L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 24 ottobre 2020

Gli Stati Uniti dominano il mondo attraverso il dollaro e la tecnologia militare

Come le marine militari di America e Cina si preparano alla guerra

24 ottobre 2020


La guerra tra America e Cina è improbabile, ma le due nazioni si stanno preparando. E stanno rafforzando le proprie capacità militari, soprattutto marittime

Il consigliere americano per la sicurezza nazionale, Robert O’Brien, ha detto che tutti i cacciatorpedinieri della marina militare saranno dotati di missili ipersonici.

COSA SONO I MISSILI IPERSONICI

Si tratta di armi innovative, in grado di viaggiare ad una velocità almeno cinque volte superiore a quella del suono e capaci di colpire a grandi distanze, garantendo anche un’elevata manovrabilità. È una tecnologia in cui anche la Cina sta investendo e che sta testando molto, stando a quanto riferito dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. A tale proposito, nei giorni scorsi è circolato un video che mostrava un bombardiere cinese Xian H-6N che trasportava un missile con una sospetta testata ipersonica.

COSA HA DETTO O’BRIEN

Durante un discorso tenuto mercoledì al cantiere navale di Portsmouth, in Maine, Robert O’Brien ha detto che le prime navi ad essere dotate di capacità missilistica ipersonica saranno i nuovi sottomarini di classe Virginia e i cacciatorpedinieri di classe Zumwalt. In seguito, tale capacità verrà estesa a tutti i cacciatorpedinieri di classe Arleigh Burke.

La dichiarazione di O’Brien non è isolata, ma si aggiunge ad altre frasi pronunciate sia da lui stesso che da altri funzionari di alto grado dell’amministrazione Trump. Che si inseriscono tutte in un contesto preciso: la crescita delle tensioni con la Cina e la necessità, per gli Stati Uniti, di garantirsi la superiorità marittima.

LA CRESCITA DELLA CAPACITÀ MILITARE CINESE

La Cina vuole essere la prima potenza globale e sta adeguando le proprie capacità militari alle sue ambizioni: Pechino ha intenzione di completare la modernizzazione delle proprie forze armate per il 2035 e di essere in grado di schierare un esercito di prima fascia entro il 2050.

Nell’eventualità – al momento improbabile – che America e Cina dovessero arrivare a farsi la guerra, il teatro di questo scontro sarà probabilmente il Pacifico. Già due anni fa il vicepresidente americano Mike Pence disse infatti che “la Cina vuole nientemeno che espellere gli Stati Uniti d’America dal Pacifico occidentale”.

La zona è effettivamente molto “calda”: è qui, cioè, che si concentrano le frizioni tra le due superpotenze; ed è qui che Washington spinge per la creazione di un’esplicita alleanza anti-cinese (senza però incontrare il favore dei paesi della regione).

All’eventualità di un conflitto, comunque, la Cina si sta preparando. Si è dotata di un proprio sistema di navigazione satellitare, BeiDou, i cui servizi di localizzazione nel Pacifico sarebbero più accurati di quelli del GPS americano. E ha aumentato il numero di navi della propria flotta militare, che adesso è la più grande al mondo, più di quella americana.

GLI STATI UNITI IN ALLERTA

La superiorità numerica della marina cinese ha messo in allerta gli Stati Uniti, la cui priorità geopolitica è appunto il dominio sui mari.

Le maggiori dimensioni della flotta cinese non sono sufficienti a garantire a Pechino la vittoria in caso di guerra. Al contrario di quella americana, la marina cinese non ha esperienze di combattimento, anche se sta intensificando le esercitazioni. Gli Stati Uniti, poi, possono contare su una rete di alleati fidati nel Pacifico, come Australia, Giappone e Corea del sud.

La narrativa, basata su fake news non tollera disturbo, è pronta a sparare a chi dissente, tra pochi i soldati circoleranno per le strade a imporre il verbo con armi e pallottole

 Questi napoletani saranno tutti morti. Il Covid non perdona.

(è colpa di Zangrillo)

De Luca deve stare tranquillo e non preoccuparsi: fra pochi giorni tutti i napoletani che hanno manifestato contro di lui saranno morti. Non avevano mascherine, non mantenevano le distanze sociali, sono usciti dopo le 23 nonostante il coprifuoco: quindi la pandemia li falcerà. A centinaia? A a migliaia. Riempiranno le terapie intensive e creperanno intubati e proni.

Vedrà centinaia di bare con i morti. Tutta la gente che non l’avrebbe più votato, seppellita.

Se poi invece i napoletani restano vivi e vegeti, si potrà dire che le restrizioni sempre più draconiane e vessatorie – adesso Conte parla di coprifuoco alle 18 – i distanziamenti, le mascherine, i tamponi, il terrore mediatico, hanno un solo vero scopo: quello ostacolare, ritardare, impedire che la popolazione raggiunga l’immunità di gregge? E superi questa “pandemia” come ha superato tutte le altre della storia, senza tenere popoli sani in prigione?

Avverto subito: non si può dire questo. E’ vietato. E’ anche pericoloso dirlo, si viene incriminati come negazionisti, che sta divenendo reato. Lo chiedono gli scienziati, gli intellettuali, i ricchi di stato.

Mentre infuriavano i disordini a Napoli, nella notte, in non so quale tv di stato lo scrittore De Carlo spiegava: “E’ colpa di Zangrillo, perché con le sue asserzioni negazioniste irresponsabili ha fatto credere alla gente che il Covid non esistesse più”. Questa è la narrativa approvata, e questa potete dire.

Se il governo è “costretto” ad anticipare il coprifuoco alle 18, è colpa di Zangrillo. Se i giovani quest’estate hanno sgavazzato nella movida diffondendo il contagio è colpa di Zangrillo. I disordini di Napoli sono colpa di Zangrillo.

Se fossi io il dottor Zangrillo, comincerei rapidamente a scorre la lista dei paesi senza accordi di estradizione in cui riparare. Qui sta diventando pericoloso, qui vige la democrazia:

Antonello De Pierro, è un PD.

