L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 11 settembre 2021

Linea rossa - Il putridume della palude dell'influenza covid rilascia sempre più miasmi maleodoranti, istituzioni e multinazionali farmaceutiche unite nell'unico disegno di attaccare il sistema immunitario del genere umano. Primo step

I casi in crescita

Variante Delta, cosa si sta scoprendo su infezioni e ricoveri dei bambini
Entro il mese BioNTech chiederà l’autorizzazione per il vaccino anti Covid nella fascia sopra i 5 anni

di Nicola Barone
10 settembre 2021

Villani(Bambin Gesù):sì a vaccino bambini, hanno diritto a tutela

Con i numeri che danno ormai in crescita stabile i contagi nelle fasce più giovani in molte parti del mondo (menzogne) aumenta il livello di attenzione degli scienziati sulle conseguenze immediate, ma potenzialmente anche a lungo termine, del Covid. Una progressione dei casi che se in larga parte è spiegabile con le caratteristiche della variante Delta include ormai un ampio comparto di studio su cui si concentrano i ricercatori.

Il ruolo chiave della immunità innata

Secondo alcuni studiosi intervistati dalla rivista Nature, a proteggere meglio finora dal Covid i bambini sarebbe stata la loro risposta immunitaria innata e cioè la reazione primitiva ma rapida ai patogeni. Il punto aperto è quello di riuscire a capire se questa capacità verrà mantenuta nel tempo con SARS-CoV-2 in fase di mutazione incessante (è proprio della flessibilità del sistema immunitario che bisogna tener conto e non della rigidità dei vaccini sperimentali a modificazione genetiche). Al momento mancano evidenze utili a dimostrare che i bambini siano più vulnerabili o colpiti dalla variante Delta rispetto alle altre, il fatto che stanno iniziando ad essere una parte più consistente di infezioni e ricoveri potrebbe essere essenzialmente dovuto all’alto tasso di trasmissione della Delta e all’esclusione di una quota importante dei piccoli dal vaccino. Anche altri fattori giocherebbero in funzione protettiva come una ridotta infiammazione, il minor numero di monociti (cellule infiammatorie che agiscono come un ponte tra il sistema immunitario innato e quello adattativo) ma maggiore di cellule T, importanti per imbastire una prima risposta degli anticorpi.

Attesi da Ema in autunno dati sul vaccino

«Aspettiamo di ricevere almeno per alcuni vaccini dei dati nel corso dell’autunno, così da capire, a partire dalla fascia 5-12 anni, se il rapporto positivo benefici-rischi resta valido» anche nei bimbi più piccoli. È quanto ha spiegato Marco Cavaleri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici per Covid-19 dell’Agenzia europea del farmaco. Quanto agli adolescenti che già possono essere immunizzati, l’esperto ha confermato come positivo il rapporto benefici-rischi dei due vaccini anti-Covid a mRNA, ossia Pfizer/BioNTech e Moderna, autorizzati per l’uso dai 12 anni in su. Dal canto suo la tedesca BioNTech è sul punto di chiedere l’autorizzazione alle autorità regolatorie. Si tratta dello stesso prodotto usato per gli adulti, come spiegato allo Spiegel dalla cofondatrice Ozlem Tureci, «ma verrà somministrato in dosi minori e avrà bisogno di temperature meno basse» per la conservazione. BioNTech sta già preparando la produzione e conta sulla distribuzione già da metà ottobre.

Villani: terapie intensive pediatriche non sono pronte (dose di terrore ingiustificato)

«Pur nel rassicurare i genitori rispetto alle conseguenze del SARS-CoV-2 nei bambini, va ricordato che i virus si perfezionano per diventare più cattivi e dobbiamo esser preparati. Tanto più che la situazione delle terapie intensive pediatriche in Italia, oggi, non è calibrata per un impatto importante che si è visto ad esempio negli Usa o in altri Paesi». Per Alberto Villani, direttore dell’Unità operativa complessa di Pediatria generale e malattie infettive del Bambino Gesù, «i decessi per Covid in bambini fino a 18 anni sono stati fino a oggi poco più di 30» ma ci sono sempre più casi di «infiammazione sistemica, la MIS-C, complessa da curare». E non bisogna sottovalutare i danni che SARS-CoV-2 provoca a lungo termine nei giovanissimi «che sono sia a livello neurocomportamentale che organico. E, come mostra l’epigenetica, una piccola cosa in un organismo in accrescimento ha un grande valore in prospettiva. Ad esempio, una malattia virale che viene contratta nei primi anni di vita segna e può compromettere i polmoni negli anni a venire». Secondo i calcoli dell’American academy of pediatrics nella settimana chiusa il 2 settembre si sono contati oltre 250 mila bambini positivi (tamponi farlocchi e non solo), il maggior numero su una forbice di sette giorni dall’inizio della pandemia. La gran parte non sono casi gravi, ma il Washington Post ha riportato che a martedì quasi 2.400 bimbi erano ricoverati in ospedale a livello nazionale con oltre 5 milioni i bambini risultati positivi al virus da inizio pandemia.

Contro corrente - e tre - La Russia aumenta i tassi d'interessi. Islanda e Ungheria già fatto

Russia: banca centrale alza tassi con cautela, costo denaro ora al 6,75%

Redazione Finanza10 settembre 2021 - 14:29

MILANO (Finanza.com)La banca centrale russa è entrata in azione sui tassi di interesse. Nella riunione odierna l'istituto centrale della Russia ha deciso di alzare il tasso di interesse di riferimento di 25 punti base, portandolo dal 6,5% al 6,75 per cento. Il mercato si attendeva un rialzo dei tassi al 7 per cento.

"Nel secondo trimestre del 2021 l'economia russa ha raggiunto il livello pre-pandemia e, secondo le stime della Banca di Russia, sta tornando a un percorso di crescita equilibrato - si legge nel comunicato -. Il contributo dei fattori persistenti all'inflazione rimane elevato sulla scia di una crescita più rapida della domanda rispetto alla capacità di espansione della produzione. In questo contesto, tenendo conto delle elevate aspettative di inflazione, il saldo dei rischi per l'inflazione è inclinato al rialzo".

La Siria non ha altra scelta che riprendersi le proprie terre con la forza delle armi

ISRAELE. LAPID A LAVROV, ‘NON RESTITUIREMO ALLA SIRIA LE ALTURE DEL GOLAN’
10 Settembre 2021

Sergei Lavrov. (Foto: Notizie Geopolitiche E/O).

Notizie Geopolitiche –

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha ricevuto a mosca il collega israeliano Yair Lapid, al quale ha manifestato preoccupazioni per i continui attacchi israeliani sul suolo siriano. Ormai da diversi anni raid israeliani colpiscono obiettivi iraniani in Siria, specialmente convogli sospettati di portare armi agli Hezbollah libanesi, e Lapid ha detto a Lavrov che “non staremo a guardare mentre l’Iran posiziona basi dei terroristi sul nostro confine settentrionale, o mentre fornisce armi alle organizzazioni terroristiche, che poi useranno contro di noi”.
Per il ministro israeliano tali interventi rappresentano azioni preventive, ma incalzato dai giornalisti ha affermato che “Israele non considererà mai l’eventualità di restituire le Alture del Golan alla Siria”. Le montagne, strappate alla Siria in occasione della Guerra dei Sei Giorni (1967), rivestono un importante ruolo strategico nella mappatura locale, ma soprattutto rappresentano un importante approvvigionamento idrico in una zona desertica.

