La Germania bara e fa solo i
fatti propri. Usiamo una nostra banca come loro usano la KfW!
La
Germania fa solo i fatti propri e si fottano tutti gli altri. La questione è
come mai in Italia non si approfitti delle clausole in essere? Come mai ad
esempio non si nazionalizzi un cadavere come Banca Monte dei Paschi e la si usi
come i tedeschi usano la KfW? Cosa lo impedisce? Continuiamo a farci demolire?
Piccola nota a margine il concorrente della Merkel era l'ex presidente di
KfW...
La Germania sta barando: ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio
della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito
pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla
nostra crisi,
aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di
Stato. Lo afferma Pietro Cambi attraverso “Crisis”,
il blog di Debora Billi. La “virtuosa” Germania, sostiene Cambi, ricorre
proprio alla vituperata finanza
pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice
artificio bancario: se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo
gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%. Basterebbe
tornare alla sovranità monetaria, sottraendosi alla tagliola dell’euro?
Berlino, sostiene Cambi, lo sta già facendo: alla faccia delle pretese
privatizzazioni, che a noi vengono imposte, è tuttora largamente pubblico il
capitale delle maggiori banche tedesche.
Berlino,
racconta Cambi, ha sistematicamente aggirato l’articolo principale del
regolamento europeo che vieta alle banche centrali di concedere
liquidità
agevolata ai propri Stati, passando direttamente alla clausola – perfettamente
legale – che invece concede questa facoltà decisiva agli “enti creditizi di
proprietà pubblica”. In regime pre-euro, la funzione di “prestatore di ultima
istanza” era prerogativa di Bankitalia: anche oggi, se fosse autorizzata, la
banca centrale potrebbe infatti approvvigionarsi presso la Bce di liquidità ad
un tasso privilegiato, come tutti gli istituti bancari europei, dello 0,75%:
così, Bankitalia potrebbe «comprare i titoli di Stato italiani immessi sul
mercato» e «spegnere immediatamente la febbre da spread». In concreto:
gli interessi su Bot e Btp lo Stato li pagherebbe a se stesso, perché «sarebbe debitore
di una banca di cui è il proprietario». Quindi quei soldi «tornerebbero allo
Stato o, cosa equivalente, andrebbero a ricostituire le riserve della banca
stessa, che così potrebbe meglio adempiere alle proprie funzioni e, alla fine,
fare da sé», ovvero «comprare i titoli Btp senza più chiedere soldi alla Bce».
In
pratica, aggiunge Cambi, si recupererebbe la famosa sovranità monetaria che
permetteva alla Banca d’Italia di stampare lire, ove necessario, per acquistare
i titoli di Stato rimasti invenduti e così tener bassi i tassi d’interesse.
Mission impossibile: lo vieta il regolamento europeo che mette fuori gioco le
banche centrali. Ma attenzione: non gli “enti creditizi di proprietà pubblica”
che, «nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali,
devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca Centrale Europea
lo stesso trattamento degli enti creditizi privati», ovvero la sospirata
“liquidità agevolata” della Bce. Chiaro, no? Persino imbarazzante, dice Cambi:
dunque, in teoria, “si può fare”. Tant’è vero che la Germania lo sta già
facendo. All’Italia basterebbe nazionalizzare una banca, magari in cattive
acque come il Monte dei Paschi di Siena, usandola come
veicolo – attraverso l’acquisizione
facilitata di euro – per sostenere i titoli di Stato e abbattere lo spread.
In
Germania, spiega Cambi, oltre la metà del sistema bancario è in mani pubbliche.
Eesempio: la Commerzbank, secondo istituto tedesco, ha lo Stato come azionista
di maggioranza. E «siccome, tramite le proprie banche investe (e
massicciamente) nei nostri Btp, lo Stato tedesco, come azionista di
maggioranza, lucra sulle nostre sfighe e sul nostro spread: gli basta non
comprare i nostri bond, ed ecco che lo spread si innalza». In poche parole, il
governo di Berlino «esercita un controllo diretto impressionante sulla nostra
politica interna», con manovre finanziarie da centinaia di miliardi. Lo Stato
tedesco «è l’azionista di maggioranza di centinaia di istituti bancari di
diritto privato ma a capitale quasi totalmente pubblico, che accedono alla Bce
allo 0,75%». Quindi Berlino «compra massicciamente titoli tedeschi, tenendo giù
i loro tassi di interesse».
