L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 2 agosto 2014

Filippo Taddei bugiardo, puntano ai risparmi degli italiani


Taddei boccia l’ipotesi manovra«Subito meno tasse sul lavoro»

L’economia va peggio del previsto. La manovra correttiva dei conti pubblici è inevitabile a questo punto?
«Macchè manovra. Non ci sarà, lo ripeto per l’ennesima volta, nessuna manovra correttiva — risponde Filippo Taddei, economista in prestito alla segreteria del Pd di Matteo Renzi —. Come ha detto Padoan ci sarà una impegnativa legge di stabilità nella quale troveranno posto tutti gli impegni presi dal governo a partire dalla riduzione delle tasse sul lavoro».
Se il Pil, però, peggiora sarete obbligati a rifare i conti.
«Primo: aspettiamo di vedere se le previsioni sul Pil del secondo trimestre troveranno conferma. Secondo: se il Pil cresce meno del previsto non è un problema di finanza pubblica. Facciamoli davvero i conti».
Facciamoli.
«Prendiamo lo scenario peggiore: una crescita solo dello 0,3% contro la forbice tra lo 0,8% e lo 0,5% previsto dal Def: sarebbe un calo di 7,5 miliardi di euro che, consideriamo che, all’incirca, per ogni euro di Pil entrano nelle casse dello Stato circa 35-40 centesimi, si traducono in circa 3 miliardi di euro in meno pari a solo lo 0,1% del rapporto deficit/Pil. Non mi sembra tragico».
Il Pil in ritirata non sarà anche un problema grave di finanza pubblica, ma non è un bel segno. Il paese è ancora fermo.
«Questo è il vero problema. Il Pil dice che l’Italia e, in generale, l’Europa non riescono ad afferrare la ripresa».
Cosa farà il governo per sbloccare la situazione?
«Nella legge di stabilità metteremo tutte le riforme che abbiamo in programma: fisco e pubblica amministrazione prima di tutto. Qualche segnale positivo già c’è».
Per esempio, quali?
«Tra maggio e giugno gli occupati sono cresciuti di 50mila unità. Un dato sottovalutato: se avessi 50mila occupati in più ogni mese...»
Saranno stagionali
«Forse, ma gli stagionali ci sono tutti i mesi, non solo d’estate. E ci sono ogni estate: andiamo a vedere se ogni giugno gli occupati crescono di questo ammontare. C’è da dubitarne. Potrebbe essere un segnale, seppur minimo, di ripresa proprio nel secondo trimestre».
L’occupazione è l’emergenza numero uno del paese. In queste ore ha riacceso l’allarme la vicenda delle acciaierie di Terni. Il governo è accusato di non avere fatto la propria parte.
«E’ un accusa che respingo. Il governo si è mosso e ha ottenuto la sospensione della messa in mobilità. A settembre spingeremo per il vero e proprio piano industriale attraverso il tavolo al Ministero. L’Ast è lo specchio del paese: ha tecnologia e capacità avanzate, buoni fondamentali ma non riesce a stare sul mercato».
Somiglia all’Italia.
«In questo senso sembra lo specchio del paese».
Cottarelli, l’uomo della spending review si dimetterà?
«Cottarelli anche stamattina era al lavoro nel suo ufficio. Non si dimetterà: sta facendo un lavoro certosino di individuazione dei tagli e ha il pieno apprezzamento di tutti a iniziare da Padoan. Il problema di tagliare non è suo».
E di chi è?
«Del governo. Lui ci dice dove si può tagliare, tocca a chi governa farlo quanto e dove crede. Accadrà con la legge di stabilità».
Insomma, bisogna aspettare fine anno.
«No, il 15 ottobre la legge di stabilità inizia il suo percorso alla Camera. Da quel giorno potrete verificare se il governo Renzi mantiene le promesse - a cominciare dagli 80 euro per sempre - oppure no».
http://qn.quotidiano.net/primo_piano/2014/08/02/1086699-taddei_boccia_ipotesi_manovra.shtml

1 commento:

  1. Ma sono tutti SIONISTI daccordo con i mercati gestiti si sa da chi dai soliti KAZARI ASCHKENAZITI TALMUDICI BANCHIERI FINTI EBREI che con il ricatto del debito governano il mondo.
    Quando gli toglieremo la stampante dei soldi il mondo sarà libero.
    Basta DEBITI uno stato deve emettere moneta pubblica senza debito e mandare affanculo tutte queste banche centrali private

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