L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 11 ottobre 2012

Monti non ama questo paese altrimenti non farebbe continue macellerie sociali e di classe

legge di stabilità da 12 miliardi – NON paga Chiesa e politica – Pagano Lavoratori e disabili, In Italia questa è democrazia.

Prende forma la Legge di Stabilità, 12 miliardi da recuperare tramite tagli, per consentire ai soliti noti di non pagare tasse e danni fatti al paese.


Comincia a prender forma la legge di stabilità, 12 miliardi da reperire, Il sig Grilli ha detto che non si tratta di una nuova finanziaria, beato lui che ci crede, ci piacerebbe però sentire cosa ne pensano i contribuenti su alcuni passaggi di questa “democratica non finanziaria”.
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Andiamo per punti :
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Tagli alla sanità. Prevista una riduzione di 1,5 miliardi di euro dal 2013 del fabbisogno del servizio sanitario nazionale.
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Per l’acquisto di dispositivi medici il tetto di spesa scenderebbe dal 2013 dal 4,9 al 4 per cento e, a decorrere dal 2014, dal 4,8 al 3,9 per cento.
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Per quanto riguarda il costo degli appalti, dal 2013 è ridotto al 10 per cento.
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Stretta sui permessi previsti dalla legge 104/1992 per il disabile o per la cura di parenti affetti da handicap, la retribuzione per i giorni di permesso (tre al mese) scende al 50% a meno che i permessi non siano fruiti per le patologie del dipendente stesso della P. A. o per l’assistenza ai figli o al coniuge. Sono esclusi dal pagamento intero quindi i permessi fruiti per prendersi cura dei genitori disabili.
Si mantiene invece la contribuzione figurativa.
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Sono veramente dei signori, non c’è che dire, come sempre, come tutti quelli che li hanno preceduti, come intendono portare l’Italia all’efficienza economica ? A non sprecare il denaro pubblico ? A ripagare i cittadini per tutte le vessazioni subite ? Semplice, tagliando le spese sulla sanità.
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Meno soldi per le apparecchiature di nuova concezione, è così che si abbassa il numero di persone da assistere eliminando la prevenzione per tornare a curare, o forse l’obiettivo è quello di far morire la gente ? Così non ci sarebbero più pensioni da pagare, Geniale !
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Non per nulla chi si va a colpire pesantemente ? I disabili, ovvero la parte più forte della popolazione, quelli che sono indipendenti al 100%, come li si può aiutare meglio se non tagliando i permessi a chi li assiste ? Impedendo a queste persone di avere un assistenza, badate bene non pubblica, ma familiare ? Davvero un’ altra mossa degna di chi è nato rubando e morirà con le mani ancora nelle tasche, ma non nelle sue !
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Anche qui, c’è da notare come si parli di “esclusione dal pagamento i permessi fruiti per prendersi cura dei genitori disabili”.
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Anche qui il dubbio che sorge è quello sopra citato, siamo arrivati alla soppressione scientifica di una parte di popolazione, per non pagarne il costo sociale, ma quello che più fà schifo è che intendono impedire ai famigliari di assistere i propri cari, dire che sono bastardi dentro credo sia assolutamente insufficiente per descrivere un pensiero del genere.
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Taglio ai patronati. Taglio ai patronati di 30 milioni di euro nel 2014 e di altri 30 milioni nel 2015. E’ quanto risulta nella bozza della legge di stabilità.
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Peccato che ai patronati, si è passata gran parte del lavoro che prima svolgevano enti come L’Inps in campo di consulenza ai cittadini.
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Altra manovra premeditata, A) Togliere agli enti pubblici parte dei compiti, badando bene di non razionalizzarli mantenendo sprechi e costi elevati B) Delegare i patronati dei compiti tolti agli enti statali, C) Una volta che il tutto è stato fatto, togliere gradualmente le risorse ai patronati in modo che questi non siano più in grado di portare assistenza al cittadino.
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Primo risultato ? Enti statali che lavorano meno con costi immutati, Patronati che non possono assistere il cittadino in quanto senza risorse finanziarie, cittadini senza nessun punto di riferimento per lo svolgimento di pratiche fiscali, pensionistiche, previdenziali.
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Secondo Risultato ? Cittadini che non possono accedere alla pensione per mancanza di qualcuno che ne curi la presentazione delle domande in forma corretta, un esempio ? Nel 2011, ben 8mila domande di pensionamento per lavori usuranti, sono state bocciate per mancanza di documentazione adeguata, un bel risparmio per lo stato !