Questo De Pierro è presidente del movimento politico Italia dei Diritti… quindi è qualificato, ha il diritto di sparare su chi gli disturba la narrativa.

Dall’invito a cantare sui balconi a quello di sparare sulla folla il passo è (stato) breve” (citaz. Marletta)

L’altra narrativa ammessa: i disordini di Napoli li ha organizzati la Camorra. Lo sostiene Parenzo, quindi è politicamente corretto e sanificato; lo sostiene Il Mattino, quindi si può dire. E mi raccomando: mascherina, tamponi due al giorno, state a casa.

https://www.maurizioblondet.it/questi-napoletani-saranno-tutti-morti-il-covid-non-perdona/

Idrossiclorichina è palese malafede delle istituzioni che ci dovrebbero tutelare e che invece ci vogliono far morire

Parole al vento

Maurizio Blondet 24 Ottobre 2020 

Petizione per chiedere il reinserimento dell’Idrossiclorochina

Di fatto, come prima misura, per affrontare la malattia è indispensabile l’intervento del medico di famiglia per avviare il paziente su necessari approcci diagnostici e idonei trattamenti terapeutici.

I medicinali che venivano utilizzati anche a domicilio, precedentemente autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) seppur con le dovute cautele per i possibili effetti collaterali, erano i noti antimalarici Clorochina e Idrossiclorochina.


La posizione dell’AIFA

Come da una nota del 31 marzo 2020 sull’utilizzo di Clorochina e Idrossiclorochina nella terapia dei pazienti affetti da COVID-19, la stessa AIFA evidenziava:

“In Italia, il loro utilizzo per il trattamento dei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV2 è stato autorizzato a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale con Determinazione AIFA del 17 marzo 2020. L’utilizzo approvato è da intendersi unicamente per il trattamento e non per la profilassi di in una nota del 26 maggio 2020, dopo la pubblicazione il 22 maggio di uno studio sulla prestigiosa rivista medica “The Lancet” che poneva serie perplessità al trattamento delle infezioni da Covid-19 con l’antimalarico, l’AIFA ha deciso di sospende l’autorizzazione all’utilizzo di Idrossiclorochina per il trattamento del Covid-19 al di fuori degli studi clinici:

“Al momento attuale tuttavia, nuove evidenze cliniche relative all’utilizzo di Idrossiclorochina nei soggetti con infezione da SARS-CoV-2 (seppur derivanti da studi osservazionali o da trial clinici di qualità metodologica non elevata) indicano un aumento di rischio per reazioni avverse a fronte di benefici scarsi o assenti.

Per tale ragione, in attesa di ottenere prove più solide dagli studi clinici in corso in Italia e in altri paesi (con particolare riferimento a quelli randomizzati), l’AIFA sospende l’autorizzazione all’utilizzo di Idrossiclorochina per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2, al di fuori degli studi clinici, sia in ambito ospedaliero che in ambito domiciliare”. Tale provvedimento, non è mai stato revocato dall’AIFA, nonostante la stessa “The Lancet”, subito dopo, il 2 giugno, abbia ritirato lo studio precedentemente pubblicato esprimendo perplessità per “Importanti questioni scientifiche sollevate sui dati riportati nel documento”. COVID-19”.


Sputnik Italia ha sentito il parere del dottor Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale di Pioltello, uno dei promotori e primo firmatario

Qual è stata la sua esperienza clinica con l’uso dell’Idrossiclorochina?
Non solo mia, molti di noi e non solo in Lombardia. Abbiamo visto un’efficacia nelle primissime fasi di tantissimi malati: parliamo di centinaia di malati, ai quali è stata somministrata l’Idrossiclorochina, che all’inizio l’AIFA consentiva nella fase di emergenza, ma che poi è stata bloccata. Tutti noi non abbiamo riscontrato effetti collaterali rilevanti soprattutto i problemi di tipo cardiaco aritmico che sono stati il motivo principale della sospensione dell’utilizzazione da parte dell’AIFA, ma abbiamo visto la guarigione clinica dei pazienti.

Tutti noi che abbiamo utilizzato lo schema terapeutico di Idrossiclorochina, Eparina e antibiotico non abbiamo avuto problemi, anzi da quando abbiamo iniziato ad utilizzarlo, sarà un caso, i pazienti che abbiamo trattato poi non sono stati ricoverati in ospedale, se non in pochissimi casi e per qualche giorno, dove, anche in ospedale hanno proseguito il trattamento domiciliare senza cambiare una virgola.

[…]
Lettera aperta a Burioni:

Il primario di emato-oncologia di Piacenza Luigi Cavanna:

Caro prof. Burioni,
mi chiamo Luigi Cavanna e faccio il medico, il mio curriculum (scrivo la parola per esteso) è su Google, tutti lo possono vedere. Ho visitato a casa con le cure precoci, facendo ecografia del torace, tamponi, esami ematici, lasciando farmaci basati su idrossiclorochina, secondo linee guida aziendali e regionali, lasciando il saturimetro e poi in controllo in remoto; con questo modello curati personalmente a casa oltre 300 malati Covid, dei quali il 30% con forma severe e un altro 30% con forme moderate. Nessun decesso a 30 e a 60 giorni, ricoverati meno del 5%.

Per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche, pienamente d’accordo, è sufficiente andare su PubMed e digitare Cavanna L, sono autore di oltre 250 lavori.

Venendo al Covid, nel 2020 sono autore di 4 pubblicazioni: tre di tipo organizzativo, una di tipo clinico di piccola casistica di malati con cancro e Covid in cui la cura “idrossiclorochina-based” è efficace. È in corso di stampa un altro lavoro sempre su malati Covid e tumore di una casistica più ampia con dimostrazione di efficacia di idrossiclorochina.

Infine stiamo scrivendo il lavoro del primo mese di trattamento domiciliare, ma tenga conto che faccio il medico pratico ed ogni giorno visito decine di pazienti ed organizzo il lavoro di tanti altri colleghi, quindi il tempo per scrivere è nel fine settimana. Ma siccome mi piace la ricerca ci stiamo riuscendo.

