L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 27 marzo 2021

L'Italia vuole le sanzioni che gli Stati Uniti riservano a Cuba

Vergognarsi di essere italiani. Un bel ringraziamento alle brigate mediche arrivate da Cuba (di A. Puccio)
-26/03/2021


Un anno fa, il 21 marzo, arrivavano in Italia 53 medici provenienti da Cuba che fanno parte della Brigata Henri Reeve allo scopo di aiutare i medici della Lombardia nella lotta alla pandemia da corona virus. Poi è arrivato un secondo gruppo per sostenere la lotta al Covid in Piemonte, salutato da una incredibile scritta che ha illuminato la Mole in segno di gratitudine (nella foto).

E ora l’Italia ringrazia nuovamente votando contro la risoluzione presentata al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sulle ripercussioni negative delle sanzioni economiche applicate da alcuni paesi ad altri tra cui figura anche Cuba.

In quei giorni del marzo 2020 tutti gli italiani, i mezzi di informazione, i nostri politici ed i membri dell’allora governo Conte si congratulavano con l’isola caraibica che nonostante il blocco economico ed i primi casi di infettati dal virus registrati in patria avevano mandato i loro medici per aiutare il nostro personale medico in difficoltà a causa del decotto sistema sanitario italiano nella lotta al Covid 19. Un anno dopo l’Italia rinnova la sua gratitudine al popolo cubano votando contro la risoluzione presentata al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sulle ripercussioni negative delle sanzioni economiche applicate da alcuni paesi ad altri presentata dalla Cina.

La risoluzione presentata da Cina, Stato di Palestina e Azerbaigian, a nome del Movimento dei Paesi Non
Allineati ad eccezione di Colombia e Perù è comunque passata con 30 voti favorevoli, 15 contrari e 2 astenuti. Assieme all’Italia hanno negato il loro voto favorevole anche Austria, Brasile, Francia, Germania, Italia, Giappone, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Polonia che si sono allineati alle politiche sanzionatorie degli Stati Uniti.

Tra le sanzioni che la risoluzione approvata dal Comitato per i diritti umani dell’ONU condanna ci sono anche quelle applicate contro stati come Cuba, Venezuela, Siria ed Iran. Sanzioni che mettono in grave difficoltà questi paesi in un momento in cui la pandemia provocata dal Covid 19 si è fatta più dura.

E’ vero che la memoria dell’italiano non va oltre il ricordo del risultato dell’ultima partita della squadra del cuore, quindi non si può sperare che dopo un anno i nostri governanti si ricordino dei medici cubani ma purtroppo il governo italiano aveva già l’anno scorso, a poche settimane dall’arrivo dei medici cubani, manifestato una analoga riconoscenza verso il governo cubano votando contro un’altra risoluzione simile che chiedeva la sospensione delle sanzioni a causa della pandemia a Cuba ed altre nazioni.

Infatti l’anno scorso, nei primi giorni di aprile, a sole tre settimane dall’arrivo della Brigata Henri Reeve, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’Unione Europea ha votato assieme agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Georgia ed all’Ucraina per respingere il progetto di risoluzione proposto dalla Russia che avrebbe sospeso le sanzioni applicate a vari paesi data l’emergenza corona virus. Ora, fino a prova contraria, mi risulta che l’Italia faccia parte dell’Unione Europea quindi in quell’occasione la decisione presa coinvolgeva anche il nostro paese, come quella presa alcuni giorni fa di votare contro la risoluzione presentata a Ginevra al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

La memoria è corta ma il servilismo agli interessi degli Stati Uniti non conosce limiti: siamo dei servi e come tali ci comportiamo in campo internazionale. Non mi si venga a dire che adesso in Italia c’è un altro governo perché anche l’anno scorso il governo giallorosso, o meglio giallorosa, aveva votato allo stesso modo confermando la riconoscenza al popolo cubano per i loro servizi tra l’altro gratuiti.

La politica poliedrica della Russia in Medio Oriente è inclusiva, ora è il turno degli Emirati Arabi

RUSSIA. Ecco come Mosca gioca sulla scacchiera mediorientale
Marzo 27, 2021


L’intensa attività diplomatica russa in Medio Oriente è degna di nota perché riflette l’approccio poliedrico di Mosca verso quest’area. L’elenco degli incontri e degli eventi svolti mostra che la Russia mantiene canali aperti e cordialità diplomatica con i principali attori, senza essere completamente identificata con una parte o con l’altra.

Questo approccio ha portato Mosca ad emergere come mediatore su una serie di questioni regionali da cui gli Stati Uniti hanno scelto, per stanchezza o altre priorità, di rimanere assenti. Quando la mediazione è necessaria tra Israele e la Siria di Bashar Assad, la Russia è l’unico candidato, come è stato dimostrato in due occasioni significative di recente, riporta Jerusalem Post.

Quando la Turchia aveva bisogno di formalizzare la sua area di controllo nel nord-est della Siria dopo la sua incursione nell’ottobre 2019, Erdogan ha negoziato direttamente con Putin, e il processo di Astana, che riunisce Turchia e Iran sotto l’egida russa, si è trasformato nella via diplomatica più significativa per quanto riguarda la Siria. Ha bypassato il moribondo processo di Ginevra, sostenuto dall’Onu.

In tutte queste aree, il pragmatismo tattico russo si è dimostrato una risorsa. In un modo abbastanza sconosciuto alle pratiche occidentali, ma ben in accordo con le realtà mediorientali, i russi si preoccupano poco della risoluzione finale dei conflitti, e quasi per niente delle modalità di governo e dell’ideologia degli elementi con cui trattano. Procedono sulla base di interessi condivisi, piuttosto che di partenariati a lungo termine.

La situazione che ha vissuto gran parte del mondo arabo dopo il 2010, ha favorito la flessibilità tattica russa: ha permesso ai russi di sostenere apparentemente la riconquista da parte di Assad di tutta la Siria, mentre successivamente hanno negoziato l’attuale partizione de facto del paese al fine di portare la Turchia più lontano dalla Nato e più vicino all’orbita russa. Mosca, poi, ha acconsentito ai bombardamenti aerei israeliani contro obiettivi del presunto partner di Mosca in Siria, l’Iran. Questo nonostante la presenza di una batteria S-400 nella base aerea di Khmeimim nella provincia di Latakia.

L’approccio regionale della Russia ha pagato a causa del vuoto lasciato dal parziale disimpegno degli Stati Uniti dal Medio Oriente. Nella misura in cui Mosca ha cercato di sfidare direttamente Washington in un’area da cui gli Stati Uniti non volevano essere sloggiati, i russi sono stati rapidamente informati del vero equilibrio di potere. Eppure, gli Stati Uniti sotto il presidente Joe Biden non mostrano alcun segno di voler tornare a prendere grandi impegni nella regione.

Il più importante tallone d’Achille per l’approccio regionale di Mosca è la notevole mancanza di risorse finanziarie, che non le consente di essere attore anche nella fase post bellica. Il risultato è che la Russia sta attualmente presiedendo un paese frammentato in cui i principali fronti di combattimento possono non essere più in movimento, ma nulla è stato risolto.

La visita di Lavrov negli Emirati Arabi Uniti è degna di particolare attenzione. I russi e gli emiratini condividono il desiderio di riabilitare il regime di Assad e normalizzare la situazione della Siria. I russi potrebbero essere alla ricerca di modi per introdurre risorse emiratine nella rovina del dominio di Assad, anche se Abu Dhabi dovrà essere prudente nel violare le sanzioni statunitensi in modo non troppo evidente.

