Molly Scott Cato è parlamentare europeo
iscritta al Gruppo dei Verdi. Ha partecipato ai negoziati TTIP –
Transatlantic Trade and Investment Partnership. In questo documento
preziosissimo, pubblicato dal quotidiano londinese The Guardian, parla
dei documenti riservati del negoziato, che lei stessa giudica
“antidemocratico”.
Accesso controllato ai documenti TTIP
Sembra che, nonostante io abbia superato i 50 anni,
le mie opportunità di diventare una spia non siano svanite. Ciò è perchè
come membro del Parlamento europeo, mi è stato concesso l’accesso
privilegiato alla sala di lettura riservata del Parlamento, dove ho
esplorato i documenti relativi al TTIP. Ma prima di avere il diritto di
vedere tali documenti “top secret”, che sono occultati a quasi tutti i
cittadini della UE, ho dovuto firmare un documento di 14 pagine, in cui
mi si ricordava che “le istituzioni della UE sono un obiettivo notevole”
e i rischi di spionaggio. Ho dovuto confermare di non voler
condividerne i contenuti con coloro che rappresento. Il delizioso staff
parlamentare mi ha chiesto di lasciare perfino il più minuscolo dei miei
oggetti personali in una cassetta chiusa a chiave, poiché, come mi
hanno spiegato, oggigiorno esistono videocamere molto piccole. Come
nella scena di un film di James Bond, mi hanno accompagnata attraverso
una porta di sicurezza all’interno di una stanza piena di armadi di
sicurezza dentro i quali erano conservati i documenti. Non sono mai
stata lasciata da sola.
Negoziati svolti in segreto
Questa settimana centinaia di manifestanti anti-TTIP
sono giunti davanti al Parlamento europeo. Erano giustamente preoccupati
sulle minacce che questo trattato pone sulle capacità del governo
britannico di condurre i suoi affari nei loro interessi. Su molte
questioni, dalla sicurezza alimentare al benessere degli animali ai
servizi pubblici e alla regolamentazione finanziaria, esistono profonde
perplessità che l’armonizzazione degli standard tra le due sponde
dell’Atlantico voglia dire davvero riduzione degli standard per entrambe
le parti. Come facciamo a saperlo con certezza? Tutte le discussioni
sul TTIP sono state ipotetiche, poiché i negoziati hanno luogo in
segreto. Per poter leggere le note perfino le più brevi di quanto è
stato discusso, mi si deve rcondurre ai miei doveri di non sottostare a
fomre di spionaggio per potenze straniere. Le denunce ripetute sulla
segretezza degli atti da parte dei miei colleghi Verdi hanno avuto solo
l’effetto di garantirci il diritto di essere ammessi nella sala di
lettura riservata, ma non abbiamo il permesso di condividere quanto
abbiamo scoperto, con il nostro elettorato o con i giornalisti. Ciò che
sappiamo è che il 92% di coloro che sono coinvolti nelle consultazioni è
costituito da lobbysti delle multinazionali. Dei 560 incontri con i
lobbysti che la commissione ha avuto, 520 sono stati effettuati con
lobbysti di aziende e solo 26 (4,6%) con gruppi di interesse pubblico.
Ciò significa che, per ogni incontro con un sindacato o con un gruppo di
consumatori, vi sono stati almeno 20 incontri con società e federazioni
di industrie. Ciò che sono in grado di rivelare dalla mia visita alla
biblioteca è che non posso rassicurare nessuno sul fatto che questo
processo negoziale sul commercio sia democratico, o che i negoziatori
stiano operando per conto dei cittadini. L’intero processo, dall’accusa
implicita di spionaggio industriale, al riconoscimento su chi sia
davvero impegnato nei negoziati, chiarisce che questa è una discussione
tra aziende, non è democratica. Immaginate una stanza piena di burocrati
che cercano di trovare i modi per rendere più facili gli affari delle
società più potenti del mondo, molte delle quali hanno fatturati ben più
elevati di alcuni stati membri della UE.
Una gigantesca area commerciale dall’Alaska al Mar Nero
Ora, perché qualcuno vorrebbe un mondo che contiene
una gigantesca area commerciale che si estende dall’Alaska al Mar Nero?
Credo che la visione sorga da un senso di necessità di ordine e
controllo; il senso che l’uniformità è l’equivalente della sicurezza. Ma
è chiaro anche che le decisioni su cosa debba essere questo uniforme
sistema di regolamenti e commerci sono assunte dalle aziende, il cui DNA
è il profitto e alle quali viene chiesto di fare gli interessi degli
azionisti a spese di tutti gli altri. Per cultura, da Verde, mi sono
sempre opposta a questa visione e dunque a questo trattato. Tuttavia,
dando un’occhiata veloce all’impulso di creare questa standardizzazione,
provo a immaginare che le regole siano quelle che sarei felice di
vedere: alti standard di benessere animale, divieto dei pesticidi
pericolosi, regolamentazione finanziaria destinata a ottenere stabilità,
solo per citarne alcune. I negoziati TTIP stanno richiedendo molto
tempo, in un momento in cui il progetto europeo sembra minacciato su
numerosi fronti: la crisi del debito,il cambiamento climatico, e la
guerra in Ucraina, per citarne solo tre.
Gli interrogativi sulla democraticità del TTIP
Mi pongo molti interrogativi su questo investimento
di risorse, proprio in un trattato che pare destinato a non ottenere il
sostegno politico necessario. E costa pure un sacco di soldi. La
questione dei costi associata all’accordo TTIP era una di quelle che
sollevai con la Commissione, e qualcosa sono in grado di rivelarla. Dal
luglio 2013, ci sono state sette sessioni di negoziati, tra Bruxelles e
Washington. I costi variano dai 60.000 euro di una sessione a Bruxelles,
ai 180.000 a Washington. La mia visita nella biblioteca parlamentare
riservata è stata un interessante promemoria dei limiti della
responsabilità democratica nel mondo globalilizzato del 2015, dove il
cittadino è messo da una parte. Perfino quale rappresentante di 5
milioni di elettori, il mio ruolo è solo quello di essere consultata.
Ascoltiamo molte critiche contro “lo stato tata”, ma il mondo immaginato
dal TTIP sembra quello del Grande Fratello, dove le preferenze
individuali sono accantonate nella marcia verso ordine e progresso. È la
visione del mondo, perturbante e inquietante, che David Korten propose
nel suo libro del 1995, When Coporations Rule the World, Quando le
Corporations dominano il mondo. Allora, il titolo sembrava retorico,
perfino stravagante. Oggi, appare esserlo sempre meno.
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