L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

venerdì 3 febbraio 2012

Il lavoro fisso è un valore positivo


«Se per posto fisso intendiamo un posto di lavoro che ha una sua stabilità è ovvio che è un valore positivo». Questa è la frase che il professore Monti per rimediare all'esplicitazione del suo vero pensiero ha pronunciato.

Ma questi professori ci fanno o ci sono. Sono talmente pieni di sè che pensano che tutti quelli che l'ascoltano hanno il cervello all'ammasso e quindi possono essere raggirati con una seguenza di parole messe lì a casaccio.

L'ultima affermazione, per corregere il tiro sul fatto che il lavoro fisso per tutta la vita produce monotonia, e cioè che il posto fisso, che ha una sua stabilità ed è un valore positivo fa a botte con il fatto che il duo Monti-Fornero vogliono eliminare l'articolo 18, dello Statuto dei Lavoratori, in quanto vogliono precarizzare il lavoro indeterminato.

Il duo Monti-Fornero giocano sulle parole. Introduranno il lavoro indeterminato per tutti, con una moltitudine di paletti per accederci e poi udite udite danno la possibilità a qualsiasi datore di lavoro di licenziare in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, quindi il lavoro che chiamano indeterminato diventa un lavoro precario per sempre. Chi lavora non avrà più il diritto di mantenere il posto, potrà essere licenziato senza giusta causa. Una protezione che prima aveva ora non esiste più che accumulate all'erosione che di anno in anno si fà ai diritti di chi vende il suo tempo in cambio di salario, un esempio per tutti l'eliminazione della contrattazione nazionale e la vigenza solo di contratti aziendali. Tipo quello fatto ai ferrovieri, espresso per decreto spacciandolo per una liberalizzazione, quando di fatto toglie la capacità di contrattazioen di tutta la categoria spezzettandola e segmentandola.

Ricordiamo che ciò si sta facendo con l'avallo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che poi in altri momenti dice che bisogna porre dei limiti alle morti sul lavoro (morti bianche).
Quando i migliori limiti alle morti sono la salvaguardia e l'estensione dei diritti dei prestatori di lavoro.
Con parole si procede verso la retorica e il sentimentalismo e con i fatti si avvalla la negazione di chi lavora. E' una pratica antica di chi ha il potere e vuole infinocchiare chi lo subisce. E' un fatto storico, lo troviamo nei film, nei libri, nella realtà.

Con ipocresia infinita, non contenti di questo gioco di parole, sulla indeteminatezza del lavoro per tutti che è soggetto ad ogni leggero stornire di foglie ad essere disapplicata da chi assume e quindi alla facoltà di licenziare senza giusta causa, affermano che è un problema di cambiamento.
Classico cavallo di battaglia di quelli che comandano: "non siete capaci a cambiare, il cambiamento produce stres e resistenze".
No, queste sono bugie, noi siamo disposti al cambiamento. Il cambiamento, però, deve essere positivo e comunque deve convincere e coinvolgere, perchè altrimenti diventa disposizione autoritaria che si accumula a mille e mille altre ingiustizie e iniquità.

Non dimentichiamo il ruolo dei sindacati, che con posizioni più o meno sfumate, sono abbagliati da questo governo, l'abbiamo visto con le pensioni che sono diventate contributive, hanno scardinato i quarant'anni di versamenti ed hanno aumentato da un giorno all'altro l'età pensionabile fino a sessantasette anni con la possibilità di essere aumentata in automatico, ebbene si hanno liquidato la questione con quattro ore di sciopero.
E, preoccupa, l'atteggiamento distaccato con cui stanno trattando l'abolizione dell'artico 18, il licenziamento senza giusta causa.