Tommaso Dal Passo

Il Grande Cambiamento, su cui aveva puntato tutte le sue carte gli Stati Uniti, è miseramente fallito in quanto la Cina e la Russia lo hanno prima subito per poi disinnescarlo in contemporanea. Questo poggiava sulla narrazione dell'influenza covid, ma la preparazione dei vaccini cinesi e russi da una parte e dall'altra il rilancio velocissime delle loro economie, quella cinese più rispetto a quella russa, ha lasciato basito gli statunitensi che prigionieri della loro strategia hanno dovuto accelerare le vaccinazioni di massa, unico sentiero che loro stessi si sono lasciati per superare la crisi innestata/propagandata. Ora sono alla rincorsa della locomotiva cinese, nel frattempo per rallentarla hanno rispolverato l'ideologia dell'INGERENZA, la stessa usata contro la Russia, e su questo terreno anch'esso a senso unico, si stanno tagliando tutti i ponti alle spalle, coinvolgendo Euroimbecilandia, l'Australia, il Giappone, l'India, quanto poi questi paesi seguiranno pedissequamente gli ordini che vengono da Washington è tutto da verificare. I medesimi ideatori che spingono verso la guerra calda contro la Cina e Russia dubitano fortemente delle loro capacità di uscirne vincitori

L’eurocretino taglia i ponti con Cina e Russia

Maurizio Blondet 27 Marzo 2021

“l’Italia si è allineata ad altri paesi europei, tra cui Francia, Germania e Belgio, e ha convocato l’ambasciatore cinese in segno di protesta contro le sanzioni imposte dalla Cina a parlamentari, ricercatori e istituzioni dell’Unione europea. Ne dà notizia con grande soddisfazione da neocon assetato di conflitto, Il Foglio , che sottolinea: “E’ la prima volta da almeno due anni – E non c’era ad accoglierlo il ministro Luigi Di Maio, che esattamente due anni fa ha firmato con Pechino l’ingresso dell’Italia nella Via della seta – era in missione a Bruxelles. Li Junhua è stato ricevuto invece dalla viceministra Marina Sereni, in quota Pd. Chi c’era racconta al Foglio di un incontro blindato e teso, ma soprattutto “a dir poco brevissimo”.

Insomma arrogante e gratuitamente offensivo. Per tagliare i ponti.

“Nello scarno comunicato della Farnesina l’Italia “conferma il sostegno alle misure adottate dall’Ue e rigetta come inaccettabili le sanzioni cinesi, che ledono i fondamentali diritti di libertà di espressione, parola, pensiero ed opinione, il cui esercizio è connaturato al pieno dispiegamento della democrazia e dei suoi valori, cui l’Italia e l’Ue si ispirano”. Silenzio sul caso da parte del ministro ma anche del sottosegretario agli Esteri con delega all’Asia, Manlio Di Stefano, sempre in quota M5s”. Così gongola il Foglio.

Insomma da quel che si capisce è stata una iniziativa autonoma di questa Marina Sereni, PC da sempre, da sempre agli ordini di Bruxelles, senza consultare il ministro: uno stile inequivocabilmente neocon. Ossia incivile e prevaricatore, secondo la moda delle relazioni internazionali con insulto e inaugurata da Biden e Blinken.

Invece Putin ha telefonato: la UE vuole davvero troncare i ponti?

In significativo contrasto, lunedì scorso il presidente Putin ha preso l’iniziativa di alzare il telefono e chiamare Charles Michel, un belga da quattro soldi che presiede il Consiglio Europeo – un organo di “governance” (in UE non c’è “governo” ma “governance”) che riunisce i 27 capi dei governi, e che Michel dovrebbe mettere d’accordo su un compromesso – per un ultimo tentativo di disinnescare il conflitto che i servi europei di Biden stanno creando di sana pianta, a freddo.

Al telefono, il presidente russo deplorato lo stato dei rapporti tra Ue e Russia, perlomeno non costruttivi, anzi conflittuali, e si è detto pronto a ristabilire normali rapporti se anche l’Ue, da parte sua, è interessata.

Ebbene: il belga gli ha risposto con arroganza che lui comunque non ha il mandato di disinnescare il conflitto, ma che ci sono grandi divergenze con la Russia e che questi rapporti sono davvero a un livello molto basso. Per l’UE, il miglioramento di queste relazioni dipende solo dalla Russia. E tre condizioni sono formulate contro di esso:

  • attuare gli accordi di Minsk, di cui ovviamente l’UE non è più garante ma parte;
  • porre fine alla “sua guerra ibrida e agli attacchi informatici contro gli Stati membri – la Russia è un paese aggressore per l’UE”;
  • rispettare i diritti umani.

La reazione di Lavrov

Immediata la reazione del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha dichiarato che la Russia non ha rapporti con l’Ue come organizzazione: “Bruxelles ha distrutto le relazioni con Mosca. Sono pochi i paesi in Europa che sono guidati dal loro interesse nazionale e mantengono un partenariato equo con la Russia ”.

Non è che Putin abbia scavalcato Lavrov, o che non sappia che la sua iniziativa avrebbe incontrato il muro arrogante del servo occidentalista che cercava il conflitto ed ha avuto la sua vittoriuzza .

La sua telefonata è un gesto ultimo da uomo di pace, per così dire fatto “davanti a Dio” : non abbiamo lasciato nulla di intentato, Tu sei testimone.

Realizzato l’incubo di Mackinder

Il punto è che la cosca Biden-Blinken (e Kagan), con gli insulti e la delirante intenzione (espressa esplicitamente dall’American Enterprise, di cui il Foglio di Ferrara è l’organo per l’Italia) di aizzare un cambio di regime con la caduta di Putin in Russia, e addirittura quella di Xi in Cina, per riportarli da subalterni nel Dollaro Globale, sta rendendo reale l’incubo piratesco di Halford Mackinder, il saldarsi dell “Isola-Mondo”, l’oceano di terra irraggiungibile dalle incursioni navali brtitanniche. Gli europeisti atlantisti, gettando Putin ad allearsi con la Cina, stanno rendendo realtà “ il superstato eurasiatico, basato tra il Volga e lo Yangtse”, segnala Alastair McLeod. E la definizione è restrittiva: proprio Mckinder definiva come come fulcro invincibile mondiale “la pianura che si estende dall’Europa centrale sino alla Siberia occidentale, che ha una posizione strategica su Mar Mediterraneo, Medio Oriente, Asia meridionale” e confina con la Cina.

Mackinder spiegò che chi l’avesse controllata, avrebbe guadagnato il dominio della intero Continente Antico, ossia l’unione di Eurasia ed Africa”.

E guardate, dice McLeod, che questo potere non è dovuto alla superiorità militare, ma alla semplice economia. “Mentre l’economia statunitense subisce un esito inflazionistico post-lockdown. e una crisi esistenziale per il dollaro, l’economia cinese esploderà sulla scia dell’aumento dei consumi interni, che è un obiettivo ufficiale del governo; e nonostante tutti gli sforzi e trucchi per stroncare l’export della Cina (anche con il blocco di Suez) l’aumento delle esportazioni, conseguenza inevitabile dello stimolo americano della domanda dei consumatori e di un crescente deficit di bilancio”.

I trilioni di dollari di cui la Fed ha inondato il consumatore americano andranno a comprare merci cinesi, lo si voglia o no, e perfino gas russo.

Vi siete accorti, occidentalisti neocon, che la Cina già controlla l’Africa, come temeva McKinder? Che i treni merce uniscono già Berlino e l’economia tedesca- quindi europea – a Pechino? Saldando quella che McKinder chiamava l’Eurasia? E’ un fatto oggettivo: “Le nazioni del sud-est asiatico nella sfera di influenza degli Stati Uniti sono teoricamente legate all’economia del partenariato, e le vie della seta terrestre e marittima legano in modo simile rispettivamente l’UE e gli stati dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Pacifico occidentale. Ammonta a oltre la metà della popolazione mondiale che non condivide più gli interessi economici e valutari di 328 milioni di americani.

Lanciandosi a fare la guerra fredda contro Putin, avete dato alla Cina la superpotenza atomica che non ha. Quindi: l’amministrazione Biden, contro la potenza combinata di Russia e Cina, l’America fallirà nei suoi obiettivi politici, non per mancanza di potere militare, ma a causa delle forze economiche” .

Il punto è che i neocon, temo, lo sanno, e si stanno preparando alla guerra non fredda, ma calda; ancora pochi anni, e la superpotenza Usa non sarà in grado di vincere una guerra mondiale; “sanno di avere poco tempo”

A temere i fanatici neocon e il loro progetto di guerra devono essere anche certi circoli e famiglie di potere del Deep State. Lo dimostra un articolo sorprendente su Foreign Affairs. A firma di Richard N. Haass e Charles A. Kupchan, datato 23 marzo 2021, è sorprendente fin dal titolo: “Il nuovo Concerto dei Potenze”. Meglio invitare Cina e Russia alla compartecipazione, invece di antagonizzarle. Perché?