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Vogliamo allora parlare di equitalia, di cartelle pazze, di cartelle esattoriali ? In aumento esponenziale negli ultimi anni, possibile che nessuno sappia più fare una dichiarazione dei redditi corretta ? Oppure è l’impossibilità di farla corretta, la vera causa di cotanta ignoranza fiscale ? Non è forse meglio per uno stato “mentalmente malato” riscuotere tasse con aggiunta di mora ?
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In modo da poter continuare a non far pagare tasse ai soliti noti ? Infatti in questa legge di stabilità, a livello formale è inserito il seguente paragrafo :
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Imu alla Chiesa. Contestualmente alla legge di stabilità il governo ha preso in esame anche le norme sull’estensione del pagamento dell’Imu alla chiesa bocciate dal Consiglio di stato. La norma primaria, spiega una nota di Palazzo Chigi, sarà integrata con i requisiti che dovranno avere le attività per essere considerate non commerciali e le nuove norme saranno in vigore per il periodo annuale d’imposta che parte dal primo gennaio 2013.
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In pratica, anche quest’anno, come tutti sapevamo, ma come solo le persone oneste avevano l coraggio di sostenere, la chiesa e tutte le altre associazioni che si nascondono sotto l’ombrello del “non commerciale ” per esempio i partiti politici e anche i sindacati perché non citarli ?
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Non pagheranno l’Imu, ma in fondo è giusto, mica sono lavoratori loro, il problema è : Ma Siamo sicuri che queste tre righe contenute nel comunicato basteranno a cambiare qualcosa ?
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Risposta, non solo non ne siamo sicuri, ma ne siamo assolutamente certi ! E lo siamo a causa di questi altri due paragrafi contenuti nel comunicato.
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Stop agli acquisti. Tra i provvedimenti inseriti nel provvedimento discusso dal Consiglio dei ministri di questa sera, lo stop all’affitto e all’acquisto di nuovi immobili (se non per realizzare un vantaggio) da parte di tutte le amministrazioni pubbliche.
Ma anche all’acquisto e il leasing di autovetture.
La Legge di Stabilità introduce poi una stretta anche per l’acquisto di arredi e per le spese di consulenze informatiche.
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Risparmio energetico. Il governo ha poi messo in cantiere “l’operazione cieli bui”. “Per finalità di contenimento della spesa pubblica, di risparmio di risorse energetiche, nonché di razionalizzazione ed ammodernamento delle fonti di illuminazione in ambienti pubblici”, si legge nella bozza del provvedimento, sarà emanato un dpcm che stabilirà “standard tecnici di tali fonti di illuminazione e misure di moderazione del loro utilizzo”.
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Avete notato quella frase tra parentesi ? ( Se non per realizzare un vantaggio) Secondo voi politici, amministratori e personaggi di questo stampo, vedi mr Fiorito e congregazione, non sapranno trovare il modo per giustificare come “portatori di vantaggio” spese di tutti i generi come hanno fatto fino ad oggi ? Signori non siamo ipocriti, diciamo pure che ci stanno prendendo per i fondelli ancora una volta.
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E cosa dire del risparmio energetico ? Nel 2013 inItalia si deve emanare un dpcm per stabilire standard tecnici per il risparmio energetico, ma se volete ve li posso dire io domani in mattinata, basta il tempo di fare una telefonata al primo elettricista o manutentore di impianti di riscaldamento che si torva sulle Pagine Gialle.
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Siamo nel 2012 !!! Quei c…..bipp….. di standard sono pubblicati su migliaia di riviste, di depliant, di siti internet, cosa c….bipp….. serve un dpcm ? A perdere tempo, denaro, rubare solo a questo niente più.
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E solo a questo, niente più servono questi altri paragrafi della legge di stabilità :
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Fondi per Tav e Mose. Per il finanziamento di studi, progetti, attività e lavori preliminari, lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione è autorizzata la spesa di 160 milioni di euro per l’anno 2013, di 100 milioni di euro per l’anno 2014 e di 530 milioni di euro per l’anno 2015. Per la prosecuzione della realizzazione del sistema Mose è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2013 e di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016. Lo prevede la bozza della legge di stabilità all’esame del consiglio dei ministri.

