L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

venerdì 2 settembre 2022

e aggiungiamo la borgatara Meloni, che fa il giro delle sette chiese per essere riconosciuta come se non avesse una storia, un passato, una identità. Cerca disperatamente di cancellare i suoi atteggiamenti contro chi non si è fatto inoculare e solo questo basta a capire quanto occorre

SOLO PIRANDELLO CI PUÒ SPIEGARE
By CptHook On 01 Settembre 2022 6,033


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Marcello Veneziani – Panorama, n.36 –

A nobilitare lo spettacolo della politica presente, a voler dare un riferimento alto, culturale, o addirittura un profilo letterario, diremo che siamo entrati nell’epoca pirandelliana della politica. A qualcuno scapperà subito da ridere per l’accostamento ardito tra cultura, letteratura, drammaturgia e la misera giostra politica del presente. Ma anche i periodi più bassi e confusi hanno una loro chiave di lettura, anche il caos e perfino la barbarie può avere letture colte. Il teatro di Pirandello è uscito dalle scene ed è entrato nella realtà politica corrente. A guardare la parabola di Di Maio e di Conte, le liste di Letta, col Pd oscillante fra Draghi, i grillini e Fratoianni, tra governi con la Lega e Berlusconi e poi crociate contro di loro; a vedere le prodigiose giravolte della Bonino e dei radicali, i miracolosi salti di Calenda, ora col suo odiato Renzi, la poligamia di Salvini, alleato coi grillini, coi dem, coi draghiani e con la Meloni, le giravolta delle madame berlusconiane Gelmini e Carfagna, l’ologramma di Berlusconi sulla scena tra maschera e cerone, il ballo delle candidature e le invettive degli esclusi, il ripescaggio grillino dei parenti degli esclusi, possiamo dire che siamo entrati nella fase pirandelliana della politica: il relativismo assoluto, la girandola delle identità, il gioco delle parti e delle combinazioni, la maschera e il volto intercambiabili (come la faccia e il deretano), il paradosso come criterio di scelta e di comprensione, il rovesciamento continuo dei ruoli e degli scopi. Tutti possono allearsi o guerreggiare con tutti e con nessuno, tutti recitano a soggetto, tutti mutano secondo convenienza e situazione, ciascuno a giorni alterni si accorda e si sottrae a ogni accordo, preferisce stare fuori, dentro, al lato, sopra o sotto le alleanze. Le variabili sono infinite e impazzite. E’ la babele allo stato puro, il caos prima della creazione.
Torna pure il detto di Longanesi, la democrazia si replica per assenza di dittatore… Perché il relativismo assoluto di solito evoca, e invoca, il suo contrario, un bel tiranno, o un dragone, che metta fine al chiacchiericcio e al caos, al ballo di san Vito delle alleanze, degli amici e dei nemici e ci riporti alla contabilità e ai suoi relativi incubi.
Solo Pirandello colse il prisma contemporaneo in tutte le sue sfaccettature, il gioco di luci e ombre, comparse e scomparse, recita e realtà, posizioni e fluttuazioni di quel grande palcoscenico che è la condizione umana moderna. Lui si rifugiò sotto le ali del fascismo, che non a caso il filosofo pirandelliano Adriano Tilgher, aveva definito l’assoluto relativismo trapiantato sul terreno della politica. Definizione gradita allo stesso Mussolini.
Ma da giorni il teatrino è esilarante, come il gas. E come il gas è letale. Saranno le esalazioni dall’immondizia e dello smog, sarà che non riusciamo a liberarci del negativo perché sono colme le discariche della politica, non c’è nessuna Malagrotta in cui scaricare i rifiuti accumulati. Ma c’è qualcosa di assurdo e malefico nell’aria che non riusciamo a decifrare. Solo Pirandello può spiegare.
A questo paesaggio pirandelliano corrisponde anche la veloce labilità dei consensi e dei dissensi, la giostra delle opinioni e delle intenzioni di voto. Cosa decide gli spostamenti d’opinione, i flussi e riflussi elettorali, i vasi e i travasi? Perché si passa da un momento all’altro da vincenti a perdenti, dal paradiso all’inferno e viceversa, senza una spiegazione ragionevole o una relazione di causa ed effetto? Pensate al trionfo di Renzi, oggi ridotto a un selfie permanente o l’apoteosi di Conte oggi considerato un penoso azzeccagarbugli. E la veloce parabola di tanti leader e leaderini. Non c’erano meriti speciali, legittimazioni conquistate sul campo, eccezionali curricula, risultati straordinari nelle tappe precedenti. C’era solo un friccichio, una Chiacchiera, un clima in tv che si fece passaparola. Consenso virale ma transitorio, senza un vero perché.
Poi, senza un vero perché comincia la caduta libera. Esagerato il successo, esagerata la caduta. Nessuno aveva meritato il ruolo di Miracolo Vivente; magari, nemmeno di diventare poi Vituperio della Genti. E’ solo questione di Fuffa, che Pirandello non contemplò nei destini dei suoi personaggi. Partiti e governi fondati da cabarettisti, carriere folgoranti fondate sull’abilità di giocolieri, maghi e maghette sulla scena che tirano conigli dal cilindro, numeri da circo. Classi dirigenti sorteggiate con criteri meno seri del gratta e vinci o dei pacchi; capriole acrobatiche, entrano escono, mutano…
Liderini che sono tra i massimi inesperti di ogni settore, e s’improvvisano statisti cambiandosi semplicemente d’abito… Chi affiderebbe al primo passante i suoi risparmi e la sua salute? Noi, popolo pirandelliano. Ha tanti proseliti il voto del “famolo strano”. Le trame, i personaggi e i testi di Pirandello sono una versione ancora prudente rispetto al pirandellismo autogestito dagli attori politici in corso. Un giorno bibitari, un altro statisti, un giorno rivoluzionari coi gilet gialli, un giorno euro-occidentali e draghiani, un giorno abolitori della povertà, un giorno democristiani, un altro pidini, grillini, destrorsi, sinistrorsi (Di Maio è un bozzetto di Pirandello che l’autore scartò perché troppo inverosimile).
L’Italia è mobile qual piuma al vento. E dire che da noi il voto era statico, c’era il voto ereditario e d’appartenenza; ora siamo al voto-farfalla. L’Italia cambia opinione ogni stagione. Vedremo come sarà la collezione autunno-inferno.


Segnalato dalla lettrice Carla cui va il nostro ringraziamento.

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