Linea rossa - “Il tasso di sopravvivenza per Covid-19 dei bambini sotto i 18 anni senza trattamento farmacologico è del 99,9998%”

“Un’altra libertà”, primo film anti covid



Finalmente un film – documentario di protesta contro le misure pandemiche e le vaccinazioni di massa. Lo ha diretto e prodotto il regista tedesco Til Schweiger e ha come titolo Eine andere Freiheit , un’altra libertà, realizzato in mezzo alle censure, ma ancora di più al vero e proprio regime di regime di polizia instaurato dalla Merkel in Germania in ubbidienza ai dettami di quei poteri che le hanno permesso vent’anni di comando. E che in qualche modo le permetteranno di avere ancora poltrone di rilevo grazie ai soldi dei vaccini e ai morti provocati. I nuovi Vopos e la nuova Stasi controllano che non ci siano “manifestazioni del pensiero” in disaccordo con le sordide e inutili “misure” anticovid e sono già pesantemente intervenute contro circoli artistici, letterari. cinematografici e teatrali. Il film, tutto orientato contro la vaccinazione dei minori, è ancora disponibile su You tube, ovviamente in tedesco e immagino che non verrò doppiato o sottotitolato da nessuna parte se non intervengono dei volontari, ma inizia con una dichiarazione inequivocabile e peraltro incontestabile visto che viene dal principale covo pandemico, ovvero il cdc americano: “Il tasso di sopravvivenza per Covid-19 dei bambini sotto i 18 anni senza trattamento farmacologico è del 99,9998%” L’inutilità della vaccinazione è già tutta concentrata in un sola cifra disponibile anche a chi non ci ha mai riflettuto.

Il film è importante anche per il retroterra da cui nasce e che lo stesso regista interviene a spiegare:

“Prima di tutto devo dire che in generale non sono affatto contrario alle vaccinazioni. I miei figli sono tutti vaccinati. Mi sono anche fatto vaccinare contro l’influenza ogni anno, finché a un certo punto ho scoperto che non aiutava molto, tranne che l’industria farmaceutica. All’epoca ho fatto vaccinare tutti i miei figli – e me stesso ovviamente – contro l’influenza suina. Con il risultato che una delle mie figlie ha contratto la narcolessia. Dopo l’iniezione aveva sempre problemi a dormire e (…) era stanca durante il giorno. Poi l’abbiamo portata al laboratorio del sonno ad Amburgo. E dopo tre giorni scoprirono che aveva la narcolessia, cioè la malattia del sonno. E ad un certo punto ho scoperto che era collegato a questa vaccinazione. Certo, per me è stato terribile. All’epoca non mi informavo, credevo a tutto questo, che una pandemia enorme e mortale si stava avvicinando a noi e volevo proteggere i miei figli. Con il risultato che ho fatto del male a una delle mie figlie. Non mi perdono davvero per questo”.

Per nulla strillata, anzi pacata e ponderata questa protesta lunga 80 minuti sviluppa una documentazione che alla fine diventa veramente efficace perché esprime davvero un grande tumulto interiore che si trasmette allo spettatore.

9 settembre 2010 -“Il tasso di sopravvivenza per Covid-19 dei bambini sotto i 18 anni senza trattamento farmacologico è del 99,9998%” - EINE ANDERE FREIHEIT - Der Film

Il Partito - György Lukács “Cultura e rivoluzione”

Il partito

di Salvatore Bravo
8 settembre 2021

Comunismo e rivoluzione delle coscienze

Il presente è il risultato di un lungo tradimento dell’ideologia comunista, se il partito comunista ha fallito ed è mutato “geneticamente” al punto che la sinistra è indistinguibile dal peggior liberismo, una delle cause profonde è nell’abbandono sin dall’inizio della storia del comunismo reale della missione emancipativa e libertaria del partito comunista. György Lukács è stato tra gli interpreti del pensiero di Marx e del comunismo che ha messo in evidenza il valore pedagogico “non contrattabile” dell’agire comunista e del partito. L’umanesimo marxiano non può essere ridotto a formule e leggi positivistiche, esse hanno un senso solo all’interno di una rivoluzione collettiva delle coscienze. La rivoluzione è l’effetto della relazione che si instaura tra le circostanze storiche e la coscienza dei singoli, senza la mediazione delle coscienze ogni rivoluzione è impossibile, ogni possibilità storica non può che arenarsi su se stessa e disperdersi.

La rivoluzione è nella concretezza dell’universale: i singoli decodificano il loro tempo mediante paradigmi culturali ed ideologici critici e collettivi sostenuti da un forte senso etico che si coniuga con la tattica politica. La rivoluzione e la partecipazione non possono essere ridotte, come avviene nella contemporaneità, ad un click digitale che offre la percezione della partecipazione, ma in realtà è solo propaganda ed immagine, poiché la partecipazione non può che avvenire all’interno di incontri reali e nella condivisione di ideali. La coscienza si forma nello spirito critico che autodisciplina i singoli per rafforzare la comunità dei rivoluzionari. I saggi presenti nel testo di György Lukács “Cultura e rivoluzione” scritti tra il 1919 e il 1921 associano alla rivoluzione il valore della cultura, il binomio è inscindibile, ogni rivoluzionario autentico deve essere formato culturalmente, in modo che l’esperienza rivoluzionaria diventi vita e prassi. Se l’adesione alla rivoluzione è semplice atto meccanico dipendente dalle circostanze materiali al cambiare delle stesse non potrà che seguire l’abbandono dell’ideale rivoluzionario. Il partito non può essere semplice apparato amministrativo, ma deve avere in primis la chiarezza del suo fine educativo, deve conquistare alla causa l’umanità con la forza delle convinzioni dei suoi aderenti, pertanto i comunisti devono essere consapevoli che dalla loro prassi dipenderà il futuro del comunismo, non vi è legge scientifica e della storia che possa assicurare il futuro del partito:

“Il partito perciò dopo essere stato l’educatore del proletariato alla rivoluzione, deve diventare l’educatore dell’umanità all’umanità e all’autodisciplina. Ma esso può adempiere a questa missione solo se sin dall’inizio ha compiuto quest’opera di educazione nei suoi aderenti1”.

Partito e regno della libertà

Il partito dev’essere esperienza di libertà dialettica, deve conquistare con la forza etica della differenza dagli altri partiti. Dev’essere l’incarnazione prima del regno della libertà, non vi è libertà senza durezza ed autodisciplina, il comunista deve lavorare su se stesso per essere credibile dinanzi alle titubanze degli incerti. La libertà è autodisciplina, è un percorso di emancipazione e consapevolezza nel quale essere liberi significa difendere le singole identità nel vincolo ideologico di autotrascendimento dell’egoismo individuale. Il sacrificio personale non dev’essere inteso come una mutilazione della propria personalità, ma come dono spontaneo alla comunità, perché solo in essa ciascuno ritrova il suo senso. Ogni identità può esprimersi e conoscersi solo nella relazione senza la quale non è possibile discernere l’essenziale dal desiderio contingente ed indotto. Senza tale progetto educativo il partito comunista non può che confondersi con gli altri partiti, i quali sono espressione di interessi personali e di classe. Il partito comunista con la sua missione paideutica è capace di conquistare nuovi aderenti al di là della condizione sociale di appartenenza, in quanto il suo modello si radica nel proletariato, ma il messaggio è rivolto a tutti:

“È necessario che il partito comunista costituisca la prima incarnazione del regno della libertà; nel partito deve regnare innanzitutto lo spirito di fratellanza, la vera solidarietà, la volontà e lo spirito di sacrificio. Se il partito comunista non fosse in grado di realizzare ciò o per lo meno non intraprendesse dei veri sforzi in questa direzione, si differenzierebbe dagli altri partiti unicamente per il suo programma2”.

