17 SETTEMBRE 2022
A Samarcanda padrone di casa è l’Uzbekistan, rampante potenza centroasiatica che tra nuovi scenari energetici, attrazione di investimenti, bilanciamenti tra Mosca e Pechino e sguardo privilegiato sul turbolento Afghanistan tornato in mano ai talebani si è costruito un osservatorio privilegiato; ma etnicamente e culturalmente su di essa può rivendicare un’affiliazione culturale anche il vicino Tagikistan, che nella capitale Dusanbe aveva ospitato il summit del 2021. La Cina è attratta dal fascino di Samarcanda per il richiamo alla Via della Seta e non a caso
Xi Jinping, prima di giungere al summit, ha visitato il Kazakistan, altro Paese membro della Sco e in cui nel 2013 fu annunciata, per la prima volta, quella che adesso è la
Belt and Road Initiative. India e Pakistan, partecipi del penultimo allargamento della Sco compiuto tra il 2015 e il 2017, un tempo mete agognate di Alessandro e Tamerlano, si proiettano oggi nel cuore geostrategico dell’Eurasia; l’Iran, che alla Sco sta entrando a far parte, nella città che fu Babele dei commerci e delle relazioni umane firmando il memorandum di adesione a Samarcanda rompe di fronte al mondo il percepito isolamento internazionale. E lo fa in una città legata, in passato, anche alla Persia sasanide di cui fu una delle perle più fiorenti. E oltre
all’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping il summit di Samarcanda passerà alla storia per più di un motivo.
La Sco si scopre sempre meno “euroasiatica” e sempre più prettamente asiatica. L’accelerazione della procedura di ingresso di Paesi come la Bielorussia non inganni: la guerra nell’Est dell’Europa scatenata da Mosca e le nuove dinamiche geostrategiche e economiche, trainate da settori come l’energia e le infrastrutture, spostano a Est un baricentro che già diversi indicatori, dalla demografia al Pil, allontanavano dal tradizionale perno tra i due continenti, la Russia.
A Est guarda, per completare il suo irradiamento geostrategico, anche la Turchia di
Recep Tayyip Erdogan, presente a Samarcanda per accelerare il processo di ingresso come membro osservatore nella Sco. La profondità strategica della Turchia si abbevera di richiami alla storia e all’antichità delle stirpi turche: e il Büyük Timur İmparatorluğu, l’Impero timuride fondato da Tamerlano e esistito tra il 1368 e il 1501 avente Samarcanda come capitale, è nella retorica nazionalista ritenuto uno dei sedici “Grandi Imperi” turchi avvicendatisi nella storia, in un’epopea nata col Grande Impero Unno nel 220 a.C. e conclusosi con la fine dell’Impero ottomano nel 1922. Samarcanda fu dominata dall’Impero degli Unni Bianchi (390-577) e poi da una serie di dinastie turche: il Kaghanato Kazaro (651-983), il Khanato Karakanide (840-1212), l’Impero selgiuchide (1040-1157) e quello corasimo (1097-1231), il Khanato dell’Orda d’Oro (1236-1502) e, da ultimo, quello timuride. Sette imperi su sedici hanno avuto in Samarcanda la loro “perla” e questo è tanto da rendere la Turchia attenta al richiamo della città dalle cupole turchesi per la legittimazione della sua proiezione in Asia Centrale, in quello che per secoli è stato sintomaticamente definito proprio come “Turkestan”.
Il portato storico della simbologia si fonde dunque a ben più cogenti interessi pragmatici nel giustificare la missione della Sco: creare ponti, prospettive securitarie, cooperazione strategica e comunione di intenti nelle regioni dell’Asia centrale e profonda di comune pertinenza. “Samarcan è una nobile cittade, e sonvi cristiani e saracini”, scriveva Marco Polo ne Il Milione, ricordando come già nel Duecento il centro dell’Asia profonda fosse un crocevia di popoli e storie. “Potenza di una città sognata: ci arrivi e ti stupisci che esista davvero”
, scrive Franco Cardini in Samarcanda – Un sogno color turchese (Il Mulino, 2016), in cui l’arte e i monumenti, ricorda Cardini, mostrano le cure e le attenzioni dedicate da Timur alla sua capitale che avrebbero dovuto nella sua ottica farne “la sua Baghdad, la sua Pechino, la sua Costantinopoli”. Samarcanda non è più solo il grande oltre, ma un pivot strategico, cuore pulsante di un Paese che si trova a essere, una volta di più crocevia. E epicentro geografico di una comunità che
prova a immaginare un’altra via alla sicurezza e alla cooperazione nel caos del mondo globalizzato. In cui il fascino eterno di Samarcanda continua a attrarre leader e osservatori con il suo portato di storie e incontri umani.
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