Le due velocità di Renzi su legge elettorale e riforme economiche
Ieri il presidente della Bce ha confermato le previsioni di crescita per l’Italia (la spinta di un punto di Pil per effetto del bazooka) ma ha aggiunto che bisogna intervenire con riforme strutturali per migliorare la produttività, per favorire la crescita di imprese che restano di dimensioni troppo piccole. E poi sulla finanza pubblica ha ricordato che il consolidamento dei conti è avvenuto, come altrove e nel passato, su aumento delle tasse, taglio degli investimenti pubblici, incremento della spesa corrente. È questo quadro che Renzi deve cambiare per cogliere l’attimo, magari non fuggente, della ripresa che ci offre la congiuntura. Inutile ripetere la combinazione di effetti positivi innescati dal quantitative easing ma la politica monetaria non può fare tutto. Tutto il resto, ha detto Draghi, spetta ai governi. E qui spetta a Renzi che è pronto ad accelerare sull’Italicum ma è più indietro sui capitoli dell’economia. È come se il premier programmasse a velocità diverse riforme ugualmente necessarie. È vero, ieri c’era il dato positivo sull’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato ma proprio la congiuntura favorevole e i primi segni – deboli - di risveglio rischiano di far allungare i tempi di provvedimenti necessari.
La domanda è quante velocità ha Renzi? Il dubbio è che metterà l’Italicum sul circuito di Formula uno, mentre le riforme economiche le terrà a una velocità da crociera cullandosi sull’effetto del quantitative easing di Draghi. Del resto, la fretta sulla legge elettorale è comprensibile, dal suo punto di vista. L’attimo favorevole è adesso, con la minoranza Pd divisa e con davanti la campagna elettorale per le regionali. Spaccarsi sarebbe un suicidio e poi nemmeno l’opposizione vuole le urne, quindi, è il tempo giusto. Resta un pericolo. Che alla Camera, con il voto segreto, possa passare qualche emendamento che costringa la legge a tornare ancora al Senato. Un rischio che sembra il Governo voglia aggirare immaginando un voto di fiducia. Ma è solo immaginazione, il Quirinale li riporterebbe alla realtà.
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