L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

venerdì 2 maggio 2014

Il nemico principale è il Pd e chi lo vota o è clientela o chi crede che gli asini volano

Rivelazioni: dopo le europee il diluvio
di Eugenio Orso
Mi riferisco esclusivamente all’Italia. Un caso ha voluto che il sottoscritto abbia potuto accedere a “notizie riservate” che riguardano la reale situazione italiana, il rapporto fra il governucolo Renzi e la scadenza elettorale europide, ciò che accadrà al paese dopo questo appuntamento. Non posso e non voglio rivelare la mia fonte d’informazione. Non lo farò mai, neppure se mi arresteranno e mi metteranno sotto tortura. Quel che posso anticipare è che si tratta di “notizie riservate” di larga massima, ma sufficienti per rivelare i contorni di un vero e proprio piano, ordito per l’Italia … anzi, contro il nostro paese. L’attore sub-politico principale, qui, in loco, è il pd. Il pd da considerarsi nel suo complesso, senza distinzioni di corrente, quale forza collaborazionista ed euroserva organizzata. Matteo Renzi non è “colui che cambia le cose”, come alcuni credono, ma è solo l’ultima espressione mediatico-propagandistica del pd. Di tutto il pd. Chi tira i fili sta ovviamente fuori dalla penisola, molto sopra la dimensione nazionale.
Dunque … le informazioni che ho ricevuto provengono dal “ventre della balena”, o meglio, di quella disgustosa balenottera chiamata pd. Nonostante la sostanziale compattezza del partito euroservo, neoliberale e americanista, è evidente che non tutto può filar liscio al suo interno, e che gli odi reciproci, le vendette, le imboscate, le fronde di burocrati scontenti non cessano dietro le quinte. E’ così che si producono le “fughe di notizie”, provenienti da fonti bene informate.
A. Prima informazione, che ci chiarisce con chi e con cosa abbiamo a che fare, a che razza di sub-potere siamo sottoposti. Non c’è alcun dubbio che Il pd opera costantemente, sotto vari mascheramenti di corrente e sotto vari nomi (renziani, bersaniani, lettiani, cuperliani, civatiani), contro il popolo e il paese. Fin dall’inizio ho avuto ben chiaro che l’”operazione Renzi” mal celava una natura squisitamente mediatico-elettoralistica, nonché lo scopo di trattenere consenso, a livello di massa, evitando di scoprire le carte e rinviando tutto a dopo le europee. Infatti, la mia fonte conferma in pieno questo sospetto, che per me era già diventato certezza. La legislatura deve – ripeto, deve – restare in piedi fino a scadenza naturale, cioè fino al 2018, o mal che vada ancora un paio d’anni (seconda metà del 2016, inizi 2017). Questo per consentire di “fare le riforme”, di avviare e di applicare fino alle estreme conseguenze l’arcinoto fiscal compact (per noi, legge del 24 dicembre 2012, n. 243), il mes (meccanismo di stabilità, a tutto favore delle banche dei paesi europei più forti) e il cosiddetto erp (european redemption fund, sulle garanzie per le “eccedenze del debito pubblico”) che è minacciosamente in arrivo. Inoltre, il risultato del pd alle europee non può essere troppo basso, perché si deve mostrare che il consenso popolare alle controriforme neoliberiste e all’eurounionismo c’è. Ecco il perché del successo di Matteo Renzi, almeno fin che dura.
Nella realtà, Renzi non è il frutto di una rivoluzione generazionale e/o riformista, ma il suo esatto contrario. Egli è l’immagine scelta dalla burocrazia politica piddina – che è molto più compatta di ciò che appare, su certe questioni di fondo – per raggiungere due importanti obiettivi, elencati di seguito in ordine temporale. 1) Affrontare la scadenza elettorale di maggio senza troppe perdite, o addirittura con successo. La tenuta del pd, o addirittura una sua vittoria alle europee, allungherebbe la vita alla legislatura. Almeno di quanto basta per … 2) “Fare le riforme” rapidamente, come ordinato dai padroni sopranazionali, ma ovviamente dopo le elezioni di maggio. La verità è che i vari D’Alema, Bindi, Finocchiaro e poi Bersani, Fassino, Veltroni e compagnia bella non sono stati “rottamati”, non sono scomparsi, ma sono sempre presenti, sia pur in posizione defilata. Sono loro, di nascosto, di comune accordo, talora fingendo aperta ostilità nei confronti del sindaco di Firenze, che hanno deciso di lasciare che il “ciclone Renzi” si sfoghi (ciclone, come l’ha chiamato il ciarpame giornalistico). E questo – udite, udite! – nonostante qualche perplessità di Napolitano, che sapeva del gioco fin dall’inizio, un po’ ha resistito, ma poi improvvisamente ha “mollato” Letta. A quel punto, una ventata di novità era di vitale importanza, e così la simulazione della rottura dei ponti con il passato (“l’Italia cambia verso”), in nome del rinnovamento. Tanto il popolino, per come è stato ridotto, ci sarebbe cascato di sicuro.
Da ciò che mi è stato detto appare chiaro che nel pd non vi è mai stata vera lotta fra il vecchio e il nuovo. Solo una trista rappresentazione scenica, a uso e consumo di un elettorato sempre più idiota e manipolabile. Inscenare le primarie con vincitore già deciso e la “comunicazione” renziana amplificata dai media, rientrano pienamente in questo ordine d’idee. La cosa divertente, che mi rivela la mia fonte d’informazione, è che Matteo Renzi, pur non essendo un’anima bella, un illuso o un grullo, ma un figlio di puttana sotto mentite spoglie, non è del tutto consapevole di questo. Cioè di essere un mero prodotto della propaganda, della burocrazia politica piddina, dei media “salva-pd” e affossa-verità. Nonostante si guardi le spalle e nutra in proposito qualche sospetto (si pensi alla spinosa questione del senato e al disegno di legge del “ribelle” Vannino Chiti), Renzi crede veramente di essere il gran capo del partito collaborazionista e di poterlo cambiare a suo piacimento. Sta di fatto, però, che Letta è stato esautorato non tanto dall’esuberante ciarlatano di Firenze, che ha eseguito la sentenza davanti ai media, ma dal suo stesso partito, i cui “dinosauri” restano prudentemente nell’ombra. Questo ci fa capire perché, nonostante Renzi invocasse elezioni politiche per la sua investitura, il suddetto è diventato presidente del consiglio senza elezioni, per volontà dei burocrati del pd. Ciò spiega, altresì, perché i cosiddetti renziani, che fino a ieri erano quattro gatti, oggi sono maggioranza (o quasi). Il bello è che nella realtà non ci sono renziani, bersaniani, lettiani, civatiani, eccetera eccetera, ma solo piddini. Non ci sono stati (e non ci sono) scontri fra “conservatori” e “riformisti”, fra “rivoluzionari” e “reazionari”, se non nella proiezione mediatica esterna, ma vi è sempre unità d’intenti nel servire, fino alle estreme conseguenze, il padrone euroatlantista. Come mi conferma la mia fonte, gli stessi renziani, proliferati in pochi mesi, non sono che mascheramenti per conseguire i due obiettivi prima elencati. I burocrati piddini sanno che possono (e anzi, in certi momenti devono) fingere che ci sia un po’ di maretta nel partito, su temi importanti (legge elettorale, decreto lavoro, riforma del senato) dando la sensazione che il “pluralismo” delle opinioni e la democrazia esistono … e sono nel dna del pd. Dato che il programma politico applicato è unico (deciso nel sopranazionale), lo fanno unicamente per catturare e trattenere il consenso di coloro che, altrimenti, gli volterebbero la schiena disgustati. Ma sanno altrettanto bene che non possono spingersi fino al limite di rottura, proprio perché il confronto interno è una finzione. Così Civati, così Fassina, così tutti i finti oppositori di Renzi.
Ciò che ho rivelato fin qui ad alcuni potrà sembrare ovvio, ma la cosa importante è che mi è stato detto con chiarezza – in via del tutto riservata – da chi conosce bene esponenti del direttivo piddino (e forse della presente o passata segreteria, ma su questo voglio lasciare il dubbio) che con lui parlano e talora privatamente si confidano. Pensate in quale merda un intero popolo, quello italiano, è costretto a sguazzare!  
B. Seconda informazione, riguardante il programma di governo e le “riforme”. Qui viene il bello … e il drammatico per il paese. Gli alti gradi piddini sanno bene che tutto è rimandato a dopo le europee. Una piccola sosta, nella strage sociale, può essere accettata dal padrone o addirittura da lui consigliata, e infatti lo è. Non a caso lo spread sta andando in discesa, con puntate sotto i 160 punti. E’ in discesa “politicamente”, in attesa di ripartire dopo il 25 di maggio, se non si rispetteranno i parametri e i trattati con l’unione. O anche se si rispetteranno a fatica, potrà schizzare ugualmente verso l’alto, perché la posta in gioco delle riforme è altissima. Questo lo pensano i piddini di vertice che si confidano con il mio “informatore” (o “informatrice”, voglio mantenere l’ambiguità). Anzitutto, gli ottanta euro propagandistici, netti e mensili, da erogare ai lavoratori poveri, è certo come la morte che saranno “una tantum”, fino alla fine dell’anno in corso, o poco oltre. Nessun piddino lo ammetterebbe mai in pubblico, ma tutti lo sanno, Renzi e le sue veline compresi. Le coperture in tal caso sono provvisorie e non reggeranno a lungo, soprattutto se dopo le europee si dovranno fare le “riforme”, quelle vere che restano in caldo, quelle richieste dagli euroglobalisti. Nonché rispettare il pareggio di bilancio, alimentare il mes e sottomettersi all’erp dando garanzie per le “eccedenze” del debito oltre il 60% del pil. Ai vertici del pd (direzione, segreteria) sanno che non è nemmeno lontanamente pensabile ricontrattare con successo le regole europoidi, semestre o non semestre italiano di presidenza. Quindi finora hanno mentito sapendo di mentire, come avverte il mio “informatore” (o la mia “informatrice”?). Ed ora i dolori in arrivo per il pubblico impiego. I dipendenti pubblici a rischio saranno – udite, udite! – almeno duecentomila (se non duecento e cinquanta mila), con buona pace per gli ottantacinque mila pensionamenti anticipati 2014 e prepensionamenti annunciati a suo tempo da Madia. Inoltre, l’espulsione dei “vecchi” dal pubblico impiego (non tutti pensionati o prepensionati!), contrariamente a quanto ha cercato di far credere Madia, non libererà posti di lavoro in egual misura per i giovani disoccupati. Neppure lontanamente (e con il blocco del turn over come la mettiamo?). Se questo ancora non bastasse, ci sia avvierà a un blocco praticamente perpetuo delle retribuzioni nel pubblico impiego, che dovranno essere rapidamente compresse (complice lo spread in risalita e la maggior spesa per interessi). Se i dipendenti pubblici sapessero tutto questo, voterebbero alle europee per il pd e per le veline-capolista di Renzi? Sul fronte del lavoro e della contrattualistica nel settore privato, c’è poco da aggiungere a quanto già si sa. Tranne che, mi avverte la mia fonte, il contratto d’ingresso renziano avrà tutele … ben poco crescenti, dando per certa un’ulteriore diffusione della precarietà. Per questo è stato rinviato. Pensionati e precari è certissimo (come la morte, ma purtroppo la loro) che non avranno un emerito cazzo, né il prossimo anno né quello successivo. Nonostante Renzi dica, a poco meno di un mese dalle europee, di voler intervenire a loro favore nel 2015.
Per ora, questo è quanto. E’ tutto ciò che sono riuscito a ricavare dalla mia fonte. Ho cercato di riportarlo al meglio, in modo sintetico ma esaustivo. Se in futuro avrò altre “soffiate”, non mi farò scrupolo alcuno e le pubblicherò su Pauperclass.
Ad infima!
Eugenio Orso