Perché“ L’Occidente, dicono i due globalisti, sta perdendo non solo il suo dominio materiale, ma anche il suo dominio ideologico. In tutto il mondo, le democrazie stanno cadendo preda dell’illiberalismo e del dissenso populista mentre una Cina in ascesa, assistita da una Russia combattiva, cerca di sfidare l’autorità dell’Occidente. La storia insegna che tali periodi di tumultuosi cambiamenti comportano un grande pericolo: le lotte tra grandi potenze sulla gerarchia e l’ideologia portano regolarmente a grandi guerre”.

Molto meglio realizzare il Concerto di Potenze, informale e inclusivo, che nell’Ottocento frenò “la competizione geopolitica e ideologica che di solito accompagna il multipolarismo. Un concerto globale avrebbe sei membri: Cina, Unione Europea, India, Giappone, Russia e Stati Uniti. Democrazie e non democrazie avrebbero la stessa posizione e l’inclusione sarebbe una funzione del potere e dell’influenza, non dei valori o del tipo di regime. I membri del concerto rappresenterebbero collettivamente circa il 70% sia del PIL globale che della spesa militare globale

Questo articolo, mi dice l’amico Umberto Pascali da Washington, indica che fra i potenti c’è paura. “Hanno paura che il loro piano — di “cancellare” la Russia e usare la Cina come strumento principe del Grande Reset non sembra andare in porto come previsto. Hanno paura della guerra vera dopo le tante guerre facili, guerre coloniali di saccheggio.

I NeoCon, o meglio la maggioranza del Congresso pagato dal Military Industrial e da Big Tech ha sete di profitti da guerra; di saccheggio stile coloniale. Ma l’apparato militare non e’ in grado di intraprendere una guerra vera con potenze tipo Cina, Russia”.

Questa la situazione ad oggi.

Oggi Suez, domani una interruzione di corrente nelle grandi città per 48 o più ore e pseudo regole saltano e l'anarchia prende il sopravento News Orleans doc

Non solo petrolio, che cosa si rischia con l’ingorgo nel Canale di Suez



Canale di Suez: il punto con commenti e analisi

Il Canale di Suez, dallo scorso martedì, è bloccato da un gigantesco portacontainer, la Ever Given arenatasi diagonalmente in uno dei punti più critici dei 173 km del canale. L’imbarcazione, di proprietà dell’armatore giapponese Shoei Kisen Kaisha, è lunga 200 metri (come tre campi da calcio), larga 59 e ha una capacità di 220 mila tonnellate. “Se anche la situazione si sbloccasse in tempi relativamente brevi, le conseguenze dell’incidente dell’Ever Given dureranno per parecchio tempo – ha spiegato Leon Willems, portavoce del porto di Rotterdam -. Ci vorranno giorni per scaricare le navi bloccate una volta che arriveranno tutte assieme a destinazione”.

Il più grande ingorgo della storia

Quello a cui stiamo assistendo è il più grande ingorgo della storia del traffico marittimo. Secondo Bloomberg l’incidente avrebbe messo in attesa circa 185 navi, una cifra che sale a quasi 300 se si contano anche quelle che hanno indicato Suez nel loro itinerario di viaggio. “Si sta cercando di riportare a galla la nave, ma ci troviamo di fronte a difficoltà estreme”, ha spiegato l’armatore. Per risolvere la questione è stata contattata la Smit Salvage, azienda specializzata in salvataggi marittimi, che in passato si è occupata di spostare la Costa Concordia, dopo il naufragio al largo dell’isola del Giglio nel 2012. Le operazioni potrebbero richiedere diverse settimane, come dichiarato da Peter Berdowski, amministratore delegato di Royal Boskalis, società che ha acquisito Smit Salvage.

Le ricadute sul traporto delle merci

Come scrive Repubblica, l’ipotesi di una chiusura prolungata del Canale di Suez ha mandato in fibrillazione gli armatori mondiali. I Lloyd’s di Londra hanno calcolato che il blocco del canale coinvolge circa 9,6 miliardi di merci al giorno. A causa pandemia i container sono introvabili e il loro prezzo tra Europa e Cina è quadruplicato in pochi mesi, inoltre i protocolli sanitari hanno rallentato le operazioni in porto e in quelli Usa c’è in media una coda di 90 navi per lo scarico. Il blocco di Suez può mettere in difficoltà le filiere dell’auto, dei telefonini e della plastica.

I rischi di una chiusura prolungata: la carenza di container

Stando a quanto riportato da Wood Mackenzie, una chiusura prolungata potrebbe compromettere il traffico dei container, già nel caos da mesi per le inefficienze provocate dal Covid. Il Sole 24 ore scrive ve i tempi di trasporto si sono allungati a dismisura e i noli dalla Cina sono quasi quintuplicati rispetto a un anno fa, spingendosi oltre 8.500 dollari per un contenitore da 40 piedi. Le catene di approvvigionamento infatti non si sono ancora del tutto rimesse dopo il blocco dei traffici causato dal Covid. Lo stravolgimento dei traffici ha innescato un aumento del prezzo dei noli che preoccupa gli addetti alla logistica, soprattutto per le ripercussioni che potrà avere sui prezzi dei beni di consumo. Inoltre lo stazionamento di circa 200 navi nei pressi del Canale potrebbe aggravare la situazione. “Le scatole bloccate sulle navi non possono tornare in Asia per essere di nuovo riempite”, spiega Alan Murphy di Sea-Intelligence.

Cambio di rotta

Per evitare Suez bisogna circumnavigare l’Africa, con il passaggio del Capo di Buona Speranza: un’opzione molto più costosa e che allunga i tempi di trasporto dall’Asia di almeno 7 giorni, il doppio nel caso delle petroliere. L’azienda Maersk ha detto ieri di essere pronto a dirottare via aria e via terra le spedizioni ritardate. Hapag Lloyd deciderà nelle prossime ore se rinunciare a passare da Suez e circumnavigare l’Africa sulla rotta Europa-Cina. La Russia ha colto la palla al balzo per sponsorizzare la rotta artica per unire Asia ed Europa. Tragitto che darebbe a Mosca vantaggi geopolitici.

I numeri del Canale di Suez

Circa il 12% del commercio mondiale e circa il 7% di petrolio che viaggia via mare passa dal Canale di Suez. Il traffico si Suez, secondo le stime approssimative di Lloyd’s List, vale 9,6 miliardi di dollari al giorno. Nel 2020 sono transitate per il Canale più di un miliardo di tonnellate trasportate da 18.829 navi. Più del 20% delle navi in ​​transito per Suez è nuovo naviglio che ha attraversato il canale per la prima volta nel 2020 attratto dagli sconti tariffari nuovi introdotti nel periodo Covid-19. In termini finanziari, il 2020 è stato il terzo anno più ricco nella storia del Canale. I ricavi sono stati pari a 5,61 miliardi di dollari, in calo del 3,3% rispetto ai 5,8 miliardi di dollari dell’anno precedente. I dati arrivano dagli studi di SRM, il Centro Studi di Intesa Sanpaolo.

Le ricadute sul commercio del petrolio

Tra le 185 navi bloccate nel Canale ci sono 24 petroliere, 16 vettori che trasportano Gnl o Gpl, 33 portacontainer e 15 navi cisterna. Per Arthur Richier, analista senior di Vortexa, almeno 13 milioni di barili di greggio potrebbero essere interessati dall’interruzione del canale marittimo egiziano. In poche ore il prezzo del barile sui mercati ha superato i 60 dollari: un aumento del 5%. Nel 2020 hanno attraversato il Canale 5.113 Dry Bulker (navi che trasportano carichi secchi), 5.006 Tankers-navi petroliere e 4.710 navi portacontainer.

Lo studio americano per rinnovare le catene del valore

Gli stop alla produzione e alla libertà di circolazione imposti dalla pandemia hanno causato scarsità di approvvigionamento di beni, anche essenziali come le mascherine e i disinfettanti, facendo scoprire al mondo quanto i singoli Paesi siano interdipendenti. La pandemia ha svelato che il commercio internazionale è esposto al rischio di uno shock e che il danno è direttamente proporzionale alla lunghezza delle catene e al numero di confini attraversati. L’amministrazione statunitense ha chiesto alle agenzie federali di valutare la tenuta delle catene di approvvigionamento di materiali sensibili in settori strategici come sanità, sicurezza nazionale e produzione industriale e tecnologica. “Vogliamo fare in modo che il popolo americano non debba mai più affrontare la carenza di beni e servizi su cui fa affidamento – ha detto presidente Joe Biden, in una nota diffusa dalla Casa Bianca -, che si tratti delle auto o dei medicinali o del cibo nel negozio di alimentari sotto casa”.

