1. Necessario e urgente, per salvare
il paese più colpito dalla crisi e dall’euro, la costituzione di un
raggruppamento politico e sociale sull’esempio del Fronte Nazionale
francese, che rappresenti un vero aggregatore di massa e una concreta
speranza di riscatto per l’Italia.
Voglio aprire il discorso richiamando il
compianto Costanzo Preve, che dopo aver letto in lingua originale il
libro di Marine Le Pen, Pour que vive la France del 2012, ebbe a
scrivere in Se fossi francese le seguenti cose:
<< Marine Le Pen (p. 135)
afferma apertamente il deperimento attuale della dicotomia
Destra/Sinistra. Se lo fa, questo significa che cerca voti a destra, al
centro e a sinistra. Bene, è esattamente quello che da 15 anni aspetto
da un politico. Perché ora che arriva dovrei sospettare l’inganno? Essa
critica la guerra dell’Iraq (p.37). Sostiene che la bolla speculativa
immobiliare è stata una strategia voluta (p. 36). Sostiene con Polanyi
che il mercato è più utopico del piano (p.26). Sostiene con Maurice
Allais che il liberalismo ha un codice “stalinista” e che il mondialismo
è un’alleanza fra consumismo e materialismo (p. 49). Sostiene con Todd
che c’è incompatibilità fra libero scambio e democrazia (p.50). Sostiene
che se c’è qualcosa di “fascista”, questo qualcosa è l’euro (pp.
54-61), affermazione certamente un po’ hard, ma meglio esagerare che
sottovalutare. Le è perfettamente chiara la natura abbietta
dell’interventismo umanitario di Kouchner (p. 127). Si rifà
positivamente a Lipovetsky, a Michéa ed a Bourdieu, e cita positivamente
sia De Gaulle che lo stesso comunista Marchais.
Ma soprattutto ci sono due punti
importanti. In primo luogo, a differenza dei soliti politicanti
ignoranti, la Le Pen traccia una vera genealogia teorica del capitalismo
liberista, dai fisiocratici a Smith. In secondo luogo, non lascia dubbi
sul fatto che la mondializzazione è cattiva in sé, è un orizzonte di
rinuncia (p. 19), il modello americano è al cuore del progetto
mondialista (p. 34), il debito pubblico è un buon affare mondialista (p.
72), l’organizzazione europea di Bruxelles è l’avanguardia europea del
mondialismo (p. 74), e che infine l’immigrazione incontrollata è parte
di un’offensiva economica e culturale del mondialismo (p. 80). Questa
ultima affermazione è particolarmente sgradevole per le anime pie
politicamente corrette di sinistra, perché identificata con il razzismo
ed il populismo. Bisogna però sapere se essa è fondata o infondata, ed
io la considero parzialmente fondata. La Le Pen afferma anche che il
sarkozysmo è lo stadio supremo del mondialismo (p. 151), che la nazione
non deve essere demonizzata (p. 103), che la scuola e la cultura
classica devono essere difese (p. 111 e p. 235), che il popolo è
diventato “indesiderabile” e viene sempre accusato di “populismo”,
termine vuoto e per questo sorvegliato dalla polizia del pensiero (p.
128). E potrei continuare. Sottolineo per chiarezza che la mia
dichiarazione “scandalosa” deve essere giudicata solo ed esclusivamente
sulla base del libro e dei punti citati; essa non comporta in alcun
modo la condivisione del razzismo e della xenofobia anti-immigrati, con
le quali la Le Pen si deve e si dovrà inevitabilmente confrontare sul
piano elettorale. >>
Mi pento di non aver ponderato a
sufficienza questa “scandalosa” dichiarazione di Costanzo, come lui
stesso la definisce, già nel 2012 e di aver avanzato, in proposito, fin
troppi dubbi sulla “legittimità anticapitalistica” del Front National e
sulle reali intenzioni di Marine Le Pen, che giudicavo un po’ “figlia
d’arte” (di Jean-Marie) e comunque inserita nel sistema
liberaldemocratico, dal quale non può uscire nulla di buono per i popoli
e le classi dominate.