Infine voglio ricordare che i report sull’efficacia di idrossiclorochina si stanno moltiplicando; oltre 8 mila pazienti dal Belgio, oltre 3 mila e 400 dal nostro Paese: riduzione di mortalità di oltre il 30%. Questi sono uomini e donne, non sono esperimenti in vitro.

Voglio però ricordare a tutti coloro che potranno leggere ciò che sto scrivendo, ciò che dice il prof. Antonio Cassone, già direttore di malattie infettive dell’Istituto superiore: gli editori di riviste importanti sono riluttanti a pubblicare ricerche a favore di idrossiclorochina, mentre pubblicano rapidamente report anche di scarso rilievo se sono contro idrossiclorochina!

Se questo è vero si spiega perché la gente stia perdendo fiducia nella scienza! Personalmente non mi interessa più di tanto l’idrossiclorochina, ma ho visto persone “rinascere” dopo la sua assunzione, e per questo non mi posso allineare con la cultura dominante che la vuole affossare.

Come sempre sarà il tempo il miglior giudice, intanto una riflessione finale: l’OMS ha vietato idrossiclorochina sulla base di uno studio considerato non veritiero e quindi poi RITIRATO, così i Paesi occidentali sono nelle condizioni che conosciamo, ma la Cina ha inserito la clorochina nelle sue linee guida; perché non si parla più della Cina?

Perché il Pil della Cina sta volando, c’è materia di meditazione.

L’idrossiclorochina ha due grandi difetti: costa molto poco, con 4-6 euro si curano 2 persone, e poi piace a Trump, ma i medici devono adoperarsi per il bene dei malati, senza mode e senza salire su effimeri carri dei vincitori di turno. Appena esce su PubMed la nostra ricerca già accettata, sarà mia premura diffonderla, così come vi informerò appena spediremo il prossimo lavoro.
Buona serata”
Luigi Cavanna




"Caro prof. Burioni,
mi chiamo Luigi Cavanna e faccio il medico, il mio curriculum (scrivo la parola per esteso) è su Google, tutti lo possono vedere. Ho visitato a casa con le cure precoci, facendo ecografia del torace, tamponi, esami ematici, lasciando farmaci basati su idrossiclorochina, secondo linee guida aziendali e regionali, lasciando il saturimetro e poi in controllo in remoto, con questo modello curati personalmente a casa oltre 300 malati Covid, dei quali il 30% co...Altro...

La letalità è bassissima: dati ufficialidell’OMS


finalmente la WHO (Organizzazione Sanitaria Mondiale) ha pubblicato il lavoro di J. Ioannidis, professore di Epidemiologia a Stanford, e massimo esperto mondiale di analisi dei dati in medicina.

Mettendo fine alle tante bugie raccontate durante questi mesi.

La letalità sui positivi (chiamata IFR) è globalmente stimata essere in media 0.26%, cioè su 10.000 positivi muoiono 26 persone.

Nelle persone con età inferiore ai 70 anni, la letalità media sui positivi (IFR) è stimata essere 0,05%, cioè su 10.000 positivi muoiono 5 persone.

Nelle persone al di sotto dei 40 anni, la letalità media sui positivi è stimata essere 0,0003%, cioè su 100.000 positivi muoiono 3 persone.

Segnalo all'On. Salvini che le evidenze scientifiche sono concordi nel dimostrare la NON EFFICACIA della idrossiclorochina nella cura di COVID-19 e che non esistono prove solide (nonostante studi internazionali su decine di migliaia di pazienti) riguardo all'efficacia del plasma.
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Lo strumento covid/lockdown/coprifuoco serve per il Grande Reset dell'economia e le televisioni, giornaloni, giornalisti di professioni complici ci danno quotidianamente la nostra dose di terrore. Euroimbecilandia è stanata nella sua inadeguatezza, d'altra parte era stata costruita per portare avanti il Progetto Criminale dell'Euro che certamente non si basava sulla solidarietà ma sulla divaricazione sempre più marcata tra le disequaglianza tra gli stati e all'interno dei questi. Assumere un milione di giovani nella pubblica amministrazione è il vero investimento strutturale che si potrebbe fare

SCENARIO/ Sapelli: la ricetta Visco può ancora salvarci, Conte cosa aspetta?

Pubblicazione: 24.10.2020 - Giulio Sapelli

Visco ha evidenziato i problemi che il debito privato può portare alla crescita e alle banche. Il Governo continua però ad adottare le misure sbagliate

Ignazio Visco, governatore di Bankitalia (LaPresse)

La nuova onda pandemica sembra possedere una forza maggiore di quella che si rileva analizzando il rapporto tra tamponi effettuati e casi di infetti e comparandolo statisticamente con il numero di tamponi effettuati nel tempo sino a oggi. È la forza devastante dell’universo simbolico creato dalle tv. Da tale comparazione si evince che gli infetti – comparativamente ai tamponi effettuati – sono oggi percentualmente meno numerosi di questa primavera. Ma questo è un dato che non giunge alle popolazioni italiane. Esse sono preda di un universo simbolico da cui pare bandita ogni argomentazione razionale. Esso è costruito potentemente dalla propaganda di governo e della televisione: si diffondono paura e sgomento invece che quell’assertività e quella calma che devono in primis appartenere a coloro che hanno l’onore e l’onere del governo. Si sta invece operando in tutta diversa forma, con un’artificiosità comunicativa che fa spaventare chi ancora crede – come chi scrive – nel ruolo di un’opinione pubblica informata e non invasa da oppiacei e da liturgie magico-rituali come quelle a cui assistiamo ogni giorno.