Il futuro delle catene del valore

È probabile che nel prossimo futuro costruiremo catene del valore più corte e diversificate, favorite anche dagli accordi regionali di libero scambio. Il rinnovato interesse per catene più corte e produzioni nelle economie avanzate è coerente con gli obiettivi di un’economia sostenibile grazie a una riduzione del trasporto e al rispetto di standard ambientali e sociali più stringenti. “È stato sufficiente l’incagliamento di una portacontainer nel Canale di Suez per mettere a nudo le fragilità del sistema di scambi internazionali, in un quadro già complicato dalla pandemia – scrive Davide Tentori, Ispi Research Fellow, Osservatorio Geoeconomia –. Le ipotesi di “reshoring”, di cui tanto si parla sia negli USA che qui da noi, sono affascinanti ma non praticabili in un orizzonte di breve-medio periodo. Di certo, l’immagine della Ever Given incagliata nella striscia di mare che separa Africa e Asia dimostra che, anche in un’epoca in cui il commercio digitale sembra prendere il sopravvento, la geografia conta e conterà ancora a lungo”.

Racconti primaverili del 2021 - 2

Come nascondere l'iflazione e farla franca

25 marzo 2021

Breve newsletter.

Tutti gli occhi sono adesso puntati sulla nave da cargo incagliata di traverso nel Canale di Suez. https://www.ft.com/content/eec9f3a6-2817-45f5-b007-a290f3e530c6


Curiosamente, prima dell’episodio, il prezzo del greggio stava sprofondando. Appena la nave si è incagliata, il prezzo del greggio è tornato a salire in modo repentino e immediato. Questi sono i miracoli oggigiorno. Eventi totalmente fortuiti che si dimostrano essere sempre mani provvidenziali che, AL MOMENTO GIUSTO, pongono rimedio a qualcosa che non piace a Wall Street.

Ricordiamo che il petrolio è la linfa vitale dell’intero apparato militare industriale americano: il petrolio alto fa bene a Wall Street!

Il petrolio serve per qualsiasi lavorazione industriale. Tutto contiene petrolio. Ma la cosa fondamentale è che il petrolio lo si paga in dollari americani. In un momento in cui gli Stati Uniti sono impegnati nella più massiccia stampa di denaro mai vista, al ritmo di trilioni su trilioni, serve un petrolio più caro per assorbire i dollari in eccesso. Un po’ effetto Scottex casa; con la carta si assorbe il petrolio.

Ma dietro alla banca centrale americana, la Federal Reserve, marciano in fila tutte le altre banche centrali. Anche Draghi ha annunciato sfacciatamente che “questo è il momento in cui i soldi non si chiedono, ma si danno”. https://www.huffingtonpost.it/entry/draghi-alle-imprese-tre-quarti-dei-32-miliardi-dello-scostamento_it_6054f4bcc5b6f12839d43f28

Cosa vuol dire questo? Vuol dire fiumi di denaro a debito! Tanto tanto debito che sta inondando l’economia. Tutte le banch ecentrali stanno stampando denaro come mai prima. La cosa è esponenziale.

Nonostante i tentativi di bloccare l’economia globale con i lockdown per impedire a questo denaro di circolare, il mondo sta iniziando a riaprire e il denaro sta iniziando a muoversi, causando inflazione.

Quello che le banche centrali stanno cercando di fare adesso è di nascondere la colpa dell’ aumento dell’ inflazione. Il container incagliato è un diversivo per non prendersi la responsabilità di aver stampato trilioni ed aver causato inflazione- Così la colpa è dei container che si bloccano e le banche centrali possono continuare a stampare con il turbo. Intanto il prezzo di tutto sta già aumentando al galoppo. Chi segue le mie newslewtter era stato avvisato che questo sarebbe accaduto. Se la storia continua, oltre all’aumento dei prezzi potrebbe esserci anche penuria di roba.

Lo stregone maledetto è il cane da guardia degli Stati Uniti in Italia

Draghi contro le cineserie di Rai e Fastweb?

25 marzo 2021


Draghi impone il Golden power su un contratto di fornitura siglato tra Fastweb e la cinese Zte. E la stessa Fastweb è in partnership con la cinese Huawei per la realizzazione della rete in fibra di Rai Way

Golden Power made in Mario Draghi.

Il presidente del Consiglio ha bloccato un contratto di fornitura di tecnologia 5G a Fastweb da parte dell’azienda cinese Zte. Nel frattempo, un’altra cinese è pronta ad installare le sue tecnologie per realizzare la rete in fibra di Rai Way. Draghi interverrà anche su questo fronte, nel caso fosse necessario?

Qualcuno lo auspica. Ecco tutti i dettagli.

GOLDEN POWER FASTWEB-ZTE

Partiamo dalla decisione di Mario Draghi. Il presidente del Consiglio, scrive Formiche, ha “esercitato il golden power su un contratto di fornitura di tecnologia 5G a Fastweb da parte dell’azienda cinese Zte e dell’azienda taiwanese Askey”.

Lo stop è stato ratificato con un Dpcm dell’11 marzo, in cui Draghi ha esercitato i poteri speciali “con prescrizioni”, in relazione “alla notifica della società Fastweb Spa avente ad oggetto l’acquisto di CPE 5G Askey e ZTE e di servizi professionali quali supporto alla validazione, training, supporto tecnico tramite TAC”, come recita un estratto del decreto consegnato al Parlamento.

COSA PREVEDE LO STOP A FASTWEB

In particolare, Draghi ha deciso che Fastweb non potrà acquistare dalla cinese Zte i CPE 5G (Customer Premise Equipment), delle tecnologie che convertono il segnale 5G in segnali Wi-Fi.

I PRECEDENTI SU FASTWEB

Se questo è il primo Golden power per Mario Draghi, non lo è invece per Fastweb che si è vista annullare, nel 2020, con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, un contratto con Huawei ed un contratto proprio con Zte.

IL BANDO PER LA FIBRA DI RAI WAY

Draghi interverrà anche sul fronte Rai Way, in linea con le indicazioni Ue? La Rai, tramite la sua controllata Rai Way, nelle prossime settimane dovrà assegnare ed avviare il cantiere per la realizzazione di una rete in fibra. Come da verbale del 12 ottobre 2020, sono tre le aziende in corsa: Tim, Rti Irideos con Terna energy solutions e Fastweb, in partnership (sulla tecnologia) con la cinese Huawei.

IL CAVILLO DEL BANDO DI GARA

Huawei può partecipare al bando di gara grazie ad un cavillo presente nello stesso, come scrive La Verità in un articolo a firma di Claudio Antonelli: “Chi partecipa alla gara deve indicare se la tecnologia proviene da nazioni che riconoscono tutele di sicurezza sociale o previdenziale analoghe a quelle applicate in Italia o in Europa o in Stati che hanno stipulato accordi bilaterali in tale materia con Roma. Se la produzione avviene in più Stati, l’offerente potrà indicare in quale nazione avviene almeno il 50% della produzione”, spiega la Verità.

“Da un lato – aggiunge il quotidiano – la clausola ha un valore positivo perché impone che almeno un 50% della tecnologia debba essere assemblato in Europa e di conseguenza esclude player al di fuori dal nostro perimetro. Il fatto che per produzione si intenda anche l’assemblaggio dei pezzi si può leggere in altro modo, soprattutto collegandolo agli obblighi di natura previdenziale. Quello del 50% è un cavillo che quindi consente ad aziende cinesi come Huawei di partecipare alle gare stesse. Se Rai Way non avesse messo una soglia, ma si fosse limitata a indicare in toto l’obbligo di rispetto di criteri previdenziali o di welfare allineati a quelli italiani, nessuno marchio cinese avrebbe superato il primo step della gara”.

L’AUSPICIO DI GALIETTI

Un intervento di Draghi, in questo senso, è auspicabile da parte dell’analista e fondatore di Policy Sonar, Francesco Galietti, della Luiss Business School. “Il bando è costruito in materia tale per cui non si tiene conto che in Cina c’è un’attenzione molto diversa alle tutele dei lavoratori e questo si traduce in prezzi più bassi. Questo è un aspetto che per noi che siamo in Occidente, che invece teniamo alle tutele sociali, andrebbe trattato in maniera diversa”, ha sottolineato Galietti, intervenendo a Striscia la notizia.

