L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 21 agosto 2021

evitiamo di fare le verginelle: se la Cina sta al libero mercato come il giorno alla notte, dall’altra parte abbiamo una Wall Street che da dieci anni campa unicamente con i tassi a zero, i buybacks da essi finanziati e i soldi a pioggia garantiti dagli acquisti della Fed

SPY FINANZA/ Il messaggio che gli Usa vogliono nascondere dopo il flop in Afghanistan

Pubblicazione: 21.08.2021 - Mauro Bottarelli

È in atto un’operazione di ribaltamento di ruoli e responsabilità per nascondere il messaggio devastante arrivato dagli Usa per Hong Kong e Taiwan

Il presidente americano Joe Biden (LaPresse)

Non so voi, ma io sono più tranquillo. Ora che Forza Italia ha reso nota la sua convinzione rispetto alla presenza di ombre di interessi cinesi dietro quanto accaduto a Kabul, penso che potrò dormire più sereno. Ma si sa, l’indignazione è merce a buon mercato in questo Paese. Va e viene. Chissà poi se in casa forzista avranno anche il tempo di approfondire un altro retroscena, decisamente al centro del dibattito negli stessi Usa in queste ore. A lanciare l’accusa nientemeno che il Wall Street Journal, fonte decisamente poco prona a gentilezze o trattamenti di favore verso Pechino: 23 funzionari statunitensi in servizio all’ambasciata di Kabul avvisarono il Dipartimento di Stato – nella persona del destinatario del cable, il segretario Anthony Blinken – che il ritiro delle truppe americane fissato per il 31 agosto avrebbe potuto dar vita a un potenziale collasso delle forze di sicurezza afghane. Di più, mettendo sull’avviso rispetto ai più che probabili guadagni territoriali che i Talebani avrebbero potuto mettere a segno in quelle condizioni, i funzionari offrirono suggerimenti operativi su come velocizzare la loro evacuazione e mitigare l’impatto della crisi. Era il 13 luglio. Un cable classificato che Anthony Blinken ricevette, di cui prese visione e riguardo al quale discusse. Non si sa se anche con il presidente Biden direttamente, di certo con il suo staff.

Chissà come la pensano dalle parti di Forza Italia al riguardo? Perché se è vero come è vero che la Cina ha interessi in Afghanistan, tanto da aver fatto ricevere con tutti gli onori una delegazione talebana dal suo ministro degli Esteri a metà luglio (lo scoop di Antonio Tajani e de Il Giornale equivale quindi alla scoperta dell’acqua calda), forse l’atteggiamento della Casa Bianca – sbugiardato dal Wall Street Journal – appare quantomeno degno di approfondimento. Sindrome di Stoccolma, forse? O forse doppiogiochismo? Brutta cosa la memoria, lo so. È come quei taglietti sulla lingua: innocui ma fastidiosissimi. E duri a passare, perché li si tortura continuamente.

Signori, aprite bene gli occhi perché è in atto un’operazione di ribaltamento di ruoli e responsabilità al livello massimo. L’indignazione verso gli Usa per quanto deciso in Afghanistan, infatti, è durata un giorno sui nostri giornali e nei tg. Ora tutto è incentrato su un’iconografia neo-realistica degna della Liberazione: da un lato i VoPos in versione talebana che invece di controllare il Muro a schioppettate, presidiano la rete di sicurezza dell’aeroporto di Kabul. Dall’altra, i soldati alleati che come nella Berlino post-bellica aiutano eroicamente a fuggire dal terrore. Lo stesso reso possibile dalla decisione del loro governo di rompere le righe e andarsene, tra l’altro. Guardate le prime pagine di oggi: sono tutte uguali, tutte hanno le medesime immagini. La giovane promessa del calcio che cade dal carrello dell’aereo cui si era aggrappato per scappare e le madri che lanciano i figli oltre al muro, chiedendo ai soldati Usa di portarli con loro. Verso la libertà. Manca la regia di Steven Spielberg e il gioco è fatto.

Il giorno prima, invece? Tutti a pubblicare la foto del cargo militare Usa, il cui eroico pilota ha sfidato le leggi della fisica e del sovraccarico per portare in salvo più afghani possibili. Sempre gli stessi che il suo governo ha abbandonato ai talebani, pochi giorni prima. Preparatevi, perché Netflix ci regalerà una versione afghana di Schindler’s list prima di Natale, sono quasi certo. Tutto scordato per la stampa, l’America è tornata faro di libertà del mondo nell’arco di 24 ore. Il periodo di penitenza più breve della storia. Ora fioccano le storie strappalacrime e le sparatorie sulla folla da parte dei talebani, di fatto versioni barbute di Piazza Tienanmen: perché è lì che i media vogliono arrivare, quello è il punto finale del processo in atto. E l’uscita di Forza Italia, per quanto totalmente irrilevante, ne è la conferma.

Zio Sam ha detto che il suo periodo di cenere cosparsa sul capo è stato sufficiente e chiama tutti a fare fronte comune contro Pechino: ovviamente, utilizzando il facile proxy talebano. Prepariamoci, per giorni e giorni vedremo scene fatte con lo stampino di afghani che si arrampicano su scale di fortuna per superare il muro che divide l’Impero del male dal Mondo libero: siamo nel 2021, ma una certa iconografia maccartista non cambia mai. Troppo efficace per abbandonarla. Vedremo a ripetizione foto di soldati Usa con in braccio bambini dagli occhioni languidi o civili stremati che dormono coperti dalla giacca della mimetica ceduta dall’eroico soldato di turno per ripararli dal freddo della notte afghana. Non manca molto – lo dico ai cultori del genere – prima che Rete4 mandi a ciclo continuo Rambo 3, quello in cui il nostro eroe si unisce ai mujaheddin afghani che combattono contro i sovietici, comunisti e cattivi. In nome della libertà. Salvo poi dover inventarsi che il Frankenstein dell’Asia centrale si è ribellato e ha abbattuto due Torri, quindi va punito. E se vi sembra forzato, ricordatevi sempre che la schermata finale di Rambo 3 terminava con la dedica della pellicola Al valoroso popolo afghano. La censura post-11 settembre fece togliere quel frame.

Un copione stinto, quello che stiamo vivendo. Eppure, già in atto. E tutto questo non perché mi prema difendere la Cina o, men che meno, i talebani. Bensì per amore di verità. Quello che sta accadendo equivale a quanto accadrà sul mercato azionario: quando esploderà la bolla, tutti punteranno il dito contro l’ago che ha causato il botto. Ma il problema è stato far espandere la bolla, non la natura della punta che ha posto termine alla sua dilatazione irresponsabile. La melassa retorica che sta arrivando a vagonate dall’Afghanistan, poi, ha anche una ragione più seria e sistemica del mero e gratuito servilismo che alberga in molti settori mediatici verso l’amministrazione Usa: nascondere il messaggio devastante che la scelta di Biden ha rappresentato per altri due nodi cardine della geopolitica mondiale. Ovvero, Hong Kong e Taiwan.

Se l’atteggiamento degli Stati Uniti, dopo mesi e mesi, addirittura anni di corteggiamento a colpi di dichiarazioni di amore eterno e difesa dei valori comuni, si sostanzia in una fuga come quella da Kabul e Jalalabad, cosa accadrà agli oppositori del regime cinese in seno all’ex colonia britannica o al principale produttore di microchip al mondo? Eh già. Perché – chissà come mai – nel pieno del caos afghano, tre senatori democratici Usa hanno preso carta e penna e trovato il tempo di chiedere alle autorità di Taiwan di aiutare il settore automotive statunitense, fornendo i circuiti integrati e i semi-conduttori necessari al comparto. Lo scrive la Reuters, non l’agenzia Xinhua. Perché la questione si sta facendo seria. Talmente seria da avere già obbligato Toyota a tagliare del 40% – da 900.000 a 500.000 unità – la produzione prevista in patria e nelle fabbriche estere per settembre. Lo stesso vale per Volkswagen. E anche per Ford e General Motors, tanto da aver appunto fatto scomodare i senatori Gary Peters, Debbie Stabenow e Sherrod Brown.

E il fatto che i giornali di tutto il mondo siano pieni di foto dei soldati Usa che salvano bambini e fanno scappare profughi, invece che di resoconti come quello del Wall Street Journal rispetto alle responsabilità dell’Amministrazione Biden nel ritorno al potere dei talebani, aiuta a non perdere del tutto la credibilità. Anche perché, dall’altra parte non hanno l’anello al naso. Xi Jinping ha appena lanciato la sua campagna per una politica redistributiva, di fatto mettendo nel mirino i nuovi ricchi del Paese in nome di una maggiore giustizia sociale: detto fatto, i titoli europei del lusso sono crollati in Borsa. Dopo le mazzate al comparto tech, Pechino sta dimostrando di poter comandare il mercato a suo piacimento. A colpi di restrizioni e regolamentazioni. E anche in tal senso, evitiamo di fare le verginelle: se la Cina sta al libero mercato come il giorno alla notte, dall’altra parte abbiamo una Wall Street che da dieci anni campa unicamente con i tassi a zero, i buybacks da essi finanziati e i soldi a pioggia garantiti dagli acquisti della Fed.