Libertà ed autodisciplina

Essere comunisti significa condividere gli strumenti d’analisi della storia, affinarli nella pratica. Il partito non deve costruire nuove forme di divisione basate sulla cultura, non potrebbe, in tal caso, che riprodurre nuove forme di dominio e sottomissione. György Lukács all’inizio dell’esperienza comunista aveva già intravisto i pericoli di un partito chiuso in se stesso nel quale si riproducevano le medesime logiche settarie e di potere del capitalismo. L’autodisciplina da lui invocata e vissuta doveva evitare tali dinamiche che avrebbero sterilizzato la vocazione libertaria del pensiero di Marx. L’autodisciplina è liberazione dalle “scorie” del capitalismo:

“Quanto più i comunisti (e con loro e tramite il loro il partito) si saranno purificati dalle scorie della vita di partito capitalistico-socialdemocratico, dalla burocrazia, dagli intrighi, dall’arrivismo, ecc., quanto più la loro militanza diventerà vero cameratismo e comunanza spirituale, tanto più la loro militanza diventerà vero cameratismo e comunanza spirituale. Tanto più essi saranno in grado di adempiere alla loro missione: raccogliere le forze rivoluzionarie, infondere fiducia negli incerti, risvegliare la coscienza di coloro che ancora non l’hanno, respingere e annientare le canaglie e gli opportunisti. Il periodo rivoluzionario che abbiamo di fronte, ricco di dure e lunghe lotte, ci offre innumerevoli possibilità per realizzare quest’autoeducazione3”.

Rileggere György Lukács è oggi necessario, in quanto la nicchia dei resistenti è spesso interna al linguaggio del capitale: narcisismo e carrierismo logorano l’azione dei resistenti, la dipendenza mediatica favorisce forme di vuota resistenza e veicola il messaggio che in realtà si è tutti omologati all’incultura dell’apparire. I narcisismi impediscono la formazione di comunità coese e progettanti senza le quali ogni prassi è solo flatus vocis. Il modo di produzione capitalistico non ha nulla da temere da coloro che criticano il capitalismo, ma ne riproducono i comportamenti, anzi sono i migliori alleati del capitale, perché testimoniano l’impossibilità di un’alternativa. Senza l’esodo dalle scorie del capitale non vi è alternativa, ma solo la tragedia del tempo presente senza uscita. Narcisismi, facili compromessi ed edonismo sono stati i mezzi più efficaci con cui il capitale ha infettato la prospettiva comunista. György Lukács può sembrare un idealista fuori del tempo, in realtà è stato non solo un grande interprete di Marx, ma ha denunciato con postura pedagogica, senza moralismo, i pericoli delle scorie del capitale. Il primo nemico da combattere è la lingua del capitale che avvelena le menti ed induce ogni essere umano ad autopercepirsi come un’azienda i cui obiettivi devono sempre prevedere un utile personale di cui bearsi nel mercato delle apparenze. György Lukács è, dunque, attualissimo, poiché la grande vittoria del capitale e del liberismo è nella sua capacità di assimilare ogni resistente, ogni rivoluzione deve implicare la capacità di vedere con gli occhi della mente “il nemico interiore” che logora la prassi e la teoria. La tragedia del tempo presente è l’assenza di luoghi ni quali operare l’autodiscernimento di sé, ciò malgrado nessun essere umano è riducibile alle sole condizioni materiali, pertanto ogni “singolo inizio”, se disponibile a condividere “la parola” può comportare effetti non prevedibili. Si deve rinunciare a ricercare esempi vissuti per avere il coraggio di trasformare se stessi in una parola di carne: il verbo si deve fare carne.
Note
1 György Lukács, Cultura e rivoluzione, Newton Compton Editori Roma 1975, pag 110
2 Ibidem pag. 111

3 Ibidem pp. 111 112

Il Partito comunista cinese mette le catene al Capitalismo Globalizzato Totalizzante

La Cina è il nuovo compratore globale di ultima istanza

30 agosto 2021

L’articolo di un acuto osservatore come Guido Salerno Aletta su Milano Finanza che ci parla della ‘nuova’ Cina di Xi Jinping arriva come una boccata d’aria fresca mentre siamo asfissiata dalla sempre più forte propaganda di guerra del mainstream contro Pechino.

Guido Salerno Aletta evidenzia la svolta a sinistra della Cina di Xi, che continua a costruire il socialismo con caratteristiche cinesi, puntando sul pubblico, con un’economia che resta fondamentalmente centralizzata e guidata dallo Stato, diretta agli investimenti produttivi e non alla finanziarizzazione dell’economia che ha devastato i paesi occidentali a cui la pandemia ha portato il colpo di grazia.

Questo ha permesso alla Cina di crescere a ritmi strabilianti, a riprendersi immediatamente dopo il colpo Covid mentre le economie occidentali annaspano ancora, di sconfiggere la povertà estrema eradicata dal paese. Tutti concetti espressi anche dal nostro Pasquale Cicalese nel suo libro ‘Piano contro Mercato’.

* * * *

La politica cinese sta virando decisamente a sinistra.

Il liberismo guidato politicamente, il “socialismo con caratteristiche cinesi” che l’ha caratterizzata per oltre un trentennio, da quando Deng Xiaoping aveva accettato un processo di crescita in cui qualcuno potesse arricchirsi prima degli altri, viene sempre più ricondotto verso obiettivi di sviluppo in cui il benessere economico deve essere sostenibile dal punto di vista ambientale, demografico e finanziario.

La crisi americana del 2008, con il crollo del commercio internazionale che aveva prodotto, aveva già indotto la prima grande mutazione, spostando il vettore della crescita cinese dalle esportazioni al mercato interno e individuando una serie di obiettivi strategici a lungo termine, di indipendenza tecnologica, che spostavano verso l’alto la posizione della Cina nella divisione internazionale del lavoro.

Il duplice mutamento di allora, verso l’interno e verso l’alto, non aveva intaccato ma anzi enfatizzato la dinamica in termini quantitativi, con la crescita del ceto di persone molto ricche da una parte di una fascia di milioni di famiglie benestanti, tutte assai attente dal punto di vista dei valori e dei consumi a ripetere i paradigmi occidentali.

Parallelamente si erano andati sviluppando modelli di investimento di tipo speculativo, sia nel settore immobiliare che in quello degli asset di borsa, mentre l’economia reale continuava ad ampliare le dimensioni dell’industria di base e pesante, con un aumento del fabbisogno energetico, senza ridurne l’intensità rispetto al pil e quindi con consumi crescenti di carbone e delle emissioni di C02.

Ancora oggi, nonostante ne sia stato traguardato al 2060 l’obiettivo della parità, la Cina non ha ancora raggiunto il picco di crescita delle emissioni.

Sempre in termini prospettici, per quanto riguarda il fattore demografico, sono state assunte decisioni importanti a favore della natalità per evitare che si concretizzasse la triste profezia secondo cui la Cina sarebbe diventata un Paese vecchio prima di essere riuscito a diventare ricco.

Gli interventi politici di questi ultimi est, addirittura eclatanti nel caso del blocco dell’ipo della Ant di Jack Ma, indicano la volontà di evitare che le istituzioni finanziarie tradizionali debbano subire l’ingresso di nuovi concorrenti spregiudicati, in aggiunta al già radicato fenomeno dello shadow banking.

Il settore finanziario è stato messo sotto attenta osservazione, non solo per evitare i ripetersi delle speculazioni di borsa già determinate dal delisting di imprese cinesi quotate negli Usa per beneficiare di un mercato interno assai liquido, ma anche per cercare di anticipare quello sgonfiamento della bolla det valori azionari con cui prima o poi dovrà confrontarsi anche la Federal Reserve.