I PROBLEMI SUI DATI SECONDO GALIETTI

Ma la questione non si esaurisce alle tutele sociali. Il problema riguarda i dati e l’uso che ne fa.

“La Commissione Europea, a più riprese, ha chiarito alcune cose – ha aggiunto Galietti – Una di queste è che bisogna valutare l’affidabilità del contraente e per farlo bisogna tenere conti anche del cosiddetto rischio regolamentare. Nel caso dei cinesi, il rischio regolamentare è molto elevato perché le aziende cinesi sono tenute, per via di ordini del loro Governo, delle autorità e del Partito Comunista Cinese, a condividere segretamente informazioni con Pechino. Questo ovviamente è un grossissimo problema, quindi c’è solo da augurarsi che vista la delicatezza delle cose di cui stiamo parlando, chi dovrà fare delle scelte terrà conto sia degli aspetti di tutela sociale, ma soprattutto, dell’affidabilità del contraente”. E su questo “l’Ue ha messo un paletto rigido cui devono attenersi tutti gli Stati membri”.

Cina lepre Stati Uniti insegue

I numeri sul traffico aereo svelano che la Cina si è già risollevata

25 marzo 2021


Che cosa emerge dai dati sul traffico aereo secondo un approfondimento del Wall Street Journal

Tenete in mente queste due date: 26 febbraio 2021 e 28 febbraio 2020. Il Wall Street Journal ha scattato due istantanee del traffico aereo in quei due giorni e le ha confrontate, con un esito abbastanza prevedibile ma comunque impressionante nei numeri. Un crollo di dimensioni epocali. Con un piccolo dettaglio finale non insignificante: la Cina si è già ampiamente risollevata.

Come si è evoluto il traffico aereo nell’anno della pandemia?

Il traffico aereo, e in particolare il numero di singoli voli, nell’anno della pandemia sono stati soggetti a drastici cambiamenti. Per capire cosa è successo realmente, il WSJ ha attinto alla banca dati Cirium Core.


Prendendo in esame il numero delle rotte aeree, i voli nazionali non hanno sofferto in maniera particolare, con una diminuzione del 6%.

Tutt’altro quadro per le tratte internazionali, che soffrono di una diminuzione del 60% delle rotte.

Il totale globale si attesta quindi su un -30%.

Analizzando il dato relativo ai singoli voli aerei effettuati, c’è coerenza con quanto osservato sopra: i voli nazionali vedono una diminuzione del 30% e i voli internazionali calano addirittura del 74%, concorrendo a formare un totale globale di -42%. In particolare negli Stati Uniti le rotte nazionali sono diminuite del 16% e le tratte tra Nord e Sud America sono rimaste sostanzialmente stabili, mentre il grosso calo si è verificato tra Europa e Nord America.

È inoltre possibile effettuare un’analisi relativa alle singole rotte aeree per ciascun paese.


Nella mappa è indicata la variazione percentuale per ogni paese oggetto di interesse, che indica la differenza tra le rotte in data 28 Febbraio 2020 e 26 febbraio 2021.

La totalità dei paesi in esame presenta un saldo negativo, con alcuni anche molto pesanti come il -78% del Regno Unito, mentre solamente uno possiede un saldo ampiamente positivo: la Cina con +63%.

Stando a questi dati, pare il Covid abbia mietuto una sola grande vittima: l’Europa.

[Elaborazione personale su articolo del “The Wall Street Journal” del 22/03/21]

27 marzo 2021 - News della settimana (19-26 mar. 2021)

La Fed chiama ed Erdogan risponde

Come Erdogan ha involontariamente salvato Fed e Nasdaq


25 Marzo 2021 - 18:00

Con la sua mossa apparentemente suicida, la Turchia ha garantito uno shock esogeno positivo sui rendimenti dei Treasuries e un afflusso record di capitali sul travagliato indice tech. Ma la dinamica in atto è quella di un continuo ribilanciamento dei flussi, sia in seno a Wall Street che sui titoli di Stato. E se i retail traders hanno scoperto l’hedging, abbandonando le opzioni call, la Cina erode quote di mercato obbligazionario


Come mai il mercato ha pressoché ignorato l’ennesima e ciclica crisi valutaria turca? Certo, un po’ di investitori giapponesi si sono bruciati le dita, stante i 263.585 contratti in posizioni long individuali sul cross lira-yen in essere all’atto dell’ennesimo licenziamento di un governatore della Banca centrale da parte di Recep Erdogan.

La mitica Miss Watanabe, entusiasta del +9% garantito da quella scommessa da inizio anno, ci sarà certamente rimasta malissimo. Per il resto, però, business as usual. Nonostante un tasso overnight implicito che fra domenica e lunedì ha toccato il 10.000%, salvo poi stabilizzarsi attorno al 600%: di fatto, impossibile difendersi dal deprezzamento della valuta. E molto costoso uscire dal casinò.

Come mai? Paradossalmente, perché con la sua mossa, il presidente turco ha salvato Nasdaq e Fed. Ma ora, la palla è tornata al centro. E la partita appare ancora molto lunga, prima del sospiro di sollievo che accompagnerà il fischio finale. I soliti bene informati spiegano il possibile do ut des fra Ankara e Washington in maniera tanto cinica, quanto chiara: occorreva uno shock esogeno che facesse scendere i rendimenti obbligazionari Usa e riportasse fiducia immediata nei Treasuries, dopo la peggiore sell-off da venti anni a questa parte.

E questi due grafici

Bloomberg
Bloomberg

mettono la situazione in prospettiva: il primo mostra come, utilizzando il proxy del Bloomberg Barclays U.S. Long Treasury Total Return Index, l’indice che traccia i bond con durata pari o superiore a 10 anni, l’obbligazionario Usa sia crollato di oltre il 20% dai picchi del marzo 2020: di fatto, conclamato e ufficiale ingresso in bear market per un trend rialzista che per quella categoria di securities durava da inizio anni Ottanta.


Il secondo grafico mostra uno degli effetti collaterali immediati di una simile dinamica: mai come oggi, infatti, il Nasdaq è stato così correlato con l’andamento dei titoli di debito Usa. E al netto del livello di leverage, espansione dei multipli e timori per una sempre incombente big rotation ancora in divenire, l’indice tech rappresenta il canarino nella miniera della bolla azionaria Usa.

Oltretutto, sostenuta in maniera sostanziale dal grande driver: gli investitori retail. Ed ecco che questi altri due grafici

Bloomberg
Bloomberg

mostrano in maniera chiara quanto questo regime di andamento in tandem sia ombelicale, un vero doom loop. Proprio nel giorno dell’esplosione massima della mini-crisi turca, mentre la Borsa di Istanbul andava più volte in circuit-breaking e i credit default swaps toccavano quota record di 455 punti base, il principale ETF che traccia il Nasdaq, l’Invesco QQQ, registrava il più grande afflusso di capitali giornaliero dalla bolla dot.com del 2000: qualcosa come 4,9 miliardi solo il 22 marzo. E proprio mentre i rendimenti del Treasury a 10 anni si sgonfiavano e si allontanavano dal tipping point di area 1,75%, quello capace di scatenare lo tsunami sui livelli di VaR.

Ma ecco che il secondo grafico mostra altro: nonostante i primi assegni del piano Biden stiano già arrivando sui conti correnti degli americani, lo sperato afflusso di stimmy money che si prezzava come ulteriore sostegno a un nuovo Covid-rally di Wall Street pare venire meno. O, quantomeno, pare non puntare più unicamente al rialzo: in una sorta di evoluzione darwiniana, i Robinhooders hanno smesso di operare a leva attraverso le opzioni, vero e proprio driver invernale insieme alle Spac. E hanno scoperto l’hedging. La copertura dal rischio, la crema solare dopo le scottature del pump’n’dump di GameStop e soci.

Nei cinque giorni di trading della scorsa settimana sono passati di mano quotidianamente una media di 23 milioni di contratti call contro i 30 milioni di febbraio. Insomma, i daytraders stanno imparando e adattandosi: esattamente ciò che il mercato temeva di più. Nasdaq in testa, stante il livello di esposizione su Etf come quelli facenti capo a Ark Invest di Cathie Wood.