E il Pd, già il Pd quel coecervo di forze politiche che si dicono di sinistra quando nei fatti hanno da tempo abbracciato la teoria neoliberista che tutto è meno che permettere ai lavoratori di mantenere ed avere dignità. Questo partito ha accumulato abbastanza tossine da essere spazzato via dalla scena politica come merita perchè se vuole qualche riforma non è per favorire i ceti subalterni ma per sottometterli. Non è un caso che è il fautore più convinto del governo IMonti-Fornero i nemici da cui noi dovremmo continuamente difenderci.
Certo in questo coacervo esistono molte persone oneste che credono ancora al potere demiurgo di sinistra, ma sono sempre di meno e sempre più disilluse che l'apparato, i vertici, le burocrazie siano in buona fede acquistano consapevolezza che questi lavorano solo per la loro sopravvivenza e delle problematiche derivanti dal bene comune non sanno e non vogliono interessarsi.

Le televisioni, i giornali, le radio, con qualche piccole eccezioni avallano il governo Monti-Fornero e la loro azione politica, lavorano quotidianamente sulle menti di chi le segue, distorcono e manipolano l'informazione e quando si fanno i sondaggi risulta il gradimento ad un governo che del bene comune fa strage, tant'è che si spacciano per liberazioni la svendita ai privati dei servizi degli enti locali come trasporti, energia, rifiuti.
Per non parlare del metodo, tanto caro ai professori del governo, i quali hanno dimostrato che parlano di dialogo quando questo gli fa comodo e gli giova e poi non dialogono con i loro interlocutori naturali quando le problematiche sono complesse e necessitano di soluzioni condivise.

Diaciamocelo francamente questo governo nonostante le potenti forze capitalistiche che lo sostengono, nonostante la potenza di fuoco che hanno nei mass media, nonostante l'avallo del Presidente Giorgio Napolitano, nonostante la potenza di fuoco che dispongono nel Parlamento, fa acqua da tutte le parti ed è solo una questione di tempo affinchè la maggioranza degli italiani si accorga del lato oscuro e profondo del governo Monti-Fornero.

giovedì 2 febbraio 2012

Monti: «Che monotonia avere un posto fisso per tutta la vita». " Avercelo... viva la monotonia"!


L'abbiamo detto in tempi non sospetti, prima della prima manovra di macelleria sociale e di classe che il governo Monti-Fornero non ci piaceva, che era un governo al servizio del neoliberismo-pensiero unico e che da questo governo non potevamo aspettarci nient'altro che austerità, rigore e non crescita. Le parole convinte che sono uscite dalla bocca del presidente del consiglio ieri sono lo specchio fedele di quello che pensa: precarizzazione a vita del lavoro.
Un omaggio indiscusso al capitalismo finanziario anglo-americano che tutto vuole e tutto assoggetta alla sua necessità vitale di esistere.

Il capitale sta precarizzando il lavoro in tutto il mondo occidentale, questo sta a significare la cessione dell'intero tempo di vita al capitale,
"ricevendone in cambio quella che sempre di più diventa la mera sussistenza, o ancor meno, la quasi-sussistenza.
Schiavi autossussistenti, nati con la diffusione del lavoro precario, dovranno sostituire progressivamente le stabili figure professionali del passato, in Italia e in Europa, ed alle rivendicazioni di lavoratori coscienti organizzati e disposti a difendere i loro diritti, si sostituiranno le tribolazioni di questi neoschiavi, costretti ad un automantenimento sempre più difficile.

Trascorsa l'epoca moderatamente emancipatrice del welfare e del fordismo, che fu per i lavoratori una sorta di Belle èpoque e una "boccata di ossigeno" dopo decenni di sfruttamento intensivo, il lavoro diventa sempre di più una potenza estranea, o meglio "estraniante", non dominata da chi la subisce ed universalmente oppressiva proprio come la intendeva ai suoi tempi Karl Mark.

La globalizzazione dell'estraniazione sembra procedere di pari passo con l'espanzione del commercio internazionale. Nel contempo, cresce il livello di pressione esercitato dalle dinamiche capitalistiche sui subalterni, accelerate dal dominio incontrastato della finanza - strumento che risponde perfettamente alle aspettative dei nuovi dominanti globali - e dall'affermazionedel paradigma della Creazione di Valore, finanziaria, azionaria e borsistica.

