L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

martedì 17 aprile 2012

'Ndrangheta, una strategia verso la Giustizia

Una protesta inquietante
 di Giuseppe Baldessaro

Faceva impressione ieri mattina vederle nel piazzale del Palazzo di Giustizia della città.
Faceva impressione vederle organizzate con gli striscioni e il cuore pieno di rabbia.
Quelle donne che protestavano per i processi in corso contro i loro uomini avevano il cuore gonfio di rabbia. Dicevano che le inchieste contro i loro mariti, i loro figli, padri e fratelli sono ingiuste, costruite ad arte. Dicevano che ci vogliono processi giusti e che i loro cari non possono pagare con anni e anni di carcere. Una protesta tranquilla. In un Paese democratico ognuno è libero di manifestare per quello in cui crede. E tuttavia quella protesta dice diverse cose. Intanto dice che si tratta di un inedito assoluto. Certo in altre occasioni singole famiglie si erano lamentate dei processi, anche manifestando. Ma mai era accaduto che famiglie così diverse, così distanti anche geograficamente, si organizzassero tutte insieme. Una cosa pianificata, studiata, come le frasi stampate non su cartelloni improvvisati, ma su striscioni preparati con cura. Segno che qualcosa è cambiato in Calabria. Ad esempio, negli ultimi anni sono fioccate pesanti condanne contro boss e affiliati. Le maglie della legge si sono strette. Ma la protesta è anche un segnale che si sta aprendo un "movimento contro" dai tratti inquietanti su cui riflettere. La manifestazione non è piaciuta a noi (ma questo non interessa molto), ma non è piaciuta a molti altri a cui si riferisce non solo i magistrati. Non è piaciuta ad avvocati, agli uomini delle forze dell'ordine, ai dipendenti del Cedir, alla gente comune che questa città e questa provincia ha il diritto di viverla al pari di quelle donne, e senza ndrangheta. Senza insomma essere costretta a piangere le vittime innocenti della violenza mafiosa. Senza avere paura di uscire per strada e senza averne per i propri figli. Senza dover rinnunciare a fare impresa e a creare ricchezza per sè e per gli altri in un libero mercato che sia libero davvero. Tutti diritti che stanno quanto meno sullo stesso piano di chi ha il sacrosanto diritto ad un processo giusto. E da questo punto di vista quelle donne possono stare tranquille. I loro mariti, padri, fratelli e figli sono stati giudicati già tante volte e tante altre saranno ancora giudicati prima di arrivare a una condanna definitiva. E' vero, i pm fanno le inchieste e rappresentano l'accusa, ma quelle stesse inchieste vengono valutate dai Giudici per le indagini preliminari, dai Tribunali della Libertà, dai Giudici delle udienze preliminari. E poi ancora dai Tribunali di primo grado, dai giudici d'appello e infine dai magistrati della Cassazione. Non uno, ma diversi giudici valutano prove e fatti, indizi e riscontri. Gli uomini di quelle donne, sono difesi da bravissime avvocati che mettono sul tavolo della giustizia ogni elemento possibile a loro discolpa. Non si capisce dunque cosa possono temere. Certo dire che la giustizia è infallibile sarebbe mentire. D'altra parte alcuni errori che raccontiamo sui nostri giornali lo dimostrano. Nonostante tutto, la giustizia italiana è forse tra le più garantiste al mondo. Dunque stiano tranquille le donne degli imputati. Non si tratta di un giudice, ma della giustizia nel suo complesso. La rabbia è comprensibile. Ma ieri guardando quella rabbia mi è venuto in mente un libro che mi è stato regalato martedì mattina. Si intitola "Dimenticati" ed è stato scritto da Alessio Magro e Danilo Chirico. Quel libro parla di tanti innocenti ammazzati dalla 'ndrangheta che non hanno mai avuto giustizia e che pure avevano madri, moglie, sorelle e figli. Loro avrebbero più diritto di altri a manifestare. Stiano dunque tranquille quelle donne: se i loro parenti sono innocenti torneranno a casa, come è giusto che sia. Se sono colpevoli sconteranno la loro pena, come è giusto che sia. 

 Il Quotidiano della Calabria - 17 febbraio 2012
tratto da "Associazione daSud Sdisonorate - Le mafie uccidono le donne"

domenica 15 aprile 2012

Lotta ideologica per un Progetto Globale

Che cosa succederà al momento della prossima scossa sismica? Che cosa dobbiamo temere che accada se si scatenano reazioni sociali violente, conseguenza della disgregazione del tessuto economico e di una perdita dei valori etici, morali e politici? Gli scenari peggiori sono tanto più facili da immaginare quanto sono resi più realistici dalla fragrante impotenza dei responsabili politici, incapaci di comprendere il senso delle sfide attuali.