E il 17 agosto scorso, proprio nel pieno del collasso afghano, l’Esercito di Liberazione Popolare cinese ha condotto un’esercitazione di assalto con caccia, aerei anti-sommergbili e flotta navale al largo di Taiwan come risposta a interferenze esterne e ripetute provocazioni e violazioni compiute da Taipei e Usa nello Stretto. Casualmente, il 4 agosto scorso il Dipartimento di Stato Usa, lo stesso che ha ignorato il cable dei suoi funzionari di stanza a Kabul, ha approvato la vendita di armi per 750 milioni di dollari proprio al governo di Taiwan. Meglio parlare d’altro, insomma. Meglio parlare degli eroici soldati e del Muro di Kabul.

Ti vaccini e ti infetti e infetti, ti ammali, muori, le restrizioni continuano come anche le mascherate. E poi ci sarà l'inoculazione periodica in attesa del CROLLO CLIMATICO il terzo giocatore che scenderà in campo per rafforzare la Strategia della Paura nata l'11 settembre del 2001 quando due aerei fanno crollare le tre torri

Dosi ad oltranza: la narrazione vaccinale diventa grottesca



La novità del giorno è che in Usa stanno finalmente aprendo gli occhi: l’annuncio fatto da Biden su Twitter che viste le condizioni mentali del presidente possiamo considerare scritto direttamente dallo staff di Big Pharma, di rendere obbligatorio un terzo richiamo del vaccino per il personale sanitario, quello delle università, di altre istituzioni statali e in parte anche delle aziende, sta ottenendo il risultato di rimarginare la distanza tra chi ha accettato la vaccinazione e chi no. Quelli che si sono fatti inoculare i preparati genici pensando di aver risolto una volta per tutte il problema non tanto della malattia, quanto delle restrizioni e del lavoro hanno compreso di aver aperto la strada a una infinità di richiami con tutti i pericoli del caso perché molti hanno subito reazione avverse di qualche tipo e parecchi vedono aumentare le morti improvvise e inspiegabili. Nessuno ha voglia della terza dose e men che meno di una quarta dose che già si annuncia a partire da gennaio

Inoltre tutto questo manda all’aria la narrazione dei vaccini che avrebbero risolto tutto, visto che non hanno risolto un bel niente e ci si rende conto che in realtà si è dato il via ad un’infinita giostra di iniezioni e di esprimenti sulle persone. Così adesso è probabile – e ce ne sono già i primi accenni – che in Usa le persone vaccinate e non vaccinate combatteranno insieme contro le inoculazioni a lungo termine di cui non si vede la fine. La stessa informazione mainstream comincia a far fatica a spiegare la bontà dei vaccini e il fatto che l’infezione stia calando con necessità di un richiamo dopo pochissimo tempo e il ritorno alle mascherine. D’altra parte alcuni fanno notare che in Usa le certificazioni vaccinali hanno quattro righe dove segnare le dosi e che dunque si prevedeva fin da subito la moltiplicazione delle iniezioni almeno a quattro. .E in effetti il tentativo è quello di passare dall’emergenza pandemica e un regime sanitario endemico.

In realtà questo poteva essere compreso fin da subito se la gente non fosse stata deliberatamente depistata e ingannata, se il dibattito scientifico e pubblico non fosse stato assurdamente impedito tornando indietro di secoli: i preparati sperimentali di ingegneria genetica non sono mai stati progettati per prevenire l’infezione, avevano – e questo è scritto – solo lo scopo di rendere la malattia più lieve, anche se poi sembrano aver fallito anche questo obiettivo innescando reazioni anomale e provocando un indebolimento del sistema immunitario che rende le persone più facilmente soggette alle infezioni virali più comuni. Questo è anche il caso di tutte le altre vaccinazioni contro le infezioni respiratorie, poiché non generano una difesa immunitaria nella porta di ingresso del tratto respiratorio superiore, ma solo anticorpi (e cellule T) nel sangue. Dunque si sono impedite le cure in attesa di vaccini che non vaccinano per niente e per i quali probabilmente si era già concordato un certo numero di iniezioni di certo superiore a due come dimostra anche il fatto che l’Europa ha comprato 1 miliardo e 800 milioni di dosi di vari vaccini che servono appunto per 4 dosi più magari qualche regalia ai Paesi poveri o magari anche una quinta dose. E di certo non saranno governanti che si sono rivelati fin dalle prime settimane di pandemia complici di un piano delirante a deludere Big Pharma nelle sue aspettative di profitto che va di pari passo con il lucro politico che essi pensano di raccogliere: solo se le persone saranno in grado di comprendere l’inganno e di superare le divisioni create ad arte potranno uscire dall’incubo.

e grazie agli interventi della politica, quando ci sarà il CRASH saranno le azioni cinesi che resisteranno al meglio

Conviene ancora investire sulle azioni cinesi dopo la discesa dai massimi dell’anno?

21 Agosto 2021 - 18:00

La azioni cinesi dopo mesi di ribassi sono state colpite dagli ultimi interventi del governo. Con questi rischi, conviene investire su questa Borsa?


Da inizio anno l’indice S&P500 sta guadagnando circa il 25% in euro. Un risultato davvero notevole! Per contro, l’indice cinese CSI300, l’indice dei primi 300 titoli quotati a Shangai e Shenzen, si ferma a poco più del 3%.

Un differenziale notevole tra i due indici. In particolare, il differenziale è aumentato fortemente nell’ultimo periodo, quando l’America (e anche l’Europa a dire il vero) ha continuato a fare nuovi massimi, mentre il CSI300 è in calo del 14% circa dai massimi di metà febbraio.

Come mai questa differenza e questo calo delle azioni cinesi?

Politica, interventismo e Borsa

Sia chiaro, la Borsa cinese mostrava già delle difficoltà negli ultimi mesi. Come detto prima, appunto, il massimo è stato a metà febbraio, poi l’indice ha fatto notevole fatica nei mesi successivi.

Ma il colpo di grazia è arrivato nelle ultime settimane, quando il governo di Pechino è intervenuto con iniziative di regolamentazione peri settori dell’educazione, della tecnologia e di internet.

Le società di questi settori sono praticamente crollate. Tencent, Alibaba, JD.com, Wechat e molte altre hanno registrato perdite del 30% ed oltre. Le società del settore education, poi, sono completamente crollate, visto che secondo Perchino l’educazione non potrà più essere «for profit».

Insomma, una bella mazzata, arrivata non per motivi di mercato, bensì a causa di un interventismo politico.

Con queste incertezze politiche, vale la pena investire in Cina?

Le azioni cinesi hanno sempre mostrato una forte capacità di ripresa

Non c’è dubbio che la Cina non sia paragonabile agli USA e nemmeno all’Europa in termini di stabilità politica e tutela del mercato. È intrinseco, in questa Borsa, un grado di rischio maggiore.

Ma una delle regole dei mercati finanziari è che a un rischio maggiore corrisponde anche un maggior potenziale di profitto.

Di fatto, le azioni cinesi hanno sempre mostrato una notevole capacità di recupero, con dei rialzi molto forti che hanno azzerato le perdite precedenti e dato agli investitori performance adeguate.

Ad esempio, nel 2008 le azioni cinesi hanno perso il 50% circa, contro il -45% dell’MSCI World All Countries. Tuttavia, nell’anno successivo, mentre l’MSCI World recuperava il 35%, le azioni cinesi segnarono un +62%.

In altre situazioni, dopo dei ribassi anche sostenuti, la Borsa cinese ha messo a segno dei forti rialzi.

Rischio e rendimento, conviene investire in azioni cinesi?

È vero che negli ultimi 10-20 anni la Cina non ha affatto battuto i mercati occidentali. Quindi potrebbe non essere il caso di allocare una quota troppo alta del proprio portafoglio su questo mercato.

È anche vero che probabilmente altri azioni regolatorie da parte del governo centrale potrebbero arrivare nei prossimi mesi.

Tuttavia, l’evidenza storica mostra anche che dopo un forte ribasso la Cina registra anche dei rimbalzi molto sostenuti.

Quindi, pur con la dovuta prudenza e senza correre a comprare azioni cinesi per decine di migliaia di euro, potrebbe essere buona cosa tenere sotto osservazione questa Borsa, pronti a metterci un po’ di soldi per sfruttare il prossimo rimbalzo.

Il vaccino è assai più preoccupante della malattia. Hanno voluto a tutti i costi prima enfatizzare la gravità di una sindrome influenzale e contemporaneamente negare cure ovvie e facili per riversare qualsiasi speranza e qualsiasi fondo sui vaccini con l’obiettivo di destabilizzare le società

PANDEMIA, SCIENZA, VACCINI
Contro l’evidenza, contro la scienza e contro l’umanità



Date: 21 Agosto 2021Author: ilsimplicissimus

Quasi dovunque nei Paesi occidentali la mortalità nel 2021 è tendenzialmente più alta rispetto al 2020 il che naturalmente getta nel cestino della spazzatura intellettuale l’idea che i vaccini siano la salvezza da una malattia il cui agente deve ancora essere isolato come ammettono Oms e Cdc. E come se questo non bastasse tutte le statistiche mostrano che la maggior parte dei nuovi casi sono tra i vaccinati in maniera completa e talvolta anche con la terza dose, come si constata in Israele. Tuttavia il sistema per distrarre i più stupidi, i più deboli e i più influenzabili sta inventandosi un nemico, i non vaccinati e fa stampare idiozie come “pandemia dei non vaccinati”, creando così una divisione nella popolazione che è una manna per le tonnellate di menzogne che sono state dette in oltre un anno e mezzo. Se coloro che si ammalano o che sono trovati positivi al tampone sono in grande maggioranza persone con la doppia iniezione come è possibile che siano i non vaccinati ad alimentare i nuovi focolai?