Ponte sullo Stretto. La bozza della legge di stabilità stanzia 300 milioni per pagare le penalità contrattuali per il ponte sullo stretto di Messina. “Al Fondo per lo sviluppo e la coesione – si legge – è assegnata una dotazione finanziaria aggiuntiva di 300 milioni di euro per l’anno 2013 per far fronte agli oneri derivanti dalla mancata realizzazione di interventi per i quali sussistano titoli giuridici perfezionati alla data di entrata in vigore della presente legge”.
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Per quanto riguarda il Mose, è come la Salerno-Reggio Calabria, per cui siamo stati citati anche sul New York TImes, progetti, studi, verifiche, finanziamenti ma poi ? Nulla e si riparte, progetti, studi, verifiche, finanziamenti ma poi ? Nulla e si riparte……………………
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Per il ponte sullo stretto siamo ala parodia, commissionato per la smania di grandezza di un’unica persona e per appaltare i lavori a società in odore di mafia, i cittadini italiani hanno già dovuto sborsare una marea di quattrini a fronte di ? NIENTE.perchè tutti sapevano che quel ponte non si sarebbe fatto.
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Ora Mr Monti e soci per ripagare aziende che non hanno prodotto nulla cosa fanno ? Stanziano 300 milioni di euro per risarcirli del danno di aver preso soldi dallo stato per non fare esattamente nulla, non è più semplice far pagare direttamente chi ha insistito per commissioanre l’opera ? Possibile che non ci sia mai nessuna responsabilità diretta accertata in Italia ?
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I 300 milioni che si risparmierebbero, sommati al risparmio per non aver emesso i dpcm sul risparmio energetico, sommati ai milioni che si risparmierebbero per non rifinanziare per l’ennesima volta il Mose, sommati ad altre centinaia di milioni stanziate per altre bestiate, senza dubbio nascoste tra le righe di questo documento, potrebbero benissimo andare a favore non delle giunte statali, regionali, provinciali, comunali, di quartiere, di palazzo, religiose ecc ecc ecc.
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Ma per una volta nella storia dell’Italia moderna, a non alzare ancora di più la tassazione dei contribuenti onesti, se poi si potesse non statisticamente ma realmente aumentare le aspettative di vita decente dei cittadini allora sarebbe il massimo, peccato che questa ultima frase, sappiamo già è follia pura.
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Poi ognuno…………….

lunedì 8 ottobre 2012

come produrre, cosa produrre e quanto produrre, e mettere al centro dell'azione politica "l'invenzione" del lavoro per tutti. Ma siamo ancora lontani!

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L’austerità sta uccidendo l’Italia

