L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 3 settembre 2022

Il tetto del prezzo è una sciocchezza dettata dall'impotenza del G7 che pretende controllare il mondo. È come se un affamato entrasse in un rosticceria e con fare autoritario volesse comprare un arrosto però solo ai prezzi che dice lui e non a quelli fatti dal negoziante, mentre dietro di lui c’è la fila per comprare lo stesso arrosto

Price cap o handicap?



La stravagante decisione di massima, e tutta da realizzare, presa dal G7 ovvero quella di fissare un prezzo massimo per il petrolio russo a cui tutti i Paesi della Ue e della Nato dovrebbero attenersi, è solo un pasticcio che potrà avere come conseguenza un aumento dei prezzi petroliferi visto che ci sono economie ben contente di comprare petrolio russo a prezzi ben superiori rispetto a quelli eventualmente fissati dai 7 nani e che l’eventuale sparizione del petrolio russo non potrà che scatenare una corsa agli approvvigionamenti. Secondo Morgan Staley in caso di arresto completo delle esportazioni petrolifere offshore russe il prezzo potrebbe facilmente arrivare ai 380 dollari al barile. Nella sostanza il tetto del prezzo è una sciocchezza dettata dall’impotenza del G7 che pretende controllare il mondo senza saper controllare la propria vescica, è una debolezza che viene presentata come un atto di forza: infatti il price cap per prima cosa riconosce che il mondo occidentale – e l’Europa in particolare – non può fare a meno del petrolio russo e quindi dall’iniziale ripulsa si è arrivato a più miti consigli. Tra l’altro non è soltanto una questione di quantità, ma anche di qualità perché tutta l’industria della raffinazione europea è orientata all’oro nero degli urali e se volesse usare altri tipi di petrolio dovrebbe porre mano a ristrutturazioni enormi del costo di miliardi e realizzabili solo in anni, tutte cose che non sono state affrontate nella convinzione assoluta e ottusa di aver rapidamente ragione della Russia. Questo della qualità è un fatto che ho affrontato in diversi post, ma che in realtà è completamente assente dal dibattito pubblico, rendendolo così sterile e fuorviante ancor più di quanto non sia di base. 

Dunque ci troviamo di fronte a una sostanziale resa all'evidenza e al tempo stesso alla necessità di nascondere la medesima dietro un atteggiamento da padroni del mondo: è come se un affamato entrasse in un rosticceria e con fare autoritario volesse comprare un arrosto però solo ai prezzi che dice lui e non a quelli fatti dal negoziante, mentre dietro di lui c’è la fila per comprare lo stesso arrosto . Tutti noi rideremmo di questa patetica pretesa, ma ascoltiamo invece i leader che esprimono le stesse assurde idee come fossero gente onesta, credibile e intelligente. Tuttavia questa posizione, non a caso proposta suo tempo da Draghi, (la quinta essenza della stupidità) ha essenzialmente uno scopo politico: deve convincere gli elettori che la colpa di tutto sta nella Russia che non vuole vendere ai prezzi che diciamo noi, grazie ai quali anche l’inflazione si raffredderebbe. Tende insomma e far dimenticare che all’origine della fiammata dei costi energetici stanno proprio le dichiarazioni europee di non volere più il petrolio russo a nessun costo, fatte tra l’altro proprio mentre gli Usa aumentavano le importazioni di oro nero da Mosca. Inoltre devono far dimenticare il fatto di aver detto che sarebbe stato relativamente facile rinunciare al petrolio russo e che dunque tutto sarebbe tornato alla normalità una volta trovati altri fornitori per non allarmare sulla crescita esponenziale e duratura dei prezzi nonché sulla distruzione dell’industria continentale.

Sarà bene ricordare che i Paesi dell’Asia come Cina e India comprano petrolio russo a un ragionevole prezzo di mercato: a essi non viene applicato alcuno “sconto” come furbescamente viene e detto dai media mainstream perché è invece sui mercati occidentali che si pagano quotazioni speculative molto più alte. Il price cap insomma rivela un handicap europeo ed è semplicemente un sorta di coniglio politico che viene estratto dal cilindro per dimostrare che le chiacchiere non stanno affatto a zero e che si può continuare a prendere per il naso la gente. Inoltre c’è probabilmente il retro pensiero di poter anche proporre un prezzo accettabile per Mosca qualora le cose si mettessero davvero male: pensano forse di poter salvare la faccia in questo modo grottesco di salvare la faccia. Dovrebbero cercare di salvare invece i cittadini vittime del loro servilismo e della loro stupidita.

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