Mali
La rivendicazione degli attentati è avvenuta a distanza di circa due anni dall’ultima azione compiuta da Ansar al-Din, movimento che aveva vissuto il suo momento di maggior espansione nel corso della guerra civile maliana del 2011-2013, quando, assieme ad AQMI e al MUJAO (Movimento per l’Unicità e il Jihad in Africa Occidentale), era riuscita a trasformare l’insurrezione indipendentista tuareg in una rivolta di matrice spiccatamente jihadista. Dopo l’intervento militare “Serval” e la creazione della missione anti-terrorismo “Berkhane” da parte della Francia, il fronte terroristico aveva subito pesanti perdite e Ansar al-Din si era apparentemente disciolta, facendo confluire i propri membri all’interno di altri movimenti tuareg impegnati in faticose trattative con il governo di Bamako.
L’improvviso ritorno all’azione di Ansar al-Din è avvenuto a poche settimane di distanza dalla ratifica del controverso accordo di pace tra il governo maliano e il Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad (CMA), organizzazione ombrello che riunisce i principali gruppi tuareg protagonisti dell’insurrezione del 2011-2013. In questo senso, alla luce della mancanza di unità del fronte tuareg riguardo ai contenuti dell’accordo di pace, appare possibile che la ripresa di attività di Ansar al-Din costituisca un segnale di condanna e rottura con il CMA.
Nonostante la presenza di MINUSMA e l’ampio impegno francese, la situazione politica e di sicurezza nel nord del Mali resta precaria e caratterizzata da attività jihadiste sia da parte di AQMI sia da parte di gruppi tuareg ad essa legati. In questo contesto, qualora l’accordo di pace tra governo e insorti non dovesse sortire gli effetti sperati, non sarebbe da escludere una massiccia ripresa delle ostilità ed un rapido ritorno alla situazione del 2011-2013.
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