A distanza di oltre due anni, la mia
considerazione della formazione politica francese e della stessa Le Pen è
cambiata alquanto. Anche perché mi rendo conto che la trasformazione
dell’Europa e del mondo, che implicherà il superamento del
neocapitalismo finanziarizzato e della globalizzazione neoliberista,
potrà essere lunga e sicuramente implicherà un complicato processo di
cambiamento. Si passerà, non senza scossoni improvvisi, dalla posizione
di preminenza riservata all’economia finanziaria alla rivalutazione
della politica e del ruolo degli stati nazionali sovrani, dalla
dominazione incontrastata della classe globale finanziaria al riscatto
dei popoli e delle classi dominate, dall’eurolager alla vera Europa
degli stati sovrani e dei popoli. Tutte cose, fra l’altro, assolutamente
compatibili con le idee della Le Pen.
Come sempre, Costanzo ha avuto ragione e ha saputo veder lontano.
2. Nelle mie recenti analisi sono
addivenuto a conclusioni nuove che voglio riassumere brevemente.
Anzitutto, la fase “protorivoluzionaria” che stiamo vivendo, che è
appena iniziata e che precede una futura fase propriamente definibile
rivoluzionaria. Possiamo immaginare un periodo (quanto lungo non è dato
sapere) d’interregno fra la dominazione dell’imperialismo finanziario
privato, diverso, per esiti e presupposti, dai vecchi imperialismi
otto-novecenteschi indagati e avversati da Lenin, e un nuovo ordine
geopolitico che si accompagnerà alla trasformazione economico-sociale
profonda nelle società. Noi, oggi, stiamo vivendo proprio in questo
interregno, che sfocerà nel completamento di quella che ho chiamato la
fase “protorivoluzionaria”. Il suffisso “proto” davanti a
rivoluzionario, ci fa comprendere che già si palesano, pur confusamente,
elementi caratterizzanti il nuovo ordine, visibili in una più compiuta e
finale fase rivoluzionaria. Quali sono questi elementi? Nel nostro caso
storico, il ritorno alla sovranità monetaria, l’abbandono del “punto di
vista” finanziario come gestore assolutistico delle vicende economiche
umane, la rivalutazione della socialità e dei legami
classistico-comunitari, dell’identità culturale dei popoli e della
giustizia sociale. Il metron greco (giusto mezzo) applicato alla
necessaria ridistribuzione della ricchezza prodotta, il ristabilimento
della giusta dimensione storica e culturale dei popoli, violata dalla
globalizzazione neoliberista e dall’individualismo sminuente e
omologante. In questa fase i più schizzinosi devono necessariamente
“turarsi il naso” e accettare come veicoli positivi del cambiamento
quelle forze, non importa se nate a destra o a sinistra, che mantenendo
un piede dentro il sistema lo mettono in discussione con programmi
alternativi, perché solo forze siffatte avranno la possibilità concreta
di scardinare il sistema di potere globalista, e per noi, in Europa, di
aprire le porte dell’eurolager. Ci si dovrebbe ricordare della metafora
marxista e leninista dell’”Emiro dell’Afghanistan”, interpretandola alla
luce della nostra realtà storica, sociale e politica. Fatte queste
considerazioni, superati i dubbi iniziali e avendo ben presente la
posizione assunta da Preve, oggi mi sento di scrivere Evviva il Fronte Nazionale Francese!
Ci sono altri raggruppamenti in Europa
che condividono temi importanti con il FN, come il rispettabilissimo
UKIP di Nigel Farage. Farage e gli indipendentisti britannici avversano
la dominazione unionista e vorrebbero sottrarre il Regno Unito a questo
percorso di sofferenze e ingiustizie sociali, ma l’ineliminabile
fondamento liberista che li contraddistingue, molto comune nel mondo
anglosassone, rende la formazione britannica per noi meno interessante
del Fronte francese. Ciò non toglie che vi possono essere contatti e
alleanze anche con UKIP, in nome della comune battaglia di libertà
antiunionista.
