L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 27 agosto 2022

un autunno da incubo. E dopo che hanno ricevuto il VOSTRO VOTO questi VOSTRI partiti si scateneranno, già stanno preparando una nuova crisi sanitaria per coprire il disastro economico in arrivo, al sistema sanitario già arrivano le mascherine ordinate. Già sanno che arriva la nuova ondata di influenza, sarà chiamate sempre covid

Le ferie sono finite, va in scena la realtà. Che è la vera arma segreta della Russia

27 Agosto 2022 - 12:55

Italia e Germania già prospettano la nuova ondata di Covid, quasi ipotecando un alibi sanitario a restrizioni e razionamenti. Perché è il gas la priorità della gente. E non si può sanzionare la paura.


Nei film dei Vanzina, la fine dell’estate e del periodo vacanziero arrivava sotto forma di libecciata agostana, i cui temporali garantivano gocce di pioggia sufficienti a nascondere sui volti dei protagonisti le lacrime per l’addio all’amorazzo estivo di turno. Nell’Italia pre-elettorale del 2022, il ritorno dalle ferie coincide con una presa d’atto della realtà tanto drammatica e repentina quanto surreale,

Confindustria scopre che con il gas a questi prezzi (ieri è arrivato al record assoluto di 334 euro per MWh) sono oltre 120.000 le imprese a rischio, scomoda una figura retorica come quella del terremoto economico incombente e prega il governo in carica per gli affari correnti di intervenire con una decretazione d’urgenza. Viene da chiedersi se si fossero accorti come le quotazioni del Dutch ad Amsterdam fossero vagamente fuori controllo già da alcuni mesi e non abbiamo subito una clamorosa impennata a ridosso di Ferragosto. Ma tant’è, a chi riteneva l’inflazione meramente transitoria e di natura speculativa non si può chiedere troppo. E mentre i sindacati paiono limitare il loro perimetro di intervento unicamente alla blindatura di Quota 41, saldando un inusuale asse con Matteo Salvini in nome della loro categoria di iscritti più rappresentativa, è la stampa a regalare enormi soddisfazioni.

Salvo rari casi di ossessione patologica, il Russiagate all’amatriciana ha lasciato il posto alla presa d’atto di un mese di settembre che si presenta fin da ora come il trailer di un autunno da incubo. E ciò che fino a ieri era derubricato ad allarmismo ingiustificato, stante il novero pressoché infinito di alternative al gas russo che il governo garantiva, ora diviene carne e sangue di un tracollo che ci attende al varco inesorabile. Imminente come il suono della sveglia al mattino, quando si sono fatte le ore piccole. Ad esempio, il rischio che lo shock energetico colpisca a morte il comparto tessile, dando vita a una delocalizzazione forzata del settore verso la Turchia.

E la politica? Fra accuse incrociate, lunari proposte di sospensione della campagna elettorale e promesse in formato offerta del discount, ecco cosa ci attende:

ciò che realmente sta occupando i pensieri del governo paiono i preparativi per una nuova crisi sanitaria che operi da alibi e copertura al disastro sociale ed economico di restrizioni e razionamenti. E a inquietare è il fatto che, in perfetta contemporanea con la puntualissima risalita dei contagi post-vacanzieri in Italia (l’industria ricettiva ringrazia sentitamente, almeno potrà pagare le bollette), il ministro della Sanità tedesco, Karl Lauterbach, abbia messo in guardia i suoi connazionali dal pressoché certo arrivo di una nuova ondata pandemica. E il tutto al termine di una riunione di governo in cui sono già state decise le linee guide per nuove e più stringenti misure anti-contagio in vigore a partire dal 1 ottobre.

