L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 21 agosto 2021

Euroimbecilandia di fronte a un bagno di sano realismo se vuole riscaldarsi questo inverno, mentre l'isterismo degli statunitensi sale alle stelle

La vera ragione per cui Draghi e Merkel sono corsi da Putin. E la reazione Usa

20 Agosto 2021 - 21:07

Sconfessando l’oltranzismo ufficiale Ue, i due leader hanno aperto al dialogo con Mosca. In nome del gas, però. E Biden non ha gradito, tanto da emanare un ordine esecutivo che sanziona Nord Stream 2


Tutto in 24 ore. Un’escalation che sullo sfondo ha ufficialmente il cambio di regime in Afghanistan e gli equilibri geopolitici che vi gravitano attorno ma che, in realtà, sta assumendo i toni della resa dei conti. Parti in causa, Usa e Russia. Vittima predestinata, l’Europa. Non a caso, al termine di una giornata che ha visto Angela Merkel in visita a Mosca da Vladimir Putin utilizzare toni più che concilianti verso la Russia e a poche ore dalla telefonata fra il presidente russo e Mario Draghi.

Tre gli eventi determinanti. Primo, il presidente del Consiglio italiano e la Cancelliera tedesca hanno clamorosamente snobbato la linea ufficiale dell’Europa e teso il proverbiale ramoscello d’ulivo verso Mosca. Quanto avvenuto sull’asse Roma-Berlino, infatti, si è sostanziato in netta contrapposizione rispetto ai toni da Guerra fredda utilizzati dal capo della politica estera europea, Josep Borrell, a detta del quale l’Unione non deve permettere a Russia e Cina di influenzare l’Afghanistan. In prima battuta, il vice ministro degli Esteri russo, Aleksander Grushko, aveva definito l’uscita sorprendente, sottolineando come nonostante quello che è successo col ritiro Usa, i nostri partner occidentali continua a vedere i loro vicini come oggetti della loro politica.

Poi, però, la pazienza diplomatica era venuta meno e la risposta finale all’auspicio di Borrell è stato un perentorio Che cerchino di impedirlo. Un viatico pessimo in vista del viaggio di Angela Merkel e quasi una sconfessione della mossa unilaterale di Mario Draghi. Ma ecco che a stretto di giro di posta, il secondo evento ha preso forma in contemporanea con la conferenza stampa di Joe Biden sull’Afghanistan di poche ore fa. Il presidente Usa ha infatti emanato un ordine esecutivo che permette l’imposizione di sanzioni nei confronti di alcune pipeline energetiche russe e due aziende coinvolte nel progetto Nord Stream 2. Nemmeno a dirlo, il numero uno del Dipartimento di Stato, Anthony Blinken, ha reso noto che si passerà dalle parole ai fatti.

Ed ecco il terzo evento determinante, di fatto il fil rouge che unisce i primi due. E pare prospettare un post-Merkel decisamente duro per l’Europa. E una stagione invernale a serio rischio energetico. Al netto della questione afghana, ovviamente di straordinaria importanza (non ultimo rispetto alla questione dei profughi), a muovere Mario Draghi e Angela Merkel a più miti e diplomatici atteggiamenti verso Mosca ci hanno pensato questi grafici,

Fonte: Bloomberg/Stephen Stapczynski
Fonte: Bloomberg/Stephen Stapczynski

i quali mostrano la reazione del prezzo del gas naturale europeo (Dutch) allo stress test posto in essere da Gazprom proprio nelle ultime 48 ore.

E’ bastato che ieri circolasse la voce di un’operatività di Nord Stream verso l’hub europeo di Mallnow in Germania già entro quest’anno per far crollare le valutazioni dell’10% dai massimi toccati lunedì. Detto fatto, la smentita ha immediatamente rimesso le ali ai futures del TTF. Oggi, secondo test, dopo che un altro rumors parlava di una fornitura da 5,6 miliardi di metri cubi da parte del gigante russo verso l’Ue da qui a fine dicembre. Altro tonfo del prezzo, questa volta dell’11%. E senza smentita. E se questo grafico
Fonte: Bloomberg/ICIS
mostra come quel flusso promesso non sia affatto improbabile sulla carta, stante la previsione di 8,1 miliardi metri cubi avanzata a suo tempo dall’ICIS, ecco che un paio di criticità sono emerse al di fuori del contesto di controparte russo.

Primo, a detta di alcuni esperti, se anche Nord Stream 2 potesse già contare su un 70% di capacity, il flusso verso l’Europa non potrebbe sostanziarsi in concreto fino a ottobre. Secondo e più serio, la pipeline necessita di un’assicurazione e una certificazione prima di poter operare. Atti su cui pende la spada di Damocle delle sanzioni statunitensi già imposte da Mike Pompeo ai tempi dell’amministrazione Trump. E che ora, puntualissima, vedono giungere l’aggravante chirurgica dell’ordine esecutivo di Joe Biden.

L’Europa è a un bivio. E stante l’addio ormai alle porte di Angela Merkel, toccherà con ogni probabilità proprio a Mario Draghi portare avanti una delle mediazioni diplomatiche e geopolitiche più delicate e vitali degli ultimi anni. Se non decenni. Perché l’autunno è alle porte. E, soprattutto, sbagliare una mossa significa implicitamente dichiarare guerra a uno fra Usa e Russia. Comunque sia, un potenziale disastro.

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