Altro
esempio, la Kfw (Kreditanstalt fuer Wiederaufbau), istituto nato nel dopoguerra
per gestire i fondi del Piano Marshall: è posseduta all’80% dalla Repubblica
Federale Tedesca e al 20% dai Lander. In pratica, è al 100% pubblica, «come
altre centinaia di banche tedesche» che, «con la scusa del project financing»,
finanziano un sacco di enti, iniziative e attività pubbliche e private, al
posto dello Stato, «tenendo su a forza l’economia del paese». Formalmente, sono istituti
di diritto privato, e quindi i loro finanziamenti – frutto del capitale
pubblico e decisivi per l’economia
tedesca – non vanno ad aumentare il debito
pubblico della Germania. E come fa, Berlino, ad approvigionarsi di
euro? «Comprando decine di miliardi di euro di Bund, con gli euro presi in
prestito dalla Bce allo 0,75% e, ovviamente con gli interessi sui prestiti a
privati». Per approvvigionarsi sul mercato allo scopo
di finanziare
queste attività, il governo tedesco «ha emesso nel tempo una quantità enorme di
obbligazioni: insomma, ha fatto debiti per 430 miliardi di euro».
Al
contrario della nostra analoga Cassa Depositi e Prestiti, le cui passività
(obbligazioni postali) contribuiscono al cumulo del debito
pubblico italiano per quasi il 20% del nostro Pil, le passività
germaniche della Kfw, pari quasi 500 miliardi di euro, rappresentano il 17% del
Pil tedesco. Ma – e qui sta il “trucco” – non sono state contabilizzate nel
bilancio statale, e quindi non vanno ad aumentare, come invece dovrebbero, il
“virtuoso” debito
pubblico tedesco. Il tutto, aggiunge Cambi, è regolarmente permesso dalla
Comunità Europea attraverso l’Esa-95, il manuale contabile che detta le regole
per il calcolo dei debiti pubblici. Bruxelles «esclude dal computo le società
pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono il 50,1% dei
propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e
contributi». Ovvero: fino a che un eventuale deficit o comunque i costi di
funzionamento sono coperti almeno per il 50,1% dai ricavi, il deficit e le
altre passività dell’istituto non vengono computati nel bilancio dello Stato.
Come ha scritto il “Corriere della Sera”, la serietà di un tale principio è
paragonabile alla considerazione del rischio da parte dei contabili che hanno
favorito il crac della Lehman Brothers.
«Con
un trucco meramente contabile, che in casi analoghi oltreoceano ha portato a
condanne per bancarotta fraudolenta, la Germania ha cancellato o, se preferite,
“occultato” oltre il 17% del suo debito
pubblico», dichiara Cambi. «Eliminato questo trucco contabile, il debito
pubblico tedesco farebbe un balzo del 20% in in colpo solo, dall’80%
al 97%». Ed è solo la punta dell’iceberg di un tipo di “contabilità creativa”
«probabilmente più spudorata di quella che è stata imputata alla
famigeratissima e disgraziatissima Grecia, che peraltro aveva truccato i conti
di un ben più modesto 10%». In effetti, aggiunge Cambi, i debiti degli istituti
tedeschi nei confronti della Bce ammontano a qualcosa come 750 miliardi di euro
– e di questi, almeno la metà sono da riferire a banche di proprietà pubblica.
E il
bello è che
la Germania non è il solo paese a fare questo genere di trucchetti: «Anche in
Francia, Hollande (tanto per cambiare) ha appena istituito un ente simile, la
Bpi, con compiti simili e una quarantina di miliardi di dote».
