Marco Damilano: "Matteo Renzi, i suoi tre imperdonabili errori"
La gestione del Pd - E proprio la gestione del Pd è, secondo Damilano, l'errore più grave. "Nel corso dei mesi, man mano che aumentava il suo potere ma anche gli impegni governativi anche internazionali, Renzi s'è allontanato precocemente dal Pd e dalla tenuta del territorio che, in termini calcistici, è lo spogliatoio". "Renzi", continua Damilano, "ha immaginato di poter coprire tutto con la sua leadership, con la sua velocità, con la potenza di fuoco mediatica, col cronoprogramma delle riforme. Invece si è dimenticato che, se non c'è partito, cultura politica, organizzazione, un cosa del genere non si regge. Che la gente, al voto regionale, si trova Raffaella Paita, la Moretti, De Luca, non lui. Per questi, lo storytelling non bastava. Non sarebbe stato credibile".
Il partito della Nazione - Secondo Damilano, il partito della Nazione "è un concetto vago, nebuloso". "Renzi, spiega, "ha però sempre avuto l'idea di portare il Pd fuori dai propri confini: ideologici, di blocco sociale di riferimento, geografici, di un partito che potesse cioè vincere anche in trasferta, per stare ancora alla metafora calcistica". Ma non è questo per lui il problema. Il problema è che "Renzi, per guadagnare il mare aperto dei consensi, s'è messo in testa che perdere un pezzo di sinistra tradizionale. Anzi, ha pensato che lo scalpo da portare, per avere la credibilità di quanti non lo avevano votato, fosse proprio quello. Questo passaggio si è visto compiutamente nella settimana in cui il Jobs Act è stato approvato". Quando la Cgil andò in piazza "si disse convinto che sarebbe nato qualcosa di nuovo a sinistra e che, aggiunse, con questa nuova forza ci sarebbe stato un confronto elettorale. nsomma, accettava che alcuni se ne andassero, nella convinzione che molti altri, di più, sarebbero venuti a votarlo. Una strategia che è stata sconfitta alla urne".
Lega e Cinque Stelle - Un altro errore di Matteo Renzi è stato quello di aver sottovalutato Matteo Salvini e Beppe Grillo. In particolare Salvini. "Il leader leghista", spiega, "ha una posizione chiara sull' immigrazione, mentre Renzi non ne ha nessuna". Al suo "ci vuole più Europa", "Bruxelles risponde con le quote di rifugiati che diventano volontarie. Salvini invece ha, dalla sua, la Stazione Tiburtina piena di profughi, la scabbia a Milano, i latinos col machete, sempre nel capoluogo lombardo". E così conquista consensi. Per Damilano Renzi ha lasciato inascoltato il campanello d'allerme suonato con il voto emiliano: "Renzi ha fatto un errore che dimostra come sia dentro la storia della sinistra, molto di più di quanto pensino amici e avversari. Quello di pensare che la questione sia nello scontro fra riformisti e radicali e, invece, c' è il centrodestra, c' è la Lega di Matteo Salvini, c' è Beppe Grillo, insomma ha sottovalutato l' insieme del gioco politico che oggi è molto più complesso e variegato".
Mafia Capitale - Sull'inchiesta Mafia Capitale che ha travolto il Pd capitolino, Damilano sostiene che qualcuno, "fino a pochi giorni fa, pensando a uno scenario alla House of Cards, immaginava che Renzi non fosse affatto dispiaciuto di questa inchiesta". In pratica "lui e il partito toscano che incarna vedessero l'occasione di chiuderla col Pd, come partito romano. D'altronde questo partito è nato qui, fondato da Walter Veltroni che ha fatto il sindaco, e avendo nel romanissimo Goffredo Bettini l' ideologo. Ora Renzi però s'è accorto che Ignazio Marino non regge più". Per il giornalista dell'Espresso a Renzi piacerebbe molto che il prefetto Franco Gabrielli, uno che è stato giovane Dc con Renzo Lusetti e Letta, diventasse commissario, con la giunta in carica per il disbrigo degli affari correnti". In questo modo non si tornerebbe a votare. E potrebbe parare il colpo. Ma è un' ipotesi non facile. Il piano B, per Damilano, "consisterebbe nel convincere Marino a mollare: si va a votare, certo, ma c'è il tempo per dire che lui è la vittima di Mafia capitale e, trovando un altro candidato, provare a rivincere". Infine c' è un piano C: "Lo scioglimento per mafia. Disastroso per Renzi, da un punto di vista simbolico, perché il commissario starebbe là 18 mesi e poi si andrebbe ad elezioni. Per il segretario una spina nel fianco".
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