Al World social forum emergono i temi di fondo del dibattito. A partire dai cambiamenti climatici che provocano milioni di profughi. Mentre gli italiani cominciano a preparare l’anniversario dei dieci anni dal G8 di Genova

di MAURIZIO GUBBIOTTI
da Dakar, Senegal
Aver perso almeno la metà delle sale a disposizione nella sede dell’Università di Dakar continua a rendere un po’ faticoso lo svolgimento dell’undicesimo World social forum. Anche perché qui i 500.000 iscritti frequentano tutti e con le lezioni in pieno svolgimento un po’ di competizione per gli spazi continua ad esserci. L’attenzione nei confronti del forum però aumenta e si sta riconquistando un po’ di certezza sui luoghi e soprattutto su quello che sarà possibile rintracciare nel programma dei seminari.
Scorrendo i titoli, sia quelli autogestiti che quelli finalizzati a comporre le strategie del futuro, dobbiamo dire che il forum non è mai stato così ricco di proposte per superare la crisi dell’intero modello di sviluppo. Ad esempio la crisi ambientale, che ha faticato ad imporsi nelle prime edizioni, oggi è centrale. I mutamenti climatici sembravano quasi un tema esoterico quando si decise di giocare questa scommessa nel 2001. Non a caso il nucleo fondatore di Porto Alegre scelse anche lo stesso periodo dell’anno nel quale a Davos si riuniva il “gotha” dell’economia più tradizionale per mostrare a tutti che le formule che lì continuavano ad essere proposte erano sbagliate e che presto avrebbero portato al collasso l’intero pianeta.
Oggi i mutamenti climatici sono centrali in questo luogo. Lo sono a partire dalle testimonianze dirette e quindi dal punto di vista di coloro che ne pagano il prezzo. In questi anni tanti dossier di Legambiente hanno mostrato nel nostro paese la tragedia dei profughi ambientali, qui sono alcuni di loro a parlare e con l’aiuto della Caritas International. I numeri parlano di 200 milioni di profughi nei prossimi quarant’anni, almeno due miliardi di esseri umani in zone aride e semiaride, di questi almeno 634 milioni in zone a rischio allagamento. Ma va ricordato che l’80% dei rifugiati continua a vivere nel Sud del Pianeta perché non ha le forze e i mezzi per fuggire più lontano. L’Onu da tempo frena sul fornire loro almeno uno status giuridico che gli permetta di chiedere asilo perché teme l’indebolimento dello status per i rifugiati politici. Ma intanto apprendiamo che paesi come la Svezia e l’Australia hanno già inserito nelle proprie leggi sull’immigrazione un riconoscimento specifico dei migranti forzati per mutamenti climatici.
Forte la denuncia anche contro le assicurazioni private che oltre ad essere troppo care non coprono i danni a terreni e animali. E nel frattempo le megalopoli s’ingigantiscono ancor di più: Dhaka, capitale del Bangladesh, conta quasi 9 milioni di abitanti e si avvia ad essere la più grande del Pianeta. In Senegal l’aumento delle piogge quest’anno ha diminuito la siccità ma ha causato più alluvioni e fughe in città. Negli ultimi cinque anni 1 milione di persone è arrivato alla baraccopoli di Pikine dove acqua stagnante e zanzare hanno portato malaria infantile.
Durante la giornata di ieri inoltre sindacati e sindacati e organizzazioni della società civile, le fondazioni culturali e politici, movimenti sociali e centri di ricerca provenienti da Africa, Europa e altri continenti hanno organizzato “Africa-Europa-Mondo, costruiamo un'economia mondiale di salvezza. Sostenibilità, equità e solidarietà per salvare i diritti, il lavoro, l'ambiente e la democrazia”. È sempre più evidente che la principale economia del pianeta non è sostenibile, hanno spiegato i promotori, perché se si distrugge l'ambiente si mettono in pericolo le generazioni future. Non siamo di fronte solo ad una crisi economica, si è ribadito, ma di fronte alla crisi di un modello di civiltà con la necessità di un modello nuovo di vivere, lavorare, produrre e consumare. È allora il momento di mettere insieme e di tradurre i nostri valori in un piano di transizione verso giustizia sociale, diritti sociali e democratici, sostenibilità ecologica, un lavoro dignitoso, il benessere per tutti in tutto il pianeta, in un nuovo equilibrio equo e solidale tra nord del mondo e sud del mondo. Si sono così confrontati molti esperimenti, studi, buone pratiche nel nord e nel sud, tutti tesi a mostrare i modi di una transizione democratica, sociale ed ecologica. Per dimostrare che è possibile un forte processo di redistribuzione della ricchezza.
La giornata per gli italiani al Forum si è conclusa infine con un incontro durante il quale si sono iniziate a discutere le attività che si svolgeranno la prossima estate a Genova in occasione del decennale di G8-Genova 2001. Riunione molto partecipata dalla quale è emersa la voglia e la consapevolezza dei più: soltanto se si sarà capaci di non fare del “reducismo”, ma andare ben oltre prospettando appuntamenti capaci di parlare di futuro alle persone, la partecipazione ci potrà essere. Rispetto a ciò prossimo appuntamento a Genova il 19 febbraio per proseguire la preparazione
tratto da
http://www.lanuovaecologia.it/view.php?id=12011&contenuto=Notizia
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