La mafia emiliana braccata dagli studenti di Cortocircuito
E' un giornale scolastico
diventato web tv. I suoi redattori hanno filmato boss, raccontato degli
imprenditori che ridevano del terremoto, documentato roghi, cantieri e
locali incendiati: ecco chi sono da vicino questi ragazzi
di ILARIA VENTURI
L’antimafia dei “ragazzini”, non giudici ma studenti, quelli che
sono arrivati prima di tanti politici e amministratori a mostrare la
mafia in Emilia, documentando da anni quello di cui altri si sono
accorti tardi. Minacciati, applauditi alle loro iniziative antimafia
anche da qualche nome eccellente ora finito dietro alle sbarre,
sottovalutati per la loro giovane età. E invece. «Speriamo che ora
nessuno possa più dire: non lo sapevo», commenta Elia Minari, il
coordinatore di Cortocircuito, mentre prepara esami di diritto a
Bologna. Ha 22 anni, molta grinta nel fare domande. Nelle sue mani
Pietro Grasso, l’anno scorso, ha consegnato il premio “Scomodo”.
«Facciamo queste video inchieste nel tempo libero, nulla di
professionale», si schermisce. Ma l’ultima, “La ‘Ndrangheta di casa
nostra. Radici in terra emiliana”, è stata pluripremiata.
Il sindaco di Brescello con il boss Francesco Grande Aracri
«Non vogliamo insegnare nulla, ma solo sensibilizzare sul problema.
Ed è cominciato per caso, da un’esperienza di volontariato fatta da
alcuni di noi in Calabria, dalla voglia di capire meglio alcuni fatti».
Così come da alcuni anni a Rimini il gruppo Pio La Torre denuncia la
mafia in Romagna, a Bologna e Modena i presidi di Libera non si perdono
un’udienza del processo Black Monkey, e poi No Name, AdEst e tanti
altri, giovani autori di libri, video e dossier diffusi nei social. «Noi
abbiamo cominciato a interessarci del perché i nomi di alcune aziende
reggiane venivano fuori nelle inchieste sul terremoto de L’Aquila e da
noi nessuno ne parlava — racconta Elia — Poi abbiamo studiato le
delibere sulla stazione mediopadana a Reggio: i costi aumentavano,
perché? E infatti c’è stata un’inchiesta. E ci siamo occupati del
cantiere per la nuova media a Montecchio: appalto vinto dalla Saedil
senza presentare certificato antimafia e con un ribasso del 23%». La
ditta è sparita, la scuola nuova non c’è.
La redazione di Cortocircuito a un'iniziativa antimafia nella Sala del Consiglio Comune di Reggio Emilia
I ragazzi di Cortocircuito studiano gli atti delle Prefetture e
delle inchieste. «Partiamo dai documenti, poi andiamo in giro a fare
domande. Ed è leggendo una revoca di porto d’armi al proprietario del
ristorante Antichi Sapori che abbiamo parlato tre anni fa della cena
finita nell’inchiesta», continua Elia. Il caso di Brescello: «Il parroco
ci ha accusati di aver danneggiato il turismo!». Troppe risposte
raccolte nei bar della bassa reggiana del tipo “qui la mafia non
esiste”, “l’ndrangheta dà lavoro”, “non è successo niente”. Sino alle
minacce (“ti vengo a cercare sino a casa”) finite in una interrogazione
in Senato. «Ci dicevano di cambiare argomenti». Non l’hanno fatto. «E
certo non ci aspettavamo di arrivare a mettere in discussione la
legalità nella città in cui siamo nati. Invece emerge un quadro di una
economia infiltrata che soffoca il libero mercato con il coinvolgimento
anche di soggetti di emiliani. Facile dire: tutta
colpa dei calabresi. Il sistema delle cosche è riuscito a coinvolgere
settori impenetrabili». Dopo la maxi operazione Cortocircuito scrive:
“Continueremo a sostenere forze dell’ordine e magistratura, a non
abbassare la guardia”. Ed Elia conclude: «A chi ci chiede cosa fare
rispondiamo: basta scegliere. E chiunque può farlo: scegliere a chi far
ristrutturare la casa, chi frequentare, in che locali andare. E a chi
affidare appalti».
Nessun commento:
Posta un commento