La stessa cosa accade in quella che un tempo si chiamava lotta politica. Oggi è stata sostituita anch’essa da una lotta mediatica ben diversa da quella di cui parla Sartori nei suoi brillanti saggi politologici. Oggi la televisione è ben diversa. Diffonde non informazioni e narrazioni che pur possono essere di parte, come sempre è stato. Oggi si va ben oltre. Il dibattito non esiste più perché si è creata una melassa simbolica in cui tutto è indistinto e solo rimane la divisione tra governanti e governati, dove i governati e le forze politiche (?) che li rappresentano debbono, per entrare – sì “entrare” – nel “mezzo”, ossia nella scatola televisiva, farsi complici dei riti oppiacei che non consentono ai più di formarsi un’opinione, ma solo di essere spettatori di una girandola di insulti, gesti maleducati, maldicenze, avvisi di garanzia, proclami di procuratori. Su tutte le favole magico-rituali spiccano quelle che potremmo chiamare le messe (non cattoliche, non protestanti…) europee, ossia quelle che celebrano i riti del salvatore europeo. Forma di un nuovo disarmante paganesimo senza belve nel circo che sbranano i veri credenti (sinora).

Veniamo al dunque. In tutto questo profluvio rituale è sfuggita un’argomentare razionale sotto traccia tra Ignazio Visco e Roberto Gualtieri che è la vera nobile verità di questi giorni. Interessante dibattito e confronto non più esorcistico sul Mes che intercorre tra queste due cuspidi del governare. Il governatore della Banca D’Italia è stato chiaro soprattutto nel corso del suo intervento – non recentissimo ma assai importante – all'”oficialista” Festival dell’Economia trentino. In quel tempio espresse un chiaro concetto, ossia che il problema del Mes era “lo stigma”: “stigma”, ossia discreto, dubbio, problema di credibilità e di fiducia. Il ricorso al Mes potrebbe vieppiù screditarci sui mercati internazionali.

Il ministro Gualtieri, che, com’è proprio della saggia tradizione politica a cui appartiene, tiene in gran conto i giudizi di Banca d’Italia, continua a sostenere la stessa tesi. Pochi giorni fa ha precisato che i denari effettivamente conseguiti con il ricorso al Mes sarebbero quelli del risparmio degli interessi, cifre ben inferiori a quelle sbandierate in tutte le salse: dai miliardi si passa a un paio di centinaia di milioni che pur sarebbero sufficienti, assommati al debito pubblico, a sottoporci alle procedure d’infrazione, mai eliminate. Ma sono proprio questi risparmi su cui i devoti europeisti – senza ragione ma con credenze rituali manicheo-simboliche – insistono. Ma dimenticano “lo stigma” e soprattutto dimenticano che – visto che il debito salirà alle stelle in Italia così come in altri Paesi e visto che, di contro, la Germania si appresta, come ha dichiarato, a richiedere i fondi del Recovery fund senza far ricorso ai debiti, ma solo ai sussidi – la Germania sarà l’unica nazione, di fatto, ad accedere senza “stigma” alle procedure negoziali di gestione degli sforamenti debitori secondo le regole dei Trattati (il Mes è un Trattato).

Tutto questo in un orizzonte minaccioso. Da entrambe le recessioni (2008-2009 e 2011-2013) l’Italia sembra ancora non essere del tutto uscita e su di essa si abbatte ora un pandemia che potrà essere drammatica per le sue conseguenze sociali. Nel 2018 e 2019 la crescita dell’economia italiana ha rallentato e il divario nei confronti della dinamica dell’area euro si è ampliato.

I motivi per cui, tra il 2008 e il 2019, il Pil italiano è cresciuto sistematicamente meno rispetto agli altri Paesi europei sono innumerevoli. Al netto delle dinamiche che hanno riguardato tutti gli Stati, sono evidente alcune debolezze interne. Certamente il pagamento di interessi passivi sul debito pubblico accumulato nel passato sottrae risorse a investimenti che potrebbero creare ricchezza in futuro. Ma le criticità maggiori sono il tasso di disoccupazione, la bassa produttività del lavoro e soprattutto la bassa Total Factor Productivity, ossia la bassa produttività del sistema sociale e istituzionale nel suo complesso, dalla Pubblica amministrazione alla mancanza di infrastrutture fisiche e online, l’assenza dello stato di diritto in vaste aree del territorio nazionale, i bassi investimenti pubblici in ricerca e istruzione, i fenomeni corruttivi di varia natura, un forte peso dell’evasione e dell’economia non osservata. Su tutti, il gigantesco problema a livello demografico e dell’inattività di giovani che né studiano, né lavorano e sono attivi frequentatori – nella deflazione secolare – delle movide, mentre la produzione del Pil si avvia a essere inferiore all’anno 2000.

In questo contesto risuonano ammonitrici le considerazioni che Ignazio Visco ha scritto recentemente su Il Sole 24 Ore: “La difficoltà …(sta) nel fare le scelte giuste per l’exit strategy dalle ingenti misure di politica monetaria e fiscale messe in campo. Bisogna evitare – scriveva – che una rimozione troppo rapida del sostegno crei un effetto di razionamento del credito che può a sua volta mettere a repentaglio la velocità della ripresa (e infine, drammaticamente) l’alto indebitamento delle imprese finanziarie potrebbe portare a problemi di eccesso di debito generalizzato che ridurrebbe gli investimenti, indebolirebbe la competitività e ostacolerebbe la crescita economica”. Sarebbero necessarie “misure di rafforzamento del capitale da parte dei governi per ridurre la leva finanziaria delle imprese e aumentare la loro capacità di pagare i debiti”. E si richiama anche alla necessità di dar vita a “procedure che effettivamente separino, in uno scenario in rapida evoluzione, le aziende meritevoli di sostegno da quelle non più vitali”.

Insomma, tutto il contrario di quanto sta facendo il Governo, che non crea investimenti in capitale fisso e non appronta misure di crescita con investimenti shock, ma disperde i fondi in misure assistenzialistiche come il reddito di cittadinanza, mentre non fa nulla per combattere la povertà assoluta che aumenta sempre più. Le banche non potranno non essere colpite da questo aumento dei debiti, non solo pubblici, ma privati. Il debito privato sarà la vera tara che si troverà ad affrontare ogni possibile ripresa post-pandemica.