Superare l'estranazione, riappropriarsi del tempo di vita e ricomporre la scissione fra l'interesse particolare e quello comune, significa uscire dal ferale circuito del lavoro capitalistico, sempre più precario e materialmente compresso, ed attivare le dinamiche del lavoro collettivo, cooperativo, associato, che idealmente e concretamente è il lavoro comunitario e comunistico.

Se dovessimo pensare a delle parole d'ordine efficaci, che possono caratterizzare le auspicabili lotte anticapitalistiche future, non potremmo che proporre - oltre a Comunismo e Comunità - "Eguaglianza e Solidarietà".

Il tasso di violenza simbolica espresso dal potere globalista nei confronti dei subalterni raggiunge ormai livelli impressionanti, e non si tratta cero di una violenza "dolce", per quanto non lasci sul corpo visibili segni, come quelli delle frustate inferte agli schiavi nel mondo antico, trattandosi di una forma di violenza destinata a sostituire, efficacemente, la costrizione fisica praticata fin dalla notte dei tempi ed a reprimere senza rincorrere a fustigazioni, mutilazioni o uccisioni. Dove l'imposizione della norma giuridica può rivelarsi scarsamente efficace e l'uso della violenza fisica può soltanto lasciare tracce superficiali , penetra la violenza simbolica di questo capitalismo.

E bene ricordare, tuttavia, che se la violenza simbolica è esercitata sul soggetto "con la sua complicità" come accade oggi nella "simbolizzazione del conflitto di classe", ciò non può avvenire quando quando i soggetti sono animati da una forte coscienza classista, e quindi da solidarietà e vincoli reciproci di natura comunitaria che attivano l'antagonismo. Sostanzialmente per tale motivo, ciòè per debellare ogni forma di resistenza al suo progetto antropologico-culturale con finalità di dominio sul "capitale umano" e su tutti i subalterni, il capitalismo contemporaneo ha da tempo avviato, in Italia , in Europa e in occidente, un decisivo processo di frantumazione del tessuto sociale per la distruzione dell'ordine precedente.

Il nesso fra violenza simbolica e precarietà integrale, indotta artificialmente nella vita umana, risulta perciò evidente, e si stabilisce per "produrre" docili soggettività che rispondono in primo luogo alle attuali esigenze riproduttive sistemiche. Se le risorse culturali possono essere impiegate, fin dal momento educativo della scuola, con lo scopo di perpetuare il potere delle èlite riproducendolo, la classe dominante contemporanea le usa in modo più efficente e spregiudicato rispetto a tutte le altre classi egemoni che storicamente l'hanno preceduta, a partire dalla vecchia borghesia proprietaria, riuscendo ad imporre, a mantenere e ad estendere "con una certa qual facilità" il proprio potere.

A partire dalla cruciale precarizzazione e flessibilità del lavoro, i dispositivi simbolici del potere sembrano agire senza incontrare, per ora, resistenze ed ostacoli significativi, ed è per tale motivo che lo scrivente usa l'espressione "simbolizzazione del conflitto di classe", perchè, appunto, le ostilità si spostano dall'originario terreno, meramente ne banalmente economico-rivendicativo, per investire l'intero piano culturale e la fondamentale relazione fra mondo oggettico e mondo soggettivo.

Sarebbe possibile, se le cose non stessero così, come si è sommariamente descritto, l'accettazione da parte di milioni di individui di lavori intermittenti, a chiamata, in coppia, con paghe di volta in volta più basse, in termini reali e nominali, e a condizioni di lavoro sempre più stringenti?
Sarebbe possibile quanto sta accadendo oggi, nella nostra società, agli orfani della vecchia classe operaia e ai ceti medi penalizzati dalla tirranide finanziaria, in presenza di una estesa e persistente solidarietà classistico-comunitaria, che può estricarsi in forme di resistenza diffusa, dando luogo ad autentici prodromi rivoluzionari?

Ma i dominati, pur nella relativa passività del momento e nella temporanea assenza di un diffuso antagonismo classista, non partecipano mai interamente alla loro dominazione, come invece credeva Bordieu, in quanto esistono pur sempre un uomo solidale e non mercantile nelle microcomunità o in determinati circuiti sociali e un uomo competitivo e partecipe attivo o passivo della circolazione capitalistica nella propria dimensione sociale più generale.