Ancora, il lancio ufficiale dello yuan digitale è stato un altro segnale preciso, che ha avuto il duplice scopo di avviare la sperimentazione di una valuta capace dì aggiungersi in prospettiva alle transazioni commerciali internazionali ora monopolizzate dal dollaro e di tagliare l’erba alla crescita incontrollata delle criptovaute.

In questi ultimi mesi si è visto un rallentamento anche del credito e delle aste di terreni edificabili, che ha avuto come conseguenza un andamento riflessivo della dinamica del settore delle costruzioni e delle attività produttive connesse, in particolare del ferro, e dei valori immobiliari: «Le case si costruiscono solo per abitarle», è lo slogan del momento, che indica la volontà di stroncare sul nascere ogni fenomeno speculativo.

Il colpo di freno va dato assai prima che il settore inizi a sbandare. La «prosperità condivisa» è divenuto il nuovo obiettivo unificante delle misure di indirizzo e controllo dell’economia cinese per evitare che i modelli di mercato e di competizione economica che ne derivano siano confliggenti con gli obiettivi di coesione sociale.

C’è stato ad esempio un intervento deciso per ridimensionare il settore dell’istruzione privata, che si è sviluppato per la preparazione dei giovani che si accingono a sostenere l’esame di Stato per accedere alle università e, in relazione al punteggio acquisito, ai migliori atenei.

Mentre questo settore dovrà trasformarsi in organizzazioni no-profit, il settore pubblico ha deciso di finanziare in modo assai ampio il sostegno scolare: si cerca di ridurre così l’elevato e crescente costo di mantenimento dei figli cui vanno incontro le famiglie, che disincentiva la politica a favore della natalità che pure è stata intrapresa.

Il sostegno pubblico a favore delle famiglie con prole rischiava infatti di essere più che compensato dall’aumento dei costi per l’istruzione privata.

La stretta sulla privacy, che parimenti viene condotta, ha l’obiettivo di contrastare l’acquisizione e l’uso incontrollato della straordinaria mole di dati acquisibili attraverso le piattaforme digitali e che l’intelligenza artificiale consente di elaborare: la limitazione che viene imposta, subordinando l’acquisizione dei dati biometrici, finanziari e di localizzazione all’espresso consenso dell’utente, e il divieto di vendita nell’ambito di sessioni in streaming di una serie di prodotti, quali medicine, dispositivi-spia o congegni che consentono di barare ai test, serve a evitare le distorsioni sociali e politiche che derivano dallo straordinario successo di cui è protagonista l’industria cinese operante in questi settori.

Infine, c’è una particolare attenzione al tema della concentrazione della ricchezza e delle disuguaglianze: «chi ha di più» è stato esortato a «dare di più a chi a di meno».

Non sono state necessarie altre parole per assistere anche in Europa a una brusca caduta del valore dei titoli legati all’industria del lusso. Se fino al 2008 era la Cina che guardava con apprensione all’andamento dei mercati esteri, sbocco principale delle sue produzioni, ormai è il mercato interno cinese a fare da driver alle esportazioni mondiali, dai prodotti agricoli alle materie prime ai prodotti di alta gamma.

Si accinge a diventare il vero compratore globale di ultima istanza, surclassando definitivamente gli Usa.

Ivermectina non serve per combattere l'influenza covid ma perché vietarlo? e quali sono le cure standard per combatterla? e perché non si usano? In Italia siamo al protocollo della VIGILE ATTESA gli antinfiammatori, cortisone, eparine non vengono prescritti perché?

Ivermectina, l'Australia vieta il farmaco come trattamento Covid

10 set 2021 - 13:05©Ansa

La decisione arriva dalla Therapeutic Goods Administration (TGA) australiana, che di recente ha registrato un forte aumento delle prescrizioni del farmaco, un antielmintico che favorisce l'espulsione di vermi e parassiti intestinali. Come già segnalato dalla Fda americana, si tratta di "un farmaco non approvato per l'uso contro il Covid-19 in Australia o in altri Paesi sviluppati e il suo utilizzo da parte dei pazienti per contrastare il coronavirus è ad oggi fortemente scoraggiato”, hanno detto gli esperti

La Therapeutic Goods Administration (TGA) australiana ha deciso di vietare l’ivermectina come farmaco per il trattamento contro il Covid-19, dopo averne registrato un forte aumento delle prescrizioni. Lo riporta, tra gli altri, anche un articolo del “The Guardian”.

L’ivermectina è un farmaco antielmintico che debella o favorisce l'espulsione di vermi e parassiti intestinali, come spiega il portale del polo ospedaliero “Humanitas”. Si tratta di un medicinale che di recente, soprattutto in ambienti no vax, aveva alimentato le speranze di cura contro il coronavirus ma che l’Oms e le principali autorità sanitarie hanno respinto come medicinale adatto per questo scopo. E di recente anche la Food and Drugs Administration statunitense è tornata a chiarire, attraverso un post su Twitter, che l’anti-parassitario, utilizzato normalmente per gli animali, non ha alcun tipo di effetto per la prevenzione o la cura del Covid-19. Tornando all’Australia, come detto, l’ente regolatore dei farmaci locali ha dunque vietato ai medici di prescrivere il farmaco antiparassitario per cosiddetti usi “off-label”, come appunto il trattamento del Covid. La decisione, ha spiegato il “The Guardian”, è arrivata dopo che le prescrizioni per l’ivermectina sono aumentate dalle tre alle quattro volte nel Paese, solamente negli ultimi mesi. I cittadini, adesso, potranno ottenere una prescrizione del farmaco solamente per le condizioni approvate dalla Therapeutic Goods Administration stessa, tra cui quelle legate alle infezioni parassitarie. “Questi cambiamenti sono stati introdotti a causa di preoccupazioni legate alla prescrizione di ivermectina orale per la presunta prevenzione o trattamento del Covid-19”, hanno confermato i vertici della TGA.

Le preoccupazioni degli esperti

"Ivermectina non è un farmaco approvato per l'uso contro il Covid-19 in Australia o in altri Paesi sviluppati e il suo utilizzo da parte dei pazienti per contrastare il coronavirus è ad oggi fortemente scoraggiato dalla National Covid Clinical Evidence Taskforce, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Food and Drug Administration”, hanno sottolineato gli esperti. Tra le preoccupazioni legate all’aumento delle prescrizioni del farmaco, quella per cui i cittadini positivi al Covid-19 potessero assumere ivermectina piuttosto che seguire le cure approvate o persino prenderlo invece di farsi vaccinare. L’ente regolatore australiano ha espresso anche timori legati al fatto che i cittadini abbiano chiesto consigli su come somministrare l'ivermectina, utilizzando il farmaco in dosi non sicure. “Le dosi di ivermectina che vengono raccomandate in post inaffidabili apparsi sui social media sono significativamente più alte di quelle approvate e ritenute sicure per la scabbia o per il trattamento dei parassiti”, hanno affermato gli esperti. “Queste dosi più elevate possono essere associate a gravi effetti avversi, tra cui nausea grave, vomito, vertigini, effetti neurologici, convulsioni e anche il coma”. Secondo la TGA australiana, in definitiva, “rimane una significativa incertezza sul fatto che l'ivermectina sia più efficace e più sicura delle cure standard nel trattamento dei pazienti con Covid-19”.