Del resto i produttori dei vaccini a mRna devono allontanare l’amaro calice della verità, ovvero che i loro cosiddetti vaccini genici hanno un’efficacia enormemente più bassa rispetto a quella prospettata da studi scandalosamente costruiti per ottenere un permesso di emergenza, danno una protezione effimera che secondo studi giapponesi dura non più di due mesi, provocano un’enormità di decessi e di reazioni avverse, ma sono anche accusati poter avere un effetto disastroso per il sistema immunitario. Oltre a questo essendo stati fatti nel pieno della cosiddetta pandemia sono proprio loro ad aver provocato le varianti che comunque sono sempre meno preoccupanti e a livello di raffreddore e questo non lo dice il primo che passa, ma Robert Malone, ovvero l’inventore delle tecniche a mRna usate per questi pseudo vaccini. Se poi si volesse dare uno sguardo ai resoconti di una delle poche autopsie autorizzate dopo un decesso correlato a un vaccino, c’è da farsi venire i brividi: i ricercatori hanno scoperto che l’intero corpo del paziente era stato invaso da elevati carichi di RNA virale, noti anche come proteine ​​spike indotte dal vaccino, qualcosa segnalato da molti altri medici. E noi dovremmo credere come poveri allocchi che più dosi ci proteggono quando il vaccino è assai più preoccupante della malattia? Dunque un colpevole anzi più colpevoli ci sono e sono indicati dai dati: i produttori dei vaccini, le burocrazie sanitarie e i centri economici interessati a scuotere l’albero delle democrazie che hanno voluto a tutti i costi prima enfatizzare la gravità di una sindrome influenzale e contemporaneamente negare cure ovvie e facili per riversare qualsiasi speranza e qualsiasi fondo sui vaccini con l’obiettivo di destabilizzare le società. I frutti marci di un milieu politico subalterno e ormai chiaramente a busta paga non ci hanno messo molto a cadere ai loro piedi.

Hanno potuto farlo grazie al possesso dei media e alla crisi culturale dell’occidente e con gli stessi mezzi adesso tentano di addossare la presunta colpa delle loro malefatte proprio su chi non è cascato nel loro trabocchetto: in questo modo pensano di cogliere due piccioni con fava sola ovvero isolare le pecore nere che hanno mantenuto la capacità di ragionare e le facoltà logiche e rendere gregge quelli che si sono dimostrati disposti a farlo. La paura era lo strumento per la spinta vaccinale originale, la vergogna e il senso di colpa sono gli strumenti per la seconda spinta. Il piano è vaccinare il più possibile prima che le morti e le malattie dovute al vaccino non possano più essere ignorate e a quel punto sarà comunque troppo tardi per uscire fuori dalla tenaglia dello stato di emergenza che potrà essere usato in molti e per tutte le occasioni, in particolare quella del cosiddetto cambiamento climatico che peraltro è un fatto frequente e comune in tutti tempi storici, ma trascurando e mettendo sotto il tappeto l’inquinamento del pianeta che è la vera questione ambientale. Per questo io credo che la vergogna dovrebbe cogliere chi non è stato in grado di comprendere prima ciò che era sotto gli occhi il che comprende gran parte degli pseudo intelligenti da cui siamo circondati i quali in realtà non fanno che mettere insieme parole d’ordine e frasi fatte per fingere di comprendere. Essi esattamente come il presidente Biden, non fanno altro che leggere sul gobbo fornito loro dai media. E dunque non vedono l’evidenza, confondono la scienza con una dottrina esoterica e di certo non amano affatto l’umanità, ma solo se stessi. Se avessero un pizzico di umanità dovrebbero odiarsi.

IVERMECTINA,PLAQUENIL, NSAIDs, CALCIEPARINA non si devono usare anzi l'ideologia dei vaccini ha creato intorno a questi medicinali il vuoto. E poi ci sono gli assassini di stato che vogliono obbligare a sperimentare il vaccino sui nostri bambini

Cosa non torna nella gestione della pandemia


21 agosto 2021

L’intervento di Stefano Biasioli, endocrinologo e nefrologo

Da medico di una certa età (78 anni) e con alcune patologie associate, mi sono vaccinato (con Pfizer), e ho spinto familiari e amici a vaccinarsi. Perciò non mi considero No-Vax ma una persona libera, un medico esperto, specialista in settori ben diversi dall’igiene e dalla microbiologia/virologia, insomma un clinico di vecchia data che ha dovuto combattere ( per sé e per i pazienti affidatigli) contro l’epatite (B e C), contro l’HIV, contro strani parassiti, funghi e batteri, che devastavano i malati dializzati, i trapiantati e gli immunodepressi.

Un tizio che, in 53 anni di laurea, ha lottato con malattie strane (perché -allora – poco conosciute), con decisioni da “ prendere sul campo”, spesso senza avere le spalle coperte da linee guida elaborate da istituzioni internazionali, europee o italiane.

I medici della mia età sanno quante volte le nostre generazioni mediche abbiano dovuto affrontare nuove patologie usando il “buon senso” e “ gli armamenti disponibili”.

Così, le tecniche dialitiche intra e extracorporee sono nate e si sono sviluppate grazie al genio e all’intuizione di qualche americano (Kolff su tutti, in Corea) e – poi – al genio, all’intuizione e alla prassi di decine di nefrologi italiani, con il supporto tecnologico fornito, prima, da un farmacista di Mirandola (il Dottor Veronesi) e, poi, da una comunità che ha portato all’attuale mirabile distretto biomedicale del Mirandolese e dintorni.

Ho ricordato tutto ciò non per vanagloria (ma anch’io ho inventato qualcosa, nel settore) ma solo per ribadire che “ usando il cervello e la fantasia” e “lavorando in team”, anche in campo medico si possono fare “miracoli concreti, anche con pochi denari”.
CON IL COVID NON È STATO COSÌ
Qualunque sia stata la genesi di questo maledetto virus (naturale o parzialmente artificiale, come pensa Montagnier), tutta la vicenda risulta sempre più opaca e scoordinata nelle sue componenti.

Pensateci.

  • Esercitazioni militari a Wuhan nell’Ottobre 2019;
  • Esplosione di polmoniti nelle RSA italiane (Ottobre-Novembre-Dicembre 2019), in presenza di molteplici viaggi/trasporti tra Cina e Italia. Per il Veneto, si pensi a quelli legati all’industria conciaria…
  • Il ritardo con cui la CINA ha dichiarato la presenza dell’infezione e l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia;
  • Il primo brevetto del vaccino cinese anti-Covid (fine gennaio 2020);
  • La pantomima del governo Conte sulla virosi, prima negata e denigrata e poi affrontata in modo caotico e improvvisato, pur con giustificazioni legate al piano pandemico (che poi si è scoperto essere bloccato al 2006!).
  • L’assenza di un piano terapeutico “provvisorio“ ma basato su presupposti clinici plausibili, con la pretesa di affidarsi alla sola tachipirina domiciliare.
  • La mancata fiducia nei tentativi terapeutici alternativi, anche quando clinici illustri hanno posto l’attenzione non sulle sintomatologie prevalenti (allora quelle respiratorie) ma sulla condizione di infiammazione generalizzata, con attivazione della cascata delle interleuchine, con il coinvolgimento generale degli endoteli, con la frequente coagulazione intravascolare. No, gli illustri esponenti del CTS, dell’ISS, del Ministero della Salute, dell’AIFA etc hanno trascurato elementi clinici essenziali, che avrebbero consentito di ridurre gli accessi ospedalieri e lo sviluppo di forme avanzate/gravi di malattia.
Al di là delle dichiarazioni di principio e di una minoranza di medici territoriali (morti a centinaia) non è stato varato – né allora né ora – uno schema terapeutico domiciliare basato (allora) sul buon senso e (ora) sui dati statistici derivati da studi affidabili: IVERMECTINA,PLAQUENIL, NSAIDs, CALCIEPARINA.

Anzi, si sono denigrati e financo diffidati coloro che hanno fatto ricorso non tanto “alla vigile attesa e alla tachipririna”, quanto ai farmaci sopra citati, con scelte basate (allora, lo ripetiamo) sul buon senso e (ora, lo ripetiamo) su validi studi scientifici. Lo stesso è successo anche nei confronti di chi ha usato il plasma immune, poco costoso ma largamente efficace. Ci si è buttati a corpo morto su VACCINI poco sperimentati e altamente innovativi (quelli con l’mRNA..) che – per fortuna – hanno largamente funzionato, consentendo – dal gennaio 2021 in poi – di contenere la virosi, diventata progressivamente più debole, anche se cangiante (varianti alfa, beta, gamma, delta etc).

A QUESTO PUNTO
A questo punto ci sia consentito scrivere alcuni pensieri, che ci accompagnano da mesi.

