Dal Not al Tav passando per le Albere: il potere della finanza cattolica in Trentino
- Scritto da Giada Vicenzi
Fra gli scopi della serata, quello di valorizzare un filone di giornalismo che si occupa di studiare e portare alla luce i risvolti occulti di certe operazioni politiche e finanziaria; ma soprattutto, come dichiarato da Elio Bonfanti, quello di rendere edotti sull’economia italiana e sui suoi personaggi, su chi sta dietro ad alcune operazioni economiche, investimenti di borsa, acquisizioni o aggregazioni societarie.
I canali tradizionali di informazione non ne parlano, ma la finanza cattolica gode di ottima salute in generale in tutta Italia, ma soprattutto nel Nord Est, al punto che il «modello Nord Est» è stato per molti anni un sistema che ha permesso grandi accumulazioni di capitale, che si sono poi riversati in contestate e spesso inutili grandi e medie opere. I recenti scandali di corruzione legati al Mose di Venezia hanno fatto emergere non solo preoccupanti connivenze tra criminalità organizzata e politica, ma anche gli intrecci di denaro e potere fra Chiesa cattolica e finanza. Il giro di interessi e affari nei quali la finanza cattolica è coinvolta è più grande di quanto si pensi, ha spiegato Elio Bonfanti, e va dal Mose di Venezia, la più grande opera progettata in Italia dal dopoguerra a oggi, che costa 5,9 miliardi di euro solo per l’opera fatta in concessione unica e con la gestione del consorzio Venezia Nuova, alla struttura ospedaliera Not - Nuovo Ospedale di Trento, l’appalto più grande che la Provincia ha fatto nella sua storia, il cui costo arriva a 1,8 miliardi di euro, un terzo del bilancio provinciale, passando per il Tav del Brennero e per la Valdastico. Proprio su quest’ultima, in particolare, in questi giorni il Presidente Rossi sta rivelando un atteggiamento possibilista, in controtendenza con il rigetto dimostrato dalla Provincia nel corso degli anni.
Elio Bonfanti ha ripercorso la genesi del Not, congelato lo scorso autunno dalla sentenza del Tar, che ne ha annullato la gara d’appalto. Due membri della commissione tecnica, Ferrario e Flor, risultavano, infatti, incompatibili, in quanto erano tra coloro che avevano predisposto l’appalto. «È un progetto, ha spiegato Bonfanti, costruito da distante, che usa strumenti permessi dalla legislazione per accaparrarsi risorse ingenti dell’ente pubblico. Il Not è il primo caso in Trentino di opera pubblica in finanza di progetto (project financing). Questa modalità di realizzazione non serve per risparmiare ma per gonfiare la spesa pubblica – anche del 50% rispetto a quella possibile – a tutto vantaggio dei costruttori privati e dei loro sostenitori, cioè gli istituti finanziari».
Anche nel settore delle grandi opere ferroviarie come il Tav si comincia a guardare verso la finanza di progetto come a uno strumento che consentirebbe realizzazioni anche in deficit di bilancio. E non si tratta, spiega ancora Bonfanti, di singole situazioni, si tratta di una strategia generale, di un modo di concepire la società. «È un sistema di imprese, di politiche, di banche, che hanno come mezzo il consumo del territorio. Territorio che viene ridotto a una commodity per fare reddito».
Quello che delineano i due giornalisti relativamente al Trentino è un quadro che vede la stragrande maggioranza delle attività finanziarie gestita da ISA, la finanziaria della Curia trentina, o comunque da aziende che hanno rapporti con la finanza cattolica. Oggi questo ristretto gruppo di società e di persone – Zobele, Marangoni, Pedri, Vescovi, Benassi, Mazzalai e altre (Bonfanti le cita nel suo libro) –, da sempre gravitanti attorno all’orbita dellaiana, possiede in Trentino tutte le aree economiche e residenziali della provincia, è a capo di tutti gli istituti di credito e dirige tutte le società pubbliche e private a cui è stata delegata la gestione dei servizi.
In un quadro provinciale che ha visto affermarsi il sistema delle privatizzazioni (sempre di genesi dellaiana), di cui la cessione dell’acquedotto di Trento a Dolomiti Energia è uno degli esempi più eclatanti, Isa e le sue società sono dentro e promuovono tutte le grandi opere trentine, a cominciare dal realizzando Not, al Tav del Brennero, al quartiere delle Albere dove ha sede il Muse. Ma l’elenco potrebbe continuare.
Tornando a una dimensione nazionale, per Ernesto Milanesi il problema vero è sorto quando nel 1984 papa Giovanni Paolo II decise di far diventare l’Opus Dei prelatura personale del papa. «E oggi non c’è niente che si muova dentro la Chiesa e nell’economia cattolica che non abbia a che fare con l’Opus Dei. Aggiungiamo che a dirigere le operazioni di Opus Dei sono adesso uomini di Renzi: Carrai e Serra su tutti. E non dimentichiamo Comunione e Liberazione: le banche di CL sono le prime che aprono conti in Svizzera, le prime in Lussemburgo e, infine, le prime ad aprire dei trust in Nuova Zelanda, cosa che ha prodotto il definitivo occultamento dei capitali».
A Elio Bonfanti preme sottolineare che il problema non è quello di «intervenire sulle singole persone corrotte, ma tutto parte dal prendere atto che è l’intero sistema che è corrotto. È una politica che traduce l’esercizio del potere con la gestione degli affari. E dobbiamo tener presente che d’ora in avanti l’accumulazione di capitali si concentrerà in operazioni di consumo del territorio. Il Tav ne è un esempio. La difesa del territorio sarà dunque il tema dirimente delle lotte politiche e dei movimenti che vogliono contrastare queste forme moderne di sfruttamento economico».
http://www.trentino-suedtirol.ilfatto24ore.it/index.php/cronaca/2320-dal-not-al-tav-passando-per-le-albere-il-potere-della-finanza-cattolica-in-trentino
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