Nessuna correlazione

Tragedia a Bastiglia, muore a 16 anni. Ieri aveva fatto la seconda dose di Pfizer

Maurizio Blondet 10 Settembre 2021

Tragedia oggi a Bastiglia, in provincia di Modena. Una adolescente di 16 anni, Giulia Lucenti, è morta nel primo pomeriggio nella sua abitazione in via XXV aprile. Ad ucciderla un improvviso arresto cardiaco.
La giovane soffriva di problemi alle valvole mitraliche, era sotto controllo medico per questo, ma nel complesso godeva di buona salute. Ieri si era sottoposta alla seconda dose di Pfizer.
Una sedicenne e un cinquantottenne morti nelle ultime ore dopo la vaccinazione Pfizer

Un uomo di 58 anni, Giovanni Mangiapane, di Custonaci è morto nella notte tra martedì e mercoledì dopo aver ricevuto lunedì scorso la prima dose del vaccino anticovid Pfizer. La famiglia ha così deciso di presentare esposto presso la Procura della Repubblica di Trapani chiedendo di accertare le cause del decesso.

Come (non) credergli

Angolo del Complottista: le strutture di separazione per no vax

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Angolo

https://www.maurizioblondet.it/angolo-del-complottista-le-strutture-di-separazione-per-no-vax/

I ricercatori italiani Dr. Gatti e Dr. Stefano Montenari i cui laboratori sono stati perquisiti dalla polizia poco dopo aver pubblicato le loro scoperte su metalli e nanoparticelle in tutti i vaccini nel 2018

L’angolo del Complottista: Nano-ossido di grafene in quantità elevate trovato a Moderna, altri vaccini, anche vaccino antinfluenzale Sanofi e soluzione salina

Maurizio Blondet 10 Settembre 2021

il Nano Graphene Oxide in quantità elevate è stato trovato anche nel vaccino Moderna, in un vaccino antinfluenzale Sanofi-Pasteur chiamato Vaxigrip Tetra, in “tutti i vaccini” e ora in soluzione salina da diverse squadre di spagnoli e ricercatori argentini, come riportato recentemente da La Quinta Columna e Orwell City, nonché dal gruppo Info Vacunas.

Queste nuove scoperte, che confermano le recenti scoperte dei ricercatori dell’Università di Almeria e La Quinta Columna tramite la microscopia elettronica e ottica dell’ossido di grafene nei vaccini Pfizer e Astrazeneca, sono anche rafforzate dalle precedenti scoperte pubblicate dei ricercatori italiani Dr. Gatti e Dr. Stefano Montenari i cui laboratori sono stati perquisiti dalla polizia poco dopo aver pubblicato le loro scoperte su metalli e nanoparticelle in tutti i vaccini nel 2018.
Nano ossido di grafene trovato al microscopio elettronico in “Tutti i vaccini” segnalato dal Dr. Andreas Kalcker e dal team


Il Dr. Andreas Kalcker, un noto ricercatore biofisico tedesco con sede in Spagna che ha utilizzato con successo CDS o biossido di cloro per curare il “COVID”, ha confermato che l’ossido di grafene è presente in “tutti i vaccini”, come riportato qui: Il team di Andreas Kalcker conferma la presenza di ossido di grafene nei “vaccini”| 23 luglio 2021
L’intervista video in cui il Dr. Kalcker e il team hanno dato la notizia delle sue scoperte, come descritto in un commento video di Drs. Delgado e Sevillano di La Quinta Columna possono essere trovati qui su Rumble: il team di Andreas Kalcker conferma l’evidenza dell’ossido di grafene nei “vaccini”

In questa intervista, il Dr. Kalcker indica la domanda di brevetto del 27 settembre 2020 depositata dallo Shanghai National Engineering Research Center per la nanotecnologia per l’uso dell’ossido di grafene in un nuovo vaccino COVID, che è emerso di recente ed è riportato in vari modi online e che stabilisce che GO usi come vettore o base nei vaccini COVID non è immaginato (ed è stato studiato, come riportato in documenti collegati in precedenza qui ):

Brevetto per l’uso dell’ossido di grafene nano in un vaccino COVID: vaccino ricombinante per nanocoronavirus che assume l’ossido di grafene come vettore /CN112220919A, Cina

Riassunto: L’invenzione appartiene al campo dei nanomateriali e della biomedicina e si riferisce a un vaccino, in particolare allo sviluppo del nanovaccino ricombinante nucleare 2019-nCoV coronavirus. L’invenzione comprende anche un metodo di preparazione del vaccino e l’applicazione del vaccino in esperimenti su animali. Il nuovo vaccino corona contiene ossido di grafene, carnosina, CpG e nuovo virus corona RBD; legame di carnosina, CpG e neocoronavirus RBD sulla spina dorsale dell’ossido di grafene ; la sequenza codificante CpG è mostrata come SEQ ID NO 1; il nuovo coronavirus RBD si riferisce a una nuova regione di legame del recettore della proteina del coronavirus che può generare un anticorpo specifico ad alto titolo che mira all’RBD in un corpo di topo e fornisce un forte supporto per la prevenzione e il trattamento del nuovo coronavirus.

COMPORTAMENTO MAGNETICO DEL GRAFENE NANOMATERIALE, ANCORA IN FASE DI STUDIO, INVOCATO DAL CALORE

Il Dr. Kalcker parla anche delle proprietà magnetiche del grafene, un argomento su cui commentano i medici di La Quinta Columna, affermando che i rapporti precedenti in tutto il mondo hanno confuso la questione menzionando la magnetite mentre apparentemente l’ossido di grafene acquisisce di per sé proprietà magnetiche nel corpo.

Diversi articoli scientifici indicano infatti questa possibilità, suggerendo che gli effetti termici e di altro tipo comportano la visualizzazione di varie qualità magnetiche dal grafene, come il paramagnetismo e il ferromagnetismo, come questo:

SK Sarkar, KK Raul, SS Pradhan, S. Basu, A. Nayak,
Physica E: Sistemi e nanostrutture a bassa dimensione,
Volume 64,
2014,
pagine 78-82,
ISSN 1386- 9477,

Riassunto: L’ossido di grafite (GO) e l’ossido di grafene ridotto (RGO) sono stati preparati utilizzando metodi chimici standard. Le formazioni degli ossidi sono caratterizzate da studi di diffrazione dei raggi X (XRD) e spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR). Entrambi gli ossidi mostrano per la prima volta un debole superparamagnetismo e isteresi a temperatura ambiente. Il momento magnetico per RGO è relativamente più piccolo di quello del campione GO. Il superparamagnetismo in questi ossidi è attribuito alla presenza di singoli domini, ciascun dominio essendo un cluster di momenti magnetici indotti da difetti accoppiati per interazione ferromagnetica. Oltre a questi cluster a dominio singolo ci sono altri momenti indotti dal difetto accoppiati dall’interazione ferromagnetica che mostrano ferromagnetismo e isteresi.

“IL GRAFENE STA ALTERANDO COMPLETAMENTE IL NOSTRO CAMPO ELETTROMAGNETICO”

Il Dr. Kalcker osserva anche gli spasmi osservati in vari pazienti danneggiati dal vaccino COVID e afferma che questo spasmo e convulsione visualizzati si verificano a una frequenza specifica, il che suggerisce che gli ingredienti del vaccino stanno influenzando i campi elettromagnetici umani a livello molecolare, come suggerito da i comportamenti magnetici acquisiti del nanografene:

“Cosa succede allora? Il corpo ha bisogno delle sue capacità elettromolecolari per funzionare. Il cuore batte perché c’è un campo magnetico che crea, successivamente, l’elettricità per il pompaggio e tutto il resto. E, quindi, ciò che sta facendo il grafene è che sta alterando completamente il nostro campo elettromagnetico. Qualcosa che non è mai successo prima. E, diciamo, quello che stiamo vedendo è qualcosa di ‘in vivo’ con alcuni effetti drammatici .

