Infermieri.
Ben vengano gli Stati Generali proposti da
Cavicchi
Gentile
Direttore,
sempre sul
suo giornale dell’11 marzo, ho la necessità di far sentire anche la mia voce.
Il
presidente
Massai a dir il vero mi pare giustifichi una opposizione che non si è vista o quanto meno non si è
vista come tale, descrivendo quel congresso come un convegno inutile, rituale e senza
contenuti e per giunta ad uso e consumo di quella che lui stesso definisce una “dittatura
dolce”.
Mi sono
ritrovata appieno nelle parole del prof Cavicchi e mi sconvolge pensare che
siano
state scritte
da una persona “estranea” alla professione, e non da coloro che avrebbero
dovuto rappresentarmi
al principale congresso infermieristico. Mi sconvolge ancora di più essermi resa conto
che gli infermieri siano dominati da una dittatura che, per quanto dolce, resta
una dittatura.
Avrei avuto piacere che i miei rappresentanti si fossero adoperati a portare in discussione
al congresso la nostra situazione lavorativa, che, le assicuro signor
direttore, appartiene a
centinaia di migliaia diinfermieri fino a connotare, quasi a marchiare, una
intera categoria.
Negli ultimi
anni abbiamo assistito ad un cambiamento del tipo di “utenti”, sempre più
anziani e con
patologie croniche e disabilitanti a cui avrebbe dovuto far fronte una
strategia
diversa dal
punto di vista assistenziale per evitare ricoveri lunghi, inappropriati e
soprattutto
che vanno a
ridurre la già precaria autonomia dei pazienti. Le Regioni stanno varando leggi
di riordino per
stare nei costi che colpiscono soprattutto gli ospedali (cioè il numero di
posti
letto) ma
sono molto lontane dal concepire la necessità di una riorganizzazione del
lavoro e
delle risorse
professionali per garantire un’assistenza di qualità, e ridurre quindi i costi
riducendo le
complicanze.
Noi
infermieri gran parte dell’orario di lavoro lo passiamo a svolgere attività di
tipo igienico-
alberghiero
che esulano dalle competenze descritte nel nostro profilo professionale. Sia le
norme
nazionali, che quelle regionali prevedono la presenza di tutte le figure
necessarie
all’assistenza
ed al soddisfacimento dei bisogni primari del malato in maniera idonea e
costante
nell’arco delle 24 ore, ma di fatto in reparto ci siamo solo noi, e così non
potendo
sopperire a
tutto lasciamo spesso da parte il nostro lavoro per svolgere quello degli
altri,
abbassando la
guardia ed erogando un’assistenza pessima che ricade sul paziente. Non
lavoriamo con
degli oggetti, bensì con persone, che hanno il diritto di essere assistite in
modo consono,
non possiamo arrecargli ulteriori danni o disabilità, non giova a loro, a noi e
neanche
all’Azienda che deve sopperire ad ulteriori costi. In 7 ore di lavoro riusciamo
ad
essere:
ausiliari, OTA, OSS, psicologi, fisioterapisti, piantoni, tecnici di
elettromedicali,
camerieri e
colf, esiste qualche altra professione così versatile?
Come dettato
dal Codice Deontologico, che non citerò nel dettaglio, negli ultimi mesi
abbiamo
inviato, insieme ai miei colleghi di reparto, diverse segnalazioni scritte dei
nostri
disagi al
Direttore Infermieristico, senza aver ottenuto assolutamente niente, non ci è
stata
concessa
neanche una possibilità d’incontro per discutere insieme, perché questo
direttore
che è pagato
per occuparsi dei nostri problemi organizzativi e funzionali in seno
all’ospedale,
a tutt’oggi
non si è mai presentato in reparto, ritenendo, non si sa su quali basi, che i
problemi che
noi denunciamo in realtà non sussistano. Cioè che le cose sono esattamente
come devono
essere. Comprenderà signor direttore come le parole del prof Cavicchi mi
abbiano
particolarmente colpita specialmente quando riporta quelle situazioni nelle
quali gli
infermieri,
solo perché si oppongono al demansionamento, subiscono ritorsioni di ogni tipo
o
sono puniti
con i trasferimenti, finendo per essere bollati come dei soggetti “sovversivi”.
