8/07/2015
Piccoli
risparmiatori in fuga. E ora la Cina rischia la sua crisi del ’29
Banche ombra,
investitori poco informati, ipertrofia del Governo: così le borse cinesi sono
esplose, così stanno crollando
Gabriele Battaglia (China
Files)
«Investo da circa
vent'anni, sei meravigliato? Ho messo da parte l'equivalente di un appartamento
a Pechino. Vedi, la mia vita è andata su e giù come un indice di borsa», dice
la donna indicando sullo smartphone quello della borsa di Shanghai, con cui si
collega in tempo reale. «Su e giù un pochino, senza troppo dolore, di cosa
dovrei avere paura? È come la mia vita, uguale».
La Germania ha 80 milioni
di abitanti, il Partito comunista cinese 88 milioni di iscritti, ma le borse di Shanghai e Shenzhen hanno 90 milioni di
conti individuali di intermediazione, cioè di piccoli
azionisti, per il secondo mercato azionario più grande del mondo (dopo quello
Usa) in termini di volume di scambi annuo: 14mila miliardi di dollari
totalizzano Shanghai, Shenzhen e Hong Kong congiuntamente (27mila in totale per
Wall Street e il Nasdaq), cioè oltre il doppio rispetto alla terza
classificata, Tokyo. Queste caratteristiche così particolari, così come i
recenti cambiamenti nel mondo del risparmio cinese, spiegano l’estrema
volatilità a cui assistiamo in questi giorni: crescita record fino al 12
giugno, crollo del 26 per cento nell’ultimo mese; ma il mercato azionario
rimane a un più 83 per cento rispetto allo scorso anno.
«La mia vita è andata su e
giù come un indice di borsa», dice la donna indicando sullo smartphone quello
della borsa di Shanghai, «Su e giù un pochino, senza troppo dolore, di
cosa dovrei avere paura? È come la mia vita, uguale»
Gli “gnomi” (d’ora in poi
chiameremo così gli investitori “retail”, quelli piccoli) si sono riversati nel
mercato azionario soprattutto sul finire del 2014 – spiega un esperto
finanziario internazionale che gradisce l'anonimato - «spinti dalla contrazione
del mercato immobiliare e dai bassi tassi di interesse perché, in un contesto
di rallentamento dell’economia, la
People Bank of China ha avviato nello scorso novembre un ciclo
espansivo. Questo ha riempito un mercato già abbastanza affollato, spingendo le
quotazioni al rialzo». Insomma: per compiere la sua transizione verso
un’economia evoluta, da circa un anno Pechino sta varando misure per contenere la bolla immobiliare,
il buco nero dove vanno a finire i risparmi dei cinesi e che alimenta il
cosiddetto “credito ombra”, cioè quello che sfugge al controllo delle banche di
Stato (in una delle contraddizioni tipicamente cinesi, sono poi le stesse
banche che spesso investono parte dei propri capitali nella finanza parallela,
ma questo è un altro discorso).
Dato che però l'economia
non può rallentare troppo, il governo cerca anche di facilitare il credito
sperando che vada in altri settori più innovativi invece che nel
mattone. La conferma arriva da due economisti della New York University,
Stephen G. Cecchetti e Kermit L. Schoenholtz, secondo cui diversi fattori – sia
sia ed esterni - hanno determinato il boom del mercato azionario cinese a
cavallo tra 2014 e 2015.
Sul piano interno «ci sono
le recenti riforme finanziarie,
soprattutto gli sforzi del governo per limitare le garanzie implicite per le
banche ombra. Vi è il perdurante calo dei valori immobiliari residenziali», che
rende meno vantaggioso investire lì, «e poi c’è lo stimolo monetario sotto
forma di tassi di interesse più bassi.
Tutti questi fattori spingono in su i valori azionari». Esternamente, c’è
un interesse sempre maggiore degli investitori stranieri: «La bassa
correlazione con quelli di altri Paesi, rende il mercato azionario cinese
un’interessante opportunità di diversificazione».
