benessere e il benessere di tutti gli Stati. Senza esagerare, è nostro comune dovere e responsabilità verso il mondo intero, verso le generazioni presenti e future.

Vladimir Putin è Presidente della Federazione Russa. 

Immagine: Reuters.