di Sergio Cesaratto

Pubblichiamo l’introduzione di Sergio Cesaratto al seminario tenutosi ieri 1° ottobre presso la Biblioteca del Senato per la presentazione dell’e-book “Oltre l’austerità”. L’audio dell’intero evento è disponibile grazie a Radio Radicale a questo link
L’e-book “Oltre l’austerità” rappresenta uno sforzo collettivo di denuncia delle politiche europee di austerità. Fra i partecipanti vi sono fra i migliori economisti eterodossi italiani, assai noti all’estero. Vorrei qui solo brevemente ricordare il successo del recente workshop per giovani economisti organizzato dal Centro Sraffa che ha tenuto oltre 50 giovani di mezzo mondo a discutere di temi eterodossi. E’ importante che il pensiero economico critico sia difeso e mantenuto vivo nell’accademia – un invito qui ai politici presenti – contro il tentativo di utilizzare la giusta valutazione della ricerca per far fuori chi dissente da una teoria economica dominante che la crisi economica ha certamente screditato, ma non rimosso dalle posizioni di potere. Altro che quarantenni! verrebbe da dire. Parlare oggi con un giovane economista tipico (un bankitaliota per capirci) fa mettere le mani nei capelli a chi ha studiato con i Garegnani, Caffè, Sylos, Graziani e tanti altri maestri (ma naturalmente il menzionato workshop dimostra che vi sono ragazze e ragazzi che pensano con la testa propria). La difesa del pluralismo degli insegnamenti di economia appare dunque ineludibile, e un appello verrà in tal senso diffuso a breve da studenti e docenti. Su questi temi vorrei che davvero da qui uscisse un impegno.
Il libro è anch’esso rappresentativo di un pluralismo di idee. Vi è, tuttavia, più di un elemento che unisce i contributi. In primo luogo che da una diagnosi sbagliata delle cause della crisi non può che seguire una cura sbagliata. L’origine della crisi non è fiscale; l’austerità l’aggrava in una inutile fatica di Sisifo di riaggiustare i conti. Ci unisce anche l’idea che occupazione, crescita, e si badi bene, produttività dipendano fondamentalmente dalla domanda aggregata e non da politiche dell’offerta, necessarie ma non sufficienti.
Peraltro nei riguardi di queste politiche siamo assai distanti dalle posizioni dominanti e dai vincoli europei e per un intervento pubblico nella politica industriale. E comunque qualunque politica di modernizzazione del paese è difficilmente perseguibile in un clima di deflazione.
Sempre più ampia è la condivisione che le cause ultime della crisi siano in un’unione monetaria mal congegnata. Purtroppo un’Europa federale viene vagheggiata con la solita superficialità intrisa di retorica e senza entrare nel merito – assenza di competenze economiche e di pragmatismo vanno di pari passo nel discorso politico italiano coll’esaltazione del liberismo come risolutivo di tutti i mali (così si è anche assolti dal non sapere bene di cosa si parli). Un’Europa ben disegnata sarebbe simile agli Stati Uniti: un serio bilancio federale redistributivo fra le regioni della federazione; una banca centrale cooperativa con la politica fiscale con l’obiettivo di sostenere occupazione e crescita; un’unione bancaria europea che eviti l’abbraccio mortale fra crisi bancaria e crisi sovrana che sta affossando la Spagna; una comune politica sociale. (Molti di questi elementi erano nel riscoperto Rapporto MacDougal del 1977 e nel coevo Marjolin Report del 1975, evidenti ultimi vagiti Keynesiani) L’Europa è stata disegnata altrimenti – e, duole dirlo, sotto la direzione di un socialista Jacques Delors (sebbene questi volesse forse affiancare un’Europa Keynesiana a quella monetarista, il suo famoso e mai attuato “piano Delors” di investimenti europei). Per come disegnata l’Europa monetaria è una sorta di gold standard. Come si sa, le unioni monetarie hanno precipui scopi deflazionistici, il controllo dei salari mettendo l’una contro l’altra le classi lavoratrici dei paesi membri e poco altro. Questo lo sappiamo da Keynes. Ma forse questo esito era desiderato, come ci ha cinicamente ricordato l’iper-liberista Robert Mundell, sulla base dei cui studi ben si sarebbe dovuto conoscere l’esito.
Questi tre fattori:
  • l’enormità dello sforzo solidaristico richiesto da una Europa federale, per quanto lo si possa graduare;
  • l’esistenza di disegni che hanno visto nell’unione monetaria lo strumento per spazzar via poteri sindacali e stato sociale (si badi che quando parlo di disegni non penso a congiure ottocentesche degli statisti europei: le classi dirigenti sanno quello che devono fare senza che alcuno glielo dica);
  • la strategia vincente del paese dominante che nell’euro ha potuto giocare nel suo terreno preferito la solita partita neo-mercantilista (come aveva fatto con Bretton Woods e poi con lo SME: tenere l’inflazione domestica un pochino più bassa dei concorrenti comprimendo salari e consumi interni),
non inducono ottimismo in un mutamento del disegno europeo.
Quest’ultimo ha dapprima determinato la crisi della periferia molto somigliante alle crisi finanziarie dei paesi emergenti – in cui flussi di capitale determinavano bolle immobiliari, importazioni a vantaggio dei paesi centrali e indebitamento estero –, e l’ha poi gestita nel classico modo del FMI con politiche di austerità, senza neppure il sollievo della svalutazione della moneta per poter recuperare competitività.