Per capirne di più, abbiamo anche guardato molti video di persone che muoiono dopo essere state vaccinate . Ce ne sono altri in cui vedi persone che hanno gli spasmi . Questi spasmi hanno, per esempio, frequenze molto specifiche, e sono sostanzialmente le stesse in tutti i tipi di spasmi. Questi spasmi indicano chiaramente che c’è un’interruzione dei campi elettromagnetici umani.


Ulteriori informazioni sulla specificità della ricerca del team del Dr. Kalcker e sui vaccini studiati sarebbero preziose e sono state richieste.
Nano grafene ossido – 99,5% del campione – trovato mediante spettroscopia nel vaccino Moderna da ricercatori argentini

La fiala del vaccino Moderna è stata ora testata e campioni di filtrato liquido purificato dalla fiala del vaccino Moderna sono risultati contenere il 99,5% di grafene, come riportato dagli scienziati di Orwell City e La Quinta Columna qui: L’analisi spettroscopica rivela il 99,5% di ossido di grafene nella fiala di vaccinazione Moderna | 22 luglio 2021

Nasce la Strategia della Paura, ieri sul terrorismo (mercenari al servizio del CAPITALISMO GLOBALIZZATO TOTALIZZANTE), oggi l'influenza covid, domani il CROLLO CLIMATICO

 

venerdì 10 settembre 2021

La Bce non è in grado di decidere è paralizzata dalla guerra tra bande dei Capitalisti all'interno di Euroimbecilandia. I mercati senza i miliardi delle banche centrali vanno in Crash trasportando nel burrone l'economia e i popoli

SPY FINANZA/ Dalla Bce un calcio al barattolo della crisi che fa male all’economia

Pubblicazione: 10.09.2021 - Mauro Bottarelli

Scegliendo un ritmo di acquisto dei titoli moderatamente più basso dei due trimestri precedenti, la Bce ha deciso di non decidere. Pessimo segnale per l’economia reale

Christine Lagarde, presidente Bce (LaPresse)

Tanto tuonò che non successe assolutamente nulla. Brutto segno: la crisi da economia reale alle porte è talmente seria e ormai generalmente accettata come ineludibile da aver cancellato di colpo anche i più elettoralmente interessati istinti da falco della Bundesbank. Arrivando ad accettare un compromesso al ribasso totalmente incolore.

La Bce ha deciso di non decidere. Anzi, ha preso atto di non poter decidere. Quindi, ha fatto appello all’istinto di sopravvivenza dei membri del board. Calcione al barattolo, ennesimo. Sperando che la variante Delta, esattamente come sta accadendo negli Usa, offra in fretta una sponda a revisioni di senso opposto della policy. Ovvero, l’apertura di una discussione riguardo il futuro post-pandemico del Qe, il morphing del Pepp in qualcosa di differente che vada a inserirsi nel contesto più generale dell’App.

Mille acronimi, tante parole. Ma basta la frase contenuta nel comunicato del board dell’Eurotower a spiegare tutto: Il Consiglio ha giudicato che le attuali condizioni di finanziamento possano essere mantenute anche con un ritmo di acquisti moderatamente più basso di quello dei due trimestri precedenti. Tradotto, invece che 80 miliardi al mese, sicuramente non si andrà sotto i 60. Più probabilmente, da qui a fine anno la media sarà quella di 65-70 miliardi al mese di acquisti.

Ora, questo articolo potrebbe chiudersi qui. Inutile dilungarsi su una discussione che sta diventando terribilmente stucchevole. Per voi e per me. Da mesi, ormai. La questione, infatti, è sostanzialmente di onestà intellettuale di fondo: il Pepp non è un programma di intervento pandemico, limitato nel tempo e finalizzato a mantenere attivo il meccanismo di trasmissione del credito in un momento di gravissima crisi macro dell’economia. Così come il Recovery Plan non è un piano di emergenza per garantire sostegno ai vari Paesi membri. i cui governi sono stati chiamati a indebitamenti extra per tamponare il fall-out delle chiusure forzate.

L’unico strumento realmente ascrivibile a una necessità di supporto immediato da cigno nero è quello che ha visto erogare in tempo reale i fondi Sure di contrasto alla disoccupazione: punto. I quali, infatti, sono arrivati nelle casse dei vari Stati subito dopo la richiesta. Tanto che l’Italia ha ampiamente attinto a quei denari nei mesi scorsi per far respirare l’Inps rispetto a cassa integrazione e sostegni. Il resto è soltanto un enorme abbaglio collettivo, frutto del poco coraggio: non si vuole dire che ormai i mercati – e non le economie, ben inteso – senza supporto delle Banche centrali vanno in tilt. Semplicemente perché ormai lanciati verso valutazioni totalmente svincolate da qualsiasi sottostante macro: come è possibile che tutti gli indici siano ai massimi record, se le economie sono ancora nel pieno di una rincorsa dei livelli pre-Covid? Come si può definire fondo emergenziale uno stanziamento che, nel caso dell’Italia, prevede un ammontare di 209 miliardi ma, alla fine, nel momento in cui vi sarebbe maggiormente bisogno della sua erogazione vede arrivare a destinazione solo 25 miliardi, oltretutto sotto forma di anticipo e vincolati alla conditio sine qua non della riforma Cartabia? Stiamo forse prendendoci in giro?

Lo stesso vale per il Pepp. E lo mostra plasticamente questo grafico, la simulazione di presunto tapering della Bce compiuta ormai due mesi fa da Nomura.


Era già tutto scritto. Basta guardare gli andamenti: se anche l’Eurotower avesse deciso per un drastico taglio degli acquisti, arrivando a un loro dimezzamento nel quarto trimestre (40 miliardi al mese come cap), il sostegno al mercato e agli spread sarebbe comunque garantito dal rientro in gioco in grande stile dell’App (il Qe originario del 2012, poi divenuto la sigla-ombrello di tutti i piani espansivi implementati) a partire dalla fine del Pepp, il prossimo 31 marzo. Come potete notare, quella cifra ipotetica di 40 miliardi al mese non verrà raggiunta nemmeno nel novembre 2022: sarà comunque superiore, soltanto attraverso l’App e il suo envelop. E fino a settembre 2022 compreso, si viaggia addirittura in area 60 miliardi al mese.

Quindi, tutto questo can can è stato messo in campo per una manovra totalmente inutile, perché salvo interventi netti sulla guidance dell’App, già oggi il mercato contava su almeno 6 mesi di periodo di grazia post-Pepp. Un altro anno intero con almeno 15 miliardi di acquisti alla settimana. Di base.

Cosa avrebbe davvero cambiato le carte in tavola? Ciò che i due pretoriani della Bundesbank, ovvero i numeri uno delle Banche centrali di Austria e Olanda, hanno minacciato la scorsa settimana: un intervento di modifica sulla policy applicativa dell’App a partire dal 1° aprile 2022, ovvero dal giorno dopo la fine del Pepp. In quel caso, il mercato ieri avrebbe reagito in modo decisamente diverso. Perché al netto del percorso di uscita dall’emergenza tracciato da Nomura, Holzmann e Knot avevano parlato chiaramente della fine del processo di deroga alle regole statutarie dell’App posto in essere in seno al Pepp. Ovvero, fine del bando al limite per emittente, alla capital key e all’accettazione del debito greco come collaterale per operazioni di finanziamento. Quello sarebbe stato un game-changer, quanto deciso ieri è stato il nulla. Semplicemente, un segnale in codice ai mercati: state tranquilli, i miliardi della Bce – come quelli della Fed – non stanno affatto per terminare.

