Il processo a carico del Laudani, per l'omicidio Rizzo, è potuto arrivare al dibattimento solo nel 2009, a distanza di 12 anni dal delitto, e ci è arrivato solo grazie alla consulenza collegiale, voluta dalla Procura Generale, nel processo per l'omicidio Atanasio, dalla quale è stata sbaragliato l'assunto di infermità mentale dell'imputato.
La Corte d'Assise ha assolto il Laudani: attendibile l'esecutore confesso dell'omicidio, Troina; non provato il mandato ad uccidere, da parte del Laudani.
E' in corso il giudizio di appello, particolarmente interessante per l'assunto, implicito, se non erriamo, nella decisione impugnata, che l'uccisione di un associato dello spessore di Rizzo possa avvenire per volere di un luogotenente, contro la volontà del capoclan, senza un seguito anch'esso tragico. Intanto la difesa ha chiesto ennesima consulenza, risoltasi in conferma della simulazione di malattia.
Capitolo XX
Il Palazzo e gli altri palazzi
Gennaro è la Procura, sin da prima di rientrarvi come Procuratore Aggiunto: sin dalla sua elezione in CSM. Gennaro e Procura, forti per gli strumenti di cui dispongono nei confronti di amministratori e politici, hanno bisogno, dati i fatti, della politica tutta: hanno bisogno della destra e della sinistra. Ciò importa, nel fatto, che qualunque schieramento sia localmente al potere (nominali peraltro le contrapposizioni, rispetto all'omogeneità delle prassi), l'esposizione a seguiti repressivi scenda a livelli bassissimi. E' in questo quadro che, con gli abusi impuniti, lo spareggio del bilancio si integra come un dato strutturale alla gestione del Municipio: colmato ogni anno dalla contrazione di mutui, sinché mutui fu possibile contrarre, e poi occultato, per evitare dichiarazione di dissesto, con manipolazioni del bilancio. La reazione processuale, attualmente in corso, colpisce solo questi espedienti dell'ultima epoca, ma non gli sprechi ed abusi di essa e delle precedenti.
Nel tempo l'adeguatezza dell'azione giudiziaria ha trovato altre condizioni sfavorevoli nella pratica, dalla quale gli Enti non hanno saputo astenersi, del contrarre rapporti di diritto privato con magistrati, anche inquirenti: le locazioni passive insegnano.
Non si può dunque negare che la crisi, permanente, dell'Istituzione Giudiziaria, è stata causa di crisi dell'Amministrazione Municipale, e alla fine della comunità urbana.
IL TABU'
Del caso Catania "non si parla" (non ci si arrischia né a parlare né a scrivere) se non per dire (semmai si sia costretti a nominarlo) che esso è chiuso da tempo, o che non è mai nato.
Il "Caso Catania" è tabù.
Ad erigerlo in tabù - a tabuizzarlo - hanno lavorato costantemente il CSM e il Ministero della Giustizio, le Commissioni Antimafia di più legislature e l'ANM, l'informazione locale e grandi testate nazionali, inchieste come quella di Report sulla città (muta a proposito del Palazzo di Giustizia) e libri come "La supercasta" di Livaidotti o come la "Storia della Mafia" di Lupo, nonché grandi soggetti della società civile, come Libera, seriamente dediti a prevenire ed a spegnere la risonanza di un franco intervento catanese negli Stati Generali dell'Antimafia e persino la Giustizia, mandando sotto processo, a querela di magistrati della Procura, giornalisti (Travaglio, Giustalisi, Flores) che abbiano rotto il silenzio: per non dire della proprietà di giornali e gruppi di giornali, col suo pretendere dai giornalisti, autori di ineccepibili articoli, ma querelati e rinviati a giudizio come diffamatori, accettazione di querele.
E adesso, in quest'anno 2011, vacante di nuovo il posto di Procuratore della Repubblica, sui fatti del "Caso Catania", avvolti nel silenzio, viene calato, perché nessuno ne sgorga la massa, un sipario figurato, dalle fonti vampe cromatiche, come se ne vedono, in piccolo, sui carretti siciliani: arcangelo antimafia, sul destriero rampante, vi campeggia il magistrato Gennaro, e di fronte a lui, incalzati senza remissione, l'infedele e la turba infinita dei suoi dannati accoliti; in toga ed occhiali, emerso dagli inferi, un emissario del maligno, loico e sottile, che infrena la spada ultrice. Senza entrare in una vicenda che è aperta, come tutti sanno, a disparate ricostruzioni, tiriamo sù, energicamente, sino al soffitto, l'impedimento di quella tenda dagli accesi disegni, perché si offrano alla percezione e al giudizio, nudi, gli avvenimenti e comportamenti dei tre decenni, durante i quali si è consumato, nell'indiferenza di troppi suoi figli, il sacrificio di una insigne città.
tratto da http://www.ucuntu.org/pdf/ScidaCasoCatania.pdf