IL J’ACCUSE DEL LIBANESE KANDIL: LA TURCHIA E’ IL GRANDE FINANZIATORE DELL’ISIS
Secondo l’analista, l’Isis sarebbe sostenuta finanziariamente dalla Turchia che provvede a smerciare il petrolio siriano e iracheno attraverso società, alcune delle quali legate alla leadership, che prendono tangenti sulle vendite. Un’operazione che avverrebbe sotto gli occhi degli Stati Uniti e dell’Onu ogni ora di ogni giorno.
Lo Stato Islamico ha appena preso Palmira. Che cosa succederà secondo lei? Il responsabile dei Beni Culturali in Siria dice che le statue sono state portate in salvo. C’è speranza che si salvi il resto del sito archeologico? Palmira è un punto strategico, che cosa sta dando la spinta all’Is di andare avanti? Si sta potenziando la sua forza di attacco? Come mai?
L’esercito sta combattendo lo Stato Islamico su ogni fronte della battaglia. Quello che non viene riportato è il flusso di danaro, di armi e di uomini armati verso la Siria, tramite il confine turco e giordano e, in misura minore, dal Libano. Il comandante della resistenza siriana ha rivelato che nell’ultima battaglia di Kalamon sono stati smascherati il contrabbando di armi e soldati dal Libano verso la Siria e che questo sostegno umano, militare e finanziario, proviene dalla Turchia, dal Qatar, dall’ Arabia Saudita e dalla Giordania. Ogni volta che arriva questo supporto, lo Stato Islamico fa un passo avanti.
Chi finanzia lo Stato Islamico?
Oggi Isis vuol dire Turchia; l’Isis è sostenuta finanziariamente dalla Turchia. Come accade? Lo Stato Islamico ruba il petrolio siriano e iracheno, lo trasporta tramite camion verso la Turchia, lo vende dai porti turchi a clienti americani e israeliani. So quello che dico. I denaro viene pagato attraverso società turche, alcune delle quali riconducibili a parenti di Erdogan. Il gruppo che è al potere in Turchia prende la sua tangente e il resto di quei soldi finisce nelle casse dell’Isis. Questa operazione è in corso sotto gli occhi degli Stati Uniti e dell’Onu. E accade ogni ora di ogni giorno. Dal Qatar e dall’Arabia Saudita poi un flusso di finanziamenti arriva all’Is ma anche ad al-Nusra e ai Fratelli Musulmani, che insieme hanno costituito Jaish al Fath (L’esercito della conquista). Dopo la riconciliazione, sotto la supervisione Usa, fra Arabia Saudita e Turchia, quest’estate hanno radunato le loro forze per organizzare una nuova escalation di attacchi contro la Siria.
La Siria come sta affrontando la battaglia contro gli integralisti?
L’esercito siriano agisce secondo i propri piani. Ha una lista di priorità dei suoi obiettivi, adeguata alleproprie capacità umane e pratiche. Cerca di contenere queste offensive e si prepara a lanciare adeguate controffensive. Secondo la mia personale previsione, l’esito della battaglia di Kalamon avrà la parola decisiva per la sorte di quest’azione dell’esercito siriano. Le montagne del Kalamon arrivano al nord della Siria e da lì si può addirittura vedere la Palestina. Questa battaglia sarà una svolta strategica che scatenerà la forza militare di decine di migliaia di soldati siriani che sono ora concentrati nella zona.
Sarà una svolta positiva nella lotta all’Is?
Sì, sicuramente.
Palmira, in questo scenario militare, come s’inquadra?
Palmira è un punto importante per la prossima controffensiva dell’esercito siriano. Durante la battaglia di Kessab, gli integralisti sono rimasti nella città fra i due e i tre mesi allargandosi ad altri villaggi intorno. Dopodiché l’esercito siriano ha lanciato controffensiva e ha ripreso in mano tutto. L’esercito siriano è resistente, forte e al suo fianco, in tutte le sue battaglie, ha la resistenza libanese. E questo è importante.
Il Libano, quindi, sostiene la Siria?
La resistenza libanese, difendendo la Siria difende la sua scelta di essere la resistenza. Perché i terroristi che attaccano oggi la Siria hanno sott’occhio il Libano. Il pericolo è rappresentato da questi
Per quanto riguarda soluzione crisi siriana, quali tempi sono previsti?
Io sono contro tutte le previsioni di quelli che in Iran dicono o affermano che l’eventuale firma dell’accordo nucleare con gli Stati Uniti sarà la chiave magica di tutti i problemi della regione. Più contatti e maggiore comunicazione fra i due Paesi permetteranno certo la discussione di tante questioni. Ma tutte le soluzioni nasceranno dai pesi e dagli equilibri locali e dentro l’area. Oggi la strategia Usa e dei suoi alleati è quella di una guerra di logoramento. Bisogna fermare ogni attività terroristica, ogni rifornimento di soldi e di armi ai terroristi. Se accadesse l’esercito siriano ci metterebbe pochi mesi per spazzarli via tutti. Chi è che sta impedendo la risoluzione o l’applicazione della risoluzione del consiglio di sicurezza Onu? Gli Stati Uniti. Riuscirà l’Iran a imporre a Washington a rinunciare a questo progetto? Non credo. Ci vorrebbe uno sforzo più ampio. Non basta l’ Iran, insieme alla Russia o alla Cina. Speriamo si aggiungano voci europee.
Una delle soluzioni proposte è la divisione in cantoni della Siria: uno stato sunnita, uno sciita, uno cristiano…
In Siria non ci sono i presupposti per una divisione o una spartizione. In Siria c’è una grande massa sunnita popolare che è al fianco del governo. Il presidente Assad non gode solo del consenso alauita o cristiano ma anche all’appoggio della comunità sunnita, perché in Siria c’è un vero stato nazionale, a differenza dell’Iraq. E poi c’è, da parte di Assad e del suo governo, una forte volontà politica a mantenere salda l’unità della nazione anche a costo di una lunghissima guerra.
Che notizie si hanno di padre Dall’Oglio?
Sta a Raqqa.
Tornando al Libano, Francesca Paci della Stampa ha parlato di mina inesplosa. Lei è d’accordo?
Alessandro Di Liegro
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