Ci sono nell'uomo bisogni profondi, come quelli relazionali e identitari testimoniati dalla persistenza della solidarietà comunitaria, espressi in microcircuiti e fuori dalle logiche liberoscambiste, che nessun dispositivo simbolico, per quanto invasivo ed efficiente come quello applicato dalle attuali èlite, può dominare completamente, inducendo il soggetto ad un pieno "misconoscimento".

I sofisticati dispositivi di dominazione innescati dalla Global Class non sono certo perfetti ed inattaccabili, non hanno ancora debellato tutte le resistenze, ed è per questo che il processo di flessibilizzazione di massa, realizzato in primo luogo attraverso la svalorizzazione e la precarizzazione del lavoro, è destinato a continuare ancora a lungo.
L'autorità non è stata completamente sostituita dalla pubblicità, intesa quale veicolo ampiamente utilizzato per la "simbolizzazione del conflitto di classe", poichè si estrinseca ancora, in certe circostanze (pastori sardi, terremotati dell'Aquila, pescatori, No Tav, autotrasportatori), attraverso le forme più tradizionali, mettendo in campo i vecchi apparati repressivi soprattutto in occasione delle proteste operaie, studentesche o dei cosidetti marginali.

Dietro lo specchio di questa realtà, che riflette delle immagini superficialmente piacevoli ed allettanti - ipermercati stracolmi di beni, pubblicità capziose, prodotti strabilianti ad alta tecnologia nel campo delle telecomunicazioni, automobili super accessoriate, e molto d'altro - la lotta di classe, per opera dei dominanti globali e in nome e per conto del capitalismo contemporaneo, continua in forme molteplici e in un modo sempre più radicale. La "specie" Home Consumens, analizzata in profondità da Bauman e da tanti altri come le sciame di consumatori voraci o di tipi umani prevalenti nelle società occidentali, tende a riconoscersi sempre più spesso e ad individualizzarsi radicalmente nell'Homo Precarius, e alla coppia Produzione-Consumo tende a sostituirsi per moltissimi la coppia - apparentemente contradditoria, se posta in rapporto con la prima - Precarietà-Esclusione.

Cioè non rappresenta un "baco" nel sistema, una sorta di incapacità di sviluppare le forze produttive da attribuire al nuovo capitalismo, preconizzando su questa base e in modo automatico la sua fine, ma semplicimente il riflesso sociale di un dominio incontrastato del paradigma della Creazione del Valore, che "razionalizza" a suo modo il fattore lavoro - non più variabile indipendete dal punto di vista economico e da trattare quindi come tutti gli altri fattori produttivi - sostituendo quando serve e dove serve l'Esclusione all'Integrazione, senza dover più porsi fastidiosi problemi etico-cociali e di stabilità sistemica.

Lo stesso orizzonte futuro, d'altra parte, ci appare interamente sussunto alla nuova riproduzione capitalistica che non incontra ostacoli di rilievo e non deve più misurarsi con modelli alternativi, presi in un circolo vizioso, che è funzionale alla riproduzione strategica della totalità sociale nell'Evo del Capitale Transgenico Finanziarizzato, prigionieri di quella che ci appare sempre di più come una empasse storica e politica, altro non ci rimane se non contraporre con forza al lavoro capitalistico - che oggi significa estraniazione, svalorizzazione e precarietà, con la minaccia incombente dell'esclusione - il lavoro collettivo comunistico-comunitario, fondato su eguaglianza e solidarietà, dalla cui diffusione potrà concretamente e spontaneamente germogliare un General Intelect postcapitalistico e postmarxiano.

D'altro canto, se nessuna produzione biopolitica delle moltitudini è in atto e di conseguenza non ci può essere un oscuro biopotere che ha sostituito le vecchie le vecchie forme di dominio la nuova Pauper Class capitalistica in via di formazione deve fare i conti , qui e adesso, con la svalorizzazione progressiva del lavoro e la precarizzazione dell'intera vicenda esistenziale, imposta da una riconoscibile Classe dominante Globale.