Il problema? La ragione che ha spinto i cosiddetti falchi ad accettare appunto un simile compromesso al ribasso, di fatto niente più che un gioco delle tre carte e un festival del nominalismo e dei distinguo. I dati macro tedeschi parlano chiaro, gli indici Ifo e Zew segnalano un autunno che a livello industriale e manifatturiero si presenta da incubo. Oltretutto con la bolletta energetica europea al massimo record assoluto, ulteriore aggravio sui costi per le imprese. E fra chiaro segnale politico di ritorno alla disciplina fiscale e operazione gattopardesca, quantomeno in vista del voto tedesco del 26 settembre, Bundesbank e soci hanno optato per il primum vivere.

Insomma, l’unica vera notizia uscita dal board Bce di ieri è l’arruolamento forzato dei cosiddetti falchi nella schiera dei calciatori di barattoli, speranzosi in un miracolo o – quasi paradossalmente – nel precipitare tale della situazione da obbligare tutti a scelte non più derogabili. Non stiamo operando un tapering, stiamo ricalibrando il Pepp. Una sua ridiscussione più generale si terrà a dicembre, ha dichiarato Christine Lagarde in conferenza stampa. Pessimo, pessimo segnale.

Nel frattempo, le Borse continuino pure a correre. E lo spread torni a scendere, forte di almeno un altro anno di scudo Bce. Prima o poi, finirà. Il problema è l’economia reale: per lei, non c’è tempo. E Christine Lagarde, al riguardo, ha mentito. Sapendo di mentire.

Gli statunitensi non devono conquistare nessuno, la borgatara Meloni è già stata acquisita nella la cooptazione in Aspen e il viaggio/i negli Stati Uniti hanno formalizzato il patto

Giorgia e l’Elefantino. A Roma scocca l’intesa con gli Usa
Di Mattia Soldi | 10/09/2021 -


Un convegno sull’Afghanistan a Roma fra la Fondazione FareFuturo e il think tank conservatore americano International Republican Institute (Iri) certifica l’intesa. Insieme al Ppe, a Roma i repubblicani Usa puntano su Giorgia Meloni. Con Lega e sovranisti invece la strada è in salita

A Roma, nel segno di Reagan. La politica italiana continua a esercitare un certo fascino per i think tank americani. Dal governo gialloverde al governissimo di Mario Draghi il Belpaese si è confermato un laboratorio politico senza paragoni in Europa.

Anche per questo l’International Republican Institute (Iri), il più grande pensatoio del mondo repubblicano, fondato nel 1983 con la benedizione dell’ex presidente americano Ronald Reagan, ha deciso di puntare sull’Italia. Presente con decine di uffici nel mondo, e con una rete consolidata in Europa, da Vienna a Bratislava, da Bruxelles a Budapest, l’Iri è un vero punto di riferimento del mondo conservatore a stelle e strisce e nel suo board vanta pesi massimi dell’Elefantino come Lindsey Graham, Tom Cotton, Marco Rubio, Mitt Romney e, prima della scomparsa, John McCain.

Da qualche mese ha deciso di accendere i riflettori su Roma, avviando una rete di contatti con think tank, fondazioni e partiti. L’ultima iniziativa è un seminario sull’Afghanistan per giovani parlamentari europei organizzato a Roma insieme a Fare Futuro, la fondazione politica presieduta dal senatore di Fratelli d’Italia e presidente del Copasir Adolfo Urso.

Ma il sodalizio con la fondazione vicina a Giorgia Meloni è solo agli inizi, fanno sapere da Fdi. Segno che c’è una parte del mondo conservatore italiano che parla, eccome, con gli Stati Uniti. Con buona pace della vecchia pregiudiziale anti-americana che per tanti anni ha marchiato il cammino di una certa destra.

Non è certo una novità il lavorìo di Fdi per tessere una tela di rapporti oltreoceano. A febbraio Formiche.net aveva svelato l’iscrizione della Meloni all’Aspen Institute, prestigioso think tank statunitense con un affaccio a Piazza Navona. L’ultimo tassello di un percorso di avvicinamento al conservatorismo Usa che recentemente ha portato la leader di Fdi e presidente dei Conservatori europei (Ecr) a fare la spola fra Roma e Washington, partecipando come relatrice, fra l’altro, al Cpac (Conservative political action conference), kermesse annuale e gotha dei conservatori made in Usa.

Sulla carta l’Iri non ha affiliazioni a partiti politici. E in Europa ha ottimi e solidi rapporti con la famiglia popolare. Non a caso a Roma ha già trovato un’ottima sintonia con la Fondazione De Gasperi, ispirata al fondatore della Dc e legata al Martens Centre, la rete dei think tank del Ppe.

E però i primi passi del colosso dei repubblicani americani nella capitale eterna qualcosa dicono degli umori dell’Elefantino alle prese con il post-trumpismo. Tramontata la stagione dei sovranisti europei, che con più di una difficoltà hanno cercato di creare un contatto con la destra americana, i conservatori Usa cercano nuove sponde in Italia.

In un’intervista a Formiche.net di luglio il direttore francese del programma Europa dell’Iri Thibault Muzergues, regista delle operazioni romane del think tank, aveva spiegato come l’istituzione “lavora da tempo e bene sia con l’eco che con il Ppe”. Diverso il caso di Id (Identità e democrazia), la famiglia dei sovranisti europei di cui fa parte la Lega di Matteo Salvini: “Alcuni di loro hanno un po’ di allergia alle relazioni transatlantiche e alla democrazia. Così è difficile avere un dialogo”.

La guerra tra i Capitali continua in Euroimbecilandia. L'austerità espansiva contro l'eliminazione della Sovranità Nazionale

Vienna e i frugali sono fuori dalla realtà. E perderanno. Parola di Sapelli

Di Gianluca Zapponini | 10/09/2021 -


Secondo l’economista e storico, l’Austria e i suoi sodali non sanno quello che fanno anche perché un ritorno al rigore non conviene nemmeno a loro. Alla fine non riusciranno a imporre la loro la linea, ma molto dipenderà dai tempi per formare il governo tedesco. E comunque in Germania vincerà l’Spd

Qualcuno, a Vienna, non ha capito proprio nulla. La più grave crisi socio economica dal 1945 ad oggi non sembra aver persuaso più di tanto l’Austria e i suoi compagni di frugalità, ovvero Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. Altrimenti non si spiegherebbe il blitz a ridosso dell’Ecofin per chiedere un ritorno alle vecchie regole di bilancio. In una parola, l’austerity.

A molti potrà sembrare un discorso lunare, ma al premier austriaco Sebastian Kurz e sodali, no. Che hanno fatto partire una letterina indirizzata a Bruxelles, dal contenuto piuttosto chiaro: no a modifiche alle regole sui conti pubblici quando il Patto di Stabilità tornerà in vigore, tra due anni, e no all’idea di allentare le regole su deficit e debito pubblico, perché “i trattati non si modificano”. Non è certo la prima volta che l’Austria orchestra un blocco anti deficit, anti, cioè Italia, Francia e Spagna su tutti. Ma stavolta c’è un pezzo di carta e a due settimane dal voto tedesco non è una bella notizia, spiega a Formiche.net Giulio Sapelli, economista e storico. Che, ancora una volta, non le manda a dire.

Ci risiamo con le pulsioni in salsa austerity dei Paesi frugali. Ma allora la pandemia non ha insegnato nulla…

Colpa di un conflitto di potenza che continua. Abbiamo assistito a un discorso di Angela Merkel (al Bundestag, tre giorni fa, ndr) sconcertante, dove non si è parlato di Europa, ma di elezioni. Un discorso che divide, sintomo di un’Europa divisa, che combatte dentro i suoi stessi confini. Di questo stiamo parlando, ahimè. Non c’è unione, c’è divisione, anche sulla pandemia e dunque sui bilanci. E ognuno fa quello che vuole a cominciare dal Patto di Stabilità.

