Gas, tutti soffiano sul fuoco
Ci attende una crisi geopolitica dai risvolti imprevedibili
24 agosto 2022
Guido Salerno Aletta
Editorialista dell'Agenzia Teleborsa

La partita del gas, in Europa, non è solo è un Risiko geopolitico tra i Paesi Occidentali inquadrati nella Nato, da una parte, e la Russia dall'altra, in cui i primi sostengono che è necessario pagare di più il gas per sostenere le ragioni della libertà e della democrazia in difesa dell'Ucraina che ha subito una seconda invasione che ne mutila la sovranità, dopo aver perso quella sulla Crimea. Nel confronto globale, la presa sull'Europa è vitale: gli Stati Uniti, dopo essere intervenuti per due volte in un secolo nei conflitti mondiali scatenati in Europa, non possono cedere la presa sull'Alleanza atlantica. Non solo è inaccettabile un atteggiamento scettico in merito al suo ruolo, come è stato espresso in passato anche dal Presidente francese Macron, che aveva sostenuto che l'Alleanza era "in stato di coma", ma ancor più l'idea di costituire un Esercito europeo che, solo in quanto tale, avrebbe partecipato alle operazioni della Nato. Ancor più irritante è stata l'idea di creare una industria europea degli armamenti, con commesse dell'Unione che escludessero i fabbricanti americani: più che un dito nell'occhio, sarebbe stato un colpo basso.
Per concludere: l'idea che si è affacciata più volte in questi anni, di costruire una Unione europea più forte con una ulteriore delega di poteri a Bruxelles, e soprattutto capace di competere in campo economico alla pari sia con gli Usa che con la Cina, non coincide affatto con la strategia geopolitica statunitense.
Un collasso dell'Europa dopo la crisi economica e sociale determinata dalla guerra in Ucraina riporterebbe le lancette della Storia al 1945: un continente che dipende in tutto e per tutto dall'Alleato americano.
Gli interessi della Russia sono diametralmente opposti: l'obiettivo massimo sarebbe una Europa strategicamente indipendente dagli Usa, ma soprattutto energeticamente dipendente dal suo gas. Rompere il fronte occidentale sarebbe un successo strategico che rimedierebbe almeno in parte alla "catastrofe geopolitica" rappresentata dalla dissoluzione dell'URSS.
In questi termini, la guerra in Ucraina è una prova di forza tra la strategia statunitense e quella della Russia, in cui la leva del gas viene usata cinicamente da entrambe le parti.
Gli Usa indeboliscono l'industria europea e la sua concorrenzialità basata sui bassi costi del gas fornito dalla Russia, che fin qui hanno consentito a Germania ed Italia di avere forti attivi commerciali nell'interscambio, costringendola alla ricerca di fonti energetiche alternative, a costi assai superiori a quelli pagati finora.
La Russia ha interesse a mantenere altissima l'incertezza sul gas e soprattutto a prolungarla il più possibile, per alzare il prezzo economico e sociale pagato dall'Europa per il sostegno politico, militare ed economico dato all'Ucraina e per aver accettato la adesione alla Nato di Svezia e Finlandia. Sarà un inverno durissimo in Europa, non solo per il freddo ed il buio, ma per le ricadute pesantissime sulle attività produttive, per le forniture spot centellinate, per le manutenzioni dei gasdotti per guasti imprevisti, per la possibilità che l'Ucraina faccia prelievi illegali dai gasdotti che attraversano il suo territorio per approvvigionarsi senza pagare legittimando ritorsioni da parte della Russia che li chiuderebbe. I governi europei si devono preparare al peggio dal punto di vista del consenso sociale e della situazione economica e finanziaria: l'obiettivo della Russia è creare una frattura nel fronte politico.
In Italia, dopo le elezioni anticipate del 25 settembre, sarà il nuovo governo a vedersi scaricare addosso tutte le tensioni: che sia responsabile o meno, non ha importanza. E' il solito gioco del cerino acceso che si passa quando ci si sta per bruciare: la vittoria del centrodestra che viene prefigurata nei sondaggi è una trappola già pronta: dopo sei mesi di inferno, a giugno del 2023, si tornerà nuovamente alle urne. Ne sono consapevoli, nel centrodestra, ma sono presi dalla sindrome dell'azzardo: "adesso o mai più!"
A guardare con compiacimento questa crisi c'è naturalmente anche Bruxelles: cinicamente, come tutti gli altri protagonisti, l'Unione europea attende il collasso dei singoli Stati per ergersi come unica istanza capace di risolvere i problemi. E' una partita ad altissimo rischio, perché i movimenti sovranisti non saranno assolutamente disponibili a questa prospettiva.
Naturalmente, anche la Gran Bretagna sguazza in questo caos: che abbia già un'inflazione alta, lo deve alle conseguenze della Brexit ed alle difficoltà logistiche e commerciali che sono state determinate dal confine-ombra che è stato creato tra l'Irlanda del Nord e la Gran Bretagna. Ma ora può nascondere il caos interno ed approfittare del conflitto in Ucraina per rimettere le mani sulle vicende europee da cui si era autoesclusa.
Ci sono poi gli ambientalisti, che considerano imperdibile questa occasione della crisi energetica europea per accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili: non a caso, hanno sempre considerato la leva dei prezzi come indispensabile per obbligare i cittadini e le imprese ad utilizzarle.
Ma sono i gestori dei Fondi e gli amministratori delle Banche coloro che, più cinicamente di tutti, aspettano con serenità la crisi: sono pronti ad allargare le braccia, a dire che se va tutto a rotoli non è per colpa loro.
Nessuno ha interesse ad evitare una crisi drammatica dell'Europa, a fermare la guerra in Ucraina: tutti scommettono che saranno gli altri a perdere la partita.
L'ultima grande incognita è rappresentata dalle elezioni americane di mid-term, che si terranno l'8 novembre: può succedere davvero di tutto, sia in termini di risultati che di regolarità delle procedure elettorali. Il clima, dopo le accuse di brogli delle ultime presidenziali, è surriscaldato. Una vittoria dei Repubblicani non solo metterebbe in difficoltà l'Amministrazione in carica, ma aprirebbe in anticipo la corsa alle Primarie, con i democratici alla inevitabile ricerca di un nuovo candidato. Sulla strategia da tenere nei confronti della Russia e della Cina, e naturalmente della guerra in corso in Ucraina, non solo si aprirebbe un nuovo, tesissimo, confronto, ma soprattutto si assisterebbe allo spappolamento della linea politica adottata finora.
Ci attende una crisi geopolitica dai risvolti imprevedibili
Gas, tutti soffiano sul fuoco
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