il Parlamento illegittimo non ha titolo per cambiare la Costituzione

CASSAZIONE: ILLEGITTIMI PARLAMENTO E NAPOLITANO! DOPO LA SENTENZA DELLA CONSULTA SULLA LEGGE ELETTORALE, AVREMMO DOVUTO ANDARE AD ELEZIONI IMMEDIATE!

Sentenza clamorosa della Cassazione. Dopo la Consulta, che a gennaio aveva dichiarato incostituzionale l’attuale legge elettorale, arriva il pronunciamento decisivo della Suprema Corte. Che mette nero su bianco una serie di considerazioni che potrebbero portare, secondo gli avvocati che hanno patrocinato la causa, addirittura a una impossibilità da parte del Parlamento a cambiare la legge elettorale
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Sentenza clamorosa della Cassazione. Dopo la Consulta, che a gennaio aveva dichiarato incostituzionale l’attuale legge elettorale, arriva il pronunciamento decisivo della Suprema Corte. Che mette nero su bianco una serie di considerazioni che potrebbero portare, secondo gli avvocati che hanno patrocinato la causa, addirittura a una impossibilità da parte del Parlamento a cambiare la legge elettorale. Insomma, l’Italicum di Renzi potrebbe essere approvato solo a fronte di nuove elezioni. Gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani, in una lettera al presidente della Repubblica, scrivono: “Vorremmo attirare la Sua attenzione sulla importantissima recente sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, n. 8878/14 del 4 aprile 2014, nella quale, con l’efficacia del “giudicato erga omnes ” è stato accertato e dichiarato che “…i cittadini elettori non hanno potuto esercitare il diritto di voto personale, eguale, libero e diretto secondo il paradigma costituzionale, per la oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, a causa del meccanismo di traduzione dei voti in seggi, intrinsecamente alterato dal premio di maggioranza disegnato dal legislatore del 2005, e a causa della impossibilità per i cittadini elettori di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento…”.
Dopo questa premessa, arriva la parte decisiva: “Il principio di continuità dello Stato non può legittimare fino alla fine della legislatura le Camere elette in violazione della libertà di voto e che sono il frutto della grave ferita inferta “alla logica della rappresentanza consegnata dalla Costituzione”. Ciò comporterebbe una grave violazione del giudicato costituzionale e di quello della Corte di Cassazione, nonché una persistente inammissibile violazione della Costituzione. Si tratta di pronuncia che è destinata a spiegare i propri effetti proprio per il futuro e che, quindi, non può essere ignorata, poiché ha accertato con forza di giudicato l’avvenuta violazione del diritto di voto di tutti gli elettori italiani, non soltanto dei ricorrenti. Ne consegue che l’attuale Parlamento, stante ” la oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica”, non ha alcuna legittimazione democratica per apportare modifiche alla vigente Costituzione, né per  modificare la legge elettorale risultante dalla sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale. Auspichiamo, pertanto, che Lei, preso atto dell’ineludibile giudicato e dell’obbligo giuridico di darvi pronta attuazione, promuova gli atti necessari affinché il Popolo Italiano sia finalmente messo in grado di “esercitare il diritto di voto personale, eguale, libero e diretto secondo il paradigma costituzionale”.
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La Cassazione: il Parlamento è incostituzionale #Napolitanoacasa



“Il Parlamento e Napolitano sono anti costituzionali. La Cassazione dà ragione al M5S sull’incostituzionalità del Parlamento dopo la sentenza n.1/2014 ammazza Porcellum della Consulta, allo stesso tempo ci dà ragione sull’obbligo costituzionale, disatteso da Napolitano, di sciogliere le Camere in tempi brevi. In sostanza la Suprema Corte, nella sentenza promossa contro il Porcellum e dalla stessa rimandata alla Consulta, sostiene il concetto più volte ribadito dal M5S che se le Camere sono state elette con una legge incostituzionale, allora esse devono essere rimosse e sostituite. E ciò perché il principio di continuità degli organi costituzionali può consentire una dilazione dei tempi dello scioglimento per consentire alle Camere, per esempio, di modificare proprio la legge elettorale; non consente però di portarle avanti fino alla fine naturale della legislatura. Il titolare, però, del potere di effettuare tale valutazione è il Capo dello Stato. Scalfaro avrebbe sicuramente sciolto, Napolitano da monarca qual è, è del tutto insensibile su questo tema. L’Italia deve tornare ad essere un Paese democratico, dove la sovranità appartiene al popolo. Napolitano, ormai garante solo della casta, se ne deve andare subito a casa, non prima di aver sciolto le Camere.”Danilo Toninelli, cittadino portavoce M5S alla Camera

il governo demagogo del Pd senza nessuna idea su un piano energetico per L'Italia

South Stream, governo italiano congela progetto, a G7 punterà su Tap e Itgi

di Alberto Sisto

ROMA, 30 aprile (Reuters) - Il governo italiano non sosterrà al prossimo G7 energetico il progetto South Stream, il gasdotto dalla Russia e sotto il Mar Nero in cui è coinvolto il colosso energetico pubblico Eni, per assicurare l'indipendenza energetica europea ma sponsorizzerà per il corridoio Sud il Tap (Trans adriatic pipeline) e l'Itg (Interconnesione Turchia, Grecia e Italia) Che vede come capofila Edison.
Lo ha riferito una fonte governativa aggiungendo che il South Stream "non è stato messo solo in frigorifero, ma nel congelatore dal governo italiano, anche per le fortissime pressioni americane".
Eni ha una quota del 20% nel progetto insieme a Gazprom (50%), ai francesi di Edf e ai tedeschi di Winteshall.
Ieri Gazprom e la società austriaca Omv hanno sottoscritto l'accordo per far arrivare in quel paese lo sbocco del South Stream che una volta riemerso dal Mar Nero risalirà i Balcani verso l'Austria attraversando Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovenia.
La Omv era a capo del consorzio concorrente al Tap, il Nabucco, che ha partecipato, perdendo, alla gara per realizzare l'infrastruttura che porterà il gas azero in Europa.
Il G7 energetico si terrà a Roma la prossima settimana a partire da martedì 6 maggio.

uno dei modi per reperire mercenari della Rivoluzione a Pagamento in Siria da parte dell'Arabia Saudita

Cronache dalla guerra in Siria
ITALIA – Roma 30/04/2014. Un interessante racconto quello di Misfer un ragazzo saudita che si era recato in Siria nei primi mesi dell'anno per combattere a fianco dei ribelli.

