Difesa e diplomazia, il giorno dopo della Russia
25/11/2015
La rassegna geopolitica della giornata è dedicata alla reazione di Mosca all’abbattimento di un suo jet da parte della Turchia. In più: il papa in Africa, la Tunisia attaccata e lo Stato Islamico su misura.
Ci scrive Alberto de Sanctis
Concepito dal costruttore Sukhoi a fine anni Sessanta e in servizio dalla metà del decennio successivo, il Su-24 – il tipo di aereo abbattuto ieri – è un bombardiere tattico pensato per penetrare a velocità supersonica lo spazio aereo nemico, volando a bassa quota per eluderne la contraerea e compiere attacchi di precisione su obiettivi al suolo. Può trasportare un ampio carico di bombe e la Russia ne ha inviati in Siria almeno una dozzina.
Poco prima di essere abbattuto, il Su-24 in questione stava operando in tandem con un altro velivolo dello stesso tipo nell’area nordorientale della provincia siriana di Latakia, abitata da una minoranza turkmena, per sostenere dall’aria l’offensiva delle truppe lealiste, che procede a rilento per via del terreno montuoso e della resistenza ribelle.
Il fatto che la violazione non sia durata più di una manciata di secondi e che i bombardieri russi non potevano in alcun modo costituire una minaccia per l’F-16 turco spiega perché il ministro degli Esteri russo Lavrov abbia parlato di “provocazione premeditata”.
Mosca ha inoltre lamentato la perdita di uno dei due elicotteri inviati alla ricerca dei piloti del Su-24, costretto ad atterrare per problemi al motore e quindi distrutto da un missile anticarro dei ribelli siriani. Nell’attacco sarebbe morto un marine russo, così come uno dei due piloti del bombardiere. L’altro è stato recuperato e ricondotto a Latakia.
La risposta immediata del Cremlino è stato il rafforzamento del proprio dispositivo antiaereo nel Levante e l’interruzione delle relazioni militari con la Turchia. Le operazioni dei bombardieri proseguiranno con la copertura aerea dei caccia basati a Latakia.
L’incrociatore lanciamissili Moskva si posizionerà al largo della costa siriana col compito di abbattere qualsiasi minaccia aerea alle forze russe in Siria. Nave ammiraglia della flotta del Mar Nero, l’incrociatore è alla testa del gruppo navale russo dislocato nel Mediterraneo Orientale e imbarca un sistema antiaereo di prim’ordine che deriva dall’S-300 impiegato a terra.
Confliggenti invece le notizie sui sistemi antiaerei terrestri. Il presidente Putin ha annunciato che la base siriana di Khmeimim, da cui operano i velivoli russi, sarà difesa dal sistema S-300. Poco prima, il ministro della Difesa Shoigu aveva invece parlato dell’S-400.
Nonostante entrambi i sistemi siano potentissimi, se venisse confermato lo schieramento dell’S-400 si tratterebbe di un salto di qualità notevole del dispositivo militare russo nell’area. L’S-400 nel suo campo è l’arma antiaerea più avanzata al mondo: si ritiene che possa ingaggiare indistintamente aerei tattici e strategici, droni, missili cruise e balistici in un raggio di 400 chilometri e a un’altitudine di 30 mila metri, seguendo fino a 300 bersagli contemporaneamente.
L’S-400 è una minaccia mortale per qualsiasi velivolo non-stealth, ovvero ogni apparecchio in servizio presso le aviazioni di tutto il mondo a eccezione degli F-22 e dei B-2 delle forze statunitensi. Da Latakia potrebbe coprire un’area vasta quasi quanto l’intero territorio siriano, inclusa quella dove è stato abbattuto il Su-24, e complicare enormemente le operazioni dei velivoli turchi dall’altra parte del confine.
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