L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

martedì 28 luglio 2015

nessuno dell'attuale Libia ha titolo per condannare Gheddafi

Gheddafi, il figlio Saif al-Islam condannato a morte per repressione rivolta 2011 in Libia

Gheddafi, il figlio Saif al-Islam condannato a morte per repressione rivolta 2011 in Libia
Mondo
Stessa sentenza anche per l’ex capo dell’intelligence libica Abdullah al Senussi e per l’ex premier libico Baghdadi al-Mahmoudi, arrestato dopo la caduta del regime. Il ministero della Giustizia del governo di Tobruk, Al-Mabruk Ghraira Omran, prima ancora che i verdetti fossero pronunciati ha chiesto alla comunità internazionale di non riconoscerli, dicendo che i giudici hanno "lavorato sotto minaccia delle armi e temendo di essere uccisi o rapiti"
Un tribunale libico ha condannato alla pena di morte Saif al Islam, secondogenito dell’ex presidente Muammar Gheddafi per la repressione violenta durante la rivolta del 2011. Stessa sentenza anche per l’ex capo dell’intelligence libica Abdullah al Senussi e l’ex premier libico Baghdadi al-Mahmoudi, arrestato dopo la caduta del regime. Il figlio dell’ex dittatore della Libia, considerato il suo erede politico e attualmente detenuto nel carcere di massima sicurezza di Zintan: la milizia rifiuta di consegnarlo al governo centrale e per questo è stato processato in absentia.
Era stato catturato nel sud della Libia dopo tre mesi di fuga, il 19 novembre 2011, un mese dopo l’uccisione del padre a Sirte da parte dei ribelli. Saif al-Islam non aveva alcun ruolo ufficiale nel governo, ma era considerato l’erede del rais e la figura più influente dopo di lui. La Corte penale internazionale aveva emesso un mandato di arresto nei suoi confronti, per crimini contro l’umanità e violenze contro le proteste, chiedendo di processarlo. Le milizie che lo avevano catturato si opposero, determinate a processarlo in Libia. “Non ho paura di morire, ma se mi ucciderete dopo un processo del genere dovrete solo parlare di omicidio”, aveva detto Saif al-Islam, secondo quanto riporta la Bbc.
Alcuni media libici criticano il processo a Saif al-Islam Gheddafi, accusando il tribunale di Tripoli che lo ha condannato a morte di aver agito sotto la pressione delle forze islamiste che hanno formato nella città un governo non riconosciuto. Il ministero della Giustizia del governo di Tobruk, Al-Mabruk Ghraira Omran, prima ancora che i verdetti fossero pronunciati aveva chiesto alla comunità internazionale di non riconoscerli, dicendo che i giudici hanno “lavorato sotto minaccia delle armi e temendo di essere uccisi o rapiti”.

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