In genere, mi
creda direttore, le parlo per esperienza, funziona che coloro che più degli
altri si espongono
denunciando come è loro diritto le criticità, vengono direttamente o
indirettamente
minacciati, e spesso si fa paventare un imminente trasferimento in altra unità
operativa
dove in genere peggiorano le condizioni di lavoro, così da creare un clima di
“terrore” tra
i colleghi per scoraggiare dissensi, insofferenze, critiche e lamentele. La
maggior parte dei
miei colleghi di lavoro sono demotivati, fiaccati nell’orgoglio, intimoriti
dalle possibili
conseguenze della loro protesta e alla fine chinano la testa invocando il buon
senso della
prudenza. Io sono stanca di vedere tanta mortificazione in persone che,
sottopagate, danno il
meglio di loro stessi per i loro ammalti. Per questo oggi mi rivolgo a lei, al
suo giornale,
allo spirito democratico che lo anima, per far sentire la mia voce e lo voglio
fare anche per chi
non lo può fare. Sono stanca che non venga dato il giusto riconoscimento alla nostra
professione, perché è una professione che ho scelto, che mi ha trasformata, che
mi ha dato e mi da
tanto, che amo profondamente e che nonostante tutte le difficoltà sceglierei ancora.
Perciò mi
sento in dovere di “combattere” affinché persone come questi “capetti” (come li
definisce
l’autore dell’articolo a cui faccio riferimento), che io non ritengo
assolutamente
degni della
qualifica di Infermiere, non osino più minacciare noi lavoratori immiserendo
ulteriormente
la nostra professione anziché farla progredire come avviene nel resto dei
Paesi.
Noi non ci
divertiamo a segnalare a chi di dovere le cose che non vanno. Se le cose non
vanno a rimetterci
sono i pazienti prima ancora dei nostri profili professionali. Se noi dobbiamo “custodire
l’onore dei malati” come ci ha invitato a fare Papa Francesco, noi abbiamo il
dovere di pretendere
come vuole la deontologia di essere messi nella condizione di svolgere i nostri doveri...
almeno fino a quando i doveri delle professioni sono visti come le prime
garanzie per i diritti
degli ammalati.
Detto ciò, è
vero, lo confermo: “Il primo problema dell’infermiere è l’infermiere”. Siamo
tanti
e diversi ed
è difficile coalizzare tutti, perché come ci dimostrano i nostri dirigenti,
molti
guardano solo
al proprio orto. Eppure, non possiamo rinunciare a unirci nonostante all’interno della nostra
rappresentanza vi siano coloro che usano le nostre divisioni interne per indebolirci
nella nostra azione quotidiana e nelle nostre legittime aspirazioni. Non
possiamo sottrarci al
dovere di unirci come professione nella professione per pretendere che si
affermi ciò che sia
meglio non per noi ma prima di tutto per chi soffre e sta male.
Ben vengano
gli stati generali proposti nella mozione di minoranza proposta dal prof
Cavicchi,
proposta che se non ricordo male, è da tempo che egli tenta senza risultato di
porre alla nostra
attenzione. Ormai nelle condizioni in cui siamo non sono più rinviabili.
Dobbiamo dire basta a
tutti quelli che fingono di rappresentarci e che ci prendono in giro (perché di questo si
tratta) e il cui unico scopo è star seduti in poltrona, avere un briciolo di
potere per soddisfare le
proprie miserabili vanità, cercando escamotage per raggirare i problemi, evitando così
di adempiere ai propri doveri e impendo a noi di fare il nostro. Se penso al congresso
Ipasvi mi vergogno di essere così mal rappresentata e mi rammarico del fatto
che i suoi
dirigenti siano potuti arrivare a ricoprire tali cariche per così tanti anni.
Giunti ormai
ad una così bassa considerazione sociale della professione (addirittura il
Presidente
Rossi, che personalmente ho sempre stimato, propone non di affiancare, bensì di
sostituire
l’infermiere con l’oss!!) è diventato davvero un dovere disobbedire per non
essere
corresponsabile
di ciò che non può in nessun modo essere più tollerato. Se noi, che siamo la
principale
“forza lavoro” del SSN, ci organizziamo con una proposta di qualità della
professione,
combattendo prima di ogni altra cosa il demansionamento cronico della
professione
potremo sperare di cambiare e migliorare un sistema che allo stato dei fatti è
ormai sempre
più esausto, auspicando che quel famigerato lavoro di equipe prevalga sugli
egoismi
personali di ciascuno di noi per erogare veramente un servizio di qualità ed
eccellenza.
Francesca
Bufalini
Infermiera
Nessun commento:
Posta un commento