L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

venerdì 6 settembre 2013

niente illusioni l'euro imploderà



Quando l'euro imploderà non ci sarà il tempo di pensare, contrattare, valutare.

Abbandonare l'euro unico x un euro comune è sostanzialmente una discussione accademica.

Avere la forza di passare dall'euro unico all'euro comune significherebbe avere la forza di cambiare strutturalmente l'euro unico e non la necessità di contemplare soluzioni diverse come l'euro comune.

Non abbiamo scelta perché questa ci verrà imposta dalle circostanze, dobbiamo pensare a come uscire dalla situazione caotica che si produrrà quando l'evento traumatico avverrà. 

Concordo con Sergio Cesaratta nel post "quel pasticciaccio brutto dell'euro" sulle cose urgenti da fare: chiusura delle banche e di Piazza Affari x il tempo necessario, mettere le mani sui debiti-crediti, rinominare tutti i titoli del debito pubblico e privato nella nuova moneta – la Nuova Lira; Alcune forme di debito con l’estero, come quelle intrattenute attraverso la BCE con le altre banche centrali andrebbero rinegoziati. Tutti i pagamenti interni per via elettronica (che includono le carte di credito) –i soli possibili per alcuni giorni – verrebbero automaticamente rinominati nella nuova moneta, mentre in attesa della stampa delle nuove banconote, le banche rilascerebbero banconote in euro ma con una stampigliatura con scritto, ad esempio 10€ = 10 Nuova-Lira.

Con le proposte di Emiliano Brancaccio di chiudere le frontiere x i Capitali e le merce; di difendere i salari, stipendi e pensioni.
Valutare, in seguito se mettere dazi o altro.

L'ipotesi realistica dell'implosione dell'euro unico, porta a concentrarsi come preparare il paese, una più vasta area possibile, a fronteggiare la tempesta che avverrà, anzi a unire tutte le forze perché questo avvenimento non cada dall'alto ma venga voluto e nel possibile pilotato con meno danni possibili.

Unire le forze x costruire il Fronte Unico x l'uscita dall'euro ha anche lo scopo, nel percorso, di cominciare una selezione x costruire un'organizzazione che diventi il nucleo, uno dei nuclei che cominci a costruire un'alternativa politica che si contrapponga alla legge dominante del capitale.

Gli spazi che si apriranno, quando l'euro imploderà, saranno tali e tanti che ci sarà la possibilità di fare avanzare e accreditare proposte nuove, diverse, tipo la messa in discussione del modo di produrre, cosa produrre e quanto produrre e avanzare una ipotesi di società che si inventi il lavoro (anche il lavoro sociale utile) x tutti, ad un reddito di cittadinanza e altro.

Se non si parte da queste visioni che non sono affatto minimali, tutto il discorso che si fa potrebbe risultare accademico e solo un esercizio di tesi più o meno contrapposte.

martelun

giovedì 5 settembre 2013

John Kerry=Colin Powel bugiardi


Pierre Charasse: “Siria, la guerra delle bugie continua”

 settembre 5, 2013
 
Il Segretario di Stato americano John Kerry ha esibito come prova dell’utilizzazione di armi chimiche da parte di Bashar el Assad, una fotografia che mostra dei corpi allineati sul pavimento (fonte: facebook).
Ma guarda un po’, quella foto è stata scattata nel 2003 in Irak dal fotografo italiano Marco di Lauro. Il quale è caduto dalle nuvole quando ha visto l’utilizzo che era stato fatto della sua foto.
Ci avevano già fatto il colpo di neonati in culla in Kuwait al tempo della prima guerra del golfo, poi le “prove irrefutabili della presenza di armi di distruzione di massa in Irak nel 2003 (Colin Powell, ridicolo alle Nazioni Unite con le sue foto truccate e la sua polvere magica) e adesso ci risiamo con le armi chimiche di Bashar. “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà…”
Comunque, non è con questo modo di procedere che si farà avanzare la causa dei diritti dell’Uomo. Ma come dicono certi analisti americani, l’argomento umanitario è il peggiore fra quanti potrebbe avanzare Obama: quel che conta è mantenere un Bashar el Assad indebolito al potere e non permettere che la Coalizione (con Al Qaeda) lo sostituisca. Dunque, mantenere lo statu quo e pertanto mettere in scena il “caos costruttivo” nel più grande Medio Oriente. Lunga vita al Presidente.