Il nostro paese non era coinvolto in queste vicende, ma privo di sovranità monetaria è stato facilmente esposto al contagio. Un elevato debito pubblico in termini di Pil, frutto di altre scelte sciagurate degli anni ’80 dello scorso secolo – SME e “divorzio” fra Tesoro e Banca d’Italia, oltre alla tolleranza dell’evasione fiscale – lo rendeva fragile. (Mi si faccia osservare come falso sia stato quanto raccontato da molti che l’euro ci proteggeva da una grave crisi finanziaria: all’opposto è invece l’assenza di sovranità monetaria che ci ha trascinato nella crisi finanziaria! Si guardi alla positiva esperienza polacca, e studi del FMI docet). Molto dibattito è in corso nel nostro gruppo se, a prescindere dalla fragilità finanziaria dovuta al combinato disposto di un alto debito e dell’assenza di sovranità, la mancata compensazione via deprezzamento del cambio del differenziale nelle grandezze nominali, prezzi e salari, rispetto alla Germania non stesse comunque minando la solidità finanziaria del paese. Mentre molti sono di quest’opinione, alcuni sostengono che il buon andamento delle esportazioni in alcune nicchie di eccellenza dimostra come la sopravalutazione del tasso di cambio reale non sia stato un fattore determinante, mentre l’assenza di una politica energetica efficace abbia, ad esempio, contato di più nel minare i conti con l’estero. La risposta al quesito non è accademica: se la prima tesi (perdita di competitività) fosse vera, allora anche nella migliore delle Europe, il nostro destino sarebbe di un mezzogiorno sussidiato. Sia come sia, a noi sembra che indipendentemente dai possibili effetti negativi dell’euro sulla competitività, l’austerità stia comunque lentamente uccidendo il paese. Per cortesia, prof. Monti, ci risparmi espressioni quali “la ripresa non si vede, ma è dentro di noi”.
Le Sue “vittorie”, caro professore, come l’unione bancaria e l’OMT (Outright Monetary Transactions che tradotto dal gergo della BCE sono le “operazioni di mercato aperto” che gli studenti di economia studiano il primo anno) si sono rivelate poco più che un bluff (sul salvataggio delle banche spagnole tedeschi e olandesi han fatto retromarcia su documenti sottoscritti dicendo che sono stati un frutto di un Suo raggiro). Gli spread sono in risalita e persino Lei non ha voglia di veder il paese di Dante alla mercé della Troika in cambio di un timido intervento della BCE. Lei spera che la sua credibilità e la deflazione salariale da ultimo tranquillizzeranno i mercati e faranno riprendere l’economia. Ma è così liberista da crederci davvero? Anche Bernanke lo è, ma la FED “puts its money where its mouth is” (fa seguire alle parole i fatti) ed è disponibile a sostenere qualsiasi disavanzo fiscale federale.
Cosa proponiamo? Crediamo che in primo luogo la sinistra dovrebbe assumere di fronte al paese l’impegno a perseguire i propri obiettivi storici che sono la piena occupazione e la giustizia sociale nel nostro paese – ai quali non si può piegare nessun altro mal riposto ideale, quello europeista “a prescindere”, tanto per dare un esempio a caso. Sebbene con qualche punto di domanda, un’Europa federale quale quella sopra evocata è un traguardo di lungo periodo per cui battersi. Nel breve periodo, un obiettivo europeo della stabilizzazione del rapporto debito pubblico/Pil accompagnato dalla garanzia illimitata della BCE a ridurre i tassi sui titoli sovrani ai livelli pre-crisi consentirebbe politiche fiscali espansive (due conti del droghiere lo dimostrano). Questa politica sarebbe compresa dai mercati e approvata dal mondo intero. E’ urgente che ci si batta già da ora per questo obiettivo.
La ragione ci suggerisce che i motivi economici e politici per propugnare queste idee in Europa non mancherebbero: solo per questa strada l’Europa può uscire vincente dalla crisi, socialmente coesa e politicamente forte sì da poter affrontare un mondo globale in cui difendere i grandi valori della democrazia sociale. Ma con quale realismo si può ritenere che queste ragioni possano prevalere? Davvero i tedeschi accetteranno, seppur lentamente, un’Europa solidale e redistributiva in luogo di una Germania che si ritaglia il ruolo di Svizzera dell’economia globale? E per non dare solo a loro tutte le responsabilità, questa Europa neppure è desiderata dal capitalismo internazionale, nemico del pieno impiego redistributivo; e neanche dai suoi cantori nostrani (che all’unisono si sono infatti ieri riuniti in un coro pro-Monti). Ecco allora gli avversari, molteplici e formidabili, interni ed esterni. Ma allora, più coraggio nel predisporre una agenda europea più efficace e per quella ci si batta (come sostenuto oggi su l’Unità da Lanfranco Turci). Non sembrerebbe infatti vincente nei confronti dei “moderati” – la cui vacuità intellettuale è inversamente proporzionale al numero di volte in cui citano la parola “serietà” – denunciare la loro posizione supina verso l’Europa dell’austerity? Non sembrerebbe vincente rinfacciare loro l’illimitata tolleranza verso gli effetti nefasti dell’austerità su occupazione, crescita e standard di vita, sul futuro dei nostri figli e del paese? Non sembrerebbe vincente rivendicare che la salvaguardia di questi valori è la priorità della sinistra italiana, l’Europa se ci aiuta è la nostra Europa, sennò noi sapremo scegliere? Se dette da uno statista screditato queste affermazioni suonano ridicole; se dette dal leader della sinistra suonano vincenti all’interno e un monito all’Europa. Così aiuteremmo noi e l’Europa (e fatemi dire, anche l’economia globale che rischia grosso a causa dell’austerità europea).

http://www.sinistrainrete.info/politica-economica/2314-sergio-cesaratto-lausterita-sta-uccidendo-litalia.html