In questo senso l’Europa non prepara nessuna risposta: neppure quella darwiniana invocata da Visco e che pure ha una sua ragione d’essere. L’eccessiva complessità delle procedure della tecnocrazia europea stanno minando al cuore l’idea stessa dell’Europa come spazio di civilizzazione compassionevole e che deve però esser sempre vivificatrice. Questo perché lo spirito di potenza comincia ad agire con più forza proprio quando dovrebbe esser dismesso e, se non abolito (è impossibile con queste sequele di Trattati senza una Costituzione), almeno attenuato. Ma anche questo ci è negato.

Sino a quando? Sino a quando non si scatenerà una pandemia di anomia di rassegnazione, di malattia mentale prima che fisica e che veramente porrà in pericolo le nostre radici europee, che sono ben altre da quelle che hanno costruito in questi anni di delirio economicistico e neo-liberista?

23 ottobre 2020 - La battaglia di Carre. La disfatta di Crasso contro i Parti

53 a.C. Marco Licinio Crasso guida l'esercito romano contro il popolo dei Parti. Contro ogni suggerimento dei suoi consiglieri, sceglie vie sbagliate, si lascia ingannare da falsi messaggeri e gestisce in maniera disastrosa la battaglia decisiva contro il generale partico Surena.
I dettagli, i retroscena e l'andamento di una disfatta in piena regola. CAPITOLI 0:00 Introduzione 2:13 L'orgoglio di Crasso 5:58 La spedizione maledetta 8:53 La marcia nel deserto 14:52 La battaglia 21:33 La fine di Crasso 24:58 La vendetta dei posteri FONTI - Plutarco, Vite parallele. Nicia - Crasso - Giusto Traina, La disfatta di Roma - 9 giugno 53 a.C., battaglia di Carre, Ed. Laterza, Bari-Roma 2010

Il covid/lockdown/coprifuoco è strumento per il Grande Reset dell'economia (se ne accorge sempre di più fette numerose di popolo) e di certo non si può minimamente paragonare all'Influenza Spagnola vera e certa pandemia



20 OTTOBRE 2020

Il 17 novembre del 2019, si registra in Cina il primo contagio di Covid-19. I media iniziano a parlare di una “strana polmonite” che, poco a poco, colpisce la popolazione dello Hubei. Nessuno può immaginare ciò che accadrà nei mesi a venire. Il virus si muove velocemente, troppo. Xi Jinping dichiara guerra al “demone” del coronavirus, ma gli sforzi cinesi – arrivati dopo ritardi e mancanze – non bastano a fermare il contagio. In pochi mesi, il nuovo coronavirus è in Germania, Italia, India e Stati Uniti. La peste del XIV secolo ci mise 16 anni per arrivare in Europa. Il Covid-19 riesce a fare lo stesso percorso in pochi mesi. I tempi sono cambiati, gli scambi tra Paesi, anche lontanissimi, sono sempre più frequenti e, soprattutto, veloci. E così il virus è libero di correre.

L’11 marzo del 2020, l’Oms dichiara la pandemia: “Nei giorni e nelle settimane a venire, prevediamo che il numero di casi, il numero di decessi e il numero di paesi colpiti aumenteranno ancora di più – annuncia il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus – L’Oms ha valutato questo focolaio 24 ore su 24 e siamo profondamente preoccupati sia dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dai livelli allarmanti di inazione. Abbiamo quindi valutato che Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia. Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione”. Il Covid-19 diventa così un problema globale. Questo è ciò che, ad oggi, sappiamo del virus. Questo e poco altro. Riusciamo a ripercorrerne la nascita e la diffusione, ma non sappiamo ancora quando uscirà dalle nostre vite.

La Storia, però, può esserci d’aiuto. Un articolo del New York Times del 10 maggio scorso (qui la traduzione di Internazionale) individuava due momenti fondamentali per dichiarare conclusa una pandemia: “La fine sanitaria, quando crollano l’incidenza e la mortalità, e quella sociale, quando sparisce la paura dovuta alla malattia”. A che punto siamo adesso? Difficile dirlo con certezza. Durante la scorsa estate, sembrava che in Italia il virus avesse perso la propria spinta e fosse meno pericoloso. Da metà maggio fino alla fine di settembre, infatti, i contagi sono stati nell’ordine di poche centinaia/migliaia al giorno, le terapie intensive erano stabili e i decessi al minimo. Nelle ultime settimane, seguendo il trend europeo, il numero delle persone contagiate in Italia è però schizzato oltre gli 11mila (di cui il 95% asintomatiche, come ha affermato il virologo Giorgio Palù), le terapie intensive si stanno lentamente riempiendo e il numero di morti risulta stabile. La situazione attuale non è paragonabile a quella dello scorso inverno, come ha spiegato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Non siamo a marzo, dobbiamo adottare scelte proporzionate e ponderate”. Ad oggi, l’obiettivo del governo è quello di contenere il virus in modo tale che l’impatto sulle strutture sanitarie sia come un’onda piccola e costante e non come uno tsunami che tutto travolge. Perché forse, la cosa migliore da fare è imparare a convivere con il virus, smorzandolo il più possibile e riducendo al minimo l’impatto sugli ospedali.