Nella fase “protorivoluzionaria” che oggi
è agli inizi, i popoli dominati cercano una strada da percorrere, pur
fra mille difficoltà, per uscire dal percorso di morte tracciato dagli
organismi soprannazionali della mondializzazione economica, dei quali
fanno parte anche quelli unionisti europei, dalla bce alla commissione e
al consiglio d’Europa. Un’epopea futura costellata di insidie in cui
frequenti potranno essere gli errori, insidiosi i vicoli ciechi, una
strada da percorrere assieme agli “Emiri”, in apparenza reazionari (per
usare vecchie espressioni denigratorie) o accusati da media e sinistra
di essere tali, ma nella realtà ribelli al mondialismo e alla dittatura
liberal-mercatista e perciò con un contenuto che è già rivoluzionario.
Sottrarsi ai dogmi dell’ortodossia liberista, alle lusinghe “riformiste”
dell’economia sociale di mercato (bestialità aporetica che valeva per
Monti, vale per Merkel e varrà per Juncker), contrapponendogli il
dirigismo, la salvaguardia delle attività produttive nazionali, la
tutela protezionistica dei prodotti locali contro le invasioni di
prodotti “emergenti”, è un confortante segnale di indisciplina e financo
di antagonismo anti-sistemico. Per non parlare del riappropriarsi la
sovranità monetaria e respingere la disintegrazione delle identità
nazionali, innescata dalla necessità neocapitalistica di “spostare”
masse di poveri, da sud a nord, da oriente a occidente, per diminuire il
costo del lavoro, dove è ancora alto, e meticciare a forza le società.
Per contro, la disgustosa sinistra oggi
interamente “globalizzata”, unionista e liberista, e il comunismo
superstite, degenerato in individualistico con accettazione del
neocapitalismo e dei suoi immaginari, rappresentano i peggiori cani da
guardia dell’”europrogetto” e della globalizzazione, i primi odiatori
della sovranità popolare e nazionale. Così il ps francese, il pasok
greco e il pd italiano. Così molti sindacati, “gialli” in relazione al
potere finanziario, i cui lavoratori subiscono in pieno, senza difese,
le delocalizzazioni, i rigori della crisi strutturale e il conseguente
calo dei redditi e dei posti di lavoro. Tornando alla metafora
dell’”Emiro dell’Afghanistan”, sono costoro e non l’Emiro che si ribella
i peggiori reazionari, schierati contro i popoli e i paesi
d’appartenenza, a difesa delle istanze e degli interessi delle
oligarchie finanziarie.
Infine, nella fase “protorivoluzionaria”
le battaglie, realisticamente, avverranno in buona misura dentro il
capitalismo e non fuori, si cercherà di modificare, non di superare, i
rapporti sociali e di produzione combattendo la prevalenza della classe
globale finanziaria sul resto della società e quella del capitale
finanziario sul capitale produttivo. Di questo occorre prendere atto,
senza continuare a cullarsi in sogni di crollismo improvviso o di
miracolosa fuoriuscita, che gli esiti del novecento dovrebbero avere già
dissolto.
3. Il risultato delle elezioni europee
di maggio ha drammaticamente confermato lo stato comatoso in cui versa
il paese e gran parte della sua popolazione. Declino economico
irreversibile nella gabbia delle regole e dei parametri europei,
occupazione totale da parte degli agenti strategici neocapitalistici,
che governano attraverso direttori collaborazionisti non eletti, assenza
di una chiara linea di opposizione politica, economica e sociale,
passività estrema della popolazione, e addirittura consenso di una parte
di questa a chi agisce politicamente contro i suoi interessi vitali. Il
voto a valanga al pd e a Renzi lo conferma in pieno.
Mentre in Francia una popolazione più
coriacea, non passivizzata, ancora legata ai valori nazionali e alla
prospettiva d’indipendenza (se non di grandeur) nel decidere del proprio
futuro, ha affossato il psf dell’euroservo Hollande e ha dato il
consenso a una formazione come il FN, le cui proposte sono chiare e
vanno nella direzione della riacquisizione totale della sovranità
monetaria e politica, in Italia non solo ciò non è accaduto, ma l’esito è
stato diametralmente opposto. Com’è potuto accadere? Il combinato
disposto di una crisi economica senza vie d’uscita e del rimbecillimento
sociopolitico di larga parte della popolazione, con lo zampino
mediatico e l’abilità dell’euroservo pd nell’ingannare il popolo ha
ottenuto un risultato sorprendente: quello della vittima che elegge suo
rappresentante il carnefice. Oppure, se vogliamo, con molta minore
tragicità, ha carpito il consenso di massa per fare l’interesse dei
moderni oligarchi.