Ma ecco che questi ultimi due grafici

Financial Times
Bloomberg

paiono aprire gli scenari di interrogativo maggiore. Primo, quanto ha da correre ancora la peggiore sell-off da decenni a questa parte? E’ conclusa, come sembra mostrare la correlazione storica della prima immagine, dalla quale si evince come il mercato abbia pressoché prezzato in pieno in area 2,35% il tasso neutrale in linea con le previsione Fed? Oppure la questione alla base è altra, mostrata plasticamente dall’ultimo grafico? Mentre i Treasuries pativano il loro bagno di sangue tardo-invernale, gli inflows sul debito cinese salivano in maniera pressoché contemporanea e di compensazione da vaso comunicante. Esattamente come il re-couple fra calo dei rendimenti sui Treasuries e afflusso record sul Nasdaq.

Insomma, è in atto il prodromo di un big swap potenziale fra debito Usa e cinese sul mercato, come preconizzato dal guru dell’investimento Ray Dalio, certo nello scommettere su quella che appare ogni giorno di più la competizione diretta fra due imperi? Se così fosse, gli Usa starebbero per suonare la sirena d’allarme. Rosso. Perché un Paese dal deficit ormai insostenibile, se non attraverso la monetizzazione sistematica dello stesso tramite un Qe che inglobi tutto il debito emesso, tutto può permettersi nella vita tranne che una competizione diretta della Cina rispetto al ruolo benchmark del Treasury.

Recep Erdogan con la sua mossa ha messo una pezza nel momento più delicato, ovvero quello che vede terminare l’anno fiscale in Giappone (31 marzo) e sconta quindi gli enormi ribilanciamenti di portfolios di assicurazioni, banche e Fondi pensioni nipponici. Oltretutto, con il Nikkei in piena traiettoria di orbita. In cambio avrà swaps valutari in dollari da contabilizzare falsamente come riserve estere e mano libera in Siria, vaticinano i soliti bene informati della City.

Ora, però, segnato il gol occorre ricominciare la partita. E quel vantaggio potrebbe venire vanificato a tempo di record, se ad esempio la stimmy money non operasse più da sostegno di Wall Street. O se qualcosa andasse storto nella scommessa vaccinale o con l’impatto del piano Biden sulle dinamiche dei prezzi. Stranamente, la Nato si è imbarcata di colpo in una nuova crociata maccartista contro Cina e Russia, cooptando a forza anche un’Europa sempre più disorientata e divisa e utilizzando toni degni della Guerra Fredda. Tutto casualmente e senza alcune correlazione col mercato, è ovvio.

Blocco di Suez significa aumento dei costi di trasporto e carburante: combustibile per l'inflazione

26/03/2021 17:21 CET 

Il blocco di Suez fa paura anche all'Italia

Da lì passa il 40% dell’import-export via mare dell’Italia per un valore di 83 mld nel 2020. I timori di Silvia Moretto (Fedespedi) per la logistica italiana


HPSuez

Il blocco del Canale di Suez, ostruito in entrambe le direzioni dalla mega-nave Ever Given da 220mila tonnellate arenatasi martedì mattina, avrà un impatto diretto sui porti europei, e quelli italiani non faranno eccezione. Dalla via che collega il Mar Rosso al Mediterraneo passa infatti il 40% dell’import-export via mare dell’Italia per un valore che nel 2020 è stato pari a 83 miliardi. L’incidente causato dalla portacontainer lunga 400 metri della compagnia taiwanese Evergreen rischia di assestare un altro durissimo colpo alle catene di fornitura già messe in ginocchio dalla pandemia e da allora mai del tutto ritornate in sesto. A spiegarlo all’HuffPost è Silvia Moretto, presidente di Fedespedi e vicepresidente Confetra. “Già prima del blocco di Suez la situazione non era rosea e ora rischia di peggiorare se il passaggio dal Canale dovesse prolungarsi per altri giorni”. I timori riguardano una serie di effetti a catena che potrebbero potenzialmente far lievitare ulteriormente i costi di trasporto e al tempo stesso congestionare le infrastrutture portuali di tutta Europa.

Come ricorda la guida degli spedizionieri italiani “già facevamo da mesi i conti con la carenza di ‘vuoti’ che si protrae ormai dal blocco delle attività economiche all’inizio della pandemia”. Basti pensare che i costi per il nolo dei contenitori dal Far East sono già aumentati del 200%. Il motivo? Con la pandemia e il successivo blocco delle attività economiche si è interrotto il ciclo di rotazione dei contenitori e da allora non si mai del tutto ripreso. “Nei mesi scorsi abbiamo già visto un ricorso sempre maggiore al blank sailings (la cancellazione di una toccata o di una tratta) da parte delle grandi compagnie di navigazione. L’instabilità della domanda ha creato una forte congestione e una improvvisa pressione sulle rotte principali dei traffici internazionali innescando un picco di richieste subito dopo la ripresa che però ha dovuto fare i conti con l’improvvisa difficoltà a reperire l’equipment. Risultato: i costi sono lievitati”.

Se Suez non sarà sbloccata presto, l’eccessivo stress sulle catene di approvvigionamento rischia di arrecare ulteriori danni ai traffici. “Molti carrier marittimi stanno già cambiando i loro programmi di navigazione, prendendo in considerazione la rotta più lunga che circumnaviga il continente africano passando da Capo di Buona Speranza”, ha aggiunto Moretto. “Questo vuol dire che i tempi si allungheranno di altri dieci giorni almeno, con un ulteriore aumento dei costi di trasporto e carburante. Ma la cosa che fa più paura è che i container saranno impegnati sulle navi ancora più a lungo del previsto e ciò non farà altro che aggravare le difficoltà nel reperirli”.

Lo stregone maledetto, burocrate di lusso fin nel midollo delle ossa propone di uscire fuori dal vicolo cieco in cui la Corte Costituzionale tedesca ha portato il Recovery Fund con la proposta di Tremonti del 2011 di emettere Eurobond, i deteschi non accettarono allora e non lo faranno neanche ora. La soluzione è la ricerca di quei trenta miliardi annui sul mercato e soprattutto su quello interno mobilitando i miliardi e miliardi dei risparmi italiani ma questi titoli di stato speciali devono essere appetibili e riservati al singolo italiano e investimenti strutturali con l'assunzione di almeno un milione di giovani nella pubblica amministrazione. Medici, infermieri, ingegneri, informatici, vigili del fuoco, tecnici, impiegati, operai, poliziotti, marinai per la Guardia Costiera e marina militare

Recovery in alto mare, la Corte Suprema tedesca congela la ratifica

CARLO TERZANO 26 MARZO 2021


Bloccato in zona Cesarini il programma di aiuti europeo da 750 miliardi di euro, già approvato in via definitiva dal Parlamento tedesco. La Corte Suprema ha infatti impedito al presidente federale di controfirmare l’atto: senza tutte le ratifiche, Bruxelles non potrà dare la prima tranche

Nuovo inciampo nel travagliato cammino del Recovery Fund. Ancora una volta in mezzo alla strada delle obbligazioni comunitarie ci si piazza la magistratura tedesca, ovvero la Corte Suprema. “Ancora” in quanto la scorsa estate, proprio mentre i 27 provavano faticosamente ad accordarsi sul Next Generation Eu, la Corte costituzionale della Germania era intervenuta riconoscendo l’illegittimità del quantitative easing voluto da Mario Draghi durante il proprio mandato alla Banca centrale europea e dichiarato che, attraverso quello strumento, la BCE avesse esondato dai poteri che le erano stati riconosciuti dagli Stati, chiedendo persino all’istituto stesso di motivarle le ragioni che avevano portato all’acquisto di titoli sul mercato parallelo delle nazioni maggiormente in difficoltà (su tutte, l’Italia) o la Bundesbank non avrebbe più partecipato.


Perché la Corte Suprema ha bloccato la firma del Recovery Fund

A questo giro, invece, i giudici di Karlsruhe sono intervenuti con una risoluzione che temporaneamente non autorizza il presidente il presidente federale Frank-Walter Steinmeier a firmare la legge, dopo il ricorso urgente presentato dall’economista no-euro e fondatore dell’AfD, Bernd Lucke. Lo stop della Corte Suprema al Recovery ha natura cautelare e temporanea, perciò si applica fino a quando non ci sarà una pronuncia da parte degli stessi magistrati sul programma di aiuti europeo da 750 miliardi di euro, già approvato in via definitiva dal Parlamento tedesco. Questo stop, però, benché temporaneo, dovrebbe impedire alla Commissione europea di procedere con i preparativi finali del Next Generation Eu. A breve, infatti, l’esecutivo di Ursula von der Leyen dovrebbe iniziare a sbloccare i fondi della prima tranche, ma potrà farlo solo dopo che tutti i 27 avranno presentato la ratifica dei rispettivi parlamenti.