 Un'umanità che rinuncia alla ragione e dimentica l'etica perde il diritto all'esistenza. L'impasse odierna è evidente e ci deve spingere ad aprire una breccia nel muro contro il quale stiamo andando a sbattere. La ricerca di strade nuove è un'esigenza intellettuale e politica. Bisogna aprire uno spazio che ci permetta di avviarci in direzioni meno oscure di quelle che oggi si annunciano, a partire dalla convinzione, dal nostro punto di vista assolutamente sostenibile, che possa ancora esistere un Orizzonte Differente, un Cammino Alternativo, un Mondo, insomma senza Wall Street. 

 Wall Street e in particolar modo la sua principale piattaforma, Nyse Euronext, è un simbolo inquietante della corsa speculativa e un canale di trasmissione del principio della massima redditività finanziaria. Non si tratta, come si sarebbe potuto aspettare, di un luogo di finanziamento dell'economia reale. Volere un mondo senza Wall Street non significa solo combattere contro un simbolo e una piattaforma di scambio, bensì,in maniera molto più fondamentale, contro le cause che sono all'origine dell'attuale crisi globale: superpotenza della finanza liberalizzata e richieste insensate di creazione di valore per gli azionisti.

 Si tratta forse di una Nuova Utopia? Sì, se questa Utopia viene considerata una tappa di una trasformazione più radicale volta a permettere di pensare un'uscita dalla crisi diversa dalla guerra, no, se non dovesse far altro che prolungare logiche distruttive dal punto di vista del pianeta e della vita. Questa Utopia presuppone innanzitutto una visione a lungo termine che sappia prendere le distanze dalle dottrine degli economisti, che si sono purtroppo imposte anche nella maggior parte dei responsabili politici. Non bisogna dimenticare che i dogmi del liberismo economico, anche se oggi sono seriamente messi in discussione, restano ancora assai vivaci a livello delle pratiche economiche. Le strade per un'alternativa concreta passano dunque per una concezione totalmente diversa della regolamentazione dell'economia, della distribuzione equa delle ricchezze e dello sviluppo sostenibile. 

 Si tratta di attuare misure concrete, scaglionate nel tempo e sostenute da Progetti Politici ed Ecologici radicalmente nuovi che implicano priorità differenti: uso rinnovabile e razionale delle risorse naturali e recupero della Sovranità Statale su queste risorse; eliminazione delle monoculture e rivalorizzazione dell'agricoltura locale; ratifica, e ulteriore approfondimento delle misure di Kyoto e di Bali sul clima. Tutto ciò dovrebbe condurre a elaborare una concezione Partecipativa dello Stato che rivendichi l'applicazione dei diritti umani in tutte le loro dimensioni, individuali e collettive. Al centro di questa nuova Utopia - che si vuole molto concreta - ci deve di conseguenza essere una concezione dell'economia liberata dal dominio dei Mercati Finanziari, che hanno dimostrato, una volta avuto la mano libera, di essere assolutamente incapaci di auto-regolamentarsi, e hanno finito, anzi, per costituire un vero e proprio pericolo.Per cambiare questa situazione in maniera coerente, è necessario agire a livello politico sia sul piano globale sia sul piano locale. 

 Una delle chiavi del Cambiamento è costituita dalla Rifondazione dell'Economia Mondiale per garantire una Nuova Stabilità Monetaria e Finanziaria. Monetaria in primo luogo, tramite l'introduzione di Nuove Regole Internazionali sulla formazione dei tassi di interessi e dei tassi di cambio che prefigurano nel lungo periodo una moneta internazionale concepita come bene comune dell'umanità. Finanziaria in secondo luogo, tramite l'abolizione delle piazze finanziarie attuali che non svolgono assolutamente più la loro funzione di finanziamento delle imprese. Solo a questo punto, in un Quadro Economico, Monetario e Finanziario ridiventato stabile, una generalizzazione della democrazia potrà portare a una Riorganizzazione di tutte le Istituzioni - e non solo in ambito politico. Si potrà allora concepire una forma di Democrazia Partecipativa anche all'interno del sistema economico, dell'impresa, mediante un profondo rimaneggiamento del diritto di proprietà nelle società di capitali. L'abolizione delle fonti di finanziamento a carattere speculativo potrà così realmente aprire la strada a una Nuova Condivisione delle Ricchezze e delle possibilità Decisionali, preannunciando per i cittadini del pianeta Terra un nuovo rapporto con il denaro e il potere.

  tratto da "Un mondo senza Wall Sreet?" di Francois Morin
 a cura di martelun