La postura strategica della Mongolia
Miscela Strategica – Stretta
tra due potenze e priva di sbocchi sul mare, la Mongolia ha di recente
vissuto importanti progressi economici grazie alle proprie materie
prime, il tutto cercando di mantenere una posizione equilibrata nelle
proprie relazioni estere.
UN’INTRODUZIONE – La Mongolia ha vissuto una
rivoluzione democratica pacifica
nel 1990 che ha posto fine alla fase comunista della nazione, durante
la quale fu alleata dell’Unione Sovietica. L’inerzia della classe
politica e l’improvvisa assenza della precedente assistenza di Mosca
hanno fatto precipitare il Paese in una grave crisi economica, ma
nell’arco di un decennio la situazione si stabilizzò. Dopo essere stata
duramente colpita dalla più recente crisi economica globale, la Mongolia
è tornata a crescere a
tassi record, superiori al 10%
(nel 2011 crebbe addirittura del 17,5%), trainata principalmente dalle
esportazioni di materie prime. Queste ultime sono concentrate verso la
Cina, mentre le importazioni provengono in larga parte anche dalla
Russia, specie quelle energetiche e di carburanti. Tutto ciò rende
l’economia mongola
molto esposta nel breve termine, in
quanto dipende eccessivamente dall’andamento dei prezzi delle materie
prime e da una scarsa diversificazione di fonti e destinazioni del
proprio
import/export.
Fig. 1 – Il distretto di Ger nella città mongola Ulaanbataar
LA VISIONE DELLA SICUREZZA – La visione delle istituzioni mongole della sicurezza dello stato è piuttosto articolata, come è possibile evincere da un’analisi del Concetto di Sicurezza Nazionale. Alle tradizionali aree della sicurezza si aggiungono quelle di una visione aderente alla human security,
includendo poi anche la sicurezza ambientale, economica ed informativa.
Vengono poi individuati come interessi nazionali vitali l’indipendenza
del Paese, l’integrità della sovranità e territoriale, l’inviolabilità
delle frontiere, l’indipendenza economica, lo sviluppo economico
sostenibile e la coesione nazionale; il tutto a comporre l’interesse
primario: la persistenza della Mongolia e del suo popolo. Le minacce a
tali interessi sono piuttosto classiche: l’aggressione
armata o la minaccia di quest’ultima, politiche volte a minare
l’indipendenza del Paese o l’unità nazionale, le attività terroristiche,
l’imposizione del controllo, degli interessi o delle politiche di Stati
terzi ad Ulaanbaatar, l’emergere di crisi o conflitti globali,
regionali o sub-regionali che possano interessare la Mongolia, la
destabilizzazione politica ed economica, le violazioni delle frontiere,
le migrazioni di massa e le calamità naturali. Oltre a ciò, assumono
rilevanza minacce interne, quali la disgregazione delle Istituzioni,
atti politici, economici o militari che minano la coesione e
l’indipendenza, l’emergere di condizioni foriere di fratture su base
etnica, religiosa o locale, le attività sovversive. A destare interesse è
tuttavia la concezione della sicurezza nazionale come ineludibilmente
connessa alla condizione di sicurezza del sistema internazionale. A ciò
si aggiunga che tra i mezzi a disposizione per la tutela della sicurezza
è posta enfasi sul diritto internazionale ed il ruolo delle Nazioni Unite (comprensibile per un attore che deve, in primis,
rapportarsi solo con potenze per esso ineguagliabili), la promozione
della stabilità internazionale e dell’immagine dello Stato, il rispetto
dello status di Stato libero da armi nucleari ed il riconoscimento di un
tale status all’Asia Centrale. Solo a seguito di tutto ciò vengono
citati lo strumento militare e la cooperazione militare come ulteriore
mezzo per la tutela della sicurezza nazionale.

Fig. 2 – Il Presidente della Mongolia Tsakhiagiin Elbegdorj
LE LINEE DELLA POLITICA ESTERA –
L’obiettivo della Mongolia è, dunque, la ricerca di una posizione
equilibrata all’interno della comunità internazionale. Nella
formulazione del Concetto di Politica Estera:
“La Mongolia persegue una politica aperta e non allineata”. Nello
specifico Ulaanbaatar individua come primo punto fondamentale lo sviluppo delle relazioni con i suoi due ingombranti vicini, nonché il mantenimento della terzietà.
