L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 15 settembre 2022

Il lavoro in Italia è precario e pagato pochissimo. Dalla Meloni ai Letta sono loro che hanno governato. La prima è stata per anni ministro di Berlusconi, per non dimenticare

La politica sotto elezioni scopre gli stipendi bassi degli italiani
Improvvisamente, i partiti politici hanno scoperto che gli stipendi degli italiani sono bassi e il lavoro spesso è precario.
di Giuseppe Timpone, pubblicato il 14 Settembre 2022 alle ore 06:14


Certo che ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Da quanti anni parliamo in casa, al bar, sul treno e a casa degli amici di quanto siano diventati bassi gli stipendi degli italiani? E non ci riferiamo al solito pippone dello zio, che al pranzo di Natale ci spiega quanto fosse economica la vita con la lira. Chiunque negli ultimi 10-15 anni abbia messo il naso fuori dalla porta per fare la spesa, si è accorto che i prezzi si saranno anche mantenuti stabili fino a pochi mesi fa, ma che le entrate da lavoro in una famiglia non bastino più. La politica italiana ha semplicemente ignorato l’esistenza del problema. Guai a dire in pubblico che le famiglie non arrivino alla fine del mese, che si lavora spesso anche in due per stare peggio di pochi anni addietro. Si andava dall’accusa di demagogia a quella di populismo.

Ma in campagna elettorale tutti i partiti sono stati folgorati sulla via di Palazzo Chigi. Come per magia, tutti i leader sono concordi sul fatto che quelli degli italiani siano stipendi bassi. Anche perché le statistiche internazionali lo confermano senza ombra di dubbio: sono scesi del 3% in termini reali tra il 1990 e il 2020, mentre in Francia e Germania crescevano di oltre il 30%. Del resto, da quando l’Italia è stata “salvata” (sic!) nel 2011, il PIL reale è diminuito di quasi il 3% e il debito pubblico è salito di oltre 800 miliardi. Pensate se l’avessero fatta fallire l’Italia!

Proposte dei partiti contro stipendi bassi

Ad ogni modo, tutti i partiti hanno trovato miracolosamente il rimedio contro gli stipendi bassi. Il Movimento 5 Stelle propone il salario minimo di 9 euro l’ora. C’è da dire che i “grillini” avevano già abolito la povertà con il reddito di cittadinanza, per cui avrebbero potuto risparmiarsi una tale proposta. Gli ex alleati del PD invocano il taglio del cuneo fiscale e la decontribuzione per le assunzioni al Sud.
Roba seria, ma se non ricordiamo male sarebbe lo stesso partito al governo per dieci degli ultimi undici anni.

Poi c’è Forza Italia, che promette ai giovani un salario mai inferiore ai 1.000 euro al mese. Come? Attraverso tagli ai contributi e alle imposte. Ottima idea. Silvio Berlusconi ha scoperto alla soglia degli 86 anni che il lavoro giovanile sia spesso precario. Anni addietro era il premier per cui “meglio lavorare precario che non lavorare”. Insomma, sordi alle evidenze sia a sinistra che a destra. Fratelli d’Italia propone la logica del “più assumi e meno paghi”, cioè il datore di lavoro deve essere incentivato ad assumere quanti più lavoratori attraverso sgravi fiscali e contributivi. Domanda: siamo sicuri che non sia il viatico per ammazzare la già scarsa innovazione tecnologica in Italia?

Ad ogni modo, anche Confindustria si è accorta che abbiamo stipendi bassi e per la prima volta ha ammesso al Forum Ambrosetti di Cernobbio che non vi sarebbe solo un problema di tassazione. Il problema scaturirebbe anche dalla scarsa volontà di parte dell’imprenditoria italiana di remunerare il fattore lavoro, falsamente considerato meno produttivo che altrove. Per la prima volta dopo decenni, tutta la classe dirigente riconosce il problema. Da qui a pensare che vorranno o sapranno risolverlo, ce ne passa. Per il momento siamo alla presa d’atto, nessuno più nega che in Italia il solo lavoro sia una garanzia contro la povertà. Le soluzioni si sprecano, ma i fatti ad oggi sono mancati del tutto.

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