Non è piacevole dare ragione a Grillo e Salvini ma quando dicono che ci vuole un criterio per regolare l'accoglienza hanno ragione
Ogni tanto (dev'essere l'età) Beppe 5 Stelle dimentica d'essere stato votato da elettori soprattutto di sinistra e allora dice più o meno quel che pensa, a proposito per esempio degl'immigrati clandestini, che l'informazione sciccosa ormai chiama leziosamente «migranti», ostentando una compassione che non prova. Per il guru di Grillology sono invece il materiale umano col quale s'alimenta quella che a partire dalle intercettazioni di Salvatore Buzzi, boss di Mafia capitale, abbiamo imparato a conoscere come «industria dell'accoglienza»: un euro al giorno di pizzo su ogni «migrante» sopravvissuto alla traversata del Mediterraneo. E più ne arrivano, più euro tintinnano nelle tasche di malavitosi e politici corrotti.
Spiace dare ragione all'uomo che al mattino, quando si sveglia, saluta i vicini con un «vaffa» invece di dire «bentrovato, come sta?» Ma almeno in questo caso dargli torto è impossibile. Anche lui, del resto, sta dando ragione al suo principale concorrente nel controllo del racket dell'antipolitica: Matteo Salvini. Esattamente come il capo lumbard, anche il re del blog è dell'idea che i profughi, quando non hanno titoli per essere ospitati né per essere sbolognati alle altre nazioni europee, devono essere rempatriati.
Aveva dichiarato qualcosa del genere, se non ricordo male, anche a proposito degli zingari, detti (sempre leziosamente) «rom» dall'informazione incipriata: chi non è in regola, se ne torni a casa sua. Sono cose sensate, linguaggio da blog a parte, ma anche cose più facili a dirsi che a farsi (ciò che naturalmente non crea nessun problema a chi, come i pentastelluti, non sa quale sia la differenza tra il dire e il fare). Grillo non ci pensa, Salvini neppure, ma per lo più i clandestini non hanno documenti e quindi non si sa bene in che patria indirizzarli. Mandarli a quel paese non basta – serve il nome del paese.
Inoltre i «clandestini» non sono soltanto gente incivile, come raccontano gli antipolitici e gli xenofobi ai loro elettori, consolandosi della propria inciviltà.
Sono anche donne e bambini, gente allo sprofondo, che magari non ha «il diritto d'essere qua», tranne il diritto a un tetto e a un pasto gratuito che le persone adulte non riconoscono solo a vecchi, donne e bambini ma persino ai gatti randagi e ai cani abbandonati.
Una cosa, è vero, è il caso umano, il caso singolo, disperato; altra cosa il problema generale, anche se proprio il caso singolo rende di difficile soluzione il problema generale.
Non di meno, Grillo e Salvini, ai quali non è piacevole dare ragione, dicono in questo caso cose sensate: un criterio per regolare l'accoglienza è necessario, e oggi non ce n'è uno, nulla, tranne la falsa commozione e l'euro giornaliero di pizzo su ogni «migrante».
Detto ciò, rimane il fatto che l'M5S deve conciliare, non per la prima volta, le opinioni di destra del suo leader con le opinioni di sinistra dei suoi parlamentari e dei suoi elettori. Non è un compito facile. Finora la cosa si è sempre risolta con gli elettori che fingevano d'ignorare le opinioni del leader e viceversa. Immagino che andrà così anche stavolta.
Ci sarà qualcuno, sul blog o in parlamento, che fornirà l'interpretazione esatta delle parole pronunciate da Grillo, che i giornalisti, al solito, avranno frainteso.
Ma sono nodi che prima o poi verranno al pettine: un gruppo dirigente regressista (l'ufficio politico, composto da due sole persone) non può imbambolare in eterno un elettorato progressista, né questo può continuare a fingere di pensarla come Casaleggio, che nessuno ha mai capito che cosa pensi (a parte Grillo, un altro che di secondo nome fa Mistero).
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