Ha solo 17 anni, è stato influenzato da uno dei tanti siti internet che utilizzano testi religiosi per convincere i giovani che unirsi alla lotta, al seguito dei gruppi che combattono ormai da tre anni contro Bashar al-Assad sia un dovere religioso. Parla della sua esperienza in una trasmissione al-Thamina ma Dawood, popolare talk show di una tv saudita.
La notizia viene riportata dall'agenzia al-Arabiya che cita alcuni spezzoni delle dichiarazioni del ragazzo: "La mia decisione di intraprendere il viaggio in Siria è giunta dopo aver trovato su internet alcune istruzioni di Sheikh Arour sulla necessità di andare a combattere. L'impatto è stato forte e ho deciso di partire" ha detto Misfer, allontanatosi senza l'approvazione dei suoi genitori "ho prenotato un volo da Jeddah a Antakya e ho poi pagato per attraversare la frontiera turca giungendo in Latakia, dove mi sono unito con altri combattenti sauditi e siriani".
Il gruppo al quale Misfer è stato assegnato aveva il compito di assistere e trasportare i feriti, alcuni dei quali aggiunge quasi con stupore, erano abituali consumatori di alcolici. Casualmente, durante la sua permanenza, ha sentito in una trasmissione televisiva al-Shirian una intervista in cui parlava sua madre che piangeva e che chiedeva alle autorità di intervenire per punire coloro che utilizzano metodi impropri per convincere questi giovani a partecipare ad una guerra che non gli appartiene. Dopo questo fatto il ragazzo voleva tornare a casa, ma temeva per le punizioni che gli sarebbero state inflitte nel suo paese. "Ci sono un sacco di sauditi che desiderano tornare, ma hanno paura di essere torturati in Arabia Saudita, alla fine ho ceduto e sono tornato; ero scioccato quando un team di medici mi ha accolto in aeroporto e mi hanno accompagnato in albergo " ha continuato Misfar. "Tutti coloro che incitano al jihad in Siria sono bugiardi. L'esercito libero siriano porta donne e fa uso di alcol, il Fronte Al- Nusra finge di essere onesto, io non mi sentivo a mio agio e li ho abbandonati".


Era gennaio quando Al- Shirian ha ospitato la madre di Misfer, che tra le lacrime esprimeva la sua angoscia per il coinvolgimento del figlio nel conflitto. Nella trasmissione viene inoltre sottolineato che vi sono varie figure religiose che utilizzano il web per reclutare giovani sauditi a combattere a fianco dei jihadisti. L'accusa ha infastidito alcuni predicatori tra cui Sheikh Mohammed al-Arifi, un influente predicatore saudita, che ha respinto le critiche affermando che l'intervista era preparata e che la società saudita non è così ingenua da essere ingannata con questi tentativi di contaminazione. Arifi è uno dei tanti studiosi che chiamano per il jihad in Siria e nel giugno dello scorso anno la sua modalità di arruolamento in "in ogni modo possibile" ha suscitato non poche polemiche durante una riunione di dotti musulmani al Cairo. Una settimana dopo era a Londra, secondo le sue affermazioni per un viaggio d'affari, ma i sospetti che la sua presenza nella capitale britannica avesse ben altri scopi è elevata.
È da tempo che questo problema è stato sollevato e che sta creando una situazione di allarme anche in Europa, anche come terrorismo di ritorno. Questa è solo una delle conferme che questi gruppi sono sempre più organizzati e utilizzano tutti i mezzi a disposizione per espandere la rete di arruolamento al seguito di uno Sheikh capace di spingere a livello emozionale la chiamata alle armi dei giovani musulmani al "jihad", per combattere una guerra che direttamente non gli appartiene.

giovedì 1 maggio 2014

uscire dall'Euro si può e si deve

Borghi: "Così l'Italia uscirà dall'euro"

Il professor Borghi al Giornale.it: "Bisogna recidere la catena che ci tiene bloccati". E teorizza l'uscita dalla moneta unica. Sostieni il reportage Europa ribelle

Tra le proteste della sinistra radicale e le minacce dei centri sociali, venerdì scorso Claudio Borghi Aquilini era a Reggio Emilia, insieme al segretario della Lega Nord Matteo Salvini, a presentare il "Basta €uro Tour". "Da quando abbiamo iniziato a portare in giro per il Paese questo tour - spiega l'economista - è continuato a crescere l'entusiasmo della gente che vuole capire cosa sta succedendo".
Professore incaricato all'Università Cattolica di Milano, Borghi ha deciso di impegnarsi in prima persona alle elezioni europee di fine maggio: sarà, infatti, candidato indipendente per il Carroccio. E, al fianco di Salvini e dei lumbard, si impegnerà ad andare all'Europarlamento per rompere il giogo dell'unione monetaria. "Da quando si tengono le elezioni europee, tutti i partiti che si presentano agli elettori dicono di voler cambiare l'Europa - continua l'economista - peccato che dagli inizi degli anni Ottanta l'Europa sia sempre cambiata in peggio perché nessuno ha mai affrontato il cuore del problema, vale a dire la gestione accentrata dell'economia attraverso l'imposizione dei cambi fissi prima e l'euro poi, uno strumento che si è rivelato mortale in quanto metodo di governo per riuscire a mettere in difficoltà alcuni Stati in favore di altri".
Professor Borghi, quali sono i vizi dell'unione monetaria? 
"L'euro è uno zaino dello stesso peso che, però, viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa. Non è uguale per tutti. Per chi è più leggero e agile, è uno strumento che lo svantaggia incredibilmente; per chi è più grande e massiccio, è un forte vantaggio relativo."
La Lega è davvero pronta a dire basta a questo meccanismo? 
"Per una volta tanto andiamo al cuore del problema. Non si tratta di un programma vago in cui ci si propone di battere i pugni sul tavolo per far sentire la propria voce o per chiedere riforme. Noi puntiamo a recidere la catena che ci tiene bloccati."
Come risponde a quegli europeisti convinti che, pur di scongiurare l'addio all'euro, dipingono fantasiosi scenari apocalittici? 
"Sono persone che lavorano troppo di fantasia. E per questo, purtroppo, sono in vantaggio. Mi rendo conto che le mie valutazioni rischiano di essere meno affascinanti rispetto al panorama di morte, distruzione e terrore che viene messo in scena da questi signori. Però la teoria economia e il buon senso dicono che si può e si deve uscire dall'euro."
Per ottenere un vero cambiamento, bisogna avere i numeri. Salvini si è mosso in questa direzione sottoscrivendo un'alleanza col Front National di Marine Le Pen. Riusciranno ad andare fino in fondo? 
"Qualora riuscisse il miracolo che si realizzasse un parlamento a maggioranza euroscettica, probabilmente la Germania se ne andrebbe risolvendo il problema nella maniera più semplice. Se a un giocatore che sta vincendo al poker barando viene puntata la pistola alla tempia, può anche essere che questo pensi di andarsene pur di portare a casa quanto è riuscito a vincere. Viceversa, se nessuno obietta e tutti lasciano fare, allora quel giocatore andrà avanti a vincere barando. Cercare alleanze in Europa fa, dunque, parte di un punto cruciale della nostra strategia. Strategia che avrebbe potuto rivelarsi vincente pure in Italia."
Nel suo ultimo libro, George Soros ha calcolato che nonostante la crisi economica la Germania sia riuscita a guadagnare oltre 100 miliardi di euro mentre altri Paesi dell'Eurozona andavano gambe all'aria. Davanti a questo furto, però, partiti con Scelta civica o Ncd rispondono che "per salvare l'Europa ci vuole più Europa". Non è un controsenso? 
"Effettivamente, dinnanzi al disastro creato dall'euro numerosi economisti italiani non sanno far altro che proporre più Europa, come accorgersi di essere sul punto di morire per avvelenamento e scegliere di prendere altro veleno. Succede proprio in Italia dove il dibattito è ammorbato da queste bugie. Probabilmente chi gestisce un partito preferisce conservare uno 0,5% piuttosto che perdere qualche elettore per strada dicendo la verità."
L'Europa però si sta svegliando... 
"Proprio così. In Francia, per esempio il Front National punta a essere il primo partito con un programma assolutamente aderente a quello portato avanti dalla Lega Nord. Chi vota la Le Pen non è assolutamente di destra, ma ci troviamo di fronte a un elettorato trasversale stufo di questa Europa."
Grazie a Gli occhi della guerra ilGiornale.it sarà in Inghilterra per raccontare l'exploit dello UK Independence Party. In caso di vittoria Farage punterà a portare gli inglesi fuori dall'Unione europea. Come si pone davanti all'uscita dalla Ue?
"Troppo spesso viene montata ad arte una certa confusione tra euro e Europa. Chi vuole contrastare l'euroscettismo, tende a far credere che essere contro l'euro significhi anche essere contro l'Europa. In realtà, così non è. Tuttavia, bisogna capire quale Europa perché un'Europa che va contro gli interessi dell'Italia, come probabilmente Farage pensa che sia nei confronti dell'Inghilterra, a noi non piace. Fino ad oggi i tedeschi hanno seguito proprio questo modello facendo solo ed esclusivamente i propri interessi. Se Bruxelles continua a sfornare leggi che indeboliscono la piccola e media impresa e avvantaggiano l'industria tedesca, allora non ci interessa nemmeno l'Europa."
In molti vi accusano di essere isolazionisti... 
"Stupidaggini! Che non si pensi che in Svizzera sia impossibile andare a studiare all'estero o avere le pesche o che non ci sia il roaming dei telefonini! L'associazione e il coordinamento degli Stati europei possono essere serenamente portati avanti senza l'euro, che è uno strumento di divisione, e senza quelle prevaricazioni che vanno a vantaggio esclusivamente di un Paese."
Negli ultimi anni è sicuramente venuto a mancare un coordinamento volto a contrastare l'emergenza immigrazione...
"Tra un po' dovremo affrontare un problema ancora più dannoso, cioè l'emigrazione. Se la disoccupazione salirà ancora, tanti giovani italiani saranno costretti ad andarsene. Il governo dovrebbe occuparsi di questo disagio perché ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di lavorare qui e non vedersi costretto a cercare fortuna in giro per il mondo. Il problema delle frontiere e molto più complesso e passa inevitabilmente dal rendere il Paese sempre più attraente. La gestione dell'immigrazione è classico esempio di legiferazione a danno dell'Italia. In quanto Paese di frontiera, dobbiamo sottostare a regole assurde di accoglienza ma non siamo in grado di gestire autonomamente questo flusso."
Non tutti gli immigrati si fermano in Italia... 
"L'Italia fa da filtro. L'immigrazione migliore, fatta di persone che vogliono lavorare, persegue verso i Paesi del Nord. Qui da noi rimane solo quella peggiore, fatta di delinquenti. Insomma, il lavoro sporco è come sempre nostro, mentre i vantaggi vanno ad altri."
Tornando all'economia, come il mandato della Bce rispecchia un'Europa per nulla vicina ai cittadini? 
"Alla Bce è stato dato un solo mandato: mantenere basso il livello di inflazione. Un problema molto relativo che è stato assurto a concetto base. Ma se si guarda a quello che potrebbe essere un successo (un tasso del 2% per tutta l'Eurozona), in realtà a livello locale la situazione è ben diversa. Il fatto che ci sia una scarpa che sia uguale per tutti quando i numeri dei piedi sono differenti, fa capire quanto non funzioni questa Europa."
IlGiornale.it ha chiesto ai lettori di sostenere col crowdfunding il reportage Europa ribelle. L'operazione sta riscuotendo successo perché la gente inizia a voler capire. Ha notato lo stesso interesse in giro per il Paese? 
"Da parte mia sono favorevolissimo alla vostra iniziativa che sosterrò per quanto mi sarà possibile. Ancora oggi c'è tantissimo che non viene detto e, per questo, quando giro per l'Italia trovo sale strapiene di gente che viene a sentir parlare di economia. Questo deficit di conoscenza non può essere colmato con le battute nei talk show. Si tratta, infatti, di argomenti spinosi che devono essere spiegati a parole e visti con immagini. Pochissimi fanno vedere cosa succede in Grecia, pochissimi fanno vedere come sta aumentando la disoccupazione in Francia. Questo perché c'è una informazione di regime che tramuta qualsiasi tipo di notizia, anche male interpretata ma che può essere vista come positiva, come un trionfo dell'Europa."
Chi tira i fili in questa operazione?
"In primo luogo c'è chi ha un interesse diretto. Se il nostro vicino ha qualcosa che ci piace, di sicuro non gli auguriamo il successo ma speriamo in un rovescio economico per potergliela comprare per un tozzo di pane. I Pesi europei più ricchi hanno industrie interessate alle ricchezze italiane. E, guarda caso, sono gli stessi che pagano l'informazione. In secondo luogo ci sono quelli che inizialmente in buona fede hanno spinto per entrare in Europa e che ora, davanti allo sfacelo, sono prigionieri dei propri errori. Non ammetteranno mai di aver sbagliato. E tantomeno chiederanno mai scusa."