  1. Perché la vaccinazione non è obbligatoria? Perché è solo “altamente sollecitata con metodi diretti (TV, media, continua esternazione di numeri…) e con metodi indiretti (poca trasparenza sui morti con COVID e sui morti da COVID)?. Perché si continuano a confondere gli infetti con i malati ? Perché mancano statistiche chiare e trasparenti su: infetti (a domicilio); ospedalizzati ( trasferiti nelle rianimazioni, morti, guariti, guariti con complicanze); morti con pluripatologie + COVID; morti da COVID, senza pluripatologie…
  2. Perché, da oltre 18 mesi, siamo in una dittatura sanitaria che non ha precedenti, neppure quando sono avvenute pandemie influenzali ad alta mortalità e neppure nella pandemia da HIV? Una dittatura sanitaria che ci tratta da bambini capricciosi, che non usano le mascherine e che vorrebbero ritornare alle abitudini di una vita normale.
  3. Perché ci hanno costretto ai tamponi a go-go e non hanno costruito un percorso di “follow-up” (controllo clinico) dei vaccinati, con dosaggio periodico (3-6-12 mesi) degli anticorpi IgG specifici e dell’immunità cellulare, dopo il completamento del ciclo vaccinale?
  4. E che dire del caos vaccinale toccato ai guariti dal Covid? “ Nessuna vaccinazione… una sola vaccinazione a 6 o 9 o 12 mesi dalla guarigione…” E che dire del green-pass negato a costoro (i guariti) se non vaccinati ? Ovviamente, senza alcun riferimento e controllo sugli anticorpi citati.
  5. E che dire delle complicanze (maggiori e minori) da vaccinazione, talmente sottovalutate da non aver neppure predisposto un modulo nazionale dedicato, da inviare ad un centro di riferimento?
  6. Si sono CRIMINALIZZATI non solo i No-Vax ma anche i Sì-Vax critici, perché capaci di ragionare. Si sono criminalizzate le opinioni minoritarie ma sensate (Cacciari, Remuzzi, Marini, Cardini, Benozzo, Agamben…).
  7. Si è bypassato l’art.32 della costituzione (comma 2) sui diritti e le libertà individuali, creando una dittatura governativo-tecnocratica, calpestando il consenso informato e tacendo sui possibili effetti collaterali (presenti e futuri) dei vaccini m-RNA.
  8. Ci si è inventati il Green Pass per limitare i movimenti dei singoli (chi verificherà la loro genuinità?), in attesa di usare i droni e l’esercito e di ritornare (in autunno) alle maledette quarantene, anche per i vaccinati che siano stati a contatto di un positivo…
  9. Si punta a somministrare la terza dose di vaccino ma
  10. Non si dice apertamente quanto il vaccino protegga dall’infezione (90-60%?) con il passare dei mesi e quanto il vaccino possa infettare (5-10%?).
Soprattutto non si è puntato su nuove terapie, alternative al vaccino.
Ad esempio:
  1. lo EXO-CD4 (Tel Aviv), che guarisce il 93% dei pazienti gravi, bloccando la tempesta di citochine;
  2. la MESEN-CURE (Bonus Bio-Group) efficace nell’88% dei pazienti gravi, ossia di quelli con grave patologia respiratoria. Si tratta di cellule mesenchimali isolate e attivate, partendo dal tessuto adiposo dei soggetti sani.
Invece si punta a vaccinare tutta l’infanzia nonostante un recente lavoro scientifico (JAMA, 4/08/21) descriva un netto aumento delle miocarditi e delle pericarditi, nei giovani e nei vecchi vaccinati. Miocarditi e pericarditi a comparsa precoce nei giovani e tardiva negli anziani. In termini statistici, + 11,4% (rispetto al periodo pre-vaccino) per le miocarditi e + 29,7% per le pericarditi.

Sintomi iniziali ? Astenia grave, ovvero grave affaticamento.

Ebbene, quanti italiani vaccinati hanno avuto come complicanza una “astenia grave e protratta nel tempo” e quanti di questi sono stati studiati con esami clinici e di laboratorio (es. troponina) e con una ecografia cardiaca?.

Secondo JAMA, la “miocardite pediatrica ha un decorso benigno a breve termine ma i rischi a lungo termine restano sconosciuti”.

Se, nel 2018, in 6 mesi, sono morti di influenza 11 bambini sotto i 18 anni, in tempi di PANDEMIA COVID ne sono morti 30 in 18 mesi. Insomma 33 contro 30….in 18 mesi, in teoria.

Secondo VOI, cio’ giustifica una vaccinazione di massa, in questa fascia d’età?

Secondo la Società Italiana di Pediatria, la risposta e’ “SI”. Secondo VAIA (Spallanzani) e secondo NOI (modestamente) è “ NO “.

Eppure….non siamo certi che a Speranza e C. non venga in mente di introdurre l’obbligo vaccinale ai minori, anche se per vie traverse ….(frequenza scolastica).

Sì, ai minori, ma non certo agli extracomunitari migranti e irregolari… cioè a circa 70.000 persone…con identità incerta e domicilio instabile.

A noi, tamponi a pagamento, vaccini, mascherine e green-pass… Ma noi siamo gli untori, dai comportamenti irresponsabili…

Dal 2014 a oggi, le Banche centrali hanno dovuto mettere in campo circa 200 miliardi di dollari a trimestre unicamente per evitare che il mercato si schiantasse. Il casinò di Wall Street deve continuare a giocare. Ormai la Fed è prigioniera delle sue scelte mentre la Cina si muove velocemente e ferocemente per evitare, quando arriva il CRASH di schiantarsi

Sbagliare il timing a Kabul è stato grave, farlo col taper è letale. Parlano i numeri

21 Agosto 2021 - 13:00

In vista di Jackson Hole, è tempo di bilanci: negli ultimi 18 mesi, Fed e governo Usa hanno speso 1,7 miliardi all’ora per «salvare l’economia». Risultato? Vicolo cieco. Peggio che in Afghanistan


Segno dei tempi e dell’emergenza. La Fed di Kansas City, organizzatrice del meeting di Jackson Hole (26-28 agosto), ha dovuto capitolare di fronte alla variante Delta: nonostante l’intenzione di riportare in presenza il proprio simposio estivo, ieri ha dovuto annunciare il carattere virtuale dell’evento. Ancora una volta, causa alto tasso di contagi Covid. Esattamente come nel 2020. Tutto da capo.

E in ossequio al carattere di sobrietà forzata, Jerome Powell pare essersi immediatamente adeguato: dalla Fed hanno anticipato che il suo discorso sarà incentrato sulle prospettive economiche fino a fine anno. Tradotto, scordatevi novità sul taper. O, ancor di più, sui tassi. In compenso, ci ha pensato la politica estera a inserire una variabile sul terreno: l’Afghanistan e lo spauracchio molto evocativo del ritorno al potere dei talebani. A poco più di due settimane dal ventennale dell’11 settembre. E con la Cina sponsor entusiasta del regime change.

Al netto di una seconda conferenza stampa sul tema rivelatasi, se possibile, più imbarazzante della prima, Joe Biden può vantare un coniglio nel cilindro nel momento di maggiore bisogno. Quantomeno, a livello di distrazione di massa. Perché l’intera vicenda è riassumibile in questo grafico,

Fonte: Bank of America

frutto dalla malvagia curiosità del chief investment strategist di Bank of America, Michael Hartnett. Il quale, forse ispirato dai calcoli del collega di Citigroup, Matt King, ha preso carta e penna e messo qualche cifra in fila. Se dal 2014 a oggi, le Banche centrali hanno dovuto mettere in campo circa 200 miliardi di dollari a trimestre unicamente per evitare che il mercato si schiantasse, ecco che il Flow Show del venerdì del dirigente di BofA si è tramutato in una sorta di processo di Norimberga al Qe.

Gli investitori non hanno affatto timore delle Banche centrali. Anzi, ormai danno per assodato che queste scenderanno in campo e salveranno in automatico gli indici anche dal più piccolo trend al ribasso, chiosa Hartnett. E cosa ci dice quel grafico? In sé, mostra soltanto il tasso di cambio della valuta afghana rispetto al dollaro nell’arco degli anni di presenza Usa nel Paese. Ma sono le note a margine il motivo di interesse: stando ai calcoli, negli ultimi 18 mesi la Fed ha acquistato bond per 4 trilioni di dollari, il doppio di quanto speso per combattere prima e stabilizzare poi l’Afghanistan negli ultimi 20 anni. Messa in prospettiva mondiale, la situazione è ancora peggiore: l’insieme delle Banche centrali, infatti, dall’inizio della pandemia ha speso 834 milioni OGNI ORA acquistando bond.

Ma tornando alla prospettiva statunitense, quella cui Jerome Powell dedicherà il suo bel discorso virtuale a Jackson Hole, ecco che la lotta al Covid è costata al governo Usa 875 milioni OGNI ORA nel 2021. Unendo lo sforzo di Fed e Capitol Hill, arriviamo a qualcosa come 1,7 miliardi ogni sessanta minuti, unicamente per mantenere in piedi il carrozzone di Wall Street. Non a caso, Michael Hartnett sintetizza così i numeri: Alla luce di una situazione simile, c’è poco da stupirsi se gli atteggiamenti prevalenti e pressoché univoci fra chi investe siano orientati verso approcci BTD (Beat The Dow) e TINA (There Is No Alternative). In effetti, il ragionamento non fa una piega.

Se la Banca centrale acquista bond a quel ritmo e per quei controvalori, annaffiando di conseguenza il sistema con liquidità a pioggia, dove può finire in automatico quel denaro se non negli indici equity? Certo, c’è qualche effetto collaterale. L’inflazione sugli assets, infatti, ha esondato. La bolla era talmente espansa che aveva di fronte a sé solo due alternative: esplodere od operare in base al principio dei vasi comunicanti verso Main Street, l’economia reale. Ecco quindi che il CPI annualizzato a 6 mesi di luglio ha toccato il +7,8% e quello core il +6,8% e i prezzi degli immobili il +19,7%. Certo, finora la narrativa tranquillizzante era quella relativa alla transitorietà di questo trend. Adesso, però, la stessa Fed ha dovuto ammettere che si tratterà di una transizione un po’ lunga. Di fatto, il corrispettivo macro-economico della presenza Usa in Afghanistan.

