Se qualcuno ha creduto in Tsipras e
nella possibilità di “cambiare le cose” stando all’interno dell’unione e
dell’eurozona, ora deve ricredersi … O almeno, dovrebbe farlo se non è
in aperta mala fede.
Che il semestre europeo a guida italiana
(presidenza del consiglio dell’unione), nella seconda parte dell’anno
scorso, non sarebbe servito a nulla, men che meno a cambiare
l’impostazione di fondo della politica unionista, fatta di rigore
contabile e distruzione del sociale, era cosa fin troppo scontata. Il
gioco era chiaro fin dall’inizio. Renzi tuonava contro le politiche del
rigore – rigorosamente applicate dal suo governo, per conto troika –
esclusivamente per scopi propagandistici interni, mentre batteva i
tacchi e obbediva davanti al potere sopranazionale. Bruxelles,
Francoforte e naturalmente Berlino, perché la germania, kapò
euronazista, tiene d’occhio gli altri popoli d’Europa, soprattutto i più
deboli, tarpandogli le ali. Le sue proposte, come, ad esempio,
escludere gli investimenti dal rigido computo del rapporto fra deficit e
pil (< 3%), sfruttando a fondo i mitici finanziamenti europei (i 300
miliardi di Juncker!) per scuole, banda larga e dissesto idrogeologico,
non sono che specchietti per le allodole. Ciò che vuole è intorbidare
le acque, vendere illusioni, senza mettere minimamente in discussione le
politiche del rigore – privatizzazioni per far cassa, i tagli lineari a
sanità e sociale, precarietà di massa con lo jobs act – dalle quali non
si discosta.
Tsipras, dal canto suo, ha suscitato
speranze di riscatto e di “riforma radicale” delle politiche unioniste
non solo in Grecia. Ha promesso aumento delle pensioni, riassunzione di
dipendenti pubblici (licenziati per conto troika), rigetto del
“memorandum” siglato dal precedente governo e via elencando. Il gioco
del gran capo progressista era di vincere le elezioni con un programma
centrato sulla cancellazione-rinegoziazione del debito, sul sociale e
sul ritorno alla spesa pubblica (welfare, lavoro statale, pensioni),
restandosene, però, prudentemente dietro il filo spinato dell’eurolager.
Le sue dichiarazioni “europeiste” stridevano non poco con la presunta
volontà di ridare dignità, redditi e pane ai greci, ridotti alla fame
proprio da un’unione europea ricattatrice e saccheggiatrice … e da una
germania euronazista.
Niente più troika (commissione-bce-fmi) e
niente più diktat, cioè “memorandum” a strozzo. Insomma, il suddetto ha
fatto credere a un popolo disperato che è possibile avere la botte
piena e la moglie ubriaca o, con altre parole, che si può salvare la
testa continuando a tenerla sul ceppo del boia. Certo … non si parla più
di troika, ma di “istituzioni”, cambiando nome alla stessa cosa e il
famigerato “memorandum” i greci se lo scrivono da soli (Tsipras e il suo
socio Varoufakis), in base alle riforme pretese dall’eurogruppo. Poi,
il rigore può pur essere mascherato da “flessibilità”, e via
discorrendo. Nomi nuovi per cose vecchie, tipico imbroglio contro il
popolo di una sinistra fatalmente serva del grande capitale finanziario
e, “in cuor suo”, neoliberale. Una sinistra molle, effeminata, che nel
momento topico abbassa sempre la testa davanti ai sovrani interessi del
più forte, cioè del capitale finanziario. Eurogruppo, commissione e
tedeschi gongolano, mentre Tspiras e Varoufakis devono spiegare ai greci
con le pezze al culo il “mutamento di rotta”.
Che cosa cambia, concretamente? Cambia
che Syriza, con un improvviso voltafaccia, dà l’addio al programma
elettorale di Salonicco e a (quasi) tutti i buoni propositi, come, ad
esempio, la cancellazione di buona parte del valore nominale del debito
pubblico e la mitica “conferenza europea del debito”, che avrebbe dovuto
determinare una svolta.
Delle seguenti promesse sperticate –
Salonicco, settembre 2014 – non resta più nulla, se non qualche buono
pasto per chi muore letteralmente di fame e una possibile estensione del
salario minimo:
Elettricità gratis per 300.000 famiglie
sotto la soglia di povertà fino a 300 kWh al mese per famiglia; cioè,
3.600 kWh l’anno. Programma di sussidi pasto per 300.000 famiglie senza
reddito. L’attuazione avverrà tramite un ente pubblico di coordinamento,
in collaborazione con le autorità locali, la Chiesa e le organizzazioni
di solidarietà. Programma di garanzia abitativa. L’obiettivo è la
fornitura iniziale di 30.000 appartamenti (30, 50, e 70 m²),
sovvenzionando affitto a € 3 per m². Restituzione del bonus di Natale a
1.262.920 pensionati. Assistenza medica e farmaceutica gratuita per i
disoccupati non assicurati. Eccetera, eccetera, eccetera …
In compenso, vi sarà la lotta al
contrabbando, all’evasione fiscale e all’elusione. Sappiamo, però, che
la lotta alla grande evasione è praticamente impossibile e l’espressione
nasconde, sempre di più come accade in Italia, la “spremitura” dei
piccoli, dei lavoratori dipendenti e di chi non può sottrarsi. Syriza
rinuncia al programma di Salonicco, che aveva riacceso le ingenue
speranze dei greci, per un’estensione di soli quattro mesi – nemmeno di
sei, come richiesto – del prestito concesso dalla troika … Scusate!
Dalle “istituzioni”. Per capire chi ha prevalso, chi ha padroneggiato la
trattativa con la Grecia, guardate le facce e le espressioni di Tsipras
e Varoufakis, da una parte, e dall’altra quelle dell’olandese (non
hooligan) Dijsselbloem, presidente dell’eurogruppo.
In estrema sintesi, la cosiddetta
sinistra non rappresenta più le istanze popolari, la tensione verso la
giustizia sociale, la difesa degli interessi, sempre più calpestati,
delle classi dominate, oppure, come nel caso di Syriza, millanta di
volerli fare ma poi va in direzione opposta. Ci sono due livelli di
servaggio nei confronti delle aristocrazie neocapitalistiche
occidentali, ben simboleggiate dai mercati & investitori. Il primo è
quello primo è quello più esplicito, rappresentato dal piddì e da tutti
i suoi esponenti, a partire da Renzi, che idolatra il mercato,
l’iniziativa privata e gli onnipotenti, benefici “capitali stranieri”
che investono nel paese. Il secondo, più nascosto, apparentemente
conflittuale, è quello di Syriza e simili, che promettono mari e monti a
una popolazione oppressa, spogliata di tutto dagli appetiti del grande
capitale, e poi – quando si arriva alla prova dei fatti – si rimangiano
puntualmente le promesse, abbassano regolarmente la testa, applicano
programmi politici e misure “impopolari” che si dichiarava di voler
superare.
Il problema è dunque la sinistra,
squallida ausiliaria delle élite neocapitaliste e dei loro organi
sopranazionali di dominio e controllo. Tolta di mezzo – con le buone o
le cattive – questa quinta colonna del capitale, si potrà forse sperare
nella nascita di una forza politica non-liberale che rappresenti
veramente gli interessi delle masse pauperizzate. Purtroppo, in Italia
c’è il vuoto assoluto e il pd è sempre più forte e invasivo, mentre in
Grecia, visto che il KKE (partito comunista) è ormai un fossile, dopo il
collasso di Syriza non resterà che l’incognita Alba Dorata.
Sic et simpliciter
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