grazie al popolo francese e a le Pen

MARINE LE PEN SI LEVA UN SASSOLONE DALLA SCARPA E SEPPELLISCE BEPPEMAO CHE NON HA VOLUTO L’ALLEANZA CON IL “FRONT NATIONAL”: “GRILLO È UN OPPORTUNISTA. NON LOTTA CONTRO IL SISTEMA, VUOLE SOLO STRAPPARE VOTI ALLA SINISTRA”

“Grillo ha una visione distorta e contraddittoria della realtà. È un politico senza basi. Un giorno si scaglia contro la corruzione, un altro contro l’Europa, non ha una visione globale. Per questo resterà il leader di un movimento di protesta e non guiderà mai un governo”…

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Gian Micalessin per ‘Il Giornale
«Perché Grillo non lotta insieme a noi contro l’Europa? Voi italiani ormai dovreste averlo capito. È solo un opportunista». Marine Le Pen ti guarda e sorride divertita. «Non ve ne siete ancora resi conto? Quello non lotta contro il sistema, punta solo a conquistare l’elettorato di sinistra. Ricordate una sua presa di posizione concreta sull’immigrazione? No perché non esistono.
Questa è la sua grande contraddizione. Tuona contro il sistema ultraliberista, ma non racconta che l’immigrazione serve ad abbassare i salari ed è funzionale al grande capitale. Racconta di essere contro banche e multinazionali, ma si guarda bene dallo spiegare che l’immigrazione fa gli interessi di chi delocalizza e abbassa gli stipendi senza neppure trasferire le aziende all’estero. Grillo ha una visione distorta e contradditoria della realtà. È un politico senza basi. Un giorno si scaglia contro la corruzione, un altro contro l’Europa, non ha una visione globale. Per questo resterà il leader di un movimento di protesta e non guiderà mai un governo».
A differenza dell’italiano che le ha detto «no» rifiutando di allearsi con lei a Bruxelles la signora Marine Le Pen è convinta di esser la portabandiera di un’alternativa capace di cambiare non solo la Francia, ma l’intera Europa. E la decisione di aprire la campagna elettorale per le europee del 25 maggio in questo piccolo villaggio di pescatori del dipartimento della Somme, nell’estremo nord della Francia, è il simbolo di questa convinzione.
La figlia d’arte diventata la leader incontrastata del Front National e la grande intrusa della politica francese stringe le mani ai pescatori, abbraccia le ragazze all’uscita del bistro, ascolta una a una le bionde signore galliche venute a raccontarle i loro problemi. «Sono qui perché i pescatori come chiunque svolge un mestiere tradizionale, sono le grandi vittime dell’Europa.
I pescatori e i cacciatori a differenza di quanto raccontano da anni gli euroburocrati di Bruxelles non sono i nemici dell’ecosistema, ma i loro grandi difensori, anche perché loro campano di quello. Le cosiddette normative ecologiche di Bruxelles li hanno gettati sul lastrico e ci stanno condannando a vivere in un continente malato».
Uno sguardo irriverente e un sorriso divertito sottolineano ogni cavalcata politicamente scorretta di questa donna terre¬moto decisa a far tremare la Francia. «Sono qui per vincere – spiega al Giornale- sono qui per cambiare questo Paese. A queste elezioni prenderemo tra il 23 e il 25 per cento dei voti. Ma non ci fermeremo qui. Tra dieci anni saremo al potere e allora cambieremo veramente la Francia». EppuRe quella in cui si muove oggi è la quintessenza della Francia. Qui si vende il sidro, qui i tra i campi di mimosa e i tetti di ardesia campeggiano i monumenti ai caduti di una battaglia carneficina simbolo della resistenza agli austroungarici durante la prima guerra mondiale.
Ma è proprio questa Francia profonda che Marine vuole risvegliare. La Francia dei contadini, degli operai, dei pescatori. La Francia senza voce e senza più lavoro. La Francia sfiduciata ritiratasi a covar rabbia dietro queste facciate di mattoni ancora pulite e dignitose. «Crediamo in te perché sei diversa dagli altri politici, sei una di noi» – le urla Valery sporgendosi dal banco di una pesche¬ria su cui campeggiano cozze, gamberi e molluschi rimasti in¬venduti a pomeriggio inoltrato. Marine le afferra la mano. Sorride ai pochi giornalisti.
«Ormai siamo gli unici a rappresentare chi è stato abbandonato dalla politica e dal grande capitale, chi viene scaricato perché non garantisce profitti, chi viene abbandonato perché non è funzionale all’Europa. Per questo pur di farci tacere le provano tutte. Provano a chiamarci razzisti, provano a metterci addosso la caricatura degli estremisti di destra, ma la verità è che hanno paura di noi perché siamo i soli a minacciare il sistema e l’Unione Europea. Grazie ai nostri successi e a quelli dei nostri alleati, come Geert Wilder in Olanda, a Bruxelles nascerà uno schieramento decisivo, una minoranza in grado di bloccare e contrastare tutte le decisioni dell’Europarlamento».

come sempre la 'Ndrangheta aggiusta con i giudici e nei processi

Ndrangheta, Reggio: scarcerato Cosimo Morabito
La I Sezione della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria nei confronti di Cosimo Morabito, disponendone l’immediata scarcerazione.Morabito, imputato nell’ambito del processo “Lancio-Reggio Nord” per associazione a delinquere e procurata inosservanza di pena, e’ considerato dall’accusa uno dei fiancheggiatori del boss Domenico Condello, detto “u pacciu“.
Morabito aveva ottenuto già un primo annullamento, con rinvio, del provvedimento del Tdl reggino, che aveva rigettato la richiesta di riesame avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip. In sede di rinvio, il giudice del riesame aveva pero’ confermato il giudizio di gravita’ indiziaria a carico di Morabito, sostituendo la misura carceraria con gli arresti domiciliari. Contro tale statuizione Cosimo Morabito, difeso dall’avvocato Michele Albanese, ha riproposto ricorso per Cassazione, ottenendo questa volta l’annullamento senza rinvio, e la scarcerazione immediata. Il processo “Lancio-Reggio Nord” e’ in avanzata fase dibattimentale, la prossima udienza e’ fissata per il 5 maggio.