Il lavoro mantiene la sua centralità, nella realtà quotidiana come nelle lotte per l'emancipazione o nelle resistenze alle dinamiche capitalistiche, e come tale può diventare un "cavallo di troia" per superare le difese del Nemico. Metaforicamente, oltre le mura che cingono la sua munita cittadella, apparentemente imprendibile, ci siamo tutti noi, ed ogni giorno entriamo per servirlo con il nostro lavoro. In assenza di questo lavoro, se non ci fosse la cooperazione fra i subalterni, sia pure ricondotta entro gli schemi capitalistici e assoggettata ad un comando esterno, senza l'apprendimento delle tecniche e lo sviluppo delle abilità umane, non avrebbe neppure senso parlare di "finanza creativa", di produzioni immateriali e intellettuali, di multimedialità, di biotecnologie, di terziari avanzati o avanzatissimi, semplicemente perchè non potrebbero esistere. Non esiste una fabbrica completamente automatizzata, senza operai e senza tecnici, se non in qualche racconto di fantascienza, in cui impropabili chip di ultima generazione sostituiscano integralmente l'opera dell'uomo e il suo sforzo collettivo.

Le sole macchine non possono "creare valore per l'azionista", alimentando il nuovo sfruttamento, e se mancasse la cooperazione umana nel lavoro non ci sarebbe neppure la Borsa.
Ed allora come ha scritto il filosofo Costanzo Preve, da tutti riconosciuto quale padre del Comunismo Comunitario in Italia: Rimettere il comunismo sui piedi significa sempre e comunque rimetterlo sui suoi piedi comunitari. Se in futuro la distruzione delle oligarchie mercantili che oggi dominano il pianeta, la classe dominante più abbietta dell'intera storia dell'umanità, darà luogo ad un modo di produzione alternativo migliore, non si tratterà certo di un generico "comunismo", ma di un nuovo modo di produzione comunitario edificato consapevolmente su basi nuove, che si tratta di esplicitare con chiarezza.

Il comunismo e qui inteso come un ideale eterno, che non si è spento con il collasso sovietico, non si è dissolto con la fine dei partiti comunisti europei, non è scomparso con le conversioni delle èlite cinesi al capitalismo mercantista globale, e non è esaurito dal pensiero e dall'opera, pur poderosa e importante di Karl Mark.
E' vero che le alternative sconfitte non possono essere riproposte se prima non si provvede a ripensarle e ad emendarle, ed è altrettanto vero che in questa società frammentata, relativista e nichilistica, il deserto può crescere facilmente in ciascuno di noi, ma è nei sogni rivoluzionari e antagonisti, sopravvissuti alla "normalizzazione" simbolica di questo capitalismo, che si ricompongono con fatica i frammenti della lotta di classe, ed è in loro che nascono le visioni di un altro futuro possibile e di una società diversa" (Eugenio Orso, Comunismo Comunitario, Comunismo e Comunità n. 5 gennaio-giugno 2011)

a cura di martelun

mercoledì 1 febbraio 2012

E' una questione di pelle


La Fornero non la si conosceva, si parlava che era una grande esperta del sistema pensionistico, una studiosa.

La decapitazione del sistema pensionistico italiano, come primo atto del governo Monti, ci ha lasciato tutti basiti, certo era già tutto segnato, la decapitazione era già stata scritta, però ed è importante il però, era graduale, più lenta, rendeva chi lavorava soprattutto negli ultimi anni più consapevole delle prospettive di vita che avrebbe dovuto affrontare, e poi i sessantasette anni con l'aumento graduale alle aspettative di vita quella è stata la ciliegina sulla torta. Per non parlare del contributivo per tutti e lo scardinamento dei quarant'anni di versamento
Andremo a lavorare con il bastone, questa è l'immagine che da mesi mi martella la testa, i poliziotti o sono esenti, i pompieri o sono esenti, gli infermieri o sono esenti, le impiegate alle poste o sono esenti e così via tutte le varie figure professionali che abbiamo nella comunità italiana, tutti con il bastone al lavoro.