E con il forte rischio di epilogo simile, se qualcuno deciderà di cercare l’incidente controllato, operando davvero il taper in un contesto di rallentamento come quello attuale. Insomma, il timing è tutto. A Kabul come a Washington. E questo grafico

Fonte: Bank of America

mostra come qualcuno sempre dalle parti di Bank of America tema decisamente il policy error autunnale: a detta di Hartnett, infatti, l’economia Usa è sulla traiettoria di una flash recession in autunno, anticipata già oggi dalla netta inversione al ribasso degli indici Pmi globali. Il problema sta nella correlazione fra la freccia blu (indice Ism) e quella azzurra (Standard&Poor’s 500): se la prima davvero sprofonderà al ribasso per un breve periodo di recessione, cosa accadrà alla seconda?

E questo altro grafico,

Fonte: Goldman Sachs

contenuto nell’ultimo report di Goldman Sachs, sembra confermare il timore: negli ultimi 40 anni, le uniche volte in cui la volatilità realizzata dello Standard&Poor’s 500 è stata sopra quota 26 per un anno intero è stato attorno al crash del 1987, alla grande crisi finanziaria del 2008 e all’esplosione della crisi pandemica. Un omen, insomma.

Ma se l’autunno fa paura, ecco che questi due grafici finali

Fonte: Real Investment Advice
Fonte: Bank of America

mostrano quello che Bank of America ha ribattezzato summer chill, il brivido estivo. Se infatti il gap fra vendite drogate dallo stimolo pandemico verso redditi e occupazione non è detto che venga colmato con un aumento ulteriore di quest’ultima, il trend storico dei consumi legati al credito di imposta per figli a carico mostra una dipendenza ormai totale della working class statunitense dalle politiche di assistenzialismo federale e statale. Se infatti chi beneficia di questo sgravio nelle prime due settimane spende molto di più di chi non ne ha diritto, nelle due settimane seguenti tira la cinghia in maniera molto più drastica. In attesa del nuovo assegno.

E con la scadenza del 6 settembre ormai alle porte, la questione appare decisamente esiziale: se non si può compiere un policy error in stile Kabul sul taper, ancora più mortale potrebbe risultare un stop drastico al fluire nel sistema della cosiddetta stimmy money, il denaro a pioggia da stimolo pandemico. Cosa c’entra l’Afghanistan con tutto questo, al netto del parallelo sulla necessità di calcolare bene i tempi della exit strategy? Confondere le acque del mercato, monopolizzare media e social e distrarre l’opinione pubblica con strazianti scene di vite veramente in bilico, altro che la spesa da Walmart o le bollette da pagare. Nel frattempo, variante Delta e creatività della Fed garantiranno i tempi supplementari. In attesa del golden goal o dei calci di rigore. L’America, oggi, è obbligata a ragionare in questo modo, day by day, debito su debito. E infatti, la Cina gioca a provocarla.

Solo dei pezzenti si possono accanire contro degli alberi indifesi, questa gente merita disprezzo, galera a vita senza nessuna scusante

L’EPISODIO
Intimidazione a imprenditore agricolo nel Cosentino: tagliati 20 ulivi

Il fatto è accaduto a Spezzano Albanese, nell'azienda agricola gestita da Marco Fusca che nelle scorse ore ha ricevuto la solidarietà del sindaco Fernando Nociti che si è recato sul luogo accompagnato dall'assessore Mulà

di Redazione
20 agosto 2021 20:24

Immagine d’archivio

Atto intimidatorio contro un imprenditore agricolo di Castrovillari, Marco Fusca. Ignoti, la notte scorsa, gli hanno tagliato 20 piante di ulivo nell'azienda agricola a Spezzano Albanese. A dare notizia dell'atto intimidatorio, denunciato alle forze dell'ordine, è stato il presidente dell'associazione "Solidarietà e Partecipazione" di Castrovillari, Ferdinando Laghi.

Il sindaco di Spezzano Albanese Fernando Nociti, accompagnato dall'assessore Muià, stamani è andato nell'azienda di Fusca per esprimergli solidarietà istituzionale e condannare l'aggressione. «Sono qui - ha affermato Nociti - per portare la mia solidarietà e quella di tutta la comunità che amministro all'imprenditore, ma soprattutto sono qui per dire no, senza se e senza ma, a qualsiasi forma di intimidazione o di prevaricazione».

Anche alcuni cittadini di Castrovillari, tra cui i rappresentanti dell'associazione "Solidarietà e Partecipazione" di cui Fusca fa parte, sono andati a esprimere solidarietà e vicinanza. «Le modalità del fatto - ha scritto in una nota Laghi - appaiono di evidente stampo mafioso ed è stata una pena vedere tanti begli alberi di ulivo, già carichi di preziosi frutti, tagliati di netto e riversi al suolo. Ma questo bruttissimo episodio ci deve anche far interrogare sulla deriva illegale a cui questi avvenimenti, che si ripetono, sembrano voler indirizzare il nostro territorio. Un territorio che subisce in silenzio questi o analoghi scempi, viene colpito non soltanto nelle persone che subiscono i danni degli attentati, ma anche a livello dei gangli vitali dell'intero tessuto sociale. Ecco dunque perché, accanto all'azione delle Forze dell'Ordine, che non possono e non devono avere l'intero onere della difesa della legalità, deve scendere in campo la solidarietà sociale e istituzionale. Per dare - ha concluso Laghi - da un lato un segnale di conforto e sostegno a chi la violenza ha subito, e dall'altro un segnale di stampo opposto a chi, con la violenza, pensa di poter raggiungere i propri loschi fini».

Il regalo della parte buona del Monte dei Paschi di Siena a Unicredit è scelta scellerata e indigeribile, l'aumento di capitali di circa tre miliardi complica ulteriormente la questione per non parlare dei migliaia di licenziamenti

Mps cade in Borsa: titolo sotto pressione, i motivi

20 Agosto 2021 - 15:51

Le azioni Mps scivolano in territorio negativo e raggiungono picchi di ribasso anche oltre il 2%: a questione cessione a Unicredit si complica tra indiscrezioni e malumori politici.


Azioni Mps in rosso oggi a Piazza Affari.

Il titolo colleziona una delle peggiori performance, scosso dalle indiscrezioni sulla cessione a Unicredit tutta da definire e da malumori politici sul suo futuro.

Alle ore 15.20 circa, le azioni Mps perdono l’1,46% dopo aver toccato anche ribassi di oltre il 2%.
Azioni Mps pressate dalla vicenda cessione

Si fanno notare le azioni Mps oggi in Borsa: il titolo è in perdita e, da inizio sessione, ha lasciato sul terreno il 2,6% quanto ha toccato il picco più basso intraday a 1,10 euro per azione.

Sulla banca senese pesano sempre di più le indiscrezioni sul suo futuro.

Secondo Bloomberg, l’Italia sta valutando un aumento di capitale fino a 3 miliardi di euro per l’istituto, in modo da rafforzare le finanze della banca e renderla più attraente per un’acquisizione da parte di UniCredit.

La soluzione preferita dal Mef per soddisfare la richiesta di Orcel di un capital neutral deal è la vendita di azioni con diritto di prelazione che aiutino a proteggere le quote degli attuali investitori, secondo gli esperti in materia.

Gli importi sono ancora tutti in discussione e la dimensione finale dell’offerta in diritti dipenderà dall’esito della revisione da parte di UniCredit dei libri di Monte Paschi.

I colloqui sono in una fase iniziale e accordi dettagliati, inclusa la necessità di un aumento di capitale, saranno analizzati solo dopo che la due diligence sarà completata.

Quel che è certo è la condizione di capital neutrality imposta da Andrea Orcel, che dovrà comprendere gli oneri relativi all’aumento delle coperture sui crediti, la cessione di Npe, il processo di integrazione e la questione del personale, con una ipotetica risoluzione anticipata dei contratti di lavoro in Mps.

In questo contesto non ancora definito, le azioni Unicredit oggi sono in forte ribasso e alle 15.40 perdono l’1,37%.

Cosa ha chiesto Salvini sul dossier Mps?

La cessione Mps a Unicredit accende anche il dibattito politico e le ultime dichiarazioni al riguardo di Salvini non sono concilianti con il piano del Mef.

Nello specifico, il leader della Lega ha dichiarato:


“Dopo i risultati positivi dei primi sei mesi di quest’anno (attivo di 200 milioni) risulta ancora più incomprensibile l’ipotesi di svendere Mps a Unicredit, a spese dei contribuenti italiani, licenziando migliaia di lavoratori toscani e chiudendo centinaia di sportelli della banca più antica del mondo”

Salvini promette battaglia su posti di lavoro, sportelli nei piccoli centri, marchio storico dell’istituto senese. La sua intenzione è creare un terzo polo bancario italiano con altre banche incorporate.

La questione Mps-Unicredit non sembra affatto sulla via della pacifica soluzione.