E allora
perché Monti e colleghi non hanno pensato, a loro volta, a una soluzione del
genere? Ovvero: perché mai, «pur essendo ben a conoscenza di questi immensi
trucchi contabili», i “salvatori” dell’Italia «non hanno denunciato la Germania
e le sue velleità paneuropee di fronte al mondo?». E’ proprio lì che Monti non
voleva arrivare: «Non volendo nazionalizzare una banca per meri motivi di
contabilità nazionale, perché così facendo si renderebbero troppo evidenti i
giochini altrui, si preferisce trovarsi una buona scusa, come ad esempio
l’evidente rischio di insolvenza dell’istituto medesimo, per essere “costretti”
a nazionalizzarlo», come appunto il Montepaschi. Tutto questo, aggiunge Cambi,
poteva semplicemente non-succedere, se solo non avessimo privatizzato, in nome
del liberismo, la maggior parte dei nostri istituti bancari e di conseguenza la
Banca d’Italia. Quanto alla mancata denuncia dei trucchi tedeschi, basta
ascoltare Monti: solo «una crisi
tremenda» avrebbe consentito di tagliare in modo selvaggio la spesa pubblica e
procedere alla «privatizzazione e liberalizzazione forzosa dell’intera
società».
Capito
a cosa serviva, l’esplosione dello spread? «Una volta deciso che la crisi e le sue devastanti conseguenze erano il
prezzo da pagare per plasmare il paese, Grecia o Italia non importa, secondo la
dottrina della shock economy, il resto è una logica conseguenza: se non è un
movente, ci si avvicina molto». E in Europa lo sanno? «Certo», conclude Cambi: è
proprio da lì – dal sistema di potere che si estende da Bruxelles fino a
Berlino – che è partita la grande “tosatura” dell’Italia e degli altri “Piigs”.
Operazione truccata, insiste Cambi, e atrocemente sleale: proprio chi vieta
all’Italia di ricorrere al debito, in realtà fa uso massiccio del proprio debito
pubblico per sostenere la propria economia, contro la nostra. Quand’è che la
politica italiana se ne comincerà ad occupare?
articolo
di Libre
Sotto estratto da Cobraf
All’Italia basterebbe nazionalizzare una banca come il Monte dei Paschi di
Siena, usandola come veicolo – invocare la clausola – ( gli “enti creditizi di
proprietà pubblica” che, «nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle
banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca
Centrale Europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati»...),
comprare i BTP e fargli finanziare lo stato liberandolo dal debito che costa un
5%
Quindi è semplice, è fattibile e non costa niente e risolve il problema. Quello
che impedisce di farlo è innanzitutto una classe politica venduta, nel senso
che per prevalere sui rivali, stare o andare al potere si appoggiano ai poteri
esteri. Ma non va sottovalutato anche il ruolo distruttivo di tanti pseudo-esperti (tipo Mario Seminerio/Phastidio
per dirne uno che inspiegabilmente viene letto)
Questo è la soluzione ora raccomandata niente di meno che da Mike
Woodford, il top economista monetario oggi sul pianeta, cattedra a
Columbia, autore del testo monetario che è oggi la bibbia a Columbia,
Princeton, Harvard, Chicago e nell'economia ortodossa, non sto dicendo il buon
Mosler (vedi ad es. "Quantitative easing should be used to write off
government debt" riportato sui media oppure il suo saggio da
mezzo quintale recente "Methods of Policy Accomodation at the Interest Rate
Lower Bound")
Per inquadrare il problema in generale qui hai un calcolo di Simon Thorpe (che
ha appena aperto un sito in Francia del movimento di PositiveMoney) dove
calcola che solo gli interessi sul debito pubblico annuali sono ora circa 380
miliardi l'anno in Europa, di cui l'Italia paga 85 miliardi. E dal 1995 ad es
sono stati 5.900 miliardi di interessi sul debito pubblico in europa. Se poi
aggiungi anche il debito privato arrivi a 23mila miliardi. E quanta è la
moneta, visto che i debiti si ripagano con i soldi, con quello che hai nel
conto corrente o altri conti ? In Europa sono 9.500 miliardi. Ergo la Moneta è
poca e il Debito è troppo, la prima va aumentata e il secondo ridotto.
L'uscita dall'Euro, tra parentesi, non risolve questo problema fondamentale, ma
lo esaspera perchè ceteris paribus fa aumentare il costo degli interessi.
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