C’è però un’altra motivazione, da
ponderare attentamente. L’opposizione confusa, senza una chiara
legittimazione ideologica alternativa, contradditoria su temi importanti
come l’euro, l’eurozona, i trattati-capestro unionisti e le regole da
Maastricht in poi. Eccezion fatta per la nuova Lega di Salvini, che ha
assunto una posizione chiara con “Basta euro!”, l’incertezza e una certa
debolezza programmatica (se non una vera e propria confusione sul
versante del programma politico) hanno caratterizzato il cinque stelle.
Se il duumvirato Casaleggio-Grillo avesse assunto una posizione chiara
sui predetti temi, cruciali per orientare almeno una parte del consenso,
forse non ci sarebbe stato bisogno di Maalox, o almeno non in quantità
industriali come suggeriva lo stesso Grillo (affaire pubblicitario?). La
Lega di Salvini è ancora troppo piccola, troppo screditata al
centro-sud, per reggere da sola il peso del confronto con gli euroservi.
Ci voleva un cinque stelle con programma alternativo chiaro, fondato
senza se e senza ma sull’”euroscetticismo” e su politiche economiche
antiliberiste, in grado di attrarre ovunque il consenso. Questo avrebbe
sicuramente ridotto la portata della vittoria governativa, offuscando un
po’ l’immagine mediatica di un Renzi vincitore, senza alternative
possibili. Acqua passata, tutto sommato, perché adesso bisogna guardare
al futuro.
4. Per quanto scritto finora, per le
osservazioni riassunte nei tre punti precedenti, io affermo – lanciando
una provocazione che spero qualcuno raccoglierà – che in Italia c’è
disperato e urgente bisogno di una formazione politica coesa, con un
chiaro programma, simile al Front National francese. Simile ma non
uguale, ovviamente. Non un replicante del partito francese, una sua mera
imitazione, ma una forza di massa, e per la massa dominata,
indissolubilmente legata alla realtà sociale italiana. Un forza – non
generata dalla rete, dal virtuale o dall’ambizione di singole
personalità – in grado di accogliere le istanze antagoniste dei
lavoratori e dei ceti medi rovinati dalla crisi strutturale, dall’euro e
dal neoliberismo globalista. Ci potranno essere differenze, con il FN
francese, in particolare per quanto riguarda la questione
dell’immigrazione, ma la direzione di marcia sarà la stessa. Non
necessariamente la via per l’affrancamento del paese dalle catene
unioniste e globaliste dovrà essere quella elettorale, come lo è,
parrebbe obbligatoriamente, per il cinque stelle e per la Lega, e per lo
stesso FN in Francia. Non necessariamente, all’opposto, si ricorrerà in
modo sistematico alla militarizzazione e alla “violenza di piazza”, per
portare al collasso l’impianto di sub-potere euroservo –
pd-Renzi-presidenza della repubblica – che ci opprime per conto terzi.
Infine, resto dell’idea, come suggerito a suo tempo dal compianto
Costanzo Preve, che il programma politico, immediatamente applicabile
nella realtà, si formerà sul campo, nella sabbia calda della storia
procedendo lo scontro sociale, sulla base delle esigenze della
popolazione. Non sarà deciso aprioristicamente a tavolino. Ciò che si
può tracciare sin d’ora sono le linee generali di politica strategica,
in un orizzonte di generale riacquisizione della sovranità monetaria,
dell’autonomia di bilancio e della libertà di scelta in politica estera.