Venezuela, si aumentano i salari per tutti

Venezuela: il copione ucraino non funziona

Per qualche tempo le crisi ucraina e venezuelana sono state raccontate parallelamente dal mainstream. Entrambe rappresentate come la smania popolare di libertà da regimi oppressivi e corrotti. Ognuna con le sue sfumature: Kiev “prigioniera” dell’invadenza di Mosca tramite i suoi fedelissimi. Caracas annichilita dallo “strapotere” chavista. Sullo sfondo, chiaramente percepibile, una sorta di “maccartismo del terzo millennio”: il “nemico”, per i Paesi occidentali, è facilmente rappresentato in bandiere rosse, da una parte all’altra del globo.
Ma ora, dopo avere percorso affiancate un tratto di propaganda, le strade di Venezuela e Ucraina si sono divise. Kiev ha “scelto” – per mano delle bande sponsorizzate da Ue e Usa - di entrare nell’orbita occidentale, anche se Putin non ha certo fatto passi indietro e ha di fatto “riportato a casa” la Crimea. A Caracas, invece, con gran scorno dei democratizzatori al di là e al di qua dell’Atlantico, le cose sono andate e vanno diversamente.
Le organizzazioni “made in Usa” non sono riuscite a replicare il successo ucraino. La differenza fondamentale sta nel substrato: quello ucraino, socialmente disgregato e minato da un governo corrotto esattamente come predecessori e successori, ha reso agevole il colpo di Stato, ovviamante mai definito in questo modo dalle cancellerie occidentali. Il Venezuela è ben diverso. Tredici anni di Rivoluzone bolivariana hanno trasformato il Paese, che anche se estremamamete polarizzato dalla battente propaganda antigovernativa dei media privati (ancora la maggioranza nel Paese), non ha ceduto di fronte alle violenze di strada, né agli attacchi politico-mediatici della comunità internazionale. Ed è riuscito a portare al tavolo del dialogo gran parte delle opposizioni politiche, le stesse che hanno soffiato sulle “guarimbas”, le azioni di teppismo di strada, messe in atto da gruppi che si definiscono studenteschi ma che in realtà sono organizzazioni sostenute a finanziate da Washington, come dettagliatamente spiegato anche pochi giorni fa da Eva Golinger, giornalista e avvocato venezuelano-statunitense, in un articolo pubblicato su suo blog Postcards from the Revolution (http://www.chavezcode.com). La Golinger afferma (l’articolo si trova a questo link diretto in inglese e spagnolo) che secondo la sua ultima relazione pubblica del 2013, la Ned (National Endowment for Democracy, una delle agenzie con cui gli Usa finanziano i gruppi politici filo-statunitensi) ha destinato più di 2,3 milioni di dollari a gruppi e progetti dell’opposizione venezuelana. Di questa cifra 1.787.300 milioni di dollari sono stati indirizzati direttamente a gruppi oppositori in Venezuela, mentre altri 590.000 dollari a gruppi regionali che lavorano con l'opposizione venezuelana. Più di 300.000 dollari sono stati destinati agli sforzi per sviluppare una nuova generazione di giovani leader che si contrappongono al governo di Nicolás Maduro. Tra questi gruppi c’è Forma, organizzazione legata al banchiere venezuelano Óscar García Mendoza, che attraverso il suo Banco Venezolano de Crédito fa giungere il flusso dei dollari della Ned e dell’Usaid ai gruppi oppositori come Súmate, Cedice, Sin Mordaza, Observatorio Venezolano de Prisiones e, appunto, Forma. Altra gran parte dei fondi stanziati dalla Ned per l’anno 2013-2014 è stata investita in iniziative e gruppi che lavorano con l’ambiente mediatico: Espacio Público, Instituto Prensa y Sociedad (IPYS), Sin Mordaza e GALI.
Non è un caso, fa notare Eva Golinger, che nell’ultimo anno si è assistito in Venezuela a una campagna informativa senza precedenti volta a screditare il governo di Maduro. Il tutto in piena e palese violazione della  Ley de la Soberanía Política y Autodeterminación Nacional (Legge della Sovranità Politica e Autodeterminazione Nazionale), legge varata a fine del 2010 con la quale si proibisce il finanziamento estero a gruppi con finalità politche nel Paese. Emerge chiaramente che, come accade fin dal 2001, il governo statunitense continua a finanziare i tentativi di destabilizzazione in Venezuela. Tentativi regolarmente respinti dai governi bolivariani, evidentemente ben più forti e legittimi di quello che in Ucraina è stato di recente spodestato con le stesse metodiche che si è cercato di applicare al Venezuela. Ma dopotutto a Kiev c’era stato il precedente della “Rivoluzione arancione”, sviluppata sul modello di Otpor, il gruppo ispirato dalle teorie di Gene Sharp che facilitò la caduta di Milosevic in Serbia, poi esportato con successo proprio in Ucraina nel 2004 e successivamente in altri Paesi. Venezuela compreso.
È un cerchio che si chiude. Ma, come detto, ai medesimi copioni non corrispondono gli stessi finali. A Caracas le “rivoluzioni colorate” non attecchiscono, soprattutto grazie al supporto popolare dei governi che dal 1999 si susseguono nel Paese. E così anche stavolta le “manitas blancas” non sono riuscite a sovvertire un governo democraticamente eletto.  Maduro, uscito vincitore dalle elezioni di un anno fa, è riuscito a portare al dialogo le opposizioni, le stesse che lo avevano rifiutato all’inizio delle proteste, pensando probabilmente che, visti gli accadimenti in Ucraina, fosse la volta buona per prendere il potere con un colpo di mano.
Il dialogo formale tra governo ed opposizione è iniziato il 10 aprile e finora ci sono stati tre incontri. Nel discorso di apertura del Dialogo, Nicolás Maduro ha ricordato i fatti dell’aprile 2002, il golpe poi fallito ai danni dell’allora presidente Hugo Chávez, e criticato le proteste di oggi definenedole «guarimbas», cioè azioni violente ideate per cambiare il governo in modo non costituzionale. Azioni parte del progetto denominato dagli organizzatori delle proteste “La Salida” (“L’Uscita”), cioè l’uscita dalla scena politica di Maduro e del chavismo, che sarebbero stati sostituiti dall’opposizione di centrodestra. «Qui non ci sono negoziazioni né patti, quello che dobbiamo cercare in questa rotta è un modello di tolleranza mutua» ha affermato il presidente della Repubblica Bolivariana, che ha anche ha sottolineato che non è stato facile arrivare a sedersi a parlare di pace, perché alcuni settori dell’opposizione contiuano a fare pressioni perché proseguano le azioni violente con le quali da otto settimane cercano di destabilizzare il Paese. Mentre infatti la MUD, la Mesa de la Unidad Democrática, rappresentata dal governatore dello stato Miranda e ex candidato alla presidenza per l’opposizione, Henrique Capriles Radonski, partecipa al Dialogo, altri leader politici, dirigenti studenteschi e “difensori di diritti umani” che hanno incendiato le strade del Venezuela non si sono seduti al tavolo col governo. Si tratta, tra gli altri, di coloro che hanno spinto e supportato l'iniziativa “La Salida”: Leopoldo López, di Voluntad Popular (in carcere); Antonio Ledezma, di Alianza Bravo Pueblo; María Corina Machado, a capo di Súmate; Gaby Arellano e Juan Requesens del movimento studentesco e Alfredo Romero del Foro Penal Venezolano. Insistono che non ci sono motivi per comunicare con l’esecutivo, accusato di tenere sotto sequestro alcuni sindaci e Leopoldo López (tutti accusati di avere organizzato, incoraggiato e fomentato le proteste violente) e di avere arbitrariamente privato dell’immunità parlamentare María Corina Machado, la signora che si è recata lo scorso 20 marzo all’Osa (Organizzazione degli Stati Americani) dopo che Panama la aveva nominata “rappresentante alternativa” del Venezuela. Un atto in aperta violazione della Costituzione venezuelana.
Il Dialogo inaugurato il 10 aprile è un tentativo di coinvolgere nella pacificazione nazionale venezuelana anche gli attori regionali, dimostrando l’importanza dell’unità latinoamericana. La seconda tavola rotonda, infatti, è stata tenuta alla presenza dei ministri degli Esteri di Ecuador, Colombia e Brasile, e anche del nunzio apostolico Aldo Giordani, oltre che con i membri della MUD in rappresentanza dell’opposizione venezuelana. Arrivati al terzo incontro fra governo a opposizione, gli “irriducibili” continuano però ad affermare che la MUD non rappresenta i reali protagonisti delle proteste contro il governo Maduro e sostengono che se al tavolo del Dialogo non parteciperà una rappresentanza degli studenti questo non porterà alcun risultato. Si tratta dei settori studenteschi legati a Voluntad Popular di López e alla deputata Machado, che pretendono dal governo la liberazione di tutti quelli che definiscono «prigionieri politici» e «la piena libertà per le 2.408 persone che oggi sono intimorite attraverso i provvedimenti di presentazione periodica» di fronte alla Giustizia. Nella seconda riunione tra opposizione e governo, tuttavia, l’esecutivo ha escluso la possibilità di una legge di amnistia per i detenuti pur accettando la revisione di alcuni casi.
Il Movimiento Estudiantil (Movimento Studentesco), in un comunicato reso noto qualche giorno fa ha ribadito dal canto suo che non parteciperà alle riunioni, mentre il presidente de la Federación de Centros Universitarios de la UCV y de la Confederación Nacional de Estudiantes Universitarios, Juan Requesens, ha affermato che in ogni caso «il dialogo non presuppone la fine delle proteste nelle strade. Gli studenti continueranno a mobilitarsi, esigendo i loro diritti e una vita migliore per i venezuelani». La scuola di Sharp, insomma, mantiene fedeli i suoi adepti e non smette di sperare in un finale ucraino, magari agevolato dalla crisi economica e dal problema della sicurezza. Non è un caso che, parallelamente al Dialogo, il governo bolivariano ha avviato in questi giorni la seconda fasa dell’offensiva volta a contrastare la “guerra economica” con la quale da più di un anno i settori legati al capitale e alla finanza straniera cercano di destabilizzare il Paese con l’accaparramento dei beni di prima necessità e l’aumento indiscriminato dei prezzi.
Il progetto ha tre obiettivi basilari: l’impulso della produzione e degli approvvigionamenti e la difesa dei prezzi equi. Mentre dal 25 aprile, come parte del Plan Patria Segura, sono stati dispiegati 120mila funzionari della Guardia Nacional in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle 20 aree con il maggior tasso di violenza. Caracas lavora per mantenere salda la Rivoluzione bolivariana e risolvere i problemi oggettivi che ne minano il cammino. Fu lo stesso leader bolivariano Hugo Chávez a indicare nell’insicurezza e nella corruzione i principali problemi del Paese e a tracciare nel Plan de la Patria col quale si presentò alle elezioni del 2012 le linee fondamentali per affrontarli. Nicolas Maduro, in occasione del primo incontro del Dialogo nazionale ha riaffermato che in Venezuela ci sono certamente problemi, «quelli naturali e quelli indotti», ma ci sono scenari su cui dibattere di qualunque circostanza. E soprattutto il futuro del Venezuela non sarà scritto da chi ha pensato che la Rivoluzione Bolivariana fosse morta assieme al suo leader: «Ci sono settori che hanno creduto che con la morte del Comandante Chávez la rivoluzione sarebbe implosa – ha affermato Nicolas Maduro -  (Ma) attraverso giudizi sbagliati coloro che hanno convocato “La Salida” hanno fatto stime sbagliate.»
Alessia Lai