domenica 1 settembre 2013

La rottura dell'Euro sarà improvvisa e traumatica, niente moneta comune


Quel pasticciaccio brutto dell’euro

Sergio Cesaratto

« [...] Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. »
estratto
dalla rottura dell'euro



Porre termine al folle esperimento implica passaggi assai complessi (v. anche Levrero 2012). La premessa è che l’Unione Europea va salvaguardata e che, dunque, la rottura dovrebbe essere negoziata e pacifica. Questo complica quello che è, forse, il problema più complesso da risolvere. Scelte democraticamente prese e negoziazioni internazionali implicano processi politici assai lunghi e pubblici i quali, tuttavia, sono incompatibili con la stabilità finanziaria. Al primo vago accenno che forme di rottura dell’UME sono all’ordine del giorno politico si scatenerebbe infatti una enorme speculazione volta a spostare i capitali finanziari dai paesi con (futura) moneta debole verso quelli con (futura) moneta forte. Il che vorrebbe dire la fine immediata della moneta unica nel peggiore dei modi possibili. L’unica strada percorribile sarebbe di accordi presi un venerdì sera almeno da un consesso di paesi che contano, da ratificarsi nel week end nei parlamenti nazionali.

Banche e mercati sarebbero destinati a rimanere chiusi, tuttavia, anche per alcuni giorni successivi durante i quali verrebbero adottate misure volte ad assicurare una transizione dolce verso le monete nazionali. Gli accordi dovrebbero definire un quadro di risoluzione per i rapporti di debito-credito, ora denominati in euro, una volta effettuato il passaggio a monete nazionali. Ma come si fa ad assicurare la segretezza prima del citato vertice? Dato che questo è impossibile, è più realistico ritenere che a tale vertice si arrivi in seguito a un grave evento scatenante, come una crisi politico-finanziaria di prima grandezza in Italia o Spagna, tale da indurre alla chiusura dei mercati prima del vertice. Una volta sancita la rottura – che potrebbe sostanziarsi in un ritorno generalizzato alle monete nazionali, in un’uscita della Germania e dei suoi satelliti, o in una uscita di uno o più paesi periferici – i paesi che adottano una nuova moneta avrebbero il diritto (lex monetae) di rinominare tutti i titoli del debito pubblico e privato nella nuova moneta – a meno che il contratto sottostante non specifichi la rinuncia a tale prerogativa. Alcune forme di debito con l’estero, come quelle intrattenute attraverso la BCE con le altre banche centrali andrebbero rinegoziati. Tutti i pagamenti interni per via elettronica (che includono le carte di credito) –i soli possibili per alcuni giorni – verrebbero automaticamente rinominati nella nuova moneta, mentre in attesa della stampa delle nuove banconote, le banche rilascerebbero banconote in euro ma con una stampigliatura con scritto, ad esempio 10€ = 10 nuova-lira.

La prima decisione che il governo dovrebbe prendere riguarda la fissazione del nuovo tasso di cambio. Per l’Italia verrebbe da suggerire l’antica politica della stabilità del cambio verso il dollaro (in cui è quotato il petrolio) e di una flessibilità controllata verso il marco tedesco. Naturalmente una svalutazione dell’ordine del 20/30% verso il marco sarebbe fisiologica, ma rigidi controlli sui movimenti dei capitali dovrebbero contribuire a una successiva stabilizzazione del cambio. Il secondo indirizzo che il governo dovrebbe prendere riguarda la stabilizzazione dell’inflazione a livelli moderati lasciando sopratutto alla ripresa dell’occupazione il sostegno dei consumi. Tassi di interesse sufficientemente bassi e la ripresa della crescita dovrebbero consentire la stabilizzazione del rapporto debito pubblico/Pil e al contempo una moderata espansione fiscale. Non si passerebbe dunque al regno del bengodi, e il paese si ritroverebbe coi problemi di sempre, ma almeno non alla mercé di altri e con qualche speranza, se decide di coltivarsela.


http://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/3007-sergio-cesaratto-quel-pasticciaccio-brutto-delleuro.html