Guerra illimitata - Mentre la Cina si è più che attrezzata a superare le prossime certe crisi delle borse mondiali gli Stati Uniti nicchiano in quanto l'esposizione della borsa newyorchese è terribilmente compromessa, gli indici tra i valori di mercato e quelli reali si divaricano sempre di più in maniera insostenibile

SPY FINANZA/ La sfida della Cina a Usa e Giappone nascosta dai vaccini

Pubblicazione: 26.03.2021 - Mauro Bottarelli

La Cina sta silenziosamente lanciando la sfida del secolo, proprio a pochi giorni dal fallimentare meeting con gli Usa in Alaska

Il presidente cinese Xi Jinping (LaPresse)

A cosa serve la battaglia geopolitica in atto sui vaccini? A occhio e croce, a qualcosa di paradossalmente ancora più importante della conquista di quote di mercato nei rapporti internazionali e della volontà di rinsaldare alleanze, come dimostra la nuova crociata maccartista lanciata dalla Nato contro Russia e Cina. Ed è proprio il Dragone a mostrarlo chiaramente. Pechino non ha preso bene la convocazione del proprio Ambasciatore da parte del ministero degli Esteri tedesco. E non ha perso tempo nel renderlo noto, . Oltretutto, utilizzando il proxy più simbolico possibile. Ovvero, Hong Kong, dove le autorità sanitarie hanno bloccato la somministrazione del vaccino Pfizer-BionTech per difetti di confezionamento delle fiale. Un alibi, ovviamente. Ma anche qualcosa da non sottovalutare. Perché Pechino è diventata nel 2020 il primo partner commerciale della Germania e quell’atto diplomatico di Berlino potrebbe scavare un fossato.

Esattamente, ciò che vuole l’America, impegnata parallelamente nel martellamento del Dipartimento di Stato per ottenere il rinvio sine die del completamente dei lavori per Nord Stream 2. Non a caso, ieri Joe Biden è stato “ospite” del Consiglio Ue, assise alla quale si è nei fatti presentato in veste di rappresentante farmaceutico di Pzifer e Johnson&Johnson. Un piazzista di lusso. Ma la Cina non pare intenzionata ad accettare provocazioni. E se l’arma dei semiconduttori non fosse sufficiente a spaventare una Volkswagen che sta volando proprio sulle aspettative legate all’auto elettrica (mentre Ford è stata costretta a bloccare per due settimane la produzione negli stabilimenti di Kentucky e Ohio), ecco che Pechino accetta anche lo scotto dei tonfi di Borsa e annuncia la possibile vendita di alluminio dalle riserve strategiche per calmierare i prezzi.

Solo mercoledì, Zhejiang Huayou Cobalt ha perso l’8,3% e Aluminum Corp of China il 6,1%. E attenzione, perché la Pboc non è mai stata così frugale nell’offerta di liquidità alle banche da un anno questa parte, facendo mancare un supporto fondamentale alle equities: come dire, noi possiamo permetterci un tonfo. Giappone e Usa, invece? La prova sta in questo grafico, dal quale si evince come l’indice benchmark del Dragone abbia già perso il 15% dai massimi. E pare proprio che la Banca centrale non sia intenzionata a fare un plissé per sorreggerlo.


Chicken game, il gioco del pollo: chi si getta dall’auto in corsa per primo? Pericoloso. Molto pericoloso in un mondo inondato di liquidità ma anche terribilmente esposto a indebitamento e leverage. Una miscela esplosiva: praticamente, il corrispettivo di accendersi una sigaretta con una bottiglia molotov. E perché il mondo sarebbe disposto a correre questo rischio? Lo spiega questo altro grafico: la (falsa) convinzione che la fiammata inflattiva in atto sia totalmente ascrivibile al cambio di paradigma imposto agli stili di vita dalla pandemia, la cosiddetta Covidflation su cui sta lavorando il professor Alberto Cavallo della Harvard Business School. Quindi, affidandosi ciecamente ai vaccini, la convinzione è quella di un ritorno al vecchio, caro regime di deflazione che garantisce le condizioni per un Qe pressoché perenne. E le Borse festeggiano.


Pechino sta dimostrando che l’intera narrativa può cambiare. E che lei è pronta ad accettare la sfida. E gli altri? Questo grafico mostra come il 24 marzo, la Bank of Japan abbia acquistato Etf per 71,3 miliardi di yen al solo scopo di sostenere il Topix, il maggior acquisto su singolo giorno di sempre e, soprattutto, il primo cambio di pattern da inizio anno. Non a caso, quel giorno il Topix aveva patito le peggiori perdite da un mese a questa parte: il 31 marzo finisce l’anno fiscale in Giappone e non è piacevole farlo con gli indici in correzione, dopo i ribilanciamento di portfolios.


Insomma, Tokyo difficilmente accetterà la sfida di Pechino. E attenzione, perché la Cina sta muovendosi in questa direzione con Hong Kong già in regime di correzione ufficiale. E gli Stati Uniti? Ci pensano questi due grafici a mettere la situazione in prospettiva, poiché ci mostrano cosa stia accedendo in queste ore, nel silenzio generale della stampa. E grazie al caos vaccini. Il comparto delle Spac, i veicoli di collocamento che hanno garantito l’ultima fase di rally, è ufficialmente entrato in bear market, avendo perso oltre il 20% dai massimi.



Titoli sui giornali? Zero. Eppure la SPAC-mania aveva monopolizzato media e social network per mesi: puff, sgonfiata come un soufflé mal riuscito. Senza che nessuno se ne preoccupi. Ancora più seria la dinamica messa in prospettiva dall’altro grafico, poiché mostra la sempre più stringente correlazione fra rendimenti dei Treasuries e andamento del Nasdaq, il quale sta continuando a patire cali. Quando non veri e propri tonfi. Eppure, guarda le coincidenze: grazie all’ultima follia (concordata) di Recep Erdogan e il conseguente crollo della lira turca, i rendimenti dei titoli di Stato Usa sono rientrati in margini accettabili rispetto al tipping point rappresentato da quota 1,75%.

E cos’è accaduto lunedì scorso, in concomitanza con l’ennesima crisi valutaria di Ankara? Ce lo mostra questo ultimo grafico, dal quale si evince come in perfetta contemporanea l’Etf più famoso nel tracciamento del Nasdaq, l’Invesco QQQ, abbia registrato un inflow giornaliero di qualcosa come 4,9 miliardi di dollari, il massimo dal boom della stagione dot.com del 2000. Correlazione perfetta fra un debito sempre più insostenibile per il ricorso strutturale a deficit da monetizzare tramite Qe perenne e l’indice più esposto al leverage e all’espansione dei multipli: praticamente, nitroglicerina con cui si gioca a palla avvelenata. Finora, la Fed l’ha scampata.


Vi pare un caso che la crisi turca, la quale nella notte fra domenica e lunedì scorsi ha visto il tasso overnight arrivare al 10.000%, salvo stabilizzarsi al 600%, non abbia minimamente contagiato il resto degli indici, nonostante le implicazioni di esposizione bancaria a quel Paese senza ormai più riserve e in mano a un uomo che licenzia chiunque osi non abbassare i tassi? Mossa strategica. Ovviamente, compiuta da Erdogan con la certezza che gli Usa garantiranno proprio per quelle riserve. Basterà fra qualche tempo andare a vedere il livello di contabilizzazione degli swaps all’interno delle stesse. E, soprattutto, notare quanto le mire turche in Siria otterranno mano libera dagli Usa, in ossequio al do ut des.

Tutto questo sta accadendo oggi, ora. Eppure nessuno ne parla. E nessuno pare accorgersene, monopolizzata com’è l’informazione dal caos vaccini. La Cina sta silenziosamente lanciando la sfida del secolo, proprio a pochi giorni dal fallimentare meeting con gli Usa in Alaska e in piena campagna sanzionatoria da parte dell’Europa.

Comincia il Risiko. Quello vero. E il nervosismo tedesco in politica estera ne sarà il termometro.

venerdì 26 marzo 2021

Il Grande Cambiamento fallito miseramente continua a fare danni e tanti, almeno fino a giugno aspettiamoci il peggio, di tutto di più

Tutto inutile. Non capiscono.

