No Tav, in gioco è la democrazia
Scritto da Davide Amerio*
Pubblicato Domenica 10 Maggio 2015
Non sono i videogame a costruire ragazzi violenti quanto
piuttosto la perdita di credibilità di un sistema affaristico e di
potere politico che nega loro un futuro bruciando risorse economiche e
sterminando il territorio. Replica a Serra

Siamo
purtroppo abituati e nulla più ci stupisce. Qualsiasi cosa accada in
giro per il paese, se qualcuno scrive da qualche parte “No Tav” sui
muri, si scatenano i mastini dei media e di governo per accusare il
movimento di insani complotti ai danni della comunità (come se invece i
“danni” non fossero commessi da loro). Qualche mente un po’
spregiudicata ha inventato un videogioco che coinvolge i No Tav. In una
intervista riportata dal Valsusaoggi, il creatore (Leonard Melchiori)
spiega che il gioco è in elaborazione da anni, fa riferimento a lotte
locali in diversi paesi, e cerca di prendere in considerazione i diversi
punti di vista all’interno delle vicende. Non è necessario usare la
violenza per superare i livelli del gioco e il “pegno” è costituito dal
numero di feriti nelle proprie fila.
Piaccia o meno, giochi che includano scene o situazioni di violenza
esistono da anni. Ma qui si parla di No Tav e allora ecco i “valorosi”
“Si Tav” scatenarsi. Tra questi l’ex sindaco “olimpico” di Cesana
Roberto Serra che con furia, è il caso di dirlo,
scrive a Lo Spiffero
e sviluppa una serie di tesi che hanno come obiettivo finale quello di
incolpare il movimento No Tav anche della creazione di questo gioco.
L’esordio dell’intervento offre lezioni di democrazia spicciola: alle
minoranze è dovuto un riconoscimento etico, però dopo gli
approfondimenti del caso, in una democrazia, si prendono le decisioni e,
piaccia o meno, ci si deve adeguare. Se non si rispettano questa
sequenza il rischio è “la dittatura della minoranza” (definizione molto
amata da certi politici) e gli incitamenti alla disubbidienza conducono
all’anarchia!
In una decine di righe è possibile riscontrare la fallacia
argomentativa su cui poggia il pensiero del nostro sindaco “olimpico”.
1) Il riconoscimento alle minoranze non è una questione “etica”; non è
una “concessione” o un atto di benevolenza paternalistico. Piuttosto è
una condizione necessaria, in democrazia, che funge da cartina di
tornasole per le convinzioni della maggioranza. È l’esame delle ragioni
dell’opposizione che invalida o meno quanto sostiene la maggioranza.
Quando si è convinti di una tesi e la si confronta con un’altra i casi
sono due: o la nostra tesi si dimostra errata o ci rafforza nella
convinzione di essere nel giusto. Ma il confronto deve essere onesto e
leale. Sopratutto intellettualmente e non subordinato a interessi
“terzi” che nulla hanno a che fare con la ricerca della “verità” delle
tesi.
2) Le dittature sono sempre state, storicamente, della “maggioranza” e
la definizione “dittatura delle minoranza” è un ossimoro inventato ai
tempi del craxismo per delegittimare le minoranze e le loro idee. Nel
progresso della filosofia, della storia, della scienza, non è mai
esistita una “maggioranza” che abbia cambiato opinione di propria
iniziativa; sono le minoranze che individuano le “alternative” e le
promuovono, e queste “nuove” idee diventeranno un giorno maggioritarie.
Lo schiavismo, lo sfruttamento del lavoro, il feudalesimo, sono stati
aboliti grazie a idee “minoritarie”; la definizione dei diritti
inalienabili dell’individuo e la democrazia stessa sono conquiste delle
minoranze e non delle maggioranze.
3) Per questo motivo ogni scuola di pensiero democratica e
costituzionale si preoccupa molto, anzi moltissimo, del “diritto” delle
minoranze; della libertà di parola; dei meccanismi che consentono a idee
minoritarie di essere conosciute e valutate. Perché sono le migliori
convinzioni “maggioritarie” date per scontate che possono essere errate.
4) Quando si parla di confronto e “approfondimenti” bisogna prima
intendersi sul metodo: stiamo parlando del metodo scientifico o di
quello politico? Perché c’è una differenza sostanziale: nel primo
contano i dati empirici oggettivi, nel secondo pesano le parole usate
per “persuadere” la platea e non per scoprire la “verità” delle
argomentazioni. Su questo aspetto la lotta No Tav nasce e si sviluppa
proprio grazie al rifiuto della politica di analizzare i dati
“oggettivi” che smentiscono la necessità della linea Tav.
5) Affermare che la “disubbidienza” conduce all’anarchia sconfina poi
nel grottesco. Con questo criterio saremmo ancora qui a credere che la
terra è piatta e a curare le malattie con le sanguisughe. Impropria è
oltremodo l’associazione dell’anarchia (per la quale non nutro
particolare propensione al momento) con la violenza tout court. Di
sicuro continuerò ad affermare che le radici della violenza si coltivano
con la menzogna – e talvolta anche la stupidità - di chi gestisce il
potere.
Quanto al resto dell’intervento infarcito di un miscuglio
psicologico-pedagogico da Bar dello Sport non mi addentro neppure se non
ribadendo quanto detto e la considerazione che non sono i giochi a
costruire ragazzi violenti quanto piuttosto la perdita di credibilità di
un sistema affaristico e di potere politico che nega loro un futuro
bruciando risorse economiche e sterminando il territorio; il
menefreghismo di certi genitori; una scuola abbandonata a se stessa in
un paese in cui chiaramente si vuol privilegiare la scuola privata
anziché quella pubblica.
*Davide Amerio, Blogger indipendente - Freelance già redattore di Tgvallesusa.it e dubitoergocogito.altervista.org
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