Il ruolo della Francia nella corsa all'uranio in Niger
Scritto da Daniel ChiabolottiDi fronte al ruolo preponderante ricoperto dal nucleare nel fabbisogno energetico francese, la ricerca e il controllo di giacimenti di “oro grigio” risulta di importanza strategica nazionale. Il Niger rappresenta attualmente il principale fornitore di uranio necessario al funzionamento dei reattori transalpini. Basti pensare che un terzo del combustibile proviene dalle miniere situate nella regione settentrionale del Paese localizzate presso i siti estrattivi di Arlit e Akokan, nelle regioni centro-settentrionali nigerine. Areva opera in questi giacimenti attraverso le controllate SOMAIR e COMINAK, di cui il governo nigerino possiede parte delle quote societarie. Attualmente una terza miniera, la più grande di tutto il continente, è in fase di realizzazione presso Imouraren, a 80 km a sud dal sito di Arlit. L’entrata a pieno regime di quest’ultima miniera, stimata in una produzione annua di 5000 tonnellate, permetterà al Niger di posizionarsi al secondo posto tra i produttori mondiali di uranio.
Se dal punto di vista energetico il Niger catalizza l’attenzione di un numero crescente di potenze mondiali, l’accaparramento delle preziose risorse potrebbe risultare difficoltoso nel prossimo futuro. La principale preoccupazione degli osservatori internazionali è costituita dalla crescente instabilità regionale, resa evidente dall’incremento di attività ostili da parte dei gruppi jihadisti. In conseguenza di ciò, l’apertura della miniera di Imouraren ha subito diversi ritardi: dal 2012, data inizialmente prevista, si è scivolati al 2015, a causa di una serie di attentati e del rapimento, nel novembre 2010, di sette dipendenti francesi di Areva da parte di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI). Al fine di evitare altri attacchi, truppe speciali francesi presidiano al momento i siti d’estrazione. In questo senso, l’intervento francese in Mali e l’operazione Serval possono essere interpretati non solo come il tentativo di pacificare Bamako, ma soprattutto come lo sforzo transalpino di arginare il dilagare del fenomeno jihadista nel Sahel. Tuttavia, il governo di Parigi, pur cercando di scongiurare i rischi di un contagio insurrezionale nella fascia saheliana, con l’utilizzo dello strumento militare ha determinato una migrazione dei gruppi jihadisti verso i Paesi limitrofi al Mali e, soprattutto, ha attirato le ire dell’universo salafita africano, deciso a colpire obbiettivi francesi per ragioni propagandistica. Gli effetti collaterali di questa politica sono stati resi evidenti dagli attacchi dello scorso anno ai siti di Arlit ed Agadez, scagliati dalle milizie di Mokhtar Belmokhtar. Uno degli aspetti più pericolosi è la potenziale commistione tra i gruppi jihadisti del Sahel e le realtà tuareg del nord del Niger, generalmente avverse al governo centrale e ciclicamente impegnate in azioni ostili contro le sue Forze Armate. Non è da escludere che, in un prossimo futuro, le tribù tuareg nigerine replichino il modello di insurrezione messo in atto dalle “gemelle” nord maliane nel 2011-2013.
Le necessità francesi di approvvigionamento di uranio e la contemporanea crescita delle minacce alla stabilità e alla sicurezza del Niger impongono al governo di Parigi il ripensamento della propria strategia politica e militare in Africa. La crisi maliana e quella centrafricana hanno messo in evidenza come la Francia, in un contesto di razionalizzazione della spesa militare e di riorganizzazione delle risorse da impegnare nell’ex impero coloniale, rischia di perdere la tradizionale influenza in teatri un tempo esclusivi. Dunque, per mantenere alcuni canali politici ed economici privilegiati, l’Eliseo dovrebbe intensificare le relazioni con le organizzazioni regionali africane e con qualche potenza continentale in grado di fungere da “testa di ponte” per il mantenimento dell’influenza francese. In questo senso, un primo tentativo è stato fatto con il Ciad, che ha supportato le azioni francesi in Africa sia nel caso della crisi maliana che in quello della crisi centrafricana.
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