Il nuovo sovrano saudita, Salman bin Abdulaziz, costruisce un'alleanza formalmente ostile all'Iran e fin troppo vicina al qaedismo
Il nuovo sovrano saudita Salman bin Abdulaziz ha cambiato decisamente la politica estera del suo paese e messo insieme un’inedita alleanza tra le autocrazie arabe, che al momento sembra più puntata contro l’Iran che contro il califfato o i vari qaedismi che infestano i paesi musulmani dall’Africa Occidentale fino all’Asia meridionale.
L’ultima manifestazione della politica estera saudita di un certo rilievo aveva visto i Saud in conflitto con il Qatar, colpevole di sostenere i Fratelli Musulmani e – quindi – il terrorismo, oltre che finanziare al Jazeera, fin troppo critica con l’operato del «Custode delle due moschee», che sarebbe il titolo religioso con il quale i sovrani sauditi cercano da tempo di ribadire il loro diritto a gestire come vogliono i luoghi sacri e a vestirsi d’immeritati attributi divini. Insieme al sovrano del Qatar è stato coinvolto Erdogan, altro sponsor dei Fratelli Musulmani, in particolare di quelli egiziani sconfitti ed emarginati da al Sisi con l’aiuto dei Saud. Una crisi seria, tanto che quasi tutti i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo hanno ritirato i loro ambasciatori dall’emirato e a loro si è unito l’Egitto di al Sisi, che con l’Arabia Saudita e Israele sembra aver costruito una solida comunità d’intenti. Il neo-dittatore egiziano si sta preoccupando d’assicurarsi il sostegno dei paesi vicini e in particolare delle potenze regionali e poco gli importa delle lamentele occidentali sulle modalità del golpe con il quale ha preso il potere o del suo plateale disprezzo per i diritti umani. Il sorgere di quella che impropriamente è stata definita la NATO sunnita peraltro, mette insieme una teoria di monarchie assolute per le quali i diritti umani sono l’ultimo dei pensieri e una serie di aspiranti leader a vita dei rispettivi paesi che hanno mostrato ampio disinteresse per l’argomento.
Il nuovo sovrano saudita ha ricevuto la visita di molti potenti, dal presidente Obama in giù e sembra aver approfittato del traffico di leader per ridisegnare i rapporti del regno, in particolare con i principali partner regionali e rendendo più sereni i rapporti con Turchia, Qatar e Sudan, da tempo tenuto ai margini perché il suo leader e dittatore al Bashir è ricercato dal Tribunale Penale Internazionale. Bashir ha sempre presenziato senza problemi agli incontri della Lega Araba e anche all’intervento multinazionale in Libia, tuttavia ha stupito la sua partecipazione (nominale) all’attacco allo Yemen. Ricucita anche la frattura con Erdogan, sembrano tornati i bei tempi nei quali i rifornimenti per i qaedisti in Siria pagati dai paesi del Golfo passavano senza problemi da una Turchia che vuole ancora fortissimamente la caduta di Assad. E sono stati ricuciti anche i rapporti con il Qatar e persino con i Fratelli Musulmani, con i quali i sauditi sono parsi più morbidi. A loro si sono uniti Pakistan, Egitto, Giordania, Marocco e tutti i paesi del Golfo a eccezione dell’Oman, che con l’Arabia Saudita condivide i confini terrestri con lo Yemen, paese a maggioranza ibadita (una «terza via» tra sciiti e sunniti) e che è l’unico nel quale il sultano ha veramente ceduto parte del potere a un consiglio elettivo dopo le primavere arabe.
http://www.giornalettismo.com/archives/1773061/sogno-saudita-superpotenza-sunnita/
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