Draghi contro le cineserie di Rai e Fastweb?
25 marzo 2021
Draghi impone il Golden power su un contratto di fornitura siglato tra Fastweb e la cinese Zte. E la stessa Fastweb è in partnership con la cinese Huawei per la realizzazione della rete in fibra di Rai Way
Golden Power made in Mario Draghi.
Il presidente del Consiglio ha bloccato un contratto di fornitura di tecnologia 5G a Fastweb da parte dell’azienda cinese Zte. Nel frattempo, un’altra cinese è pronta ad installare le sue tecnologie per realizzare la rete in fibra di Rai Way. Draghi interverrà anche su questo fronte, nel caso fosse necessario?
Qualcuno lo auspica. Ecco tutti i dettagli.
GOLDEN POWER FASTWEB-ZTE
Partiamo dalla decisione di Mario Draghi. Il presidente del Consiglio, scrive
Formiche, ha “esercitato il golden power su un contratto di fornitura di tecnologia 5G a Fastweb da parte dell’azienda cinese Zte e dell’azienda taiwanese Askey”.
Lo stop è stato ratificato con un Dpcm dell’11 marzo, in cui Draghi ha esercitato i poteri speciali “con prescrizioni”, in relazione “alla notifica della società Fastweb Spa avente ad oggetto l’acquisto di CPE 5G Askey e ZTE e di servizi professionali quali supporto alla validazione, training, supporto tecnico tramite TAC”, come recita un estratto del decreto consegnato al Parlamento.
COSA PREVEDE LO STOP A FASTWEB
In particolare, Draghi ha deciso che Fastweb non potrà acquistare dalla cinese Zte i CPE 5G (Customer Premise Equipment), delle tecnologie che convertono il segnale 5G in segnali Wi-Fi.
I PRECEDENTI SU FASTWEB
Se questo è il primo Golden power per Mario Draghi, non lo è invece per Fastweb che si è vista annullare, nel 2020, con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, un contratto con Huawei ed un contratto proprio con Zte.
IL BANDO PER LA FIBRA DI RAI WAY
Draghi interverrà anche sul fronte Rai Way, in linea con le indicazioni Ue? La Rai, tramite la sua controllata Rai Way, nelle prossime settimane dovrà assegnare ed avviare il cantiere per la realizzazione di una rete in fibra. Come da
verbale del 12 ottobre 2020, sono tre le aziende in corsa: Tim, Rti Irideos con Terna energy solutions e Fastweb, in partnership (sulla tecnologia) con la cinese Huawei.
IL CAVILLO DEL BANDO DI GARA
Huawei può partecipare al bando di gara grazie ad un cavillo presente nello stesso, come
scrive La Verità in un articolo a firma di Claudio Antonelli: “Chi partecipa alla gara deve indicare se la tecnologia proviene da nazioni che riconoscono tutele di sicurezza sociale o previdenziale analoghe a quelle applicate in Italia o in Europa o in Stati che hanno stipulato accordi bilaterali in tale materia con Roma. Se la produzione avviene in più Stati, l’offerente potrà indicare in quale nazione avviene almeno il 50% della produzione”, spiega la Verità.
“Da un lato – aggiunge il quotidiano – la clausola ha un valore positivo perché impone che almeno un 50% della tecnologia debba essere assemblato in Europa e di conseguenza esclude player al di fuori dal nostro perimetro. Il fatto che per produzione si intenda anche l’assemblaggio dei pezzi si può leggere in altro modo, soprattutto collegandolo agli obblighi di natura previdenziale. Quello del 50% è un cavillo che quindi consente ad aziende cinesi come Huawei di partecipare alle gare stesse. Se Rai Way non avesse messo una soglia, ma si fosse limitata a indicare in toto l’obbligo di rispetto di criteri previdenziali o di welfare allineati a quelli italiani, nessuno marchio cinese avrebbe superato il primo step della gara”.
L’AUSPICIO DI GALIETTI
Un intervento di Draghi, in questo senso, è auspicabile da parte dell’analista e fondatore di Policy Sonar, Francesco Galietti, della Luiss Business School. “Il bando è costruito in materia tale per cui non si tiene conto che in Cina c’è un’attenzione molto diversa alle tutele dei lavoratori e questo si traduce in prezzi più bassi. Questo è un aspetto che per noi che siamo in Occidente, che invece teniamo alle tutele sociali, andrebbe trattato in maniera diversa”, ha sottolineato Galietti, intervenendo a Striscia la notizia.
I PROBLEMI SUI DATI SECONDO GALIETTI
Ma la questione non si esaurisce alle tutele sociali. Il problema riguarda i dati e l’uso che ne fa.
“La Commissione Europea, a più riprese, ha chiarito alcune cose – ha aggiunto Galietti – Una di queste è che bisogna valutare l’affidabilità del contraente e per farlo bisogna tenere conti anche del cosiddetto rischio regolamentare. Nel caso dei cinesi, il rischio regolamentare è molto elevato perché le aziende cinesi sono tenute, per via di ordini del loro Governo, delle autorità e del Partito Comunista Cinese, a condividere segretamente informazioni con Pechino. Questo ovviamente è un grossissimo problema, quindi c’è solo da augurarsi che vista la delicatezza delle cose di cui stiamo parlando, chi dovrà fare delle scelte terrà conto sia degli aspetti di tutela sociale, ma soprattutto, dell’affidabilità del contraente”. E su questo “l’Ue ha messo un paletto rigido cui devono attenersi tutti gli Stati membri”.
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