Euroimbecilandia di fronte a un bagno di sano realismo se vuole riscaldarsi questo inverno, mentre l'isterismo degli statunitensi sale alle stelle

La vera ragione per cui Draghi e Merkel sono corsi da Putin. E la reazione Usa

20 Agosto 2021 - 21:07

Sconfessando l’oltranzismo ufficiale Ue, i due leader hanno aperto al dialogo con Mosca. In nome del gas, però. E Biden non ha gradito, tanto da emanare un ordine esecutivo che sanziona Nord Stream 2


Tutto in 24 ore. Un’escalation che sullo sfondo ha ufficialmente il cambio di regime in Afghanistan e gli equilibri geopolitici che vi gravitano attorno ma che, in realtà, sta assumendo i toni della resa dei conti. Parti in causa, Usa e Russia. Vittima predestinata, l’Europa. Non a caso, al termine di una giornata che ha visto Angela Merkel in visita a Mosca da Vladimir Putin utilizzare toni più che concilianti verso la Russia e a poche ore dalla telefonata fra il presidente russo e Mario Draghi.

Tre gli eventi determinanti. Primo, il presidente del Consiglio italiano e la Cancelliera tedesca hanno clamorosamente snobbato la linea ufficiale dell’Europa e teso il proverbiale ramoscello d’ulivo verso Mosca. Quanto avvenuto sull’asse Roma-Berlino, infatti, si è sostanziato in netta contrapposizione rispetto ai toni da Guerra fredda utilizzati dal capo della politica estera europea, Josep Borrell, a detta del quale l’Unione non deve permettere a Russia e Cina di influenzare l’Afghanistan. In prima battuta, il vice ministro degli Esteri russo, Aleksander Grushko, aveva definito l’uscita sorprendente, sottolineando come nonostante quello che è successo col ritiro Usa, i nostri partner occidentali continua a vedere i loro vicini come oggetti della loro politica.

Poi, però, la pazienza diplomatica era venuta meno e la risposta finale all’auspicio di Borrell è stato un perentorio Che cerchino di impedirlo. Un viatico pessimo in vista del viaggio di Angela Merkel e quasi una sconfessione della mossa unilaterale di Mario Draghi. Ma ecco che a stretto di giro di posta, il secondo evento ha preso forma in contemporanea con la conferenza stampa di Joe Biden sull’Afghanistan di poche ore fa. Il presidente Usa ha infatti emanato un ordine esecutivo che permette l’imposizione di sanzioni nei confronti di alcune pipeline energetiche russe e due aziende coinvolte nel progetto Nord Stream 2. Nemmeno a dirlo, il numero uno del Dipartimento di Stato, Anthony Blinken, ha reso noto che si passerà dalle parole ai fatti.

Ed ecco il terzo evento determinante, di fatto il fil rouge che unisce i primi due. E pare prospettare un post-Merkel decisamente duro per l’Europa. E una stagione invernale a serio rischio energetico. Al netto della questione afghana, ovviamente di straordinaria importanza (non ultimo rispetto alla questione dei profughi), a muovere Mario Draghi e Angela Merkel a più miti e diplomatici atteggiamenti verso Mosca ci hanno pensato questi grafici,

Fonte: Bloomberg/Stephen Stapczynski
Fonte: Bloomberg/Stephen Stapczynski

i quali mostrano la reazione del prezzo del gas naturale europeo (Dutch) allo stress test posto in essere da Gazprom proprio nelle ultime 48 ore.

E’ bastato che ieri circolasse la voce di un’operatività di Nord Stream verso l’hub europeo di Mallnow in Germania già entro quest’anno per far crollare le valutazioni dell’10% dai massimi toccati lunedì. Detto fatto, la smentita ha immediatamente rimesso le ali ai futures del TTF. Oggi, secondo test, dopo che un altro rumors parlava di una fornitura da 5,6 miliardi di metri cubi da parte del gigante russo verso l’Ue da qui a fine dicembre. Altro tonfo del prezzo, questa volta dell’11%. E senza smentita. E se questo grafico
Fonte: Bloomberg/ICIS
mostra come quel flusso promesso non sia affatto improbabile sulla carta, stante la previsione di 8,1 miliardi metri cubi avanzata a suo tempo dall’ICIS, ecco che un paio di criticità sono emerse al di fuori del contesto di controparte russo.

Primo, a detta di alcuni esperti, se anche Nord Stream 2 potesse già contare su un 70% di capacity, il flusso verso l’Europa non potrebbe sostanziarsi in concreto fino a ottobre. Secondo e più serio, la pipeline necessita di un’assicurazione e una certificazione prima di poter operare. Atti su cui pende la spada di Damocle delle sanzioni statunitensi già imposte da Mike Pompeo ai tempi dell’amministrazione Trump. E che ora, puntualissima, vedono giungere l’aggravante chirurgica dell’ordine esecutivo di Joe Biden.

L’Europa è a un bivio. E stante l’addio ormai alle porte di Angela Merkel, toccherà con ogni probabilità proprio a Mario Draghi portare avanti una delle mediazioni diplomatiche e geopolitiche più delicate e vitali degli ultimi anni. Se non decenni. Perché l’autunno è alle porte. E, soprattutto, sbagliare una mossa significa implicitamente dichiarare guerra a uno fra Usa e Russia. Comunque sia, un potenziale disastro.

non si era potuta vaccinare perché ha ritenuto di non essere stata adeguatamente informata sul contenuto farmacologico del vaccino sperimentale

Dottoressa va a vaccinarsi con l’avvocato. Cosa è successo all’hub di Lodi

Categoria: Medicina & Salute Pubblicato: 18 Agosto 2021 

Il caso descritto in questo articolo sembra indicare una strada da seguire per tutti coloro che, lavorando in ambito sanitario, non desiderano vaccinarsi.

Questa volta è successo a Lodi. Ricordate la dottoressa che si era recata all’hub di Ferrara con il proprio avvocato? La mattina di ferragosto al centro vaccinale della provincia lombarda si è recata un’altra dottoressa accompagnata dal proprio legale del Foro di Lodi, Fabio Daprati, e la polizia.

Daprati racconta così cosa è successo: “Ho accompagnato la cliente che due settimane fa era già stata sospesa dal lavoro perché si era recata all’hub di Melegnano per ottemperare all’obbligo di legge della vaccinazione. Ma non si era potuta vaccinare perché ha ritenuto di non essere stata adeguatamente informata sul contenuto farmacologico del vaccino”.

“Siamo andati all’hub vaccinale di Lodi, ho chiamato le forze dell’ordine. Così da verbalizzare in modo oggettivo le risposte a due domande poste al medico ai fini di esercitare, come da legge, il proprio consenso libero e informato. Dato che nelle missive che ha ricevuto la mia cliente, sia dall’Azienda di Melegnano Martesana, che dall’Ordine, rifacendosi all’articolo 4 del decreto legislativo 44 del 2021, si dice al dipendente “vai a vaccinarti con un prodotto che è funzionale a evitare il contagio da infezione da virus Sar Covid 2“, abbiamo posto la seguente domanda: “Il prodotto che voi somministrate è funzionale a prevenire-evitare il contagio e l’infezione da virus Sars Cov 2?”. E il dottore ci ha verbalizzato “no“”.”

La seconda domanda che è stata posta al medico: “Ritiene che il prodotto che state somministrando permetta di assolvere all’obbligo giuridico contenuto nell’articolo 4 del decreto legge 44 del 2021?”. E il medico ha detto di non essere in grado di rispondere a questo “ quesito giuridico“. Ma se l’obbligo giuridico contempla quelle parole, parlando di un prodotto che sia funzionale a evitare un contagio da virus e tu mi stai somministrando un prodotto che non serve a quello, cosa ulteriormente dimostrata dai bugiardini, che dicono che il prodotto somministrato serve per combattere le conseguenze da malattia Covid 19 e non dal virus di un ceppo che potrebbe sviluppare altre malattie, c’è una discrepanza tra l’oggetto dell’obbligo di legge e il prodotto che viene somministrato. Per esemplificare, un conto è il virus Hiv e un conto la malattia “Aids“. Quindi chiederò il reintegro della mia assistita. Altrimenti o si dovrà cambiare la legge o modificare il vaccino”.


20 agosto 2021 - BREAKING! Merkel's Phone Interrupts Her Farewell Meeting With Putin In K...

e ora i terroristi tagliagola mercenari parcheggiati sulle montagne afghane gli sarà dato via libera e cominceranno le azioni si sabotaggio con morti e distruzioni, saranno presi di mira soprattutto i civili per loro e i loro padroni statunitensi solo carne da cannone per rimpolpare la propaganda occidentale che si è già dispiegata


10 LUG PEPE ESCOBAR, POTERE POLITICO E S-500

Inserito alle 17:00h in strategia ed armamenti da Redazione 

di Andrei Martyanov.

Pepe Escobar ha scritto un articolo straordinario sull’Afghanistan e ha le competenze per farlo, poiché Pepe ha trascorso molto tempo nella regione e la conosce molto bene. Non sorprende che Pepe intitoli il suo eccellente articolo così:

“ Un momento di Saigon nell’Hindu Kush. Gli Stati Uniti sono sul punto di avere il proprio secondo Vietnam, ripetuto come una farsa in una disordinata ritirata dall’Afghanistan ”.
Leggilo, è così che si fa il VERO giornalismo.