Ho dato del cretino a un lettore. Egli ha voluto convincermi che la Evergreen, l’immensa portacontainer che ha infartuato il canale di Suez, è un complotto di Pechino: l’ha fatto apposta, Pechino, con una nave che appartiene a Taiwan, per fottere noi europei. “Taiwan”, gli rispondo, “è sotto influenza americana e britannica”. Sì, ma mi ribatte il furbissimo complottista, “ma la Cina vuole Taiwan”.

Dunque, elucidiamo la logica stringente in questo complotto presunto: la Cina “vuole Taiwan”, quindi blocca il canale di Suez devastando le sue esportazioni verso l’Europa, che passano per il canale per un valore di 10 miliardi; si spara al piede. Come questo avvicini Pechino a “prendersi Taiwan”, è chiaro al nostro furbissimo.

Ciò che rende imperdonabile, e persino offensiva, la cretineria del cretino, è il fatto che egli è un mio lettore; che conosce la tabella di marcia del Grand Reset , la quale contempla una “interruzione delle forniture” più o meno in questo mese; sa dunque, o dovrebbbe sapere, che tutto quel che ci sta accadendo è un distruzione controllata dell’economia occidentale decretata integralmente da miliardari occidentali.

Eppure incolpa la Cina.

Fare della Cina il Nemico anche per l’Europa, è esplicita strategia bellicista dell’Amministrazione Biden; per nulla occulta, ma proclamata nel vertice di Anchorage ; praticamente qualunque articolo o servizio tv in queste settimane è propaganda anti-cinese originata da USA e Gran Bretagna. Ebbene: il nostro lettore si beve la propaganda come un bambino, già si sente danneggiato “dalla Cina”, ha scelto il suo campo, guerra guerra guerra a Pechino.

Ciò mi sgomenta e mi offende. Se miei lettori non intendono gli argomenti e le informazioni che provo a dare loro con mio rischio personale, allora devo dire loro: avanti, meritate il premio Darwin.

Riporto dalla stampa tedesca:

Secondo l’Istituto di Kiel per l’economia mondiale (IfW), il 98% delle navi portacontainer viaggia attraverso il Canale di Suez quando si spostano tra la Germania e la Cina. La Repubblica popolare è da anni il partner commerciale più importante della Germania, con un volume comune di oltre 212 miliardi di euro lo scorso anno. Circa l’8-9% di tutte le importazioni ed esportazioni di merci tedesche passa attraverso il Canale di Suez.

La congestione delle navi causata dal blocco del Canale di Suez sta costando molto all’economia tedesca. L’industria chimica e gli ingegneri meccanici stanno avvertendo di un’interruzione nelle catene di approvvigionamento, che sono già sotto pressione a causa della pandemia della corona. Anche se la nave portacontainer “Ever Green”, incagliata martedì, è presto nuovamente galleggiante e l’importante via d’acqua torna navigabile, i logistici si aspettano settimane di problemi nei porti tedeschi. È probabile che gli affari con il più importante partner commerciale della Germania, la Cina, ne risentano in particolare. Di recente ciò era notevolmente aumentato e ha aiutato l’industria dipendente dalle esportazioni a uscire dalla recessione della corona. Ma la maggior parte delle consegne avviene attraverso il Canale di Suez.

“I mercati asiatici sono attualmente i motori di crescita per l’ingegneria meccanica e impiantistica”, ha affermato Ralph Wiechers, capo economista dell’associazione industriale VDMA. “In termini di esportazioni, la congestione del Canale di Suez può significare ritardi nella consegna di macchine, parti di macchine e componenti ai clienti asiatici”. Anche senza questa interruzione, l’industria sta già avvertendo colli di bottiglia nelle forniture dall’Asia, specialmente nei componenti elettronici e nei semiconduttori. “A seconda del percorso di trasporto scelto, potrebbe esserci anche un inasprimento qui”, ha detto Wiechers. “Poiché il trasporto marittimo è in rotta da molto tempo, la situazione attuale sul Canale di Suez diventerà probabilmente evidente solo in pochi giorni”.

Il 25 marzo c’erano già 185 navi bloccate alle due entrate del Canale.
Subito prima di entrare nel canale di Suez, la nave ha percorso questo tracciato. (Una portacontainer lunga 400 metri) “. Ha disegnato un pene!

Per questo popolo che vuole il vaccino, che non sa e non s’informa degli effetti collaterali mortali, anzi non ci crede e accusa chi li informa i esesre un diffusore di fake news, un grande incoraggiamento: fatevi vaccinare! Più possibile! Consumate più dosi, ne restano meno per noi. Inoltre solo se vede falciati dagli effetti avversi parenti, conoscenti e colleghi, forse acquisterà un barlume di coscienza di quello che gli stanno facendo. L’uomo-massa non bada a ragioni, e apprende solamente nella sua stesssa carne.

Docente messinese di 54 anni in coma al Policlinico. La famiglia chiede risposte sul vaccino Astrazeneca

Una donna di 54 anni, docente di una scuola messinese, si trova ricoverata in coma farmacologico nella terapia intensiva del Policlinico di Messina, a causa di una emorragia cerebrale, sopraggiunta dopo che nei giorni scorsi erano state riscontrare trombosi all’aorta iliaca, alla vena porta, alla giugulare, un’embolia polmonare ed una trombosi a livello encefalico. La donna l’11 marzo era stata sottoposta al vaccino AstraZeneca all’Hub della Fiera di Messina.

Sottolineo:

Trombosi all’aorta iliaca, alla vena porta, alla giugulare, un’embolia polmonare ed una trombosi a livello encefalico” – Perfettamente normale, succede di continuo che 5 trombosi contemporaneamente, mica è il vaccino

Finanziere si accascia al suolo e muore davanti ai colleghi

Formia – E’ accaduto questa mattina. L’uomo, originario di Scauri, ha accusato un malore. L’altro giorno aveva ricevuto la prima dose del vaccino anti covid

[…] il finanziere R.T., abitante a Scauri, prestava servizio presso il Centro Navale Formia della Guardia di Finanza. Sembra che ieri l’uomo avesse avuto dei problemi di carattere fisico, ma questa mattina si è recato lo stesso al lavoro.

Giunto nella caserma ha accusato un malore ed ha chiesto aiuto. I suoi colleghi sono subito corsi in suo aiuto ed hanno avvertito immediatamente il 118. Ma ogni soccorso si è rivelato vano in quanto il militare è morto

La verità sui tamponi: credibili fino a 24 cicli

L’ECDC (European Center for Disease Control), cioè la massima autorità europea in maniera sanitaria, risponde in maniera ufficiale alla richiesta dell’ Avv. Mauro Sandri riguardo al numero di cicli affinchè sia attendibile il tampone.

La risposta è la seguente: l’ECDC rimanda a uno studio pubblicato, secondo il quale la PCR è ATTENDIBILE FINO A 24 CICLI !!!!!

Per darvi un’idea di quale vergognosa montatura è stata costruita sui risultati dei tamponi, considerate che ad esempio l’Asl dell’Emilia Romagna ha dichiarato che i tamponi vengono amplificati con un numero di cicli compreso tra TRENTACINQUE e QUARANTUNO !!!

In poche parole, i risultati dei tamponi PCR fatti in Italia sono al 90% INAFFIDABILI.

Finalmente, in fondo al tunnel di una falsa pandemia – costruita su numeri assolutamente farlocchi a causa di un modo indegno di amplificare i tamponi con l’aggravante di basare sul numero enormemente gonfiato di positivi decisioni politiche che hanno distrutto la nostra economia e stanno distruggendo anche la nostra dimensione sociale e relazionale – si vede una luce. La luce della VERITA’ SCIENTIFICA che da un anno, spesso invano, io e tanti altri andiamo predicando. Il Governo e il Ministero della Salute possono esimersi dalle gravi responsabilità soltanto per i primi due mesi della pandemia, quando il caos regnava sovrano. Ma già dalla primavera del 2020 centinaia di studiosi e medici hanno comunicato ufficialmente alle istituzioni che quel modo di amplificare i tamponi e sui risultati farlocchi basare restrizioni incostituzionali era ben oltre il limite della legalità e dell’operare per il bene della popolazione. Hanno fatto i sordi per non sentire. Ma la pagheranno, perchè se la legge non ammette ignoranza per noi comuni mortali, non deve ammettere ignoranza NEMMENO PER LORO.

Luigi De Socio

Tutto inutile

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