mercoledì 30 aprile 2014

Costanzo Preve un grande Maestro


Difficile è ri-orientare il proprio atteggiamento mentale gestaltico dopo che per anni si è sviluppato un metodo per leggere la realtà su strumenti destra/sinistra.

Lo dimostra lo stesso "destra e sinistra" di Noberto Bobbio che ad un certo punto della sua vita ha dovuto necessariamente fissare i termini che giustamente la realtà mandava e manda in soffitta. Una necessità necessitata.

Per riuscire nell'orientamento gestaltico è necessaria base di partenza un'onestà intellettuale. Tra noi possiamo dirlo, una dote rara anche fra teorici ed esperti in testi marxisti.

Poi ci possono riuscire due tipologie di persone, o giovani che devono ancora assimilare concetti e metodi di analisi usuali e quindi pronti e disponibili ad usare teorie e modalità diverse di approccio (Diego Fusaro).

L'altra tipologia è quella che padroneggia in maniera egregia la materia e fatto un percorso formativo, completo, constatando la incapacità di riportare i dati esperenziali in una teoria o in un percorso teorico esistente è necessitato a scoprire nuovi terreni, ararli e capire quali semi possono fruttare al meglio in quel contesto (Costanzo Preve)

Noi allievi diligenti non abbiamo altro compito che studiare, applicarci, capire e implementare questo grande cambiamento gestaltistico.

Ci sono teorici che rispetto al fatto che si è mandato in soffitta gli strumenti destra/sinistra invece di capire l'origine e la motivazione di questo avvenimento si sono inventati, era ed è più facile il concetto di rossobruno. Costanzo Preve percorre la nascita, Rivoluzione borghese del 1789, il percorso e il tramonto, della destra/sinistra, facilitando in questo modo, chi vuole capire del superamento di questi strumenti. 

Noi confermiamo e l'abbiamo già scritto in http://www.progettoalternativo.com/2014/01/domina-soltanto-chi-e-in-possesso-della.html 
"Hollande vuole l'Euro, Marine le Pen non vuole l'Euro se io fossi in Francia avrei votato Marine le Pen non dimenticando l'interezza del suo programma di cui potrei condividere una parte, ma non il tutto ma Marine le Pen NON VUOLE L'EURO".

Quindi Costanzo Preve non è il solo che decise per il Fronte Nazionale di Marine le Pen, anche io lo condivido, non mi sento rossobruno, non mi da fastidio questo appellativo.
Non mi fa ne caldo ne freddo, le idee, le convinzioni mi restano inalterate, costato solo che non si fa nessunissimo sforzo per adeguare la lettura della realtà, si applicano pedissequamente schemi prefissati.
Non ha importanza i fatti spazzeranno via chi non è all'altezza del compito. Solo se si è capaci di interpretare la realtà si ha la possibilità di andare avanti. 

Il nemico principale in politica è il liberalismo, la società capitalistica di mercato. In Italia il partito che lo sostiene è il Pd, con il cespuglio Sel. Con Rifondazione Comunista e gli altri microcosmi che oscillano tra l'attrazione/repulsione verso il Pd, in un eterno balletto inconcludente.

In Europa la società capitalistica di mercato ha trovato nel progetto politico dell'Euro lo strumento per limitare i diritti e i salari di chi lavora, eliminare lo stato sociale, depauperare le classi intermedie appiattendole verso il basso. Creare incertezza permanente nel presente e nel futuro, spezzare i reni a qualsiasi tipo di resistenza.

Uscire dall'Euro è una necessità impellente obbligata, da qui la costituzione della parola d'ordine del Fronte Unico per uscire dall'Euro per riprenderci la Sovranità Nazionale, Politica, Monetaria e soprattutto Territoriale.

Sovranità Territoriale significa che le basi militari degli Stati Uniti/Nato devono andare via dall'Italia. Anche su questo punto concordiamo con il Fronte Nazionale di Marine le Pen che vuole altrettanto per la Francia. Vedremo se poi vorrà continuare la politica neo colonialista di Sarkozy e di Hollande. 

La lega Nord di Salvini è l'unico partito, nazionalista, che ha capito l'importanza del Progetto politico dell'Euro ed oggi, adesso in questo momento fare la battaglia per uscire dall'Euro è fondamentale, si entra con una mentalità e se ne esce con un'altra.

Dopo questa parentesi ritorniamo allo scritto http://www.progettoalternativo.com/2014/04/noi-abbiamo-un-progetto-politico-e.html, che chiude spiegando la non definizione del tipo di comunità contrapposta però, guarda caso, ad una comunità definita dall'autore lascia varchi a elementi di destra, cioè quello che si fa uscire dalla porta si fa entrare dalla finestra.

Gli strumenti destra/sinistra inadeguati per leggere la realtà li si vuole reintrodurre forzatamente.
Inutile il lupo perde il pelo ma non il vizio  

Costanzo Preve ci regala un lascito meraviglioso, preso da Marx. La teoria strutturale dei modi di produzione storici e sociali  incluso il modo di produzione comunitario e la filosofia umanistica ed universalistica rivolta potenzialmente all'intero genere umano di tipo idealistico.

Rifacendosi al comunismo primitivo, rigetta la concezione che la natura umana sia proprietaria e possessiva in quanto per decine di migliaia di anni i primitivi sono stati comunisti e questo diventa argomento probalisticamente possibile che ciò possa accadere di nuovo in un futuro prossimo

Hosea Jaffe ci suggerisce che all'interno dello sviluppo storico della teoria dei modi di produzione non esiste conseguenzialità inevitabile ne una deducibilità logica. Dalle contraddizioni del capitalismo non è assolutamente inevitabile che arrivi il socialismo. La "stagnazione sociale" può durare in modo indeterminato, accompagnato dall'inevitabile sviluppo tecnologico che elimina sempre più posti di lavoro nel sistema. 

"Rimettere il comunismo sui piedi significa sempre e comunque rimetterlo sui suoi piedi comunitari. Se in futuro la distruzione delle oligarchie mercantili che oggi dominano il pianeta, la classe dominante più abbietta dell'intera storia dell'umanità (e sono perfettamente consapevole dell'apparente "enormità" estremistica che sto dicendo), darà luogo ad un modo di produzione alternativo migliore, non si tratterà certo di un generico "comunismo" (che c'è gia stato, ed ha fallito), ma di un nuovo modo di produzione comunitario edificato consapevolmente su basi nuove, che si tratta di esplicitare con chiarezza". 
("Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi" di Costanzo Preve).

martelun

Ogm via dall'Europa

di Vernard Simiot Il Primo ministro Dmitri Medvedev ha annunciato recentemente che la Russia non importerà più prodotti contenenti OGM, affermando che la nazione ha spazio e risorse sufficienti per produrre cibo organico. “Se agli Americani piace mangiare prodotti contenenti OGM, che se li mangino. Noi non ne abbiamo bisogno; abbiamo abbastanza spazio e la possibilità di produrre alimenti biologici “.