«Vedi, da noi bisogna
stare attenti alla politica, ai segnali che arrivano da lì». E colto il
messaggio, lei e gli altri piccoli risparmiatori si sono messi a prendere soldi
in prestito per investire in borsa invece che nell’immobiliare
«Del resto, il governo, finché
ha potuto, ci ha marciato sopra - spiega l’esperto finanziario (d’ora in poi,
Mr X) -. Lo sviluppo del mercato azionario tiene buoni i risparmiatori, facendo
crescere il valore dei loro risparmi anche in fase di rallentamento
dell’economia e di correzione dei prezzi immobiliari». L’agenzia Nuova Cina ha
gioiosamente scritto di «sogno cinese che si avvera per milioni di
risparmiatori». Le imprese private trovano invece in borsa una forma di
finanziamento più economica e soprattutto disponibile. «Per molte di loro, il credito bancario è merce rara,
visto che finisce quasi interamente alle grandi imprese di Stato (SOE). E per
le stesse SOE, rappresenta la possibilità di lasciar fare al mercato quello che
il Governo non riesce per ora a fare, cioè riportare il loro costo di
finanziamento in linea con le valutazioni di efficienza economica, rompendo il
connubio tra banche di Stato e SOE», aggiunge Mr X. «In generale, in un sistema
banco-centrico come quello cinese, l’idea di disintermediare il credito e riportarne
una quota sui mercati è tendenzialmente buona. È quello che si cercherebbe di
fare anche in Europa».
«Vedi, da noi bisogna stare attenti alla politica, ai segnali che
arrivano da lì», dice la nostra gnoma e, colto il
messaggio, lei e gli altri si sono messi a prendere soldi in prestito per
investire in borsa invece che nell'immobiliare. Sì, perché un'altra
caratteristica del mercato azionario cinese è che l'alto numero di investitori
“non informati” (appunto, piccoli gnomi al limite del gioco d'azzardo)
ricorrono spesso al cosiddetto marginal lending, cioè, in soldoni, ai prestiti
per investire. «Da maggio 2014 a maggio 2015, il margin credit è passato da 400
miliardi di RMB (3,1 per cento della capitalizzazione di mercato di Shanghai) a
2.100 miliardi (6,7 per cento di capitalizzazione)», spiegano Cecchetti e
Schoenholtz. «I brokers forniscono prestiti margine ai clienti che desiderano
aumentare il proprio patrimonio netto di esposizione al di là di ciò che i
propri risparmi e altri investimenti consentirebbero. Tuttavia, poiché questi
prestiti sono in genere garantiti dal pacchetto azionario del cliente, i broker
hanno di solito facoltà di sequestrare e vendere questa garanzia quando il calo
dei valori azionari mette il rimborso del prestito a rischio. Tali vendite
d'emergenza possono amplificare il crollo del mercato, così come gli acquisti a
credito hanno amplificato il boom».
Il calo è diventato
simile a un crollo perché, in un mercato pompato in alto dalla parte
più volatile e volubile degli investitori, tutti gli altri hanno
cominciato a vendere pacchetti azionari per garantirsi dalle perdite
Ecco la volatilità del
mercato cinese. Ecco il rischio bolla. In
pratica, la correzione al ribasso sarebbe arrivata sull'onda lunga del
rallentamento dell'economia, superiore a quanto immaginato in partenza, e per
via della graduale liberalizzazione dei tassi di interesse sui depositi bancari
da parte del governo, alternativa più sicura della borsa per molte famiglie. Il
calo è diventato però simile a un crollo perché, in un mercato pompato in alto dalla parte più volatile e
volubile degli investitori (gli gnomi), i margin lenders
(creditori margine) hanno cominciato a vendere pacchetti azionari per
garantirsi dalle perdite. «Secondo me, questo spiega abbastanza bene la
rapidità della caduta in confronto alla salita, che pure è stata parecchio
rapida», dice oggi Mr X.
Nell'anno trascorso fino
al 12 giugno, quando i prezzi delle azioni ha raggiunto il picco, i valori sono
saliti alle stelle, in aumento di oltre il 150 per cento. Ma, nelle ultime
settimane, il crollo ha spazzato via
circa 2 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato.
Tuttavia, i valori azionari rimangono a circa il doppio del livello di un anno
fa. Questa straordinaria volatilità si è verificata nonostante gli sforzi dei
politici cinesi per stabilizzare il mercato (ultimo tentativo, obbligare
investitori istituzionali foraggiati dal credito di Stato a comprare azioni).
In Cina, un nuovo ceto medio finanziario si va sostituendo, forse, a quello
tradizionale, nato dall'accesso alla proprietà immobiliare durante gli anni
Novanta. O meglio: questo è la continuazione di quello. Ma gli gnomi sono
volubili e poi leggono i segnali della politica a modo loro, non del governo.
Eterogenesi dei fini.
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