Ieri sera guardando Ballarò e soprattutto l'intervento di Antonio Mastrapasqua, mi veniva una rabbia, una voglia di gridare quante corbellerie si stanno dicendo e mi rendevo conto che non potevo gridare, li davanti c'era solo uno schermo dove potevo registrare voci, informazioni, opinioni e NON SI POTEVA INTERVENIRE e dire quello che dal cuore e dalla mente veniva fuori.

L'anomalia tutta italiano che all'interno dell'INPS e quindi del sistema Previdenziale italiano c'è un connubio incestuoso tra il sistema pensionistico e quello assistenziale invece di essere un elemento di distorsione profonda per capire quando incide sulla spesa l'uno e l'altro, l' Antonio Mastrapasqua lo esaltava e anzi gongolava dicendo che dall'estero venivano in Italia a studiare il fenomeno da baraccone rappresentato dall'INPS.

E certo depositario di un potere immenso l'Antonio Mastrapasqua si è ben guardato da dire che in un ottica di conti trasparenti e chiari, come dovrebbero essere tutti quelli della Pubblica Amministrazione tenere insieme l'assistenza e le pensioni è veramente un anomalia e che il sistema pensionistico in Italia anche prima dell'intervento del duo Fornero-Monti già era in equilibrio e quello che squilibrava il tutto era ed è l'assistenza.

In questo calderone, dell'assistenza, ci sono le pensioni di invalidità, date a pioggia dal sud al nord alle clientele politiche locali e nazionali di tutti gli attuali partiti in Parlamento. Ci sono gli ammortizzatori sociali e cioè le varie tipologie di Cassa Integrazioni, che sono gli unici ammortizzatori sociali esistenti in Italia. Ci sono gli "accompagni" alcuni giustificati altri dati per volontà partitica di quelli che siedono in Parlamento ed altre tipologia istitutive.

Un governo serio che avrebbe a cuore l'interesse dell'Italia una delle prime cose che avrebbe fatto è appunto la divisione tra l'assistenza e le pensioni, a costo zero, ma giocando sull'opacità dei conti questo è stato lo spunto per la Fornero e il Monti ad attuare, ancora una volta una politica di macelleria sociale e di classe contro i dipendenti a reddito fisso e contro i pensionati.

Ma quello che non si perdona alla Fornero, lacrime facili, è l'ipocresia che esprime quando sostiene che l'inalzamento dell'età pensionabile avrà la capacità di creare lavoro ai giovani.
Tutti quelli, che lavorano, e che si sono espressi su questo, non hanno capito come si creano più posti di lavoro, soprattutto, in un mondo come l'Italia dove e la Fiat e l'Omsa decolonizzano, la prima negli Stati Uniti e la seconda in Serbia e che quindi il lavoro invece di aumentare diminuisce sempre di più. Sulla Fiat è giusto ricordare che paga, negli Stati Uniti gli operai nuovi assunti 14 dollari contro i 28 dollari di quelli anziani ed è questo il vero motivo per cui si è spostato negli Stati Uniti: profitti maggiori a danno degli operai salariati; aumentando la forbice tra chi è già ricco e chi ha solo il necessario per sopravvivere.
Su precisa richiesta di come il lavoro aumenta, la Fornero si è infilato in una spiegazione dei massimi sistemi che francamente ha capito solo lei e propabilmente il suo solidale professore Monti. Noi comuni mortali no, non abbiamo capito.

Ma l'ipocrisia maggiore che attua questa donna, ministra, professoressa, competente, ligia al neo-liberismo-pensiero unico, è quella che esprime sul lavoro.
Udite, Udite. I futuri contratti a tempo indeterminato sono resi tutti precari perchè il datore di lavoro in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo può licenziare il dipendente.
La Fornero ci deve spiegare come ci può essere un contratto a tempo indeterminato quando per qualsiasi motivo e in qualsiasi momento il datore di lavoro può, se vuole, rendere questo contratto nullo. Questo contratto, che solo nominalmente è indeterminato, dipende dalla volontà più o meno capricciosa di chi offre il lavoro e di per sè un contratto precario ... a vita.
Ministra Fornero non offenda la nostra intelligenza.

martelun