Però la pandemia ha colpito un po’ tutti, Austria inclusa. O no?

Sì, ma qualcuno non ha capito nulla. Siamo dinnanzi a un evento catastrofico, ci sono tutte le condizioni possibili e immaginabili per sospendere il Patto di Stabilità. E invece questi Paesi non hanno aspettato un attimo, si sono precipitati a chiedere il ripristino di quelle vecchie regole. Le pare normale?

Sapelli ma chi ci guadagna da un ritorno al rigore e all’austerity su debito e deficit?

Nel lungo termine nessuno, ma proprio nessuno. Il comportamento dell’Austria non fa altro che profondere nazionalismo e il nazionalismo è pericoloso. Ad essere sinceri mi ricordano un po’ la Serbia, ai tempi di Sarajevo.

Scommettiamo: i Paesi frugali riusciranno o no a imporre la loro linea?

Ci proveranno, ma alla fine si dovranno fermare. Ma dipenderà da quanti mesi ci vorranno per fare il governo in Germania. Loro sono satelliti di Berlino e sappiamo bene quanto il rigore abbia fatto guai in Ue. A Vienna sono nervosi, perché la crisi morde e allora se la prendono con gli altri.

Già, le elezioni in Germania, l’appuntamento politico dell’anno. Che cosa si aspetta?

Una vittoria dell’Spd. Onestamente spero che la Cdu non torni al governo, perché ha danneggiato l’Europa ed è scesa a patti con la Cina.

Ma l’eredità di Angela Merkel, quale è?

Non esiste, la Merkel ha lasciato in eredità solo fallimenti…

Non le pare un giudizio storico un tantino duro?

Non ne ha imbroccata una. Ha ostacolato l’avvento di Draghi, ha ostacolato la riforma della Bce, ha sbagliato la scelta dei suoi delfini. In politica economica, poi, mi dica cosa ha azzeccato. E non parliamo di Ursula von der Leyen, che imita la Merkel anche nel vestire. La Merkel ha lasciato macerie, rovine. Solo rovine.

Monte dei Paschi di Siena - ancora sull'omicidio di David Rossi

Caso David Rossi, nuova perizia tecnica con un manichino e altri accertamenti sui tabulati


10 settembre 2021

Sarà fatta una nuova perizia tecnica, simulando la caduta di David Rossi dalla finestra del suo ufficio, utilizzando un manichino che avrà le stesse caratteristiche fisiche dell’ex capo della comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, morto il 6 marzo 2013 e sul cui caso, anche giovedì 9 settembre, la commissione d’inchiesta ha ascoltato altri personaggi ritenuti interessanti ai fini della indagine parlamentare.


E così si è arrivati - anche a seguito del sopralluogo effettuato mercoledì - a concludere che c’è necessità di effettuare nuove verifiche, sia con la simulazione della caduta, sia con accertamenti nuovi sui tabulati telefonici. Giovedì 9 settembre sono stati ascoltati anche il portiere di turno quel giorno, Massimo Riccucci, una collega di David Rossi, Lorenza Bondi, e Giancarlo Filippone. "Siamo venuti a Siena - ha detto il presidente della commissione parlamentare Zanettin in conferenza stampa – per vedere i luoghi dove sono avvenuti i fatti. Ciò era doveroso. Ci sono alcuni aspetti che ci lasciano perplessi e non del tutto convinti della ricostruzione che è stata fatta fino ad oggi. Le soluzioni ipotizzate non ci convincono”. “Le perplessità – ha proseguito – rimangono sulle modalità del suicidio. Visitando i luoghi in questione abbiamo cercato di capire in che modo abbia pensato di togliersi la vita. Dubbi restano sul fatto che abbia deciso di lasciarsi cadere di schiena dalla finestra e che sia rimasto appeso a quella sbarra. Ci sono, come noto, anche discrasie sugli orari”.


E sulla prima inchiesta realizzata dalla magistratura Zanettin commenta così: “Ci sono certamente delle smagliature nel lavoro che è stato compiuto”. La commissione ha effettuato tre audizioni, con le quali si è conclusa la due giorni che i parlamentari hanno trascorso a Siena: quella di Lorenza Bondi, collega di Rossi, è durata un’ora e mezzo. Oltre due ore e mezzo è durata invece l’audizione di Giancarlo Filippone, collega e anche amico di David Rossi oltre ad essere l’uomo che per primo si è affacciato dalla finestra e ha visto il corpo dell’ex capo comunicazione di Mps nel vicolo di Monte Pio. Un’ora è durata infine l’audizione di Massimo Riccucci, portiere di Rocca Salimbeni che era in servizio quella sera. Il gruppo di parlamentari potrebbe tornare nuovamente a Siena mentre le prossime audizioni verranno invece effettuate a Roma e riguarderanno, tra gli altri, anche gli ex vertici di Mps Giuseppe Mussari e Fabrizio Viola oltre al pm Aldo Natalini.

Non lo faranno ma si potrebbe fare risparmiando una montagna di denaro

Lo studio sul software open source della Ue che indispettisce le big del tech

RICCARDO BARBIN 9 SETTEMBRE 2021


Per Bruxelles acquistando software open source il settore pubblico potrebbe ridurre il costo totale della proprietà, evitare effetti di dipendenza dal fornitore e di conseguenza rafforzare la propria autonomia digitale

L’open source? È un ottimo modo per risparmiare. Ma pure per tirare la volata all’economia del Vecchio continente che, è noto, non vanta sul territorio dei Ventisette Paesi membri molti, significativi, produttori di software. Parliamo infatti di programmi per computer “aperti”, non protetti, cioè, da copyright e liberamente modificabile dagli utenti.


La Commissione ha pubblicato i risultati di uno studio che analizza l’impatto economico del software e dell’hardware “open source” sull’economia europea. Si stima che nel 2018 le imprese con sede nell’UE abbiano investito circa 1 miliardo in software open source, con un impatto positivo sull’economia europea compreso tra 65 e 95 miliardi di euro.

Il report prevede che un aumento del 10 % dei contributi al software “open source” genererebbe ogni anno un aumento del PIL compreso tra lo 0,4 % e lo 0,6 % e permetterebbe la nascita di oltre 600 nuove startup nel settore delle TIC nell’UE.

Gli studi di casi rivelano che, acquistando software con codice sorgente aperto anziché software proprietario, il settore pubblico potrebbe ridurre il costo totale della proprietà, evitare effetti di dipendenza dal fornitore (“vendor lock-in”) e di conseguenza rafforzare la propria autonomia digitale. Lo studio formula una serie di raccomandazioni specifiche di politica pubblica per fare sì che il settore pubblico diventi autonomo sotto il profilo digitale, la ricerca e l’innovazione abbiano carattere aperto e favoriscano la crescita europea e l’industria sia digitalizzata e competitiva a livello interno.

A lungo termine, i risultati dello studio potrebbero essere utilizzati per rafforzare la dimensione open source nello sviluppo di future politiche in materia di software e hardware per l’industria dell’UE. Inoltre, fanno sapere fonti comunitarie, dal ottobre 2020 la Commissione dispone di una propria nuova strategia per il software aperto, che incoraggia e sfrutta ulteriormente il potenziale trasformativo, innovativo e collaborativo dell’open source, al fine di conseguire gli obiettivi della strategia digitale globale della Commissione e contribuire al programma Europa digitale.

“La strategia della Commissione”, dichiarano da Bruxelles “pone un accento particolare sulla condivisione e sul riutilizzo di soluzioni, conoscenze e competenze in materia di software, nonché sull’aumento dell’uso dell’open source nelle tecnologie dell’informazione e in altri settori strategici”.