L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 17 settembre 2022

a Samarcanda il quaranta per cento della popolazione ed un quarto del PIL mondiale

Ritorno al Passato
Samarcanda, la riunione della SCO riporta indietro di secoli l'orologio della Storia

16 settembre 2022
Guido Salerno Aletta


La morte della Regina Elisabetta d'Inghilterra chiude un'Epoca per l'Occidente, quella degli Imperi europei che fino alla Prima Guerra Mondiale tenevano in pugno il mondo intero, fatta eccezione per gli Imperi Ottomano, di Russia, Cina e Giappone. Anche l'Impero americano, che ha ereditato come potenza marittima globale il ruolo decisivo di quello britannico, sembra aver perso la presa sullo sterminato continente asiatico: a Samarcanda, città mitica della Via della Seta, si sono incontrati i leader della Shanghai Cooperation Organisation, creata su iniziativa della Cina per rinnovare con la iniziativa denominata One Road, One belt i fasti dell'epoca in cui dominava il commercio dall'Asia verso l'Europa. Oltre ai Cinque fondatori, Cina, Russia, Pakistan, India ed Uzbekistan, che ha ospitato l'evento, erano presenti in qualità di osservatori l'Afghanistan, la Mongolia, la Bielorussia e l'Iran di cui è stata accettata la domanda di adesione, oltre ad una serie di partner di dialogo: Sri Lanka, Turchia, Cambogia, Nepal, Azerbaigian e Armenia. Fatti i conti, erano presenti i rappresentanti di Paesi che mettono insieme il quaranta per cento della popolazione ed un quarto del PIL mondiale.

Il carattere regionale e soprattutto geopolitico che ha assunto la SCO, per di più con questa sempre più ampia partecipazione, avrebbe fatto rabbrividire il geografo inglese Mackinder, il teorizzatore dell'Heartland asiatico come cuore pulsante del dominio geopolitico del mondo intero. Secoli di iniziative inglesi volte ad insinuarsi in Oriente, dall'Irak alla Persia, dall'India all'Afghanistan, combattendo ben due guerre dell'oppio contro la Cina per chiuderla ai commerci marittimi prendendo la città fluviale di Hong Kong così come in mani straniere erano Shanghai, Macao e Nanchino.
Sono rimaste inascoltate le preoccupazioni sulla saldatura tra Russia e Cina espresse anche di recente da Henry Kissinger, il Segretario di Stato americano che già nel 1971 aveva teorizzato la necessità di sganciare il più possibile la Cina dall'URSS, attraendo la prima nell'orbita geopolitica e soprattutto economica degli Stati Uniti: un processo iniziato sotto la Presidenza di Richard Nixon e culminato con quella di Bill Clinton che aveva favorito l'ingresso di Pechino nel WTO a condizioni particolarmente favorevoli.

Fallirono poi anche le iniziative diplomatiche di Barack Obama, volte a stipulare due accordi commerciali paralleli, il TPP transpacifico ed il TTIP transatlantico per isolare da una parte la Cina e dall'altra la Russia: anzi, questa mossa li insospettì alquanto facendoli convergere e spingendo la Cina a continuare con una sua propria strategia di globalizzazione. I dazi commerciali imposti alla Cina da Donald Trump, che ritirò tra i primi atti della sua Presidenza la adesione americana al TPP che era stata espressa dal suo predecessore, hanno reso sempre più incerta la strategia intrapresa da Kissinger nel 1971.

Da fine febbraio, a partire dalla invasione dell'Ucraina da parte della Russia e soprattutto dalla mancata adesione da parte della Cina alle iniziative occidentali di irrogare pesanti sanzioni per isolarla politicamente ed indebolirla sul piano economico e finanziario, il quadro delle sinergie tra Russia e Cina si è andato intensificando, innanzitutto dal punto di vista delle forniture energetiche e della de-dollarizzazione degli scambi reciproci.

I Paesi che aderiscono alla SCO, così come quelli assai più numerosi che pur non facendone parte hanno partecipato alla sessione annuale di Samarcanda, hanno spesso interessi divergenti, se non fortemente confliggenti come ancora in questi stessi giorni accade tra Armenia e Azerbaigian.
Lungi dall'essere motivo di sollievo per l'Occidente, il fatto che si riuniscano per cooperare tanti Paesi e così diversi tra loro, dovrebbe accrescerne le preoccupazioni: la Turchia, ad esempio, è ormai un Giano bifronte, affacciata nel Mediterraneo, membro della Nato, ma rivolta ad estendere la sua presenza in tutto l'entroterra islamico dell'Asia, là dove l'influenza dell'Arabia Saudita si affievolisce di molto a favore del Qatar e della stessa Turchia.

Se l'Inghilterra non guida ormai più da decenni il gioco nello scacchiere asiatico, il ritiro degli Usa prima dall'Iraq e poi dall'Afghanistan dopo averli invasi, soprattutto dopo aver perso nel 1978 la partita in Iran, segna anche la sconfitta della successiva strategia geopolitica statunitense ispirata da Zbigniew Brzezinski, che fu Consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Jimmy Carter sin dai tempi della crisi a Teheran, volta a contrastare l'avanzata del comunismo sovietico che a quei tempi sembrava irrefrenabile con il sostegno dato all'estremismo religioso islamico.

La riunione della SCO da una parte, e soprattutto dall'altra la presenza a Samarcanda sia dell'Iran che dell'Afghanistan tornato in mano ai Talebani e seduti allo stesso tavolo con Russia e Cina, Paesi che avrebbero dovuto essere ai loro antipodi in termini culturali e religiosi, dimostra che non solo si è dimostrata infondata la lettura della "Fine della Storia" che era stata fatta da Francis Fukuyama, secondo cui la globalizzazione economica e l'unipolarismo statunitense avevano segnato la supremazia irreversibile dell'Occidente democratico e liberale sulle altre ideologie, ma anche la irresolubile immanenza dei conflitti tra i popoli, secondo le faglie culturali, etniche e religiose, che erano state individuate da Samuel Huntington nel suo libro su "Lo scontro delle civiltà".

La Storia è più complessa della nostra capacità di prevederla.

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