Non stupisce. Perché questi due grafici

Andamento comparato del costo dell’elettricità a 1 anno di Francia e Germania Fonte: Bloomberg
Andamento ponderato all’effetto leva dei contratti energetici a 1 anno di Francia e Germania Fonte: Pictet

parlano chiaro. Se ieri i contratti energetici a 1 anno di Francia e Germania hanno sfondato l’ennesimo record al rialzo, addirittura con le valutazioni per il mercato transalpino che hanno superato per la prima volta in assoluto i 1.000 euro per MWh, ecco che la seconda immagine mette in prospettive l’effetto leva patito da quei medesimi contratti dal gennaio 2020 a oggi. Nemmeno un hedge fund nel giorno del lancio del Qe. E questo altro grafico

Andamento dell’indice di fiducia dei consumatori tedeschi Fonte: Bloomberg

offre un’ulteriore giustificazione all'apparente abuso di precauzioni del governo tedesco: proprio il costo della bolletta energetica ha spedito l’indice di fiducia dei consumatori al minimo storico assoluto dal 1991, anno in cui è cominciata la tracciatura della serie storica: -36,5 punti. E dopo il già catastrofico -30.9 del mese precedente. E la ciliegina sulla torta è stata messa dal ministro dell’Economia, Robert Habeck, a detta del quale il Paese è destinato a un ulteriore balzo dei prezzi in inverno, tale da rendere quello di cui stiamo discutendo un qualcosa di limitato.

Ma ecco che questa notizia

sembra porsi come evento spartiacque e cartina di tornasole della presa d’atto della realtà - fra il catastrofico, il demenziale e l’irresponsabile - che l’Europa sta per affrontare, tanto da aver costretto persino Bruxelles a convocare entro metà settembre un vertice Ue straordinario sull’energia. La municipalità dell’Aja ha infatti chiesto una deroga temporanea alle sanzioni europee per potersi rifornire di gas da Gazprom, poiché non le è stato possibile trovare un’alternativa non sanzionata per garantire l’approvvigionamento necessario a evitare un black-out totale.

Insomma, la realtà ha fatto il suo ingresso a palazzo. E dopo aver bussato per settimane al portone, non ricevendo risposta, ha deciso di sfondarlo. Senza ulteriore preavviso. E questo grafico

Andamento a livello globale delle ricerche su Google della parola «Ucraina» da febbraio a oggi Fonte: Statista/Google Trends

concentra in sé l’assenza stessa della strategia russa. La quale, dopo aver strategicamente utilizzato con il contagocce il ricatto energetico fino a farlo esplodere in tutta la sua magnitudo alle porte dell’autunno, ora può attendere che la sua vera arma segreta lavori per lei. La paura del freddo, del buio, dei razionamenti, dei licenziamenti, dei fallimenti, della povertà hanno ora preso il posto dell’Ucraina nelle preoccupazioni della gente. E anche in quelle forzatamente adattate al gioco di sponda dei media, della politica e delle cosiddette parti sociali.

Ovunque. Ma in Italia in maniera particolare. E per quanto si possa dissimulare, lanciare granate mediatiche stordenti, stendere cortine fumogene, la paura del signor Rossi non si può sanzionare. E nemmeno la realtà. In compenso, possono entrambe detonare. Dentro e fuori il seggio elettorale. Con un’aggravante, decisamente in linea con quell’allarme tedesco che pare configurare all’orizzonte un terminale mors tua vita mea in sede europea. Anzi, Bce. Dove Reuters rende noto che alcuni partecipanti intendano mettere sul tavolo del board del 7-8 settembre un aumento dei tassi di 75 punti base, stante il peggioramento del dato inflazionistico durante l’estate.

L’incombente recessione sull’eurozona non dovrebbe rallentare o fermare il processo di normalizzazione di politica monetaria, ha puntualizzato una fonte sotto anonimato all’agenzia di stampa. Se per caso il mercato prezzasse in questo contesto anche una potenziale messa in discussione del reinvestimento titoli, il nostro spread volerebbe in orbita al pari del prezzo del gas. A due settimane dal voto. La verità fulmina chi osa guardarla in faccia, ammoniva Ennio Flaiano. Ma per il nostro Paese pare giunto il momento di dover correre questo rischio. Obbligatoriamente.

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