Il programma del Fronte francese – Notre Projet. Programme politique du Front National, link
http://www.frontnational.com/pdf/Programme.pdf
– potrà costituire un utile termine di paragone, se non una fonte
d’ispirazione, nonostante una certa, inevitabile retorica e le
differenze fra la Francia e l’Italia. Pur essendo 106 le pagine del pdf
in cui è fissato il programma i punti essenziali, sintetizzando
all’estremo, sono i seguenti: uscita dall’euro con la riappropriazione
della moneta e della politica monetaria, fine dell’egemonia europoide,
dell’imposizione dei trattati e delle regole con il primato della
legislazione nazionale su quella europea, protezione dello stato
sociale, dell’istruzione e dei servizi pubblici, protezione dei prodotti
e delle industrie nazionali, regolamentazione dei flussi migratori,
uscita dal comando integrato della nato (Otan per i francesi) e un
solido partenariato militare e energetico con la Federazione Russa.
Antieuro e antiunionismo, ostilità nei confronti della nato e ricerca di
un’intesa con la Russia sono chiaramente scritti nel programma del FN.
L’obiettivo geopolitico rilevante, tale da modificare profondamente
l’ordine mondiale, è la costituzione di un’Unione paneuropea di Stati
sovrani che includa la Russia. Tutto ciò non è solo nell’interesse dei
francesi, ma anche degli italiani e della maggioranza degli europei.
Senza voler sconfinare nella retorica, ma restando concreti, la famiglia
è l’elemento centrale e fondamentale della società. Questo è
chiaramente scritto nel programma del FN, in opposizione alla spinta
dissolutoria proveniente dai modelli ultra-individualistici, proposti da
neoliberisti, neoliberali e sinistre euroserve, che esaltano
l’isolamento del singolo e l’ambiguità sessuale (Hollande in Francia,
pd, sel e trista compagnia in Italia).
La battaglia in Europa e per l’Europa si
preannuncia come una battaglia complessiva di civiltà. Per vincerla sarà
di vitale importanza la costituzione di una forza simile al FN anche in
Italia. L’area del consenso potenziale dovrebbe essere vastissima,
dagli operai supersfruttati ai ceti medi declassati e al lavoro
intellettuale umiliato. Nonostante l’idiotizzazione sociopolitica di una
parte significativa della popolazione, che vota in massa pd e Renzi,
offrendosi come vittima sacrificale. Un’eventuale dissoluzione del
movimento cinque stelle, sotto il peso delle sue contraddizioni
irrisolte, l’ovvia difficoltà leghista di valicare i confini dell’Italia
settentrionale espandendosi a sud, aprirebbero spazi interessanti per
la nuova formazione politica, ampliandone il bacino di consensi. Se
l’espressione “Fronte” non dovesse essere la più opportuna, si potrebbe
ricorre alla parola “Blocco”. L’espressione “Nazionale” potrebbe essere
sostituita, sempre per ragioni di opportunità, da “Popolare”. Ad
esempio, Blocco Popolare di Salvezza, o Blocco Popolare di Liberazione.
5. Questo scritto, di natura
squisitamente politica, si chiude qui. Il mio scopo, come già chiarito, è
di lanciare il classico sasso nello stagno. Una provocazione che altri
potranno raccogliere costruttivamente. Nel vuoto di proposte alternative
che ci circonda, in questa latitanza di un vero antagonismo, è utile e
doveroso cominciare a pensare, pur fra mille difficoltà, a iniziative
concrete da mettere in campo, non aprioristicamente votate al fallimento
e non effimere. Non è mia intenzione analizzare a fondo il programma
del FN, che pur conosco nella sua versione originale, perché, scendendo
nel dettaglio, le peculiarità del sistema sociale ed economico francese
prendono il sopravvento sui tratti generali, sulle grandi questioni
dell’epoca condivise con il resto d’Europa. Né è mia intenzione
profetare su come potrà essere una nuova aggregazione politica italiana,
nata sull’esempio del Front National ma rispondente ai bisogni di
libertà, sovranismo, indipendenza e giustizia sociale del popolo
italiano. O chiamare a raccolta, con un’autorevolezza che non possiedo,
forze resistenti e anti-unioniste che sicuramente sono scarse e
purtroppo disunite. Per ora, mi basta la provocazione. Domani vedremo.
In fede
Eugenio Orso
http://pauperclass.myblog.it/2014/06/02/front-national-anche-litalia-eugenio-orso/
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