Il secondo modo, forse un po’ brutale, per dichiarare la fine di una pandemia è rappresentato dalla popolazione che, stanca dell’epidemia, decide di convivere con il virus. Secondo Allan Brandt, storico di Harvard citato dal New York Times, questo scenario potrebbe avverarsi con il Covid-19: “Come evidenzia il dibattito sulla riapertura, le discussioni a proposito della cosiddetta fine della pandemia non sono determinate dai dati medici e sanitari, ma dal processo sociopolitico”. La prima cosa da fare per accelerare la fine del coronavirus è raccontare ciò che sta accadendo in modo chiaro, senza però cedere a inutili allarmismi. Ci troviamo certamente di fronte a un virus complesso, ma il Covid-19 non è la peste. A proposito: questo morbo, che in diverse occasioni ha decimato la popolazione mondiale, ci insegna una cosa molto importante: le malattie vanno e vengono. A volte in modo misterioso. La “morte nera” non è infatti sparita, ma si è solo momentaneamente ritirata: “Negli Stati Uniti – riporta il New York Times, la malattia è endemica tra i cani della prateria, roditori che vivono nel sudovest, e può essere trasmessa agli essere umani”. Recentemente, alcuni casi si sono registrati anche in Cina. “La peste” – fa notare Giuseppe Pigoli ne I dardi di Apollo (Utet) – “non è mai stata debellata in modo radicale. In un rapporto dell’Oms del 2000 sono stati elencati oltre 34mila casi in 24 nazioni nell’arco di 15 anni. Soprattutto dagli anni Novanta si è assistito ad una recrudescenza del male, al punto che è stata fatta rientrare nel novero delle malattie ri-emergenti”.

L’influenza spagnola

Molti hanno paragonato il Covid-19 all’influenza spagnola che, tra il 1918 e il 1920, infettò 500 milioni di persone, uccidendone (secondo alcune stime) 50 milioni. A distanza di cento anni, non si sa ancora dove sia nato questo virus. Le ipotesi sono le più disparate: c’è chi ritiene che si sia inizialmente diffuso nella contea di Haskell in Kansas e portato dai soldati americani in Europa e chi sostiene che, a far da super diffusori, furono 96mila lavoratori cinesi infetti inviati sul fronte occidentale durante la Prima guerra mondiale per aiutare le truppe inglesi e francesi. Come fa notare Pigoli nel volume citato, “la malattia si presentava come una ‘banale’ influenza: febbre, dolori alle articolazioni e debolezza. Nel volgere di pochi giorni però il quadro clinico subiva un peggioramento drammatico: la febbre conosceva un brusco rialzo e comparivano muco e sangue nei bronchi che ‘annegavano’ le persone colpite portando rapidamente a morte individui sino a poco prima sani”. Una descrizione, questa, che ricorda molto il Covid-19.


Contrariamente a quanto si possa pensare, però, ad essere colpiti non furono le persone più fragili e gli anziani, come il coronavirus, ma uomini tutto sommato giovani. Stanchi, sporchi e sfiniti dal fango delle trincee, i militari furono il bersaglio preferito del morbo, che infatti ne inghiottì a migliaia. Nel maggio del 1918, i tassi di mortalità toccarono il 70%. Fu l’inizio del massacro: tornando a casa, i reduci portarono con sé il morbo, che colpì anche i loro parenti: “Le cronache parlano di funerali celebrati di continuo, di persone che portavano mascherine protettive e di intere famiglie colpite, segregate in case di cui le forze dell’ordine sorvegliavano le porte”. Dopo due anni, la “spagnola” sparì all'improvviso. Fa notare Pigoli che “i virus trovano la propria ragione di sopravvivenza camuffandosi per sfuggire agli anticorpi. La storia di queste mutazioni è ricca di episodi che ci rendono chiaro come questo agente infettivo sia pressoché invincibile e di come, nonostante ogni anno le autorità sanitarie approntino nuovi vaccini, saltuariamente si verifichino epidemie virulente, difficilmente controllabili, come quelle avvenute nel 1957, 1968 e 1977”.

I virus, dunque, vanno e vengono. E sono, come ha scritto Andrew Nikiforuk ne Il quarto cavaliere, “un promemoria mutante di come è la vita”.

La Francia corrompe i politici italiani uno a uno e questi si fanno corrompere e l'Italia viene tradita

I FRANCESI SI PRENDONO UN PEZZO DEL NOSTRO TERRITORIO, IL GOVERNO GLISSA


(di Tiziano Ciocchetti)
22/10/20 

La controversia territoriale, tra Italia e Francia, riguardate la zona del Massiccio del Monte Bianco, da tempo al centro di dispute tra le due nazioni, viene riportata agli onori della cronaca per mezzo della risposta del governo, il 12 ottobre scorso, all’interrogazione parlamentare del 5 agosto 2019 del capogruppo alla Camera di FdI Francesco Lollobrigida (dopo ben 14 mesi).

Nell’interrogazione Lollobrigida rimarcava il fatto che i confini tra Italia e Francia, nella zona del Massiccio del Monte Bianco, sono da tempo oggetto di una controversia internazionale riguardante la cima del Monte Bianco e la zona del Colle del Gigante, Punta Helbronner: di rilievo per l’Italia in quanto punto d’arrivo della funivia proveniente da Courmayeur nonché come sito dello storico rifugio Torino.

La questione territoriale risale, quindi, addirittura a prima dell’unificazione del Regno d’Italia, infatti questa controversia nasce dalle cartografie ufficiali francesi in cui i confini di stato vengono tracciati in violazione dei trattati internazionali. Infatti, sia il Trattato di Torino del 24 marzo 1860 sia il Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, stabiliscono che la frontiera fra l’Italia e la Francia corre sullo spartiacque, ovvero sulla linea displuviale del Colle del Gigante, lasciando una consistente porzione di Punta Helbronner e tutta la zona circostante il rifugio Torino, nel territorio italiano.

La motivazione dell’acquisizione territoriale da parte francese è, ovviamente, economica.

La situazione si è aggravata nel 2015 – prosegue Lollobrigida – a seguito dell’apertura al pubblico dell’impianto funiviario italiano denominato “Skyway Monte Bianco” che collega Courmayer con Punta Helbronner e del conseguente successo commerciale ottenuto in concorrenza con l’omologo impianto francese di Chamonix.

La prima mossa francese, da parte del sindaco di Chamonix, è quella di installare, arbitrariamente, dei sistemi di chiusura al cancello che il gestore funiviario italiano aveva posizionato sulla terrazza del rifugio Torino, per motivi di sicurezza, impedendo in tal modo il diretto accesso da rifugio al Ghiacciaio del Gigante e alle cime del Massiccio.

