La monarchia saudita si sta riavvicinando ai Fratelli musulmani dopo anni di diffidenza e malintesi. Il primo segnale in questa direzione, che non è passato inosservato agli addetti ai lavori, è stato l'incontro tra il re saudita Salman e Khaled Mechaal, capo dell'ufficio politico di Hamas.
E pensare che negli ultimi tre anni Mechaal, proveniente dalle file dei Fratelli musulmani egiziani, era considerato non gradito da Riad.
Questo significa che in Arabia si è verificato un cambio di direzione a livello politico-strategico, soprattutto da quando, in gennaio, Salman ha preso il potere. L'obiettivo comune è combattere l'Iran facendo leva sul fronte sunnita, poiché Teheran è considerata il nemico numero uno e Riad vuole essere leader nell'area. Non solo: occorre organizzare un cordone protettivo nei confronti dei tagliagole dell'Isis.
Secondo alcuni commentatori politici vicini al regime saudita, sono due gli scopi che la monarchia sta perseguendo: da un lato, stabilizzare la regione del Vicino Oriente; dall'altro, eliminare qualsiasi influsso proveniente dall'Iran. Va proprio in questa direzione il percorso di riavvicinamento con i Fratelli musulmani, che godono di buona influenza in Siria, Yemen e Palestina. Il realismo impone che, se l'Arabia vuole avere voce in capitolo nell'area, deve sedersi intorno a un tavolo con gli ex nemici.
I rapporti si erano deteriorati quattro anni fa dopo la Primavera araba, quando i Fratelli si sono impadroniti del potere in Egitto e in Tunisia. La monarchia saudita si è sempre considerata guardiana dell'ortodossia sunnita e non poteva tollerare che i nuovi concorrenti si richiamassero non soltanto al Corano ma anche al voto popolare. Riad è stata sempre convinta della propria identità di dinastia di diritto divino e si è sempre rifiutata di evolversi verso una forma costituzionale. Un altro motivo di frizione riguardava il vicino emirato del Qatar, molto attivo e ambizioso a livello diplomatico.
Il rovesciamento ai vertici avvenuto in Egitto nell'estate del 2013, con l'insediamento del generale al-Sisi, ha dato il via a una vasta repressione contro i Fratelli musulmani nel Medio Oriente. La stessa Riad vi ha partecipato attivamente, inserendoli nella lista delle organizzazioni terroristiche, al pari dell'Isis, e facendo pressioni sul Qatar affinché rompesse con lo stato islamico.
L'attuale contesto è però molto diverso, perché i Fratelli sono in ritirata un po' ovunque, dall'Egitto alla Siria alla Tunisia. E il movimento anti-islamista, ben radicato nel predecessore di Salman, adesso è meno forte. Se restano immutate le distanze con la casa madre egiziana, guidata da Mohamed Badie, guida suprema della Fratellanza, che si trova in prigione, gli altri rami dell'organizzazione vengono considerati interlocutori con cui è possibile discutere.
Il dialogo con Hamas è alle fasi iniziali, mentre nelle ultime settimane ci sono stati contatti con i vertici di Ennahda, il ramo tunisino dei Fratelli, e con rappresentanti di Hammam Said, il gruppo giordano del movimento, oltre che con esponenti di Islah, la branca attiva nello Yemen. In quest'ultimo paese i Fratelli occupano un ruolo di primo piano nella città di Mareb, a est della capitale Sana'a, da dove potrebbe essere avviata un'azione di attacco con forze terrestri verso il cuore della nazione. Lo Yemen è un terreno di scontro importante fra Arabia Saudita e Iran, ma al tempo stesso potrebbe essere un banco di prova dell'efficacia della nuova alleanza tra Riad e la Fratellanza musulmana. Essa ha l'opportunità di rialzare la testa e di tornare ad accreditarsi come presenza di primo piano nel mondo arabo, dopo essere finita ai margini, grazie all'appoggio della monarchia retta da Salman.
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