La Russia ha l’obiettivo di aggiungersi alla lunga lista (che cresce senza sosta) dei paesi anti-OGM. Lo fa dopo che un gruppo di scienziati russi ha esortato il governo a stabilire una moratoria di almeno10 anni sugli OGM ed a studiare in modo approfondito la loro influenza sulla salute umana. “E’ necessario vietare gli OGM e imporre una moratoria di 10 anni. Quando gli OGM saranno vietati, potremo pianificare degli esperimenti, delle prove o forse anche nuovi metodi di ricerca che potranno essere sviluppati. E’ stato provato che non solo in Russia, ma anche in numerosi altri paesi del mondo, gli OGM sono pericolosi. I metodi per ottenere gli OGM non sono perfetti, quindi, a questo stadio, tutti gli OGM sono pericolosi”. “Il consumo e l’utilizzo degli OGM ottenuti in un certo modo può condurre a tumori, cancro e obesità negli animali. La Bio-tecnologia dovrebbe certo essere sviluppata, ma gli OGM andrebbero fermati. Dovremmo cessare di propagarli.” (Irina Ermakova, vice presidente dell’Associazione nazionale per la sicurezza genetica russa). Un certo numero di scienziati del mondo intero hanno chiaramente sottolineato i pericoli potenziali associati al consumo di OGM. Ho recentemente pubblicato un articolo intitolato “10 studi scientifici dimostrano che gli OGM possono nuocere alla salute umana” . Sono solo alcuni tra le centinaia di studi che sono ora disponibili al pubblico e sembra che continuino ad aumentare di anno in anno. La Russia vieta completamente gli OGM comportandosi come un grande paese sviluppato e ciò costituisce un grande passo avanti nella creazione di una maggiore sensibilizzazione riguardo agli OGM. Chiedetevi: perchè così tanti paesi vietano gli OGM ed i pesticidi? E’ perchè le prove convergono verso il fatto che non sono sicuri, sono giovani e non se ne sa abbastanza al riguardo per poterli consumare in piena sicurezza. Non sono necessari, allora perchè li producono? Nel corso degli ultimi anni, la sensibilizzazione verso gli OGM ha subito un’impennata. L’attivismo ha giocato un ruolo importante nel risveglio di una gran parte della popolazione della Terra riguardo agli OGM. La gente comincia a fare domande ed a ricevere risposte. In febbraio, la Duma di Stato ha presentato un progetto di legge che vieta la coltivazione di prodotti alimentari OGM. Il presidente Putin ha ordinato che i cittadini russi siano protetti dagli OGM. Il Comitato dell’Agricoltura ha appoggiato la raccomandazione del divieto del parlamento russo e la risoluzione entrerà pienamente in vigore in luglio 2014. Giusto per mostrare cosa si può ottenere quando ci uniamo e come può cambiare la domanda e la condivisione dell’informazione su scala mondiale. Si produce un cambiamento ed un risveglio quotidiano verso nuovi concetti della nostra realtà. Gli OGM sono solo un inizio, abbiamo parecchie cose di cui sbarazzarci sul nostro pianeta. Cominciamo tutti a vedere attraverso le false giustificazioni sulla necessità degli OGM. Fonte originale dell’articolo su “reseauinternational” Fonti : http://rt.com/news/russia-import-gmo-products-621/ http://rt.com/news/gmo-ban-russian-scientists-293/ http://www.gmo-free-regions.org/gmo-free-regions/russia/gmo-free-news-from-russia/news/en/28934.html http://alalumieredunouveaumonde.blogspot.ca/2014/04/cest-officiel-russie-interdit.html+ Traduzione a cura di Tullio Guazzotti, aderente al Movimento Per il bene comune

martedì 29 aprile 2014

Noi abbiamo un progetto politico e cerchiamo di realizzarlo, non abbiamo paura del confronto

paginauno

Costanzo Preve e Diego Fusaro

Esempi di un marxismo bifronte?

