L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 24 novembre 2012

insomma è una buffonata questa pseudoproduttività

E' semplice si prende qualche ministro, i padroni riuniti nell'associazione confindustria, due sindacati di provata fede padronale, Cisl e Uil,  un terzo che vorrebbe ma non può, la Cgil, li si mette intorno ad un tavolo e si cerca di raggiungere dei risultati.
L'obiettivo è quello di ricavare più profitti dalla produzione di merci e servizi, questa cosa la si chiama produttività.

quale posto l'Italia deve avere nel mondo?
Come? tanto per cominciare continuando a debellare il contratto collettivo nazionale, facendogli perdere sempre più la funzione di salvaguardia del potere d'acquisto dei salari e delle condizioni e orario di lavoro.

Si demanda tutto ad un contratto aziendale che legherebbe il salario ad una produzione che riesce a vendere e se come il caso della Fiat questa non innova ne i prodotti ne i processi,  è il salario dell'operaio che ci rimette seccamente.

Questo fatto apre la questione della rappresentanza delle organizzazioni che non sottoscrivono  accordi, anche se maggiormente rappresentativi vengono esclusi dalla trattativa, Fiom in Fiat e a cascata si sta verificando in tutta la filiera. La Federmeccanica che apre trattative sul contratto nazionale senza avere al tavolo la Fiom appunto il sindacato più rappresentativo.

E chiaramente si apre l'ennesimo spreco di denaro pubblico, attraverso la detassazione, che viene data per incentivare in maniera formale la contrattazione aziendale ma che non è legata in nessun modo sostanziale ad avere un chiaro  legame tra retribuzione e risultati

Di questo non si capisce la gioia che esprimono certi ministri, Passera e Fornero, certi giornali, Repubblica, Corriere della Sera, Sole 24 ore, certi sindacati, Angeletti e Bonanni, i padroni di confindustria. Hanno fatto l'ennesimo buco nell'acqua e certamente non è così che si agisce sulla produttività di un paese. Bla, bla, e ancora bla anche se poi è messo nero su bianco.

Agire sulla produttività è una cosa seria.
Sono le carenze delle infrastrutture, i costi dell'energia, della logistica, dei trasporti che hanno costi d'impresa e che agiscono abbassando la produttività con l'aggiunta dei costi immateriali, dati dalla burocrazia, non sicurezza, dalla illegalità data dal sistema delle mafie.

Agire sulla produttività è una cosa seria.
Oggi dobbiamo cominciare a chiederci come produrre, cosa produrre, quanto produrre.
Dobbiamo avere un sogno condiviso e domandarci dove vogliamo collocare il nostro paese, l'Italia, nel mondo?

martelun

giovedì 22 novembre 2012

Gli strappi istituzionali di Napolitano

cinque mesi dopo aver fatto un trattato di collaborazione
Berlusconi non aveva nessuna intenzione di fare la guerra alla Libia di Gheddafi, ma Napolitano si è imposto e l'Italia è scesa in guerra.

"Bombardare una nazione non ci pare possa essere considerato uno sviluppo né naturale né costituzionalmente corretto", disse  Antonio Di Pietro. L'art.11 della Costituzione, tante volte invocata da Napolitano, è ormai diventato carta straccia.

Cinque mesi dopo avere fatto un trattato di collaborazione, con la Libia, che soddisfaceva  la maggior parte dei bisogni energetici dell'Italia  questa nella notte del 20 marzo aggredisce con bombardamenti il paese amico.

Il giorno dopo Napolitano precisa che i bombardamenti non sono atti di guerra (!?!?) perchè sono all'interno della Risoluzione Onu 1973. La Russia, la Cina, l'India, la Germania nonostante la risoluzione Onu non sono andati a bombardare la Libia. La differenza che l'Italia c'è voluta andare in quanto succube degli Stati Uniti, l'Italia nella persona di Napolitano ha voluto partecipare alla guerra con bombe e missili lanciati da aerei italiani.

Una sola nota al margine, "autorizza tutti i mezzi necessari a proteggere i civili e le aree popolate da civili" in evidenza ed estrapolata questa frase, dalla Risoluzione.

La guerra fatta in Libia si è basata tutta su bombardamenti e raid aerei e logica vuole che questi non possono essere precisi tant'è che oggi possiamo dire con certezza che si è fatta strage di civili: bambini, donne e uomini. Soggetti tanto cari alla retorica degli organi di informazione occidentali quando si tratta di altri paesi.

In seguito Napolitano intervendo all'Onu ha dichiarato che il mondo non poteva assistere senza reagire alla violenza che Gheddafi attuava sulla popolazione. Ma in cinque mesi cosa è potuto succedere di tanto grave che la Nato è intervenuta con tutte le sue potenzialità aeree da sancire la fine di un  regime di governo che durava dal 1969?

Duecento miliardi di dollari racchiuse nelle banche occidentali e la possibilità di gestire i pozzi di petrolio direttamente, da parte delle compagnie petrolifere degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia aumentando vertigiosamente i denari dei profitti.

E poi dispiace dirlo ma il mondo assiste alla violenza di paesi tipo la monarchia assolutista nell'Arabia  Saudita, negli Emirati Arabi, l'invasione di questi due stati in Bahrein per sedare la rivolta della popolazione contro il monarca assoluto, tutto sotto silenzio perchè funzionali agli interessi economici-energetici dell'occidente. Altro che libertà, altro che democrazia, si chiamano affari.

Adesso troviamo la Libia in pieno caos, in cui gli attentati si susseguono come un filo rosso, la popolazione ha paura, sotto il governo di Gheddafi non si viveva questi stati di tensioni continue, è quello che abbiamo lasciato a questi popoli, paura e tensioni, sangue e morti.

Oggi la Libia è destabilizzata, ha un governo non riconosciute dalle bande che si muovono in Cirenaica e Tripolitania. Una delle ultime notizie, 5 novembre 2012, ci danno razzi sparati al centro di Tripoli con polizia ed esercito che non sono minimamente intervenuti e milizie  contrapposte che si mitragliavano a vicenda.

La conferma che a comandare non è lo stato libico ma le varie milizie armate.

Adesso che abbiamo fatto la nostra guerra  e che abbiamo lasciato una situazione peggiore di quella precedente non possiamo certo dire che abbiamo applicato la Risoluzione ONU ma certamente possiamo affermare che questa risoluzione è servita per coprire i veri motivi di destabilizzazione.

Considerando quello che sta succedendo in Siria e quello che fra poco si scatenerà nel Mali si può affermare con notevole precisione previsionale che si vuole l'anarchia di tutto il sud del Mediterraneo, in maniera che gli affari possono proseguire allegramente senza intermediari con nessuno stato-padrone.

Questa situazione è stata caldeggiata ed appoggiata in prima persona dal nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
martelun