Anche grazie all’interrogazione presentata all’epoca del senatore Aldo Di Biagio, si giunse ad un accordo tra i due Paesi, con i quali si stabiliva che in futuro nessuna parte avrebbe intrapreso atti unilaterali sulle porzioni di territorio interessate.

Veniamo all’anno scorso: con una ordinanza congiunta, i comuni di Chamonix e Saint-Gervais, il 27 giugno 2019, hanno vietato il sorvolo in parapendio in tutta la zona circostante la vetta del Monte Bianco, invadendo, de facto, anche il territorio sotto la sovranità italiana.

L’Istituto Geografico Militare, ricevuta la segnalazione dell’Ordinanza dalla GdF di Entrèves (Courmayeur) ha informato il Ministero degli Esteri, invitando la Farnesina ad attivarsi per trovare una soluzione.

La Procura di Aosta ha aperto un fascicolo mentre il sindaco di Courmayeur, Stefano Miserocchi, ha inoltrato la documentazione alla regione Valle d’Aosta, chiedendo di fissare un incontro per discutere la questione.

Quale iniziativa intenderà adottare il governo italiano?

per tutelare l’interesse nazionale e la sovranità dello Stato italiano nelle aree del Monte bianco descritte in premessa;

per supportare le istituzioni territoriali coinvolte nella gestione dei problemi amministrativi ed economici relativi alle attività turistiche, sportive e alpinistiche che si svolgono in quelle zone nevralgiche per l’accesso al Massiccio e alla vetta del Monte Bianco;

per giungere alla definitiva risoluzione di un contezioso diplomatico che si trascina ormai da oltre 70 anni, durante i quali, a parere dell’interrogante, l’Italia ha sempre subito le iniziative unilaterali ed arbitrarie delle autorità francesi.

La risposta del governo è arrivata lo scorso 12 ottobre, da parte del sottosegretario agli Esteri Scalfarotto:

Il Ministero degli Affari Esteri, tramite l’Ambasciata a Parigi, ha subito proceduto a rappresentare formalmente e con fermezza alle autorità francesi la tradizionale linea italiana riguardo alla linea di confine, sia come razione alla violazione dei confini e della sovranità nazionale, effettuata simbolicamente dal provvedimento amministrativo delle autorità locali francesi, sia con l’obiettivo di evitare che possa essere invocata in futuro una presunta acquiescenza italiana alle pretese francesi, tale da pregiudicare la nostra posizione.

A noi, comunque, è sembrata poco "simbolica" l’azione francese.

Il sottosegretario ha proseguito evidenziando le iniziative intraprese.

Oltre a rappresentare il disappunto dell’Italia per la violazione di confine, nella nota verbale inviata alle autorità francesi abbiamo ricordato che l’Italia ha in più occasioni manifestato in passato la propria disponibilità ad avviare con la Francia consultazioni bilaterali per esaminare le discordanze delle rispettive cartografie sul Monte Bianco.

Al contempo abbiamo provveduto a rinnovare alle autorità francesi l’apertura al dialogo per una auspicabile soluzione congiunta della questione.

In pratica i francesi si sono appropriati di circa 82 ettari di territorio italiano, grazie ad una interpretazione unilaterale da parte di Parigi che accampa pretese in nome di diritti storici acquisiti grazie a cartine geografiche (errate) del XIX secolo. Inoltre, a fondamento del diritto di possesso italiano, sussiste la prassi costante sul terreno la quale indica un esercizio, senza soluzione di continuità, delle zone che i transalpini vorrebbero toglierci.

Forse un’azione del governo, in attesa che i francesi rispondano alle nostre richieste, potrebbe essere quella di far svolgere, nel territorio conteso, una esercitazione ad un reparto alpino. Tanto per far vedere, una volta tanto, che non siamo sempre disposti a porgere l’altra guancia.

Foto: Funivie Monte Bianco S.p.A

La Bce può creare con un clic moneta e con un clic può eliminare i titoli di stato che ha in pancia; e anche lo spread dipende da lei. Il miracolo del covid

La pandemia di Coronavirus scopre le carte della BCE, può creare "dal nulla" tutta la moneta che vuole

di Leonardo Cortese | 22-10-2020


Dal dipartimento di economia e statistica della Banca d'Italia spiegano: "la BCE acquista titoli e crea moneta, crea proprie passività per sostenere l'economia"

Le banche centrali creano moneta dal nulla. Non si tratta certo di uno scoop, eppure per molti è difficile comprendere i meccanismi che regolano alcuni aspetti dell'economia, come la creazione di moneta da parte delle banche centrali appunto, quindi il problema del debito pubblico, o la questione dello spread che vincola i Paesi ad adottare politiche economiche che devono necessariamente trovare l'approvazione delle banche centrali.

Con il tempo, chi più chi meno, abbiamo tutti preso dimestichezza con problematiche ormai entrate a forza nel bagaglio di informazioni in nostro possesso. Sappiamo bene, perché ce lo hanno ripetuto fino alla noia, che si pone l'esigenza di tagliare le spese per il welfare, che si deve ricorrere ad una stretta sulle pensioni aumentando l'età pensionabile, che non c'erano i soldi per misure a sostegno della povertà, per creare nuovi posti di lavoro, per aiutare le imprese.

Insomma lo Stato si trovava sempre impotente davanti ad un muro insormontabile rappresentato dalla mancanza di risorse. Insomma non c'erano i soldi, come tutti noi abbiamo imparato.

E visto che nel più recente passato molti di noi hanno seguito da vicino il braccio di ferro tra l'esecutivo giallo-rosso e Bruxelles, con il quale si tentava di spingere l'asticella del deficit fino al 2,4%, sarà difficile aver dimenticato di quanta resistenza si opponeva. 

Ad alcuni Paesi dell'Eurozona, come la Francia, si concedeva un margine più ampio ma con l'Italia era diverso, per via dell'altissimo debito pubblico che nel corso degli anni aveva raggiunto il 134,8% del Pil. E alla fine per le misure contenute nella manovra economica 2020 il governo Conte è riuscito a strappare all'Europa un 2,04%.