di Jacopo E. Milani

GlobalMarxBifronteLe riflessioni di Costanzo Preve e Diego Fusaro pongono indubbiamente le premesse di un percorso originale. Esse portano all’attenzione della scena culturale italiana il pensiero di Marx, attualizzandolo e interpretandolo come filosofo idealista, seguace di Hegel e superatore di Fichte, fondatore di un sistema di pensiero e di un’ideologia che rimette al centro della storia un attore collettivo – la classe o, nel caso di questi ultimi epigoni di Marx, la comunità – che supera il ruolo di quella borghesia che ha rivoluzionato il sistema politico ed economico creandone uno proprio, su base individualistica, finalizzato a un’infinita accumulazione di ricchezze: il capitalismo.
Preve, nel suo Elogio del Comunitarismo (Controcorrente edizioni, 2006), evidenzia i passaggi che hanno portato il capitalismo a essere dominante dopo il crollo dell’Urss, con il trionfo del sistema di mercato e la sua riorganizzazione su scala mondiale, attraverso la globalizzazione e la delocalizzazione produttiva. Per rendere efficiente e solido il progetto, Stati Uniti e Paesi europei hanno adeguato l’offerta politica, rimodellando le proposte elettorali: niente più partiti ideologicamente fondati nel secolo scorso ma nuove formazioni in linea con il neoliberismo.
Per questo motivo, ogni distinzione politica si affievolisce, fino a creare un quadro in cui parlare di partiti di destra e di sinistra non ha più senso. Preve critica anche la sinistra riformista, che a suo parere ha fornito alcuni concetti strumentali all’attuale sistema, come il pacifismo, ritualizzato allo scopo di perdere ogni senso e poter divenire sostegno di guerre imperialiste chiamate ‘missioni di pace’.
Egli intraprende una storia della filosofia in cui si vuole dimostrare che l’oggetto delle riflessioni del pensiero occidentale, da Anassagora a Socrate, da Platone ad Aristotele, da Tommaso d’Aquino a Kant e Hegel, è stata l’idea di Comunità, di Verità derivante dai principi su cui tale comunità è fondata, e di critica verso le forze dissolutrici provenienti dall’individualismo e dai tentativi operati, nel corso della storia, di anteporre gli interessi particolari di singoli o di fazioni a quelli della comunità, intesa come coesa e compatta. Come i sofisti Protagora e Gorgia, contestati da Socrate per il loro relativismo, e per avere venduto la filosofia ai giovani ricchi ateniesi per addestrarsi a imporre l’opinione conveniente ai propri interessi particolari invece di puntare alla verità e al bene della comunità.
Allo stesso modo, secondo Preve, l’illuminismo che ispirò le rivoluzioni borghesi ebbe anche il risultato di fondare un sistema di pensiero su una critica individualistica, su cui poi si sostenne e si rafforzò il sistema economico capitalista e i sistemi politici successivi; in questo contesto, Fichte, Hegel e Marx avrebbero rappresentato una reazione comunitaria che ha completato questo tipo di analisi, rimettendo un soggetto collettivo al centro di un progetto politico: la nazione tedesca per il primo, lo Stato etico per il secondo, il proletariato per il terzo, che attraverso la rivoluzione avrebbe dovuto superare il capitalismo e ricomporre gli uomini in una società senza classi. In questo obiettivo il comunismo novecentesco ha tuttavia fallito, aprendo la strada al trionfo del capitalismo borghese, ove la merce è diventa misura e scopo di qualsiasi azione umana, e il liberalismo la propaganda di un sistema di dominio che riesce a mantenersi, consolidando i consensi tra le masse, grazie prevalentemente all’ipostatizzazione del concetto di democrazia, intesa non come l’idea derivata da quel percorso che dalle rivoluzioni borghesi arriva agli Stati di diritto, ma come un’allegoria che rappresenta i sistemi di governo esistenti, oligarchie per le quali il suffragio universale vale come plebiscito a difesa di un’economia di mercato altrettanto illusoriamente libera. Allo stesso modo vale l’uso dei diritti dell’uomo, portati come vessillo per politiche imperialiste.
In seguito a queste riflessioni Preve sottopone a una critica minuziosa il marxismo che, proprio perché costituitosi a seguito delle successive sistematizzazioni del pensiero del filosofo di Treviri, da sistema di pensiero filosofico viene trasformato in una ideologia politica materialistica: convertita come prassi nell’Urss, o nei partiti socialdemocratici – il socialismo ‘degli impiegati’ di Kautsky e Bebel – o nelle riflessioni degli ‘sradicati’, che hanno trasformato la lotta di classe in una emancipazione totale dell’individuo dalla propria comunità, rappresentando quella linea di pensiero che da Marcuse a Toni Negri arriva alla sinistra dei giorni nostri e che rappresenta, proprio per questo suo aspetto, uno dei sostegni migliori del capitalismo stesso.
Diego Fusaro, che si presenta al pubblico come uno degli allievi più stretti di Preve, si è fatto conoscere sia per una carriera da enfant prodige nel mondo accademico italiano, collezionando alla giovane età di trent’anni una decina di saggi filosofici e un posto di assistente all’Università San Raffaele di Milano, sia per il successo che la sua figura di intellettuale dissidente sta riscuotendo in certi ambiti dell’opinione pubblica, rendendolo uno dei punti di riferimento di quei movimenti politici che cercano di proporre un euroscetticismo di sinistra. In anni in cui la crisi economica partita dagli Stati Uniti arriva a investire i Paese europei e alcuni intellettuali riscoprono Marx, Fusaro pubblica Bentornato, Marx! (Bompiani, 2009), opera nella quale ripercorre il pensiero del filosofo tedesco seguendo le orme di Preve, consolidando e ampliando intuizioni che erano rimaste ai margini del mondo culturale. Con un lavoro minuzioso tende un filo rosso con il quale riunisce tutte le opere del pensatore di Treviri, da quelle della gioventù, come La questione ebraica, alle collaborazioni con Engels, come il Manifesto del partito comunista, ai Grundrisse e al mastodontico Il Capitale, in un’opera tra la biografa e la storia della filosofia, ed estrae il pensiero di Marx dalle numerose interpretazioni e dai numerosi complementi che, nel corso dei decenni, i pensatori che a lui si sono ricondotti hanno sviluppato e che, secondo il giovane filosofo torinese, rappresentano delle deviazioni dal pensiero originale – naturalmente, anche questa di Fusaro non è altro che una interpretazione di Marx.
Nel successivo Minima Mercatalia (Bompiani, 2012), Fusaro arricchisce l’interpretazione della storia della filosofia di Preve utilizzando le stesse tesi e le stesse argomentazioni, ma soffermandosi maggiormente sul pensiero degli autori a cui fa riferimento per dimostrare la validità della posizione adottata; secondo le medesime premesse, Fusaro trae le basi per una riproposizione del pensiero di Marx che possa andare oltre le prospettive teoriche e approdare a una prospettiva su base comunitaria.
Ma gli interventi per i quali il giovane allievo di Preve è maggiormente conosciuto ai suoi lettori e, più recentemente, agli appassionati di Youtube, sono le critiche serrate al mondo politico e culturale della sinistra italiana, con l’interpretazione, per esempio, del Sessantotto come trionfo dell’etica della ribellione contro ogni limite e norma di etica comunitaria, e del capitalismo odierno come trionfo della ribellione sessantottina.
Fusaro non risparmia strali ad alcuna proposta politica riformista, dal Pd al partito di Vendola a quello di Ferrero, né ai più popolari temi che essi hanno sempre portato avanti, dalla lotta per la laicità dello Stato, a quella per i diritti civili della minoranza omosessuale, all’antifascismo e alla lotta contro Silvio Berlusconi. Esprime invece spesso simpatie per una riproposizione da zero di un programma marxista anticapitalista e si avvicina a politiche di tipo neokeynesiano, come base di un progetto volto alla ricostruzione di una presenza forte dello Stato nell’economia.
Negli articoli della rivista online Lo Spiffero critica la lotta all’omofobia, concretizzatasi con una proposta di legge per rendere giuridicamente valida una forma di matrimonio omosessuale che, a suo dire, attenta allo status della famiglia tradizionale, baluardo dei vincoli etici che frenano i disvalori del libero mercato. Allo stesso modo contesta la lotta per la laicità dello Stato, perché combattendo la metafisica religiosa in ragione della scienza vista come unica conoscenza valida, essa finisce per contrastare l’unica forza etica in grado di contrapporsi allo strapotere dell’economia, e produce un rafforzamento dell’individualismo a scapito del senso di comunità. Non vengono tralasciati due temi fondamentali, derivanti da decenni di lotta politica: l’antifascismo, che Fusaro considera inutile in assenza del regime mussoliniano e che, come lo speculare anticomunismo, è stato funzionale a bloccare il dibattito politico in schieramenti di destra e di sinistra tra loro intercambiabili per programma politico e strategie; e la lotta politica a Silvio Berlusconi, affiancata dalla difesa del leader in senso garantista, altrettanto funzionale sia a bloccare l’elettorato sui due partiti politici maggiori, con il pretesto del voto utile, sia a promuovere una lotta politica non più in confitto con il sistema ma in difesa delle sue forme e leggi, di cui la sinistra, un tempo contrapposizione, ne è divenuta forza custode e più pienamente rappresentativa.
Secondo Fusaro, come prima per Preve, occorre una strategia di uscita dall’Unione europea e dal sistema valutario dell’euro, da entrambi considerato il principale strumento con cui il grande Capitale, specialmente finanziario, riesce a controllare le politiche dei Paesi per piegarle ai propri interessi, e a scindere la cittadinanza da qualsiasi senso di comunità che possa coinvolgerla nella partecipazione democratica. Per questo, la lotta all’Unione europea e all’euro trova un complemento nella ricostituzione di Stati nazione, con pieno controllo sull’economia interna e in cui la comunità nazionale possa essere ricostituita come ente concreto, in un’idea di comunità viva prima di tutto dal punto di vista culturale, nella quale i cittadini possano essere parti attive e attore storico, e non più consumatori alienati funzionali agli interessi del capitalismo.
Le critiche poste alla sinistra riformista odierna, che non lotta per questo tipo di obiettivi e viene dunque accusata di essere finta opposizione funzionale alla globalizzazione, unite all’ambizione di rifondare i vecchi Stati nazione e a un concetto di comunità culturale, oltre che una posizione antagonista rispetto all’imperialismo americano, trovano simpatie nell’ambito dell’estrema destra e dei nuovi populismi che hanno avuto effettivamente contatti con Costanzo Preve. È possibile trovarne esempio in diverse occasioni di dialogo, la più fitta delle quali raccolta nel volume Il paradosso de Benoist (edizioni Settimo Sigillo, 2006), che contiene il dibattito intercorso tra Preve e l’anziano, controverso, pensatore  francese; in esso Preve riconosce l’originalità di quest’ultimo, la sua irriducibilità alle categorie tradizionali di destra e sinistra, e naturalmente l’interesse per le prospettive anticapitaliste, derivato però da influenze di Nietzsche e Heidegger.
Viene quindi tratteggiata una figura tutto sommato positiva di un intellettuale a cui si ispirano partiti come il Bloc Identitaire o l’ala del Front National di Marine Le Pen vicina a Alain Soral, realtà politiche che sotto la maschera di una lotta per le autonomie regionali, e con la motivazione di salvaguardare l’ambiente e la cultura francese da un capitalismo distruttivo, vorrebbero rendere nuovamente attuali le proposte di comunità su base etno-culturale, proponendo la creazione di una democrazia strettamente limitata ai cittadini appartenenti alla cultura locale dominante ed emarginando di conseguenza gli stranieri, tra l’altro in un Paese già fortemente popolato da una cittadinanza multietnica.
Qualche tempo dopo Preve esprime le sue simpatie populiste in maniera più esplicita, annunciando, in occasione delle ultime elezioni francesi, la sua preferenza per Marine Le Pen; egli decide dunque di anteporre alle proprie titubanze per una proposta politica dal passato e dal presente dichiaratamente conservatore e xenofobo, la propria fiducia per la posizione anticapitalista, localista ed euroscettica della candidata francese.
L’approccio di Preve e Fusaro al di là della destra e della sinistra, che trova molte simpatie tra militanti populisti e nazionalisti, come la Lega Nord, è stato criticato dagli intellettuali dell’area progressista o di sinistra in quanto ‘rossobruno’, ossia ibrido tra propaganda di sinistra e contenuti di destra, utile per diffondere idee neofasciste tra la militanza e l’area di sinistra.
Realtà rossobrune esistono da sempre nella storia dell’estrema destra, Aleksandr Dugin e Claudio Mutti, per esempio, che sono stati interlocutori di Preve, attraverso il progetto Eurasia e l’organizzazione del Campo Antimperialista in occasione delle guerre in Libia e in Siria, uniscono una lotta all’imperialismo americano a un progetto federativo paneuropeo basato sulla collaborazione in senso protezionista, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista di politica interna, mirato alla ‘difesa delle tradizioni’ in luogo della difesa della purezza etnica. Esistono poi i casi del movimento Stato e Potenza di Stefano Bonilauri, che al pari coniuga politiche nazionaliste a un programma di tipo stalinista filorusso e filocinese, e del movimento Comunismo e Comunità di Maurizio Neri, che si riferisce direttamente alle tesi di Preve o dell’intellettuale francese Alain Soral, che con il suo movimento Égalité et Réconciliation cerca appunto di unire tesi socialiste e patriottismo in un endorsement innovativo al Front National.
In realtà Preve e Fusaro, pur condividendo, più o meno esplicitamente, il pensiero e le prospettive dei vari partiti populisti che hanno incrociato il loro cammino, non hanno mai sposato in maniera evidente una visione nazionalista o tradizionalista, non uscendo mai troppo dal solco di quello che l’esegesi marxiana ha potuto permettere loro. Dato il breve periodo di tempo in cui questo fenomeno è riuscito a svilupparsi e ad attrarre interlocutori, è ancora prematuro dare un giudizio. È pur vero tuttavia che lascia perplessi una lettura di Marx che, per purificarne il pensiero, esclude la ripresa di tutto un precedente portato illuminista e socialista da cui Marx, come sostiene anche Hobsbawm, ha preso spunto per criticare i contemporanei. Inoltre, parlare di sovranità nazionale e fondare su una lotta comunitaria la propria proposta, senza specificare su quale tipo di comunità e su quali valori si fonda questa lotta, e allo stesso tempo non valutare l’ipotesi di una comunità fondata su liberté, égalité, fraternité e sui diritti dell’uomo, significa lasciare un vuoto importante che altri possono riempire con elementi di estrema destra.