Camporini: “Difendersi dall’Isis. Ma attenzione, con la guerra ci si fa male”
Generale, il presidente Hollande si è appellato all’articolo 42 del Trattato di Lisbona, che fa riferimento a “un’aggressione armata” sul territorio di uno Stato Ue. Gli attentati al Bataclan, allo Stade de France e in altri luoghi della capitale francese si possono considerare un atto di guerra?
“Ciò che è avvenuto a Parigi è un’aggressione a tutti gli effetti. Non si è trattato di una bomba isolata, ma di un vero e proprio attacco da parte di un commando, addestrato e armato fino ai denti. Del resto uno o più atti terroristici non sono, di per sé, un atto di guerra, a meno che non siano rivendicati da uno Stato che se ne assume la responsabilità. Ma l’Isis – ci si domanda a questo punto – può essere considerato uno Stato? La Comunità internazionale non l’ha certo riconosciuto, si tratta semmai di una autoproclamata statualità. La Francia, e l’Europa, a questo punto contro chi scenderebbero in guerra? La questione può essere dibattuta all’infinito dagli esperti giuridici, anche se occorre ammettere che oggi l’Isis controlla un territorio, dove abita una determinata popolazione: di fatto appare come uno Stato. Aggiungerei però una osservazione”.
Quale?
“Consideriamo che l’Isis, il quale sta seminando terrore e morte in varie regioni del mondo, è a sua volta attaccato da una coalizione internazionale, di cui la Francia fa parte. Chi ha dichiarato guerra e attaccato per primo? Sembrano inutili sottigliezze, ma in campo geopolitico e diplomatico non lo sono”.
Resta il fatto che Hollande ha chiamato in causa l’Europa. E perché non la Nato? L’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico prevede anch’esso una clausola di mutua difesa tra i Paesi aderenti. La Nato dispone fra l’altro di una sperimentata forza militare…
“In effetti la Nato prevede una clausola di difesa solidale, benché un poco più articolata di quella del Trattato Ue. Con una sostanziale differenza: quando la Nato reagisce militarmente, entra in gioco la sua ‘struttura di comando integrata’, che si assume la guida delle operazioni belliche; diversamente se la Francia stipulasse accordi bilaterali con gli Stati che decidessero di andarle in aiuto, manterrebbe il controllo delle azioni e la titolarità ‘politica’ della guerra al terrorismo. È una scelta legittima, ma lascia tipicamente intravvedere il nazionalismo francese”.
Dopo Parigi, lo sguardo del mondo è tornato a posarsi sull’Isis. Non c’è il rischio che la situazione in Siria e in Medio Oriente possa complicarsi ulteriormente? Le forze militari del Daesh possono essere contrastate sul campo di battaglia?
“Dal punto di vista tecnico-militare, con 5 o 6 brigate ben organizzate, un adeguato supporto aereo e i più moderni strumenti di intelligence e di comunicazione oggi a nostra disposizione, ci vorrebbero poche settimane per sgominare l’Isis.
Ma questo vorrebbe dire scendere in guerra, accettarne le conseguenze, le perdite umane… Perché con la guerra ci si fa male!Siamo pronti a tutto ciò? L’opinione pubblica europea sarebbe d’accordo? E i responsabili politici si assumerebbero questi rischi?”.
Il presidente Hollande ha chiamato in causa gli Stati europei. Lei non ha l’impressione che si faccia appello all’Europa quando ci si trova di fronte a un grave problema – come avvenuto per l’emergenza profughi – dinanzi al quale i singoli governi appaiono impotenti?
“Sì, ne sono convinto. Il nostro continente è formato da Stati, Germania compresa, tutto sommato piccoli rispetto alle sfide globali della nostra epoca. Per cui o ci mettiamo insieme, rafforzando l’integrazione comunitaria, oppure i nostri destini saranno decisi altrove.
Quanto sta tragicamente accadendo in queste ore dovrebbe farci riflettere proprio sulla necessità di una Unione europea più forte, integrata ed efficace”.
http://agensir.it/europa/2015/11/21/camporini-difendersi-dallisis-ma-attenzione-con-la-guerra-ci-si-fa-male/
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