Ciò è effettivamente realizzato, nonostante i rapporti con la Russia
appaiano più saldi che non nei confronti della Cina, verso la quale
talvolta traspare una certa ostilità storicamente radicata senza
tuttavia lasciarsene condizionare, come dimostra la partecipazione
mongola alle iniziative di sviluppo infrastrutturale nella regione
(necessarie per evitare l’isolamento tra i due giganti). In secondo
luogo il Paese pone l’accento sui rapporti con gli Stati altamente sviluppati,
sottolineando specificamente il ruolo di Stati Uniti, Giappone e
Germania. Lo scopo è quello di creare interessi in Mongolia per questi
ultimi, verosimilmente per facilitarne il coinvolgimento nelle relazioni
di Ulaanbaatar ed essere fonte di sviluppo. In seguito il Concetto
evidenzia la necessità delle relazioni con il resto dell’Asia e del
Pacifico per poi passare a quelle con l’ONU ed i suoi Istituti
Specializzati. Inoltre, è presente la volontà di coltivare i rapporti
con i Paesi dell’ex blocco socialista, in particolare con quelli
economicamente più rilevanti. In ultimo, viene citato il rapporto con i
Paesi in via di sviluppo, con i quali cooperare in sede multilaterale.
LE FORZE ARMATE –
“Essendo il compito dello Stato quello di assicurare l’indipendenza del
Paese e di garantire la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, la
Mongolia deve possedere delle Forze Armate per l’autodifesa la cui
struttura ed organizzazione, nonché le regole del servizio militare,
sono determinate dalla legge”. Così recita l’articolo 11 della
Costituzione della Mongolia. Dunque, nonostante la dichiarata
neutralità, Ulaanbaatar non manca di riconoscere la necessità di dotarsi di uno strumento militare.
Le Mongol Ulsyn Zevsegt Khüchin, Forze Armate Nazionali Mongole, sono
composte da tre Armi: l’Esercito, l’Aeronautica Militare e le Forze di
Difesa Aerea (basate a terra). In totale, vi sono 11.000 effettivi in
servizio attivo. La leva obbligatoria è della durata di 1 anno, mentre
meno del 5% delle Forze Armate sono composte da militari di professione,
sottufficiali ed ufficiali.
Fig. 3 – Un soldato mongolo di guardia
LE ATTIVITA’ MILITARI – Da diversi anni sono iniziate molte attività delle Forze Armate mongole. Di particolare rilievo sono le diverse forme di cooperazione militare con Paesi terzi. Ogni anno si svolge “Khaan Quest”: si tratta di esercitazioni per il peacekeeping
svolte in collaborazione con decine di altri Stati, in particolare gli
Stati Uniti, per un totale di 1.000 effettivi. Vi sono poi le
esercitazioni “Selenge”, svolte congiuntamente alle forze russe, per la conduzione di operazioni di controterrorismo e contrasto ai traffici illeciti.
Le esercitazioni con la Russia sono riprese per la prima volte nel
2008. Anche la Cina, dal 2009, collabora con la Mongolia. Da registrarsi
poi anche la collaborazione con l’India, con la quale dal 2004 si
svolgono le esercitazioni “Indra” e “Nomadic Elephant”
Tutte queste forme di cooperazione in ambito militare non vanno
analizzate solo in termini di addestramento e miglioramento delle Forze
Armate di Ulaanbaatar: in occasione di “Khaan Quest 2013” gli USA hanno fornito assistenza per l’ammodernamento delle strutture a disposizione della Mongolia, nello specifico il Five Hills Regional Training Center, divenuto l’unico centro d’addestramento per il peacekeeping
a livello regionale. Il fatto che sia Stati Uniti, sia Russia, sia la
Cina conducano cooperazione militare con la Mongolia non va inteso come
competizione tra le potenze finalizzata ad accaparrarsi un nuovo
alleato, quanto piuttosto come metodo per lo sviluppo delle capacità di
un importante partecipante alle operazioni di peacekeeping nel globo. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nell’Asia Nord-Orientale e Centrale la Mongolia è il secondo principale fornitore
di truppe per le missioni dell’organizzazione. Ad aprile 2015 il numero
di truppe fornite ammonta a 946. Oltre che a missioni dell’ONU, quali
ad esempio MONUC (nel 2002, questa fu la prima volta che militari
mongoli parteciparono a missioni all’estero), MINUAD (in Darfur),
MINURCAT (in Ciad tra il 2009 ed il 2011, la missione più impegnativa
mai svolta dalla Mongolia, che ha visto l’impiego di un contingente di
533 militari) e MINURSO (nel Sahara Occidentale), la Mongolia ha
contribuito anche ad ISAF ed Enduring Freedom in Afghanistan, a KFOR in Kosovo, Iraqi Freedom in Iraq. Tutto ciò è valso alla Mongolia lo status di membro dell’OSCE e l’Individual Partnership and Cooperation Programme con la NATO.
Matteo Zerini
Un chicco in più – Come già accennato nel corso
dell’articolo, la Mongolia con un atto interno ha dichiarato sé stessa
Paese libero da armi nucleari. Tale status è dichiarato anche nei
documenti ufficiali. Come per le zone libere da armi nucleari create
attraverso trattati, anche questo auto dichiarato status della Mongolia
doveva ricevere il riconoscimento e le garanzie di rispetto della
comunità internazionale ed in particolare degli Stati ufficialmente
possessori di armi nucleari. Ciò è avvenuto attraverso la risoluzione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
55/33S.
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