Che l'economia non fosse una 'scienza esatta' lo sapevano tutti anche prima, ma a pochi veniva in mente che forse proprio per questa ragione non avesse senso fissare soglie così rigide che per anni e anni hanno frenato lo sviluppo di interi Paesi come l'Italia, con tutto ciò che ne deriva in termini di occupazione, e con tutte le conseguenze che ciò produce in ambito sociale, tra famiglie povere e indigenti.

L'odioso termine "austerità" è entrato nelle nostre case ricordandoci fin dove ci si può spingere per sostenere le categorie in difficoltà, e quali sarebbero stati i sacrifici da fare per abbattere "il macigno del debito pubblico", che sempre più rapidamente rischiava di diventare "insostenibile" conducendoci sull'orlo del baratro chiamato "default".

Sapevamo cosa rischiavamo, e molti di noi lo accettavano, magari non di buon grado ma in fin dei conti ci si diceva "funziona così" e andavamo avanti. Eppure adesso tutti quei limiti sono stati superati, ogni linea tracciata come soglia invalicabile è stata abbondantemente superata, ed eccoci qua, a scoprire cosa rischiavamo esattamente.

Il rapporto debito Pil è passato in un anno dal 134,8% al 158% secondo le stime contenute nella Nadef, che diventa poi un 161% se si tiene conto di quelle contenute nel rapporto del World Economic Outlook del FMI. Un bel salto di oltre 25 punti percentuale di rapporto debito/Pil, e cosa è successo? Assolutamente niente.

La BCE ha provveduto a immettere liquidità acquistando titoli di Stato, il Patto di Stabilità di cui tanto si parlava è stato sospeso con un colpo di spugna con il proposito di reintrodurlo quando lo si riterrà opportuno, e lo spread ha continuato ad avere le sue oscillazioni non particolarmente significative.

Appena qualche giorno fa, a proposito della politica monetaria della Banca Centrale Europea, durante l'audizione sulla nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il capo del dipartimento di economia e statistica della Banca d'Italia (Bankitalia s.p.a.), Eugenio Gaiotti, ha candidamente ammesso che nei moderni regimi monetari le banche centrali, tra cui chiaramente la BCE, possono creare 'dal nulla' la moneta.

Gaiotti per l'esattezza ha dichiarato in quell'occasione: "come qualsiasi banca centrale la BCE acquista titoli e crea moneta, crea proprie passività per sostenere l'economia. Tutto qua".

Ma se è così allora tutte quelle riforme cui il Paese ha dovuto rinunciare in nome dell'austerità, tutte quelle misure che non potevano essere adottate perché "mancano i soldi", non dovevano necessariamente essere messe da parte e rimandate a tempi migliori.

Alcuni governi hanno fatto ricorso a tagli alla sanità, pur di rispettare determinati paletti, tagli che oggi paghiamo in termini di posti letto in terapia intensiva negli ospedali, in assenza dei quali ai cittadini viene chiesto o imposto di restare a casa, quando invece si sarebbe potuto evitare tutto quanto se la BCE avesse deciso di "creare moneta per sostenere l'economia" invece di agitare lo spauracchio dello spread.

E proprio con lo spread ora l'Italia non sembra avere alcun problema nonostante un rapporto debito/PIL che è cresciuto di 25 punti. I tassi di interesse italiani infatti si sono notevolmente abbassati, e pensare che tra tutti i Paesi dell'Ue, l'Italia è quello che si riprenderà per ultimo dalla crisi economica scaturita dal Coronavirus, almeno stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale.

Per tutti questi anni, invece di arrabattarsi per ottenere decimali di deficit per finanziare le misure economiche che servivano al Paese, si poteva potenziare la sanità invece di tagliare posti letto e chiudere strutture, si poteva abbassare l'età pensionabile immettendo forza lavoro giovane, si potevano aiutare le imprese in difficoltà e ridurre la disoccupazione spingendo i consumi.

Si poteva fare tutto quanto ciò che era necessario perché tanto, finché "il debito pubblico di uno Stato è garantito dalla banca centrale che emette la valuta in cui è denominato il debito, non si pone nessun problema di sostenibilità" come spiega Thomas Fazi su IlParagone "tanto più se una banca centrale si impegna a comprare tutti o una buona parte dei titoli di nuova emissione, come sta facendo la BCE da mesi".

Eppure fino a pochi mesi fa tutte quelle regole ferree erano dogmi e come tali indiscutibili verità poste a fondamento della nostra società. Adesso però non valgono più, il debito pubblico italiano non corre più il rischio di essere insostenibile e di spingere il Paese verso il default economico.

Di più, sempre in occasione dell'audizione presso le commissioni di bilancio di Camera e Senato, un altro tecnico della Banca d'Italia, Fabrizio Balassone, ha spiegato che non solo in Italia non c'è alcun rischio di insostenibilità del debito pubblico, ma che addirittura "noi non abbiamo mai sostenuto come Banca d'Italia che ci fosse un problema di sostenibilità del debito".

Insomma a sentir lui avevamo capito male noi, forse ci ha tratti in inganno una dichiarazione di Ignazio Visco di appena un anno fa, quando affermò: "abbiamo un debito pubblico elevato in rapporto al PIL e abbiamo dei dubbi che riusciamo a sostenerlo".

In un'altra occasione sempre Ignazio Visco, che ricordiamo, è il direttore della Banca d'Italia, aveva dichiarato: "il rapporto tra debito pubblico e PIL potrebbe rapidamente portarsi su una traiettoria insostenibile. Vanno tenuti in considerazione i vincoli che derivano dall'elevato livello del debito, in quanto un aumento improduttivo del disavanzo finirebbe col peggiorare le prospettive delle finanze pubbliche, alimentando i dubbi degli investitori e spingendo più in alto il premio per il rischio sui titoli di Stato".

Tutto questo però accadeva prima, fino a qualche mese fa insomma, ora le regole sono cambiate rispetto a questa narrazione, e la domanda che sorge spontanea é: non potevamo cambiarle prima?