Ma sono triste, molto triste perché quest’uomo ci ha lasciati troppo presto:

Zbigniew Brzezinski (consiglere USA) con istruttori afghani

Ha rovinato tutto per così tante persone, dall’Afghanistan all’Europa, agli Stati Uniti, all’ex Unione Sovietica, che mi piacerebbe vederlo affrontare questo:
Doha, 8 luglio – RIA Novosti . ” La delegazione dell’ufficio politico di un movimento talebano radicale è arrivata a Mosca per i negoziati”, ha detto il rappresentante ufficiale del movimento, Suhail Shaheen, la cui leadership risiede in Qatar. “La visita durerà due giorni”, ha detto Shaheen, che fa parte della delegazione .

Solo i poteri reali con mezzi militari sufficienti hanno un potere e un peso reali che consentono loro di negoziare qualsiasi cosa: pace, guerra, armistizio, ecc. I talebani lo sanno e stanno parlando con la Russia.
Ricorda, come lo fai è importante. L’URSS ha lasciato l’Afghanistan nel 1989 non solo imbattuta, ma lasciando anche un paese funzionante. Ancora oggi molti afgani ricordano gli Shuravi che costruirono scuole, ospedali e infrastrutture. Questo è ben documentato. Lo stesso Ahmad Chah Massoud ha affermato che, se avessero saputo cosa sarebbe successo al Paese dopo la partenza dell’Urss e il crollo del governo di Najibullah, non avrebbero opposto resistenza.

Per quanto riguarda la visita talebana, ci sono molti altri gruppi in Afghanistan, compresi i resti dello Stato Islamico e le strutture associate di Al Qaeda trasportate dagli Stati Uniti e dalla Siria, che hanno un’agenda espansionistica e cercheranno di continuare a destabilizzare non solo l’Afghanistan ma anche i suoi dintorni. Sono sicuro che questo sia all’ordine del giorno dei negoziati con i talebani a Mosca.
Delegazione dei Talebani a Mosca

Allo stesso modo, la Russia celebra oggi la Giornata della difesa aerea, l’unica difesa aerea al mondo con capacità senza pari e tecnologia all’avanguardia. Alcune di queste tecnologie sono al di fuori della portata dell’Occidente combinato e lo rimarranno per molto tempo.
Parlando in questa occasione alla Stella Rossa (in russo), il sovrintendente di questo ramo della Difesa, il generale Babakov, ha confermato che l’S-500 ha superato i test di lancio di missili da combattimento e, come ha sottolineato, non esistono analoghi a questo sistema . Sì, quando sai che un singolo S-500 a Kaliningrad può abbattere un E-3 Sentry su Berlino, per non parlare della Polonia, capisci meglio la portata di questo.

Ora considera anche il fatto che si sta lavorando alla versione navale dell’S-500 mentre scrivo queste righe e trai le tue conclusioni. L’avanzata russa nei complessi AD e ABM è oggi così colossale che cambia completamente il calcolo dell’equilibrio strategico. Soprattutto se prendiamo in considerazione le capacità anti-ipersoniche dell’S-500, dell’S-400 e di altri sistemi recenti. Sto scrivendo un articolo su questo argomento.


Per gli Stati Uniti, questo crea dapprima un’ambiguità strategica e poi, se si considera il modo in cui pensano, o meglio non pensano, gli alti ufficiali americani, si assiste di fatto a un vero divario che non può essere colmato. Dichiaro dal 2017 che gli Stati Uniti hanno perso la corsa agli armamenti e non lo dico alla leggera o invano. Per questo il tabloid “The National Interest” ha dedicato il suo articolo alle memorie di un ex negoziatore del trattato START:

“ Rose Gottemoeller parla del nuovo START e del futuro del controllo degli armamenti. In una recente apparizione sul podcast “Press the Button”, Rose Gottemoeller ha parlato della sua esperienza nei negoziati per il controllo degli armamenti e ha condiviso la sua opinione sulle sfide chiave che devono affrontare il controllo globale degli armamenti, incluso come controllare i limiti diretti delle testate nucleari ”.

Le sue esperienze sono rilevanti per una vera rivoluzione negli affari militari quanto le mie esperienze nel guidare un’auto o pilotare un aereo di linea. Bel tentativo però. Ma guarda questo uccello:


Gli MC-21 di produzione sono già in linea di assemblaggio e il nucleo “caldo” del PD-8 è stato recentemente testato con successo, il che significa che l’SSJ-100 sarà presto russificato. Mio Dio, la Russia si sta disintegrando in modo particolarmente spettacolare oggi, in un batter d’occhio.
Il ministero della Difesa russo ha pubblicato un cortometraggio in occasione della Giornata della difesa aerea. Mostra diverse generazioni di difensori aerei, dagli anni ’60 a oggi, e cosa fanno. Veramente bello.



Traduzione: Luciano Lago

La propaganda occidentale ha dispiegato le sue vele, ma i talebani la sconfiggeranno facilmente e la saldatura tra il Medio Oriente e la restante Asia sarà defintiva

Cina, Russia sta gestendo a fasi i talebani

Pechino, Mosca sta facendo gli straordinari per cancellare l'etichetta "terroristica" dei talebani e approvarla come un movimento politico legittimo

Di PEPE ESCOBAR19 AGOSTO 2021

I combattenti talebani guidano un veicolo dell'esercito nazionale afghano per le strade della provincia di Laghman il 15 agosto 2021. Foto: AFP

La prima conferenza stampa talebana dopo il terremoto geopolitico di Saigon dello scorso fine settimana, condotta dal portavoce Zabihullah Mujahid, è stata di per sé un punto di svolta.

Il contrasto non poteva essere più chiaro con quei pressatori sconnessi all'ambasciata talebana a Islamabad dopo l'11 settembre e prima dell'inizio dei bombardamenti americani – dimostrando che questa incarnazione dei talebani è un animale politico completamente nuovo.

Eppure alcune cose non cambiano mai. Le traduzioni in inglese rimangono atroci. Ecco una buona sintesi delle principali dichiarazioni dei talebani. Questi sono i principali takeaway:

– Nessun problema per le donne a ottenere un'istruzione fino all'università e a continuare a lavorare. Hanno solo bisogno di indossare l'hijab, come in Qatar o in Iran. Non c'è bisogno di indossare un burqa. I talebani insistono sul fatto che "tutti i diritti delle donne saranno garantiti entro i limiti della legge islamica".

– L'Emirato islamico "non minaccia nessuno" e non tratterà nessuno come nemico. Fondamentalmente, la vendetta - un asse essenziale del codice Pashtunwali - sarà abbandonata, e questo è senza precedenti. Ci sarà un'amnistia generale, comprese le persone che lavoravano per l'ex sistema allineato alla NATO. I traduttori, ad esempio, non saranno molestati e non dovranno lasciare il paese.

– La sicurezza delle ambasciate straniere e delle organizzazioni internazionali "è una priorità". Le forze speciali di sicurezza dei talebani proteggeranno sia coloro che lasciano l'Afghanistan che coloro che rimangono.

– Si formerà un forte governo islamico inclusivo. "Inclusive" è il codice per la partecipazione di donne e sciiti.

– I mezzi di comunicazione stranieri continueranno a lavorare indisturbati. Il governo talebano permetterà critiche e dibattiti pubblici. Ma "la libertà di parola in Afghanistan deve essere in linea con i valori islamici".

– L'Emirato islamico dei talebani vuole il riconoscimento da parte della "comunità internazionale" - codice per la NATO. La stragrande maggioranza dell'Eurasia e del Sud del Mondo lo riconoscerà comunque.

Gli afghani salgono in cima a un aereo mentre aspettano di fuggire all'aeroporto di Kabul il 16 agosto 2021. Foto: AFP / Wakil Kohsar

È essenziale notare, ad esempio, la più stretta integrazione dell'organizzazione di cooperazione di Shanghai in espansione (SCO) – l'Iran sta per diventare un membro a pieno titolo, l'Afghanistan è un osservatore – con l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN).

La maggioranza assoluta dell'Asia non eviterà i talebani.

Per la cronaca, i talebani hanno anche dichiarato che ci è voluto tutto l'Afghanistan in soli 11 giorni: è abbastanza preciso. Hanno sottolineato "ottime relazioni con Pakistan, Russia e Cina".

Eppure i talebani non hanno alleati formali e non fanno parte di alcun blocco politico-militare. Sicuramente "non permetteranno all'Afghanistan di diventare un rifugio sicuro per i terroristi internazionali". Questo è il codice per ISIS/Daesh.

Per quanto riguarda la questione chiave dell'oppio e dell'eroina, i talebani affermano che ne vieteranno la produzione.

Per quanto possano essere accattivanti queste dichiarazioni, i talebani non sono nemmeno entrato nei dettagli degli accordi di sviluppo economico e infrastrutturale – poiché avranno bisogno di molte nuove industrie, nuovi posti di lavoro e migliori relazioni commerciali a livello eurasiatico. Questo sarà probabilmente annunciato più tardi.

Ciò che questa prima conferenza stampa rivela è come i talebani assorbano rapidamente le lezioni essenziali di pubbliche relazioni e media da Mosca e Pechino, sottolineando l'armonia etnica, il ruolo delle donne, il ruolo della diplomazia e disinnescando abilmente in un'unica mossa tutta l'isteria che imperversa attraverso il NATOstan.

Il prossimo passo delle guerre di pubbliche relazioni sarà quello di tagliare il legame letale e privo di prove talebano-11; in seguito l'etichetta di "organizzazione terroristica" scomparirà e i talebani come movimento politico saranno pienamente legittimati.

Cattura dello schermo del video che mostra il leader talebano Mullah Baradar Akhund (davanti, al centro) che invia un messaggio di congratulazioni per le vittorie in Afghanistan a Kabul domenica 15 agosto 2021. Foto: AFP via EyePress News

Mosca e Pechino stanno gestendo meticolosamente il reinserimento dei talebani nella geopolitica regionale e globale. Ciò significa che l'OS sta gestendo in fasi l'intero processo: Russia e Cina stanno applicando decisioni consensuali che sono state prese nelle riunioni delle opzioni semplificate in materia di sicurezza.

L'attore chiave con cui i talebani stanno parlando è Zamir Kabulov, inviato presidenziale speciale della Russia per l'Afghanistan. Nell'ennesimo sfatamento della narrazione natostan, Kabulov ha confermato, ad esempio, "non vediamo alcuna minaccia diretta per i nostri alleati in Asia centrale. Non ci sono fatti che dimostrino il contrario.

La Beltway rimarrà sbalordita nell'apprendere che Zabulov ha anche rivelato: "siamo da tempo in trattative con i talebani sulle prospettive di sviluppo dopo la loro cattura del potere e hanno ripetutamente confermato di non avere ambizioni extraterritoriali, hanno imparato la lezione del 2000".

Zabulov rivela molte pepite quando si tratta di diplomazia talebana: "Se confrontiamo la negoziabilità di colleghi e partner, i talebani mi sono sembrati a lungo molto più negoziabili del fantoccio del governo di Kabul. Si parte dal presupposto che gli accordi devono essere attuati. Finora, per quanto riguarda la sicurezza dell'ambasciata e la sicurezza dei nostri alleati in Asia centrale, i talebani hanno rispettato gli accordi.

Questi contatti sono stati stabiliti "negli ultimi sette anni".

Fedele alla sua adesione al diritto internazionale, e non all'"ordine internazionale basato su regole", Mosca è sempre desiderosa di sottolineare la responsabilità del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: "Dobbiamo assicurarci che il nuovo governo sia pronto a comportarsi in modo condizionale, come diciamo noi, in modo civile. È allora che questo punto di vista diventa comune a tutti, allora inizierà la procedura [di rimuovere la qualificazione dei talebani come organizzazione terroristica].

Gli afghani aspettano di lasciare l'aeroporto di Kabul il 16 agosto 2021, temendo un marchio intransigente di dominio islamista. Foto: AFP / Wakil Kohsar

Così, mentre Usa/UE/NATO fuggono da Kabul in spasmi di panico autoinflitto, Mosca pratica la diplomazia. Zabulov aggiunge: "Aver preparato in anticipo il terreno per una conversazione con il nuovo governo in Afghanistan è una risorsa della politica estera russa".

Nel frattempo, Dmitry Zhirnov, ambasciatore russo in Afghanistan, sta lavorando straordinario con i talebani, incluso un incontro con un alto funzionario della sicurezza talebana martedì. L'incontro è stato "positivo, costruttivo ... Il movimento talebano ha il più amichevole; la migliore politica nei confronti della Russia ... Arrivò da solo in un veicolo, senza guardie.

Sia Mosca che Pechino non si illudono che l'Occidente sta già dispiegando tattiche di guerra ibride per screditare e destabilizzare un governo che non si è ancora formato e non ha nemmeno iniziato a funzionare. Non c'è da stupirsi che i media cinesi descrivano Washington come un "ladro strategico".

Ciò che conta è che Russia e Cina siano molto più avanti della curva, coltivando paralleli all'interno di binari del dialogo diplomatico con i talebani. È fondamentale ricordare che la Russia ospita 20 milioni di musulmani e la Cina almeno 35 milioni. Questi saranno chiamati a sostenere l'immenso progetto di ricostruzione afghana e di piena reintegrazione dell'Eurasia.

Paura e terrore come metodo di governo affiancato alla guerra contro i non vaccinati sperimentalmente. Si è instaurata la tirannia, ne siamo immersi e pochi riescono a coglierla. ma a ottobre, noi parco buoi avremo il permesso di votare...

«LI PURGHEREMO CON IL GREEN PASS!» 

di Giorgio AgambenAGO 20, 2021


Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è, come è avvenuto per gli ebrei sotto il fascismo, la discriminazione di una categoria di uomini, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe. A questo mira la creazione del cosiddetto green pass.

Che si tratti di una discriminazione secondo le convinzioni personali e non di una certezza scientifica oggettiva è provato dal fatto che in ambito scientifico il dibattito è tuttora in corso sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini, che, secondo il parere di medici e scienziati che non c’è ragione di ignorare, sono stati prodotti in fretta e senza un’adeguata sperimentazione.

Malgrado questo, coloro che si attengono alla propria libera e fondata convinzione e rifiutano di vaccinarsi, verranno esclusi dalla vita sociale. Che il vaccino si trasformi così in una sorta di simbolo politico-religioso volto a creare una discriminazione fra i cittadini è evidente nella dichiarazione irresponsabile di un uomo politico, che, riferendosi a coloro che non si vaccinano, ha detto, senza accorgersi di usare un gergo fascista: “li purgheremo con il green pass”.

La “tessera verde” costituisce coloro che ne sono privi in portatori di una stella gialla virtuale.
Si tratta di un fatto la cui gravità politica non potrebbe essere sopravvalutata.

Che cosa diventa un paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe? Il bisogno di discriminare è antico quanto la società e certamente forme di discriminazione erano presenti anche nelle nostre società cosiddette democratiche; ma che queste discriminazione fattuali siano sanzionate dalla legge è una barbarie che non possiamo accettare.

* Fonte: Quodlibet

La festa delirante di Viterbo è stata organizzata dallo stato per controllare, dare sfogo e incanalare le pulsioni contro questo tipo di società in un nichilismo futile, che possa assorbire energie e non incanalarle nella rivolta, in una lunga e perdurante eventuale rivoluzione

RAVE NELLA TUSCIA: “SIAMO ANCORA VIVI” 

di Ireneo CorbacciAGO 19, 2021

Alla fine hanno fatto defluire le genti, gli animali e i mezzi al seguito. Il rave si è sciolto – pare – senza ulteriori incidenti. I commentatori ferragostani, colti di sorpresa dall’evento, hanno fatto sfoggio di bieca comprensione sociologica. I più acuti e tremebondi hanno accostato questo assemblamento a quelli, indotti e poi censurati, per la vittoria della nazionale italiana agli europei di calcio. Sociologicamente parlando, fenomeni di questo tipo possono senz’altro avere più d’una comunanza fra loro.

Ma restiamo sempre sulla superficie della sociologia delle moltitudini zombificate ed eterodirette da segmenti del Potere. Occorrerebbe scavare più a fondo, ma il pensiero corrente non lo contempla.

Mi prendo allora la scabrosa responsabilità di avvicinare le motivazioni reali dei ragazzi del rave nella Tuscia a quelle delle decine di migliaia di tutte le età che da mesi, in crescendo, stanno scendendo in piazza avendo sentito qualcosa nell’aria della novella dittatura.
Orrore magno agli occhi dei semicolti e dei residui “intellettuali” che calcano i palcoscenici delle reti liquide…
Non vorrai mica mettere sullo stesso piano i ravers strafatti di un’Europa scalcagnata e i patrioti resistenti di una nascente, nuovissima opposizione sociale alla dittatura più sofisticata e feroce che la storia abbia coniato?
Certo che no. Lungi da me…

Ma c’è qualcosa che rimane, che ronza nelle orecchie… S’astengano in coro i commentatori superficiali e saccenti.
Due giorni fa ho mandato un amico più giovane di me a curiosare intorno al lago di Mezzano, senza telecamera e microfono. Gli ho chiesto di fare a ciascuno dei partecipanti al raduno che avesse avuto la fortuna di incrociare un’unica, secca domanda: perché sei qui?
Le risposte che mi ha riferito sono state le più varie, ma quasi tutte si sono soffermate su un nodo: normalmente non ci fanno vivere e noi ci sentiamo ancora vivi, ci vogliamo incontrare per questo, quindi siamo qui…
Appunto: loro sono andati lì e noi siamo andati (e andremo) in piazza.

La questione non è che loro non hanno capito e noi invece sì. Loro hanno capito quanto noi. Forse anche meglio di noi.
La questione è che non sono ancora venuti in piazza con noi. Non ci verranno mai? Non si può dire.
Dipende da come matureranno le prossime mosse della dittatura e da come evolveremo noi, in piazza e fuori, nei luoghi di lavoro e per le strade del mondo…

Il Potere questo lo sa e, intanto, ci osserva. Un incontro sulle piazze tra questi segmenti di moltitudine così incommensurabili provocherebbe qualche reale disagio ai suoi funzionari di alto livello, a cominciare da quelli che in Occidente stanno portando avanti l’Operazione Covid + Vaccinazione di massa.

Lascio lo sgomento e gli strali da animabella agli occhiuti censori dell’universo mediatico. Viste le motivazioni reali e comuni, in prospettiva questo incontro si potrebbe fare davvero. Anzi, io dico che s’avrebbe da fare, vista la carenza relativa di giovani dentro le nostre recenti manifestazioni.

Il mio inviato al rave – da pesce nella sua acqua – mi ha detto: «È solo questione di tempo. Lavoreranno ancora sui social e nelle chat, poi verranno anche loro in piazza con noi».
Intanto, chi fra noi è capace lavori insieme a loro a formare il fiume che serve…

Son nel mio bosco che aspetto. Appena vedrò la loro colonna di furgoni e camper